Partito Comunista Internazionale Corpo unitario ed invariante delle Tesi del Partito

Partito Socialista Italiano
Maggio 1920 
 
 

TESI DELLA FRAZIONE COMUNISTA ASTENSIONISTA
 

I - Teoria

 

1. Il comunismo è la dottrina delle condizioni sociali e storiche della emancipazione del proletariato.
    La elaborazione di questa dottrina s’iniziò nel periodo dei primi moti proletari contro le conseguenze dei sistemi di produzione borghesi, e prese forma nella critica marxista della economia capitalistica, nel metodo del materialismo storico, nella teoria della lotta di classe, nella concezione degli svolgimenti che presenterà il processo storico della caduta del regime capitalistico e della rivoluzione proletaria.

2. Su questa dottrina, la cui prima e fondamentale espressione sistematica è il Manifesto dei Comunisti del 1847, si basa la costituzione del partito comunista.

3. Nel presente periodo storico diviene sempre più intollerabile per il proletariato la situazione creatagli dal rapporti di produzione borghesi, basati sul possesso privato dei mezzi di produzione e di scambio, sulla appropriazione privata dei prodotti del lavoro collettivo, sulla libera concorrenza del commercio privato dei prodotti stessi.

4. A questi rapporti economici corrispondono gli istituti politici propri del capitalismo: lo Stato a rappresentanza democratica-parlamentare. Lo Stato in una società divisa in classi è l’organizzazione del potere della classe economicamente privilegiata. Malgrado che la borghesia rappresenti la minoranza della società, lo Stato democratico costituisce il sistema della forza armata organizzata per la conservazione dei rapporti di produzione capitalistica.

5. La lotta del proletariato contro lo sfruttamento capitalistico assume successive forme, dalla violenta distruzione del macchinario all’organizzazione professionale per il miglioramento delle condizioni di lavoro, al Consigli di fabbrica e ai tentativi di presa di possesso delle aziende.
    Attraverso tutte queste azioni particolari il proletariato si indirizza verso la lotta decisiva rivoluzionaria diretta contro il potere dello Stato borghese che impedisce che i presenti rapporti di produzione possano essere infranti.

6. Questa lotta rivoluzionaria è il conflitto di tutta la classe proletaria contro tutta la classe borghese. Il suo strumento è il partito politico di classe, il partito comunista, che realizza la cosciente organizzazione di quell’avanguardia del proletariato che ha compreso la necessità di unificare la propria azione, nello spazio al di sopra degli interessi dei singoli gruppi, categorie o nazionalità; nel tempo, subordinando al risultato finale della lotta i vantaggi e le conquiste parziali che non colpiscono l’essenza della struttura borghese.
    È dunque soltanto l’organizzazione in partito politico che realizza la costituzione del proletariato in classe lottante per la sua emancipazione.

7. Lo scopo dell’azione del partito comunista è l’abbattimento violento del dominio borghese, la conquista del potere politico da parte del proletariato, l’organizzazione di questo in classe dominante.

8. Mentre la democrazia parlamentare colla rappresentanza dei cittadini di ogni classe è la forma che assume l’organizzazione della borghesia in classe dominante, l’organizzazione del proletariato in classe dominante si realizzerà nella dittatura proletaria, ossia in un tipo di Stato le cui rappresentanze (sistema dei Consigli operai) saranno designate dai soli membri della classe lavoratrice (proletariato industriale e contadini poveri) con la esclusione dei borghesi dal diritto elettorale.

9. Lo Stato proletario, infranta la vecchia macchina burocratica, poliziesca e militare unificherà le forze armate della classe lavoratrice in una organizzazione destinata a reprimere tutti gli sforzi controrivoluzionari della classe spodestata, e ad eseguire le misure d’intervento nei rapporti borghesi di produzione e di proprietà.

10. Il processo attraverso il quale si passerà dall’economia capitalistica a quella comunistica sarà molto complesso e le sue fasi saranno diverse secondo le diverse condizioni di sviluppo economico. Il termine di tale processo è la realizzazione completa: del possesso e dell’esercizio dei mezzi di produzione da parte di tutta la collettività unificata; della distribuzione centrale e razionale delle forze produttive nei vari rami della produzione; dell’amministrazione centrale da parte della collettività nella ripartizione dei prodotti.

11. Quando i rapporti dell’economia capitalistica saranno stati totalmente soppressi, l’abolizione delle classi sarà un fatto compiuto e lo Stato come apparecchio politico di potere sarà stato sostituito progressivamente dalla razionale amministrazione collettiva dell’attività economica e sociale.

12. Il processo di trasformazione dei rapporti di produzione sarà accompagnato da una serie vastissima di misure sociali fondate sul principio che la collettività prenda cura dell’esistenza materiale ed intellettuale di tutti i suoi membri. Andranno così successivamente eliminandosi tutte le tare degenerative che il proletariato eredita dal mondo capitalista, e, secondo la parola del «Manifesto», alla vecchia società divisa in classi cozzanti fra loro subentrerà una associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno sarà la condizione del libero sviluppo di tutti.

13. Le condizioni della vittoria del potere proletario nella lotta per l’attuazione del comunismo consistono, più che nella razionale utilizzazione dei competenti per le mansioni tecniche, nell’affidare le cariche politiche e di controllo dell’apparato statale ad uomini che antepongono l’interesse generale ed il trionfo finale del comunismo alle suggestioni dei limitati e particolari interessi di gruppi.
    Poiché appunto il partito comunista è la organizzazione di quei proletari che hanno una tale coscienza di classe, scopo del partito sarà di conquistare, colla opera di propaganda, ai suoi aderenti le cariche elettive dell’organismo sociale.
    La dittatura del proletariato sarà dunque la dittatura del partito comunista e questo sarà un partito di governo in senso completamente opposto a quello in cui lo furono le vecchie oligarchie, in quanto i comunisti si addosseranno gli incarichi che esigeranno il massimo di rinuncia e di sacrificio, prenderanno su di sé la parte più gravosa del compito rivoluzionario che incombe al proletariato nel travaglio che genererà un nuovo mondo.
 
   


II - Critica di altre scuole

 

1. La critica comunista che incessantemente si elabora sulla base dei suoi metodi fondamentali e la propaganda delle conclusioni a cui essa perviene, mirano a sradicare l’influenza che hanno sul proletariato i sistemi ideologici propri di altre classi e di altri partiti.

2. Il comunismo sgombra in primo luogo il terreno dalle concezioni idealistiche secondo le quali i fatti del mondo del pensiero sono la base anziché il risultato dei rapporti reali di vita dell’umanità e del loro sviluppo. Tutte le formulazioni religiose e filosofiche di tal genere vanno considerate come il bagaglio ideologico di classi il cui dominio precedette l’epoca borghese, ed era basato sopra un’organizzazione ecclesiastica, aristocratica o dinastica, giustificabile solo con pretese investiture sovrumane.
    Un sintomo di decadenza della moderna borghesia è il riapparire frammezzo ad essa, in nuove forme, di queste vecchie ideologie che essa stessa distrusse.
    Un comunismo poi fondato su basi idealistiche costituisce un assurdo inaccettabile.

3. In modo ancora più caratteristico, il comunismo rappresenta la demolizione critica delle concezioni del liberalismo e della democrazia borghese. L’affermazione giuridica della libertà di pensiero e dell’eguaglianza politica dei cittadini, la concezione secondo cui le istituzioni basate sul diritto della maggioranza e sul meccanismo della rappresentanza elettorale universale sono la base sufficiente per un progresso indefinito e graduale della società umana, costituiscono le ideologie corrispondenti al regime della economia privata e della libera concorrenza, e agli interessi di classe dei capitalisti.

4. Fa parte delle illusioni della democrazia borghese il concetto che possa conseguirsi il miglioramento delle condizioni di vita delle masse mediante l’incremento dell’educazione e dell’istruzione ad opera delle classi dirigenti e dei loro istituti. L’elevamento intellettuale di grandi masse ha invece come condizione un miglior tenore di vita materiale incompatibile col regime borghese; d’altra parte la borghesia attraverso le sue scuole tenta di diffondere appunto quelle ideologie che trattengono le masse dal riconoscere nelle istituzioni attuali l’ostacolo alla loro emancipazione.

5. Un’altra delle affermazioni fondamentali della democrazia borghese è il principio di nazionalità. Corrisponde alle necessità di classe della borghesia, nel costituire il proprio potere, la formazione di stati su base nazionale, allo scopo di avvalersi delle ideologie nazionali e patriottiche, corrispondenti a certi interessi comuni nel periodo iniziale del capitalismo agli uomini della stessa razza, della stessa lingua e degli stessi costumi, per ritardare ed attenuare il contrasto tra lo stato capitalistico e le masse proletarie.
    Gli irredentismi nazionali nascono dunque da interessi essenzialmente borghesi.
    La borghesia stessa non esita a calpestare il principio di nazionalità quando lo sviluppo del capitalismo le impone la conquista anche violenta dei mercati esteri, e quindi determina la contesa di essi tra le grandi unità statali. Il comunismo supera il principio di nazionalità in quanto mette in evidenza l’analogia di condizioni in cui il lavoratore nullatenente si trova dinanzi al datore di lavoro qualunque sia la nazionalità dell’uno o dell’altro; e pone l’unione internazionale come tipo della organizzazione politica che il proletariato formerà quando a sua volta giungerà al potere.
    Alla luce quindi della critica comunista la recente guerra mondiale è stata originata dall’imperialismo capitalista, e cadono le varie interpretazioni tendenti a prospettarla, dal punto di vista dell’uno o dell’altro stato borghese, come una rivendicazione del diritto di nazionalità di alcuni popoli, un conflitto degli stati democraticamente più avanzati contro altri stati organizzati in forme pre-borghesi, o infine come pretesa necessità difensiva contro l’aggressione nemica.

6. Il comunismo è anche in opposizione alle vedute del pacifismo borghese ed alle illusioni wilsoniane sulla possibilità di una associazione mondiale degli stati basata sul disarmo e sull’arbitrato, condizionata dall’utopia di una suddivisione delle unità statali secondo le nazionalità. Per i comunisti le guerre saranno rese impossibili e le questioni nazionali saranno risolte solo quando il regime capitalista sarà stato sostituito dalla Repubblica Internazionale Comunista.

7. Sotto un terzo aspetto, il comunismo si presenta come il superamento dei sistemi di socialismo utopistico che proponevano di eliminare i difetti della organizzazione sociale mediante piani completi di nuove costituzioni della società, la cui possibilità di realizzazione non era in alcun modo messa in rapporto al reale svolgimento della storia ed era affidata alle iniziative di potentati o all’apostolato di filantropi.

8. La elaborazione da parte del proletariato di una propria interpretazione teorica della società e della storia, che sia guida della sua azione contro i rapporti di vita del mondo capitalistico, dà luogo continuamente al sorgere di scuole o tendenze più o mene influenzate dalla immaturità stessa delle condizioni della lotta e dai più svariati pregiudizi borghesi. Da ciò conseguono errori ed insuccessi dell’azione proletaria; ma è con questo materiale di esperienza che il movimento comunista giunge a precisare la dottrina e la tattica in lineamenti sempre più chiari, differenziando nettamente e combattendo apertamente tutte le altre correnti che si agitano nel seno stesso del proletariato.

9. La costituzione di aziende cooperative di produzione, nelle quali il capitale appartiene agli operai che vi lavorano, non può costituire una via per la soppressione del sistema capitalistico, in quanto l’acquisto delle materie prime e il collocamento dei prodotti si svolgono in tali aziende secondo le leggi dell’economia privata, e sullo stesso capitale collettivo di esse finisce per esercitarsi il credito e quindi il controllo del capitale privato.

10. Le organizzazioni economiche professionali non possono essere considerate dal comunisti né come organi sufficienti alla lotta per la rivoluzione proletaria, né come organi fondamentali dell’economia comunista.
    L’organizzazione in sindacati professionali vale a neutralizzare la concorrenza tra gli operai dello stesse mestiere e impedisce la caduta dei salari ad un livello bassissimo, ma, come non può giungere alla eliminazione del profitto capitalistico, così non può nemmeno realizzare l’unione dei lavoratori di tutte le professioni contro il privilegio del potere borghese. D’altra parte il semplice passaggio della proprietà delle aziende dal padrone privato al sindacato operaio non realizzerebbe i postulati economici del comunismo, secondo il quale la proprietà deve essere trasferita a tutta la collettività proletaria, essendo questa l’unica via per eliminare i caratteri dell’economia privata nell’appropriazione e ripartizione dei prodotti.
    I comunisti considerano il sindacato come il campo di una prima esperienza proletaria, che permette ai lavoratori di procedere oltre, verso il concetto e la pratica della lotta politica il cui organo è il partito di classe.

11. È in genere un errore credere che la rivoluzione sia un problema di forma di organizzazione dei proletari secondo gli aggruppamenti che essi formano per la loro posizione e i loro interessi nei quadri del sistema capitalistico di produzione.
    Non è quindi una modifica della struttura di organizzazione economica che può dare al proletariato il mezzo efficace per la sua emancipazione.
    I sindacati d’azienda o consigli di fabbrica sorgono quali organi per la difesa degli interessi dei proletari delle varie aziende, quando comincia ad apparire possibile il limitare l’arbitrio capitalistico nella gestione di esse. L’acquisto da parte di tali organismi di un più o meno largo diritto di controllo sulla produzione non è però incompatibile col sistema capitalistico e potrebbe essere per questo una risorsa conservativa.
    Lo stesso passaggio ad essi della gestione delle aziende non costituirebbe (analogamente a quanto si è detto per i sindacati) l’avvento del sistema comunistico. Secondo la sana concezione comunistica il controllo operaio sulla produzione si realizzerà solo dopo l’abbattimento del potere borghese come controllo di tutto il proletariato unificato nello Stato dei consigli sull’andamento di ciascuna azienda; e la gestione comunistica della produzione sarà la direzione di essa in tutti i suoi rami e le sue unità da parte di razionali organi collettivi che rappresenteranno gli interessi di tutti i lavoratori associati nell’opera di costruzione del Comunismo.

12. I rapporti capitalistici di produzione non possono venire alterati dall’intervento degli organi del potere borghese.
    Perciò, il passaggio di intraprese private allo stato o alle amministrazioni locali non corrisponde minimamente al concetto comunista. Tale passaggio è sempre accompagnato dal pagamento del valore capitale delle aziende all’antico possessore che conserva così integro il suo diritto di sfruttamento; le aziende stesse seguitano a funzionare come aziende private nei quadri dell’economia capitalistica; esse divengono spesso mezzi opportuni per l’opera di conservazione e di difesa di classe che svolge lo stato borghese.

13. Il concetto che lo sfruttamento capitalistico del proletariato possa venire gradualmente attenuato e quindi eliminato con l’opera legislativa e riformatrice delle attuali istituzioni politiche, sollecitata dal rappresentanti in esse del partito proletario od anche da agitazioni delle masse, conduce solo a rendersi complici della difesa che la borghesia fa dei suoi privilegi, cedendo talvolta apparentemente una minima parte di essi per tentare di placare l’insofferenza delle masse e deviare i loro sforzi rivoluzionari contro i fondamenti del regime capitalistico.

14. La conquista del potere politico da parte del proletariato, anche considerato come scopo integrale dell’azione, non può essere raggiunta attraverso la maggioranza degli organismi elettivi borghesi.
    La borghesia, a mezzo degli organi esecutivi dello stato, suoi diretti agenti, assicura molto facilmente la maggioranza degli organi elettivi al suoi mandatari o agli elementi che, per penetrarvi individualmente o collettivamente, sono caduti nel suo gioco e sotto la sua influenza. Inoltre la partecipazione a tali istituti comporta l’impegno di rispettare i cardini giuridici e politici della costituzione borghese. Il valore puramente formale di tale impegno è tuttavia sufficiente a liberare la borghesia perfino dal lieve imbarazzo dell’accusa di illegalità formale, quando essa ricorrerà logicamente a servirsi dei suoi mezzi reali di difesa armata prima di consegnare il suo potere e lasciare infrangere la sua macchina burocratica e militare di dominio.

15. Riconoscere la necessità della lotta insurrezionale per la presa del potere, ma proporre che il proletariato eserciti il suo potere concedendo alla borghesia una rappresentanza nei nuovi organismi politici (assemblee costituenti o combinazioni di queste col sistema dei consigli operai), è anche un programma inaccettabile e contrastante col concetto centrale comunistico della dittatura proletaria. Il processo di espropriazione della borghesia sarebbe immediatamente compromesso ove ad essa rimanessero addentellati per influire comunque nella costituzione delle rappresentanze dello stato proletario espropriatore. Ciò permetterebbe alla borghesia di utilizzare le influenze che inevitabilmente le resteranno in forza della sua esperienza e preparazione tecnica ed intellettuale, per innestarvi la sua attività politica tendente al ristabilimento del suo potere in una controrivoluzione. Le stesse conseguenze avrebbe ogni preconcetto democratico circa la parità di trattamento che il potere proletario dovrebbe usare ai borghesi nei riguardi della libertà di associazione, di propaganda e di stampa.

16. Il programma di un’organizzazione di rappresentanze politiche, basate su deleghe delle varie categorie professionali di tutte le classi sociali, non è neanche un avviamento formale al sistema dei consigli operai perché questo è caratterizzato dalla esclusione dei borghesi dal diritto elettorale, e il suo organismo centrale non è designato per professione ma per circoscrizioni territoriali. La forma di rappresentanza in parola rappresenta piuttosto uno stadio inferiore alla stessa democrazia parlamentare attuale.

17. Profondamente contrastante con le concezioni comuniste è l’anarchismo, che tende alla instaurazione immediata di una società senza stato e senza organamento politico, e che nella economia futura ravvisa il funzionamento autonomo di unità produttive, negando ogni centro organizzatore e regolatore delle attività umane nella produzione e nella distribuzione. Una tale concezione è vicina a quella della economia privata borghese, e resta estranea al contenuto essenziale del comunismo. Inoltre l’eliminazione immediata dello stato come apparecchio di potere politico equivale alla non resistenza alla controrivoluzione, oppure presuppone la immediata abolizione delle classi, la cosiddetta espropriazione rivoluzionaria contemporanea all’insurrezione contro il potere borghese.
    Una tale possibilità non esiste nemmeno lontanamente, per la complessità del compito proletario nella sostituzione dell’economia comunista a quella attuale e per la necessità che tale processo sia diretto da un organismo centrale che coordini in sé l’interesse generale del proletariato subordinando a questo tutti gli interessi locali e particolari il cui gioco è la maggior forza di conservazione del capitalismo.
 
 


III

1. La concezione comunista e il determinismo economico non fanno affatto dei comunisti gli spettatori passivi del divenire storico, ma anzi ne fanno degli infaticabili lottatori; la lotta e l’azione diverrebbero però inefficaci se si distaccassero dalle risultanze della dottrina e dell’esperienza critica comunista.

2. L’opera rivoluzionaria dei comunisti si fonda sulla organizzazione in partito dei proletari che uniscono alla coscienza dei principi comunisti la decisione di consacrare ogni loro sforzo alla causa della rivoluzione.
    Il partito, internazionalmente organizzato, funziona sulla base della disciplina alle decisioni delle maggioranze e degli organi centrali designati da queste a dirigere il movimento.

3. Attività fondamentali del partito sono la propaganda e il proselitismo, basato, per l’ammissione dei nuovi aderenti, sulle maggiori garanzie. Pur basando il successo della propria azione sulla diffusione dei suoi principi e delle sue finalità, e pur lottando nell’interesse della immensa maggioranza della società, il movimento comunista non fa del consenso della maggioranza una condizione pregiudiziale per la propria azione. Criterio sull’opportunità di eseguire azioni rivoluzionarie è la valutazione obiettiva delle forze proprie e di quelle avversarie, nei loro complessi coefficienti di cui il numero non è l’unico né il più importante.

4. Il partito comunista svolge un intenso lavoro interno di studio e di critica, strettamente collegato all’esigenza dell’azione ed all’esperienza storica, adoperandosi ad organizzare su basi internazionali tale lavoro. All’esterno esso svolge in ogni circostanza e con tutti i mezzi possibili l’opera di propaganda delle conclusioni della propria esperienza critica e di contraddizione alle scuole ed ai partiti avversari. Soprattutto il partito esercita la sua attività di propaganda e di attrazione tra le masse proletarie, specie nelle circostanze in cui esse si mettono in moto per reagire alle condizioni loro create dal capitalismo, ed in seno agli organismi che i proletari formano per proteggere i loro interessi immediati.

5. I comunisti penetrano quindi nelle cooperative proletarie, nei sindacati, nei consigli di azienda, costituendo in essi gruppi di operai comunisti, cercando di conquistarvi la maggioranza e le cariche direttive, per ottenere che la massa di proletari inquadrata in tali associazioni subordini la propria azione alle più alte finalità politiche e rivoluzionarie della lotta per il comunismo.

6. Il partito comunista invece si mantiene estraneo a tutte le istituzioni ed associazioni nelle quali proletari e borghesi partecipano allo stesso titolo o, peggio, la cui direzione e patronato appartiene ai borghesi (società di mutuo soccorso, di beneficenza, scuole di cultura, università popolari, associazioni massoniche, ecc.) e cerca di distaccarne i proletari combattendone l’azione e l’influenza.

7. La partecipazione alle elezioni per gli organismi rappresentativi della democrazia borghese e l’attività parlamentare, pur presentando in ogni tempo continui pericoli di deviazione, potevano essere utilizzati per la propaganda e la formazione del movimento nel periodo in cui, non delineandosi ancora la possibilità di abbattere il dominio borghese, il compito del partito si limitava alla critica ed alla opposizione. Nell’attuale periodo aperto dalla fine della guerra mondiale, dalle prime rivoluzioni comuniste e dal sorgere della Terza Internazionale, i comunisti pongono come obiettivo diretto dell’azione politica del proletariato di tutti i paesi la conquista rivoluzionaria del potere, alla quale tutte le forze e tutta l’opera di preparazione devono essere dedicate.
    In questo periodo è inammissibile ogni partecipazione a quegli organismi che appaiono come un potente mezzo difensivo borghese destinate ad agire tra le file stesse del proletariato, e in antitesi alla struttura e alla funzione dei quali i comunisti sostengono il sistema dei consigli operai e la dittatura proletaria.
    Per la grande importanza che praticamente assume l’azione elettorale, non è possibile conciliarla con l’affermazione che essa non è il mezzo per giungere allo scopo principale dell’azione del partito: la conquista del potere; né è possibile evitare che essa assorba tutta l’attività del movimento distogliendolo dalla preparazione rivoluzionaria.

8. La conquista elettorale dei comuni e delle amministrazioni locali, mentre presenta in misura maggiore gli stessi inconvenienti del parlamentarismo, non può essere accettata come un mezzo di azione contro il potere borghese sia perché tali organi non sono investiti di reale potere, ma soggiacciono a quello della macchina statale; sia perché un tale metodo, se pure può oggi dare qualche imbarazzo alla borghesia dominante, affermando il principio dell’autonomia locale, antitetico al principio comunista della centralizzazione dell’azione, preparerebbe un punto di appoggio per la borghesia nel contrastare lo stabilirsi del potere proletario.

9. Nel periodo rivoluzionario tutti gli sforzi dei comunisti sono volti a rendere intensa ed efficace l’azione delle masse. I comunisti integrano la propaganda e la preparazione con grandi e frequenti manifestazioni proletarie specie nei grandi centri e cercano di utilizzare i movimenti economici per dimostrazioni a carattere politico in cui il proletariato riafferma e rinsalda il suo proposito di rovesciare il potere della borghesia.

10. Il partito comunista porta la sua propaganda nelle file dell’esercito borghese. L’antimilitarismo comunista non si basa su di uno sterile umanitarismo, ma ha per scopo di convincere i proletari che la borghesia li arma per difendere i suoi interessi e per servirsi della loro forza contro la causa del proletariato.

11. Il partito comunista si allena ad agire come uno stato maggiore del proletariato nella guerra rivoluzionaria; esso perciò prepara ed organizza una propria rete di informazioni e di comunicazioni; esso sostiene ed organizza soprattutto l’armamento del proletariato.

12. Il partito comunista non addiviene ad accordi o alleanze con altri movimenti politici che abbiano comune con esso un determinato obiettivo contingente, ma ne divergano nel programma di azione posteriore. È da respingersi anche il criterio di allearsi con tutte quelle tendenze proletarie che accettano l’azione insurrezionale contro la borghesia (il cosiddetto fronte unico), ma dissentono dal programma comunista nello svolgimento dell’azione ulteriore.
    Non è da considerarsi una condizione favorevole l’aumento delle forze miranti al rovesciamento del potere borghese quando restino insufficienti le forze indirizzate alla costituzione del potere proletario sulle direttive comuniste, che sole possono assicurarne la durata ed il successo.

13. I soviety o consigli degli operai, contadini e soldati costituiscono gli organi del potere proletario e non possono esercitare la loro vera funzione che dopo l’abbattimento dei dominio borghese.
    I soviety non sono per se stessi organi di lotta rivoluzionaria; essi divengono rivoluzionari quando la loro maggioranza e conquistata dal partito comunista.
    I consigli operai possono sorgere anche prima della rivoluzione, in un periodo di crisi acuta in cui il potere dello stato borghese sia messo in serio pericolo.
    L’iniziativa della costituzione dei soviety può essere una necessità per il partito in una situazione rivoluzionaria, ma non è un mezzo per provocare tale situazione.
    Se il potere della borghesia si rinsalda, il sopravvivere dei consigli può presentare un serio pericolo per la lotta rivoluzionaria, quello cioè della conciliazione e combinazione degli organi proletari con gli istituti della democrazia borghese.

14. Ciò che distingue i comunisti non è di proporre in ogni situazione ed in ogni episodio della lotta di classe la immediata scesa in campo di tutte le forze proletarie per la sollevazione generale, bensì di sostenere che la fase insurrezionale è lo sbocco inevitabile della lotta e di preparare il proletariato ad affrontarla in condizioni favorevoli per il successo e per l’ulteriore sviluppo della rivoluzione.
    A seconda delle situazioni che il partito può meglio giudicare del restante proletariato, esso può, quindi, trovarsi nella necessità di agire per precipitare o dilazionare l’urto definitivo.
    In ogni caso è compito specifico del partito combattere tanto coloro che col precipitare ad ogni costo l’azione rivoluzionaria potrebbero spingere il proletariato al disastro, quanto gli opportunisti che sfruttano le circostanze che sconsigliano l’azione a fondo per creare arresti definitivi nel moto rivoluzionario, disperdendo verso altri obbiettivi l’azione delle masse, che invece il partito comunista deve sempre più condurre sul terreno della efficace preparazione alla immancabile, finale lotta armata contro le difese del principio borghese.

Da “Il Soviet”, no. 6, 27 giugno 1920