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Sul filo del tempo
Le Gambe ai Cani
(Battaglia Comunista - n. 11 del 1952)
Controtesi e Tesi Storiche |
1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 |
Controtesi e Tesi Economiche |
1 - 2 - 3 - 4 - 5 |
Controtesi e Tesi "Filosofiche" |
1 - 2 - 3 |
Alla fine della seconda guerra mondiale era facile stabilire che poche settimane sarebbero bastate a disperdere la illusione generosa ma inutile e vana di grandi movimenti rivoluzionari armati della classe lavoratrice, corrispondenti a quelli della fine della prima guerra.
Nella complessità dello sviluppo, due erano gli aspetti principali che ancora una volta accenniamo. Gli eserciti vincitori invece di contentarsi della resa a discrezione dello Stato Maggiore avversario e del potere politico governante, sopprimevano la funzione di entrambi totalmente, e occupavano ovunque il territorio dei paesi vinti stabilendovi uno stato di assedio militare indefinito. Da ciò la inutilità pratica del rapporto di forze favorevole tra classe proletaria e Stato sconfitto in guerra, e la impossibilità di un rapido passaggio dall’adesione o dalla sopportazione della guerra al disfattismo. L’altro aspetto era la decomposizione del movimento rivoluzionario della III Internazionale, che avendo preso le mosse da una serie di deviazioni a destra nella tattica fin dal 1922, all’incirca alla costituzione del Partito Comunista d’Italia, aveva con successive tappe disertate tutte le posizioni rivoluzionarie fino a ricollocarsi sul terreno dei movimenti traditori della II Internazionale e della prima guerra mondiale, e peggio.
D’altra parte questi due fattori del rapporto di forze del dopoguerra erano visibili non solo dal principio della guerra, ma fin dal formarsi dei partiti borghesi totalitari di governo in vari paesi di Europa. Stabilitasi con questo fatto storico la prospettiva sicura di una nuova edizione di "guerra ideologica" in campo europeo e di "blocco interclassista" nei campi nazionali, i disertori del comunismo facenti capo a Mosca si erano tuffati in tale prospettiva politica nel modo più schifoso e crasso. Non era che un’aggravante il fatto che cessando di essere classisti e comunisti restassero totalitari, e che per manovra di politica militare ed estera avessero una fase di amori coi borghesi totalitari nazisti.
Tirate le somme di queste premesse la fase di ripresa del movimento proletario, tale da star lontano dalle antiche rogne opportunistiche e dalla nuova e più paralizzante lue, si delineava misurabile non ad anni ma a decenni, ed il compito dei gruppi che avevano tenuta e difesa la posizione disertata dal novantanove per cento dei comunisti 1919 risultava lungo e difficile, e cominciava con un laborioso bilancio del disastro controrivoluzionario da esaminare, intendere ed utilizzare ad un totale riordinamento.
A ciò le forze limitate disponibili hanno lavorato in Italia – e forse ancor minori erano fuori d’Italia – già per un sette anni, ristabilendo i dati storici ed informativi e svolgendo il lavoro di analisi, che si è posto risolutamente di fronte e contro ogni pessimismo facile a concludere che, se le cose sono andate tanto al rovescio, i principi di partenza vanno se non in tutto in larga parte abbandonati e sostituiti. La rivista Prometeo e il giornale Battaglia Comunista hanno lavorato a tenere in piedi questo caposaldo della continuità della teoria e del metodo di azione dei comunisti.
Dato il compito ed i mezzi era non meno chiaro che una chiassosa ripercussione nella "politica italiana", come la capiscono quelli della radio e della stampa o degli altoparlanti elettorali, sarebbe mancata. Bisognava anzi decisamente augurarselo; ogni impazienza grossolana non ha fatto che rendere più lunga l’aspra via. Del resto i sensibili a queste emozioncelle il marxismo da un secolo lavora a toglierseli dai piedi. E quando, anche nel vento contrario, tanto avviene, è un buon risultato.
Base di un tale lavoro è stato il richiamo di opere e tesi fondamentali del movimento, della esperienza e della storia di esso da quando è sorto, ed il confronto dei recenti fatti storici con la visione originaria dei marxisti: quanto è stato elaborato trovasi distribuito in luoghi e studii diversi, con costante, instancabile riferimento alle citazioni necessarie.
I nuovi fatti, tale la nostra posizione recisa, non conducono a correggere le posizioni antiche né ad aggiungere ad esse complementi e rettifiche. La lettura dei testi di principio la facciamo oggi come nel 1921 e prima, la lettura dei fatti successivi nello stesso modo, le proposte sul metodo di organizzazione e di azione restano confermate.
Questo lavoro non è affidato né ad una persona né ad un comitato e tantomeno ad un ufficio, esso è un momento e un settore di un lavoro unitario che si svolge da oltre un secolo, e molto al di fuori dell’aprirsi e chiudersi di generazioni, e non si iscrive nel curriculum vitae di nessuno, nemmeno di quelli che abbiano avuto lunghissimi tempi di coerente elaborazione e maturazione dei risultati. Il movimento vieta e deve vietare iniziative estemporanee e personali o contingenti in tale opera elaborativa di testi di indirizzo ed anche di studii interpretativi del procedere storico che ci circonda.
L’idea che con un’oretta di tempo, con la penna e con il calamaio, qualche buon figliolo si metta a freddo a rediger testi, o anche che lo faccia la cirenea "base" per l’invito di una circolare, o una effimera riunione accademica chiassosa o clandestina, è un’idea bambocciale. I risultati sono da diffidare e squalificare in partenza. Soprattutto quando una tale disposizione di dettami viene dai maniaci dell’opera e dell’intervento umano sulla storia. Intervengono uomini, dati uomini, o un dato Uomo con la maiuscola? Vecchia questione. La storia la fanno gli uomini, soltanto che sanno assai poco perché la fanno e come la fanno. Ma in genere tutti i "patiti" dell’azione umana, e i dileggiatori di un preteso automatismo fatalista, da una parte sono quelli che accarezzano – nel proprio foro interiore – l’idea di avere nel corpicciuolo quel tale Uomo predestinato, dall’altra sono proprio quelli che nulla hanno capito e nulla possono nemmeno intendere che la storia non guadagna o perde un decimo di secondo, sia che essi dormano come ghiri, sia che realizzino il sogno generoso di dimenarsi come ossessi.
Con gelido cinismo e senza il minimo rimorso ad ogni esemplare superattivista più o meno autoconvinto di serissime funzioni, e ad ogni sinedrio di novatori e pilotatori del domani ripetiamo: "jateve a cuccà"! Siete impotenti anche a caricare la sveglia.
Il compito di mettere a posto le tesi e raddrizzare le gambe ai cani che deviano da tutte le bande, compito che si riapre sempre dove meno te l’aspettavi, vuole ben altro che la breve ora del congressino o del discorsetto.
Non è facile tentare un indice dei posti dove si è dovuto accorrere a turare falle, opera evidentemente ritenuta ingloriosa da quelli nati per "passare alla storia", con stile non tamponante ma sfondante. Pensiamo possa servire un piccolo indice, che ovviamente non è perfetto ed avrà ripetizioni ed inversioni. Indichiamo le tesi corrette a fronte di quelle errate: non chiamiamo queste antitèsi, pronunziato piano, che si confonde collo sdrucciolo antìtesi, ovvero contrapposta presenza di due diverse tesi. Diremo: controtesi.
Anche per pure ragioni espositive dividiamo i punti in tre settori,
di evidente intercomunicazione: Storia, Economia, Filosofia (considerate
il vocabolo tra virgolette). Trascuriamo di massima quelle vere e proprie
tesi avversarie e borghesi che si oppongono diametralmente alle nostre,
e di cui ben nota è la confutazione, e talvolta prendiamo come controtesi
quelle che sono più che altro formulazioni scorrette, prevalse per
cattivo vezzo da tempo e generatrici di equivoci non lievi.
CONTROTESI 1.
All’incirca dall’inizio del diciannovesimo secolo,
la società è divisa in due classi in lotta: i borghesi detentori
degli strumenti di produzione e i proletari salariati.
TESI 1.
Secondo Marx le classi nei paesi pienamente industriali
sono tre:
1 - Capitalisti dell’industria commercio e banca,
2 - Proprietari fondiari, ben vero nel modo
borghese, col libero mercato della terra agraria,
3 - Lavoratori salariati.
In tutti i paesi, ma soprattutto in quelli ad industria
poco sviluppata, e nel periodo in cui la borghesia non ha ancora preso
il potere politico, sono presenti in diversa misura ancora altra classi,
come: aristocrazia feudale; artigiani; contadini proprietari.
La borghesia prima, e in seguito i salariati, cominciano
ad avere peso storico in varii tempi nei vari paesi: Italia, sec. XV -
Paesi Bassi, sec. XVI - Inghilterra, sec. XVII - Francia, sec. XVIII -
Europa centrale, America, Australia, ecc., sec. XIX - Russia, sec. XX -
Asia, oggi.
Ne seguono diversissime aree, e schieramenti,
di lotte di classe.
CONTROTESI 2.
I proletari sono e si mostrano indifferenti nelle
lotte rivoluzionarie della borghesia contro i poteri feudali.
TESI 2.
Le masse dei proletari lottano ovunque sul terreno
della insurrezione per rovesciare i privilegi feudali e i poteri assoluti.
Nei vari paesi e tempi, una parte centrale della classe operaia ingenuamente
vide nelle rivendicazioni borghesi democratiche una conquista effettiva
anche dei cittadini poveri. Un altro strato vede che anche i borghesi che
vanno al potere sono sfruttatori, ma è influenzato dalle dottrine
del "socialismo reazionario" che vorrebbe allearsi, in odio ai padroni,
colla controrivoluzione feudale. La parte più avanzata si porta
sulla posizione corretta: tra padroni ed operai da essi sfruttati non vi
sono rivendicazioni ideologiche e "civili" comuni, ma la rivoluzione borghese
è necessaria, sia per aprire la via all’impiego a grande scala della
produzione in masse collaboranti, che permette nuovo tenore di vita, e
maggiori consumi e soddisfazioni alla parte misera della società,
sia per rendere poi possibile una gestione sociale, ossia proletaria in
primo tempo, delle nuove forze. I lavoratori si battono quindi con la grande
borghesia contro la nobiltà e il clero, ed anche (Manifesto)
contro la piccola borghesia reazionaria.
CONTROTESI 3.
Dove avvennero controrivoluzioni dopo la vittoria
borghese (restaurazioni feudali e dinastiche) la lotta non interessò
i lavoratori, perché si svolgeva tra due loro nemici.
TESI 3.
In ogni lotta armata per la restaurazione (sono
esempi di questa le coalizioni antifrancesi) e contro di essa (esempi le
rivoluzioni repubblicane francesi nel 1831 e 1848) il proletariato lottò
e doveva lottare nelle trincee o sulle barricate coi borghesi radicali.
La dialettica delle lotte di classe e delle guerre civili mostrò
che tale aiuto era necessario alla borghesia proprietaria e industriale
per vincere; ma appena dopo la vittoria la stessa si gettò ferocemente
contro il proletariato che voleva vantaggi sociali e potere. Tale è
l’unica via del succedersi inevitabile delle rivoluzioni e controrivoluzioni:
quell’aiuto storico insurrezionale alle borghesie è la condizione
per poterla un giorno sconfiggere, dopo una serie di tentativi.
CONTROTESI 4.
Ogni guerra tra Stati feudali e borghesi, o insurrezione
per la indipendenza nazionale dallo straniero, fu indifferente alla classe
operaia.
TESI 4.
La formazione di Stati nazionali con razza e lingua
in massima uniforme è la condizione ottima per sostituire la produzione
capitalistica a quella medievale, e ogni borghesia lotta a tale scopo anche
prima che la nobiltà reazionaria sia rovesciata. Tale sistemazione,
soprattutto dell’Europa, in Stati nazionali è per i lavoratori un
trapasso necessario, poiché all’internazionalismo, subito affermato
dai primissimi movimenti operai, non si perviene senza superare il localismo
di produzione di consumo e di rivendicazioni proprio del tempo feudale.
Quindi il proletariato nel suo interesse di classe lotta per la libertà
della Francia, della Germania, dell’Italia, degli staterelli balcanici,
fino al 1870, epoca in cui questo assestamento può dirsi compiuto.
Mentre dura l’alleanza nella azione armata, si sviluppa la differenziazione
delle ideologie di classe, e i lavoratori si sottraggono a quelle nazionali
e patriottiche. Soprattutto interessavano l’avvenire del movimento proletario
le vittorie contro la Santa Alleanza, contro l’Austria nel 1859 e 1866,
e in ultimo contro Napoleone III stesso, nel 1870; sempre contro la Turchia
e la Russia; o per converso erano condizioni negative le sconfitte (Marx,
Engels, in tutte le opere, tesi di Lenin sulla guerra 1914). Tutti questi
criteri si applicano al moderno "Oriente".
CONTROTESI 5.
Dal momento che in tutto il continente o i continenti
di razza bianca sono al potere i borghesi, le guerre sono di rivalità
imperialistica, non solo nessun movimento operaio ha interessi solidali
col governo in guerra, e continua la lotta di classe fino al disfattismo,
ma lo stesso esito della guerra in una o nell’altra direzione è
privo di influenze sugli sviluppi futuri della lotta di classe e della
rivoluzione proletaria.
TESI 5.
Giusta Lenin le guerre dal 1871 e dopo il periodo
di capitalismo "pacifico" sono imperialistiche, la loro accettazione ideologica
è tradimento, e nel 1914, sia nei paesi della Intesa che in quelli
tedeschi, ogni partito operaio rivoluzionario doveva fare opera contro
la guerra e per trasformarla in guerra civile, soprattutto sfruttando la
sconfitta militare.
Esclusa quindi ogni alleanza in azioni armate regolari
o irregolari con i borghesi, non cessa di essere considerato il problema
dei diversi effetti delle soluzioni militari, ed è vano sostenere
che siano indifferenti le conseguenze di inversioni in così immense
forze di urto. In linea generale può dirsi che è più
sfavorevole al proletariato e alla sua rivoluzione la vittoria militare
degli Stati borghesi più antichi, ricchi, e stabili socialmente
e politicamente. Esiste un diretto legame tra lo sfavorevole decorso della
lotta proletaria in 150 anni, che ha almeno triplicato il tempo calcolato
dal marxismo, e la costante vittoria della Gran Bretagna nelle guerre contro
Napoleone, e poi contro la Germania. Il potere borghese inglese è
stabile ormai da tre secoli. Marx fece largo affidamento sulla guerra civile
americana, ma la stessa non ebbe per risultato il formarsi di una forza
capace di battere l’Europa, bensì di un contrafforte alla potenza
inglese, che è divenuto gradualmente il centro, attraverso guerre
condotte in comune e non con un conflitto diretto.
Nel 1914 Lenin chiaramente indicò la
soluzione più favorevole in una sconfitta militare delle forze armate
dello Zar, che avrebbe reso possibile lo scoppio dell’urto di classe in
Russia; e lottò con ogni forza contro la considerazione che l’ipotesi
deteriore fosse la vittoria tedesca sugli anglo-francesi, pur bollando
con ugual forza i socialsciovinisti germanici.
CONTROTESI 6.
La rivoluzione russa non ebbe altro carattere che
quello dello scoppio della rivoluzione proletaria nel punto ove i borghesi
sono più deboli, e dal quale la lotta può estendersi agli
altri paesi.
TESI 6.
È ovvio che la rivoluzione proletaria non
può vincere che internazionalmente, e che si può e si deve
iniziare ovunque il rapporto di forze è più favorevole, essendo
puramente disfattista la tesi che la rivoluzione si debba cominciare nel
paese di più sviluppato capitalismo, e poi negli altri. Ma per battere
la posizione opportunista ben altra è l’impostazione marxista del
punto storico.
Nel 1848 Marx considera che malgrado le violente
lotte cartiste la rivoluzione di classe non esploderà partendo dalla
industriale Inghilterra. Conta che il proletariato francese possa dare
battaglia innestandosi alla rivoluzione repubblicana. Soprattutto considera
come punto di appoggio la doppia rivoluzione in Germania, dove sono
ancora al potere le istituzioni feudali, e tratteggia anche in precise
disposizioni politiche la manovra del proletariato germanico; prima con
liberali e borghesi, subito dopo addosso ad essi.
Per venti anni almeno e soprattutto dopo il 1905,
in cui il proletariato russo appare in campo come classe, i bolscevichi
preparano una simile prospettiva in Russia. Essa poggia su due elementi:
decrepitezza delle istituzioni feudali che (per vile che sia la borghesia
russa) saranno assalite – necessità della sconfitta che, come quella
contro il Giappone, dia la seconda occasione.
Il proletariato e il suo partito, ben collegati
in dottrina ed organizzazione coi partiti dei paesi da tempo borghesi,
si tracciano questo compito: addossarsi la lotta per la rivoluzione liberale
contro lo zarismo e per l’emancipazione contadina contro i boiardi, e quindi
la presa del potere da parte della classe operaia russa.
Molte rivoluzioni nella storia furono sconfitte:
alcune per non essere riuscite a prendere il potere, altre per una repressione
armata che lo ritolse (Comune di Parigi), altre senza repressione militare
ma per distruzione della trama sociale (Comuni borghesi italiani). In Germania
l’attesa doppia rivoluzione vinse militarmente (più socialmente)
il primo trapasso, fallì al secondo. In Russia la doppia rivoluzione
vinse tutti e due i trapassi militari di guerra civile, vinse il primo
trapasso economico sociale, perdette il secondo ossia quello da capitalismo
a socialismo, benché non vi sia stata una invasione dall’esterno,
ma come effetto della sconfitta proletaria internazionale fuori di Russia
(1918-1923). Lo sforzo del potere russo è oggi non verso il socialismo,
ma verso il capitalismo, in rivoluzionaria marcia sull’Asia.
Lo svolto storico che poteva avere al centro la
Germania 1848 o la Russia 1917 non si può ripresentare, probabilmente,
come rivolgimento interno nazionale, non essendo pensabile che analoga
influenza mondiale possa avere ad esempio la Cina, d’altronde già
in via di passaggio da feudalismo a borghesismo.
Il punto debole per iniziare localmente la nuova
fase rivoluzionaria internazionale poteva, da allora in poi, venire solo
da una guerra perduta in un paese capitalistico.
CONTROTESI 7.
Sebbene sia chiaro che il formarsi di sistemi totalitari
di governo in paesi capitalistici nulla abbia a che vedere con le controrivoluzioni
restauratrici di cui le tesi 2 e 3, e sia una attesa conseguenza della
concentrazione economica e sociale delle forze, e quindi sia una ricaduta
nel tradimento il ravvisare la necessità di un blocco proletario
borghese per ripristinare in economia e politica il liberalismo, e adottare
il metodo della lotta partigiana – e sebbene sia anche posizione sbagliata
quella di appoggiare in caso di scontro tra Stati borghesi il gruppo avverso
a quello che si prefigge di attaccare la Russia, per difendere un regime
che deriva comunque da vittoria proletaria – alle soluzioni della seconda
guerra mondiale imperialistica non si doveva attribuire alcuna influenza
sulle prospettive proletarie di classe e di ripresa rivoluzionaria.
TESI 7.
Non esaurisce il problema storico che ogni valutazione
crociatista della guerra, come conflitto di "ideologie" tra democrazia
e fascismo, era tanto deteriore come quelle del 1914 a motivi di libertà,
civiltà e nazionalità. Tali scopi di propaganda coprono da
entrambi i lati lo scopo di conquista di mercati e di potenza economica
e politica: ciò è giusto, ma non basta. La fine del capitalismo
non avverrà che come una serie di esplosioni dei sistemi unitari
che sono gli Stati territoriali di classe: questo è il processo
da individuare e potendolo, da affrettare: dal tempo delle guerre imperialiste
è escluso che lo si affretti con una solidarietà proletaria
politica e militare. Ma non è meno importante decifrarlo, e adeguarvi
la strategia della internazionale dei partiti rivoluzionari. A tale linea
di principio la politica russa ha sostituito la cinica manovra statale
di un nuovo sistema di potere, e ciò dimostra che esso fa parte
della costellazione mondiale capitalistica. Di qui il movimento della classe
proletaria dovrà duramente risalire. E la prima tappa è:
intendere.
Allo scoppio della guerra lo Stato di Mosca passa
un accordo con quello di Berlino: non sarà mai abbastanza diffusa
la critica di questo svolto storico, accompagnato dalla mobilitazione di
argomenti marxisti sulla natura imperialistica ed aggressiva della
guerra di Londra e Parigi, a cui sono invitati i partiti sedicenti comunisti
nei paesi dei due blocchi.
Due anni dopo lo Stato di Mosca si allea con quelli
di Londra, Parigi e Washington, e svolge tutta la propaganda a dimostrare
che la guerra contro l’Asse è non una campagna imperialistica
ma una crociata ideologica per la libertà e la democrazia.
Di grande importanza per il nuovo movimento proletario
non è solo lo stabilire che in entrambe le fasi sono abbandonate
le direttive rivoluzionarie, ma il valutare il fatto storico che col secondo
movimento lo Stato russo, mentre ha guadagnato forze e risorse per il suo
avanzare capitalistico interno, ha contribuito alla soluzione conservatrice
della guerra evitando con un enorme apporto di forza militare una catastrofe
almeno del centro statale di Londra, per l’ennesima volta indenne
dalla bufera bellica. Tale catastrofe era una condizione estremamente favorevole
per un crollo degli altri Stati borghesi, cominciando da Berlino, per un
incendio dell’Europa.
CONTROTESI 8.
Nel presente antagonismo tra America e Russia (coi
satelliti rispettivi) non vi è altro da considerare che due imperialismi
da avversare allo stesso titolo, escludendo che l’una o l’altra soluzione
– ovvero quella di compromesso duraturo – determinino grandi diversità
di condizioni per la ripresa del movimento comunista e per la rivoluzione
mondiale.
TESI 8.
Tale equivalenza e parallelo, quando non si limiti
a condannare ogni appoggio agli Stati nella possibile terza guerra, ogni
azione partigiana dai due lati, ed ogni rinunzia ad azioni disfattiste
interne autonome del proletariato ove ve ne fossero le forze, è
posizione non solo insufficiente, ma dissennata. Non si potrà mai
avere una visione della via per cui giunge la rivoluzione mondiale (visione
necessaria anche quando la storia delude poi le possibilità favorevoli,
e senza la quale non vi è partito marxista) senza porsi il quesito
della mancata presenza di una lotta di classe rivoluzionaria tra
capitalisti e proletari americani, ed anche inglesi, laddove più
potente è l’industrialismo. Non è possibile separare questa
risposta dalla constatazione della riuscita di tutte le imprese imperialistiche
e di sfruttamento del restante mondo.
Mentre i sistemi di potere in America e Inghilterra
non hanno altra esigenza che la conservazione del capitalismo mondiale,
e vi sono preparati da una lunga forza viva storica di movimento
nella stessa direzione, e procedono con passo misurato verso il totalitarismo
sociale e politico (altra inevitabile premessa al finale urto antagonistico)
e mentre negli stessi satelliti di questo blocco vi è una situazione
di avanzato regime borghese, nell’altro blocco le condizioni sono opposte,
si rinvengono i territori europei ed extraeuropei ove ancora socialmente
e politicamente la borghesia più recente lotta contro i resti feudali,
e le formazioni statali sono giovani e ad ossatura meno consolidata; d’altra
parte questo blocco è ridotto ad usare l’inganno democratico e collaborazionista
di classe solo esternamente, ed ha già bruciate tutte le risorse
del governo unipartitico e totalitario, abbreviando il ciclo. Ovviamente
esso cadrà in crisi se vi cade il formidabile sistema capitalistico
con centro a Washington, che controlla i cinque sesti dell’economia matura
al socialismo, e dei territori ove vi è proletariato salariato puro.
La rivoluzione non potrà passare che da una
lotta civile nell’interno degli Stati Uniti, che una vittoria nella guerra
mondiale prorogherebbe di un tempo misurabile a mezzi secoli.
Poiché il movimento marxista non tralignato
è oggi minimo, il suo compito non può giungere a mandare
maggiori forze a dirompere internamente l’uno o l’altro sistema, al che
in principio tenderebbe: fondamentalmente si tratta di raccogliere i gruppi
proletari (ancora tanto esigui) che intendono come a questo consolidamento
della potenza capitalistica nei sistemi organizzati massimi ha in primo
grado collaborato in trenta anni la politica di Mosca e dei partiti che
sono con Mosca, creando prima con la falsa politica, e poi addirittura
coll’apporto di milioni e milioni di caduti, il contributo primissimo al
successo della criminale soggezione delle masse alla prospettiva di benessere
e di libertà nel regime capitalistico e nella "civiltà occidentale
e cristiana".
Il modo con cui il proletariato inquadrato da Mosca
la combatte all’interno dei paesi atlantici, è per questa civiltà
maledetta il migliore successo e la migliore assicurazione; e ciò
purtroppo anche ai fini delle previsioni sulla sorte di un attacco militare
che da Oriente potrebbe essere portato.
CONTROTESI 1.
Il ciclo di svolgimento dell’economia capitalistica
va verso una continua depressione del tenore di vita dei lavoratori, cui
viene lasciato solo quanto basta ad alimentare la vita.
TESI 1.
Ferma restando la dottrina della concentrazione
della ricchezza in unità sempre maggiori di volume e minori in numero,
la teoria della crescente miseria non significa che il sistema di produzione
capitalistico non abbia aumentato enormemente la produzione dei beni di
consumo rompendo la produzione parcellare e il consumo entro isole chiuse,
progressivamente aumentando la soddisfazione dei bisogni per tutte le classi.
La teoria marxista significa che nel fare questo l’anarchia della produzione
borghese disperde i nove decimi delle centuplicate energie, espropria spietatamente
tutti i medi detentori di piccole riserve di beni utili, e quindi aumenta
enormemente il numero dei senza-riserva che consumano giorno per
giorno la remunerazione, in modo che la maggioranza della umanità
è senza difesa contro le crisi economiche sociali e di spaventosa
distruzione bellica al capitalismo inerenti, e contro la sua politica preveduta
da oltre un secolo di esasperata dittatura di classe.
CONTROTESI 2.
Il capitalismo è superato qualora si riesca
ad attribuire al lavoratore la quota di plusvalore sottrattagli (frutto
indiminuito del lavoro).
TESI 2.
Il capitalismo è superato quando alla collettività
lavoratrice si renda, non la quota di profitto sul dieci per cento consumato,
ma il novanta per cento dilapidato dall’anarchia economica. Ciò
non avviene con una diversa contabilità di valori scambiati, ma
togliendo ai beni di consumo il carattere di merci, abolendo il salario
in moneta, e organizzando centralmente l’attività produttiva generale.
CONTROTESI 3.
Il capitalismo è superato da una economia
in cui i gruppi di produttori abbiano il controllo e la gestione delle
singole aziende e queste trattino liberamente tra loro.
TESI 3.
Un sistema di scambio mercantile tra aziende libere
autonome al loro interno, come può essere propugnato da cooperativisti,
sindacalisti, libertari, non ha alcuna possibilità storica e non
ha alcun carattere socialista. Esso è retrogrado anche rispetto
a molti settori già organizzati alla scala generale in tempo borghese,
come richiede il procedere della tecnica, e la complessità della
vita sociale. Socialismo, o comunismo, vuol dire che la intera società
e l’unica associazione di produttori e consumatori. Ogni sistema aziendale
conserva il dispotismo interno di fabbrica e l’anarchia dello adeguamento
al consumo dello sforzo di lavoro, oggi almeno decuplo del necessario.
CONTROTESI 4.
Una direzione dell’economia da parte dello Stato
e una gestione di Stato delle aziende produttive, anche se non è
socialismo, tuttavia modifica il carattere del capitalismo quale Marx lo
studiò, e quindi modifica la prospettiva del suo crollo, e determina
una terza inattesa forma di post-capitalismo.
TESI 4.
La neutralità economica dello Stato politico
non è stata che una rivendicazione dei borghesi contro lo Stato
feudale. Il marxismo ha dimostrato che lo Stato moderno non rappresenta
la società intera, ma la classe dominante capitalistica; con ciò
ha detto, dalla prima pagina, che lo Stato è una forza economica
nelle mani del capitale, e della classe imprenditrice. Dirigismo e capitalismo
di Stato sono ulteriori forme di soggezione dello Stato politico al capitale
imprenditore. Esse delineano il previsto antagonismo finale esasperato
delle classi, che non è un urto di numeri statistici, ma di forze
fisiche: il proletario organizzato in partito rivoluzionario contro lo
Stato costituito.
CONTROTESI 5.
Data la inattesa forma dell’economia il marxismo,
se vuol restare valido, deve cercare una terza classe che va al potere
dopo la borghesia, gruppo umano dei titolari di capitale oggi scomparsi,
e che non è il proletariato. Tale classe, che è quella che
governa e ha privilegi in Russia, è la burocrazia. Ovvero,
come si sostiene per l’America, tale classe è quella dei managers
ossia dei dirigenti tecnici e amministrativi di aziende.
TESI 5.
Ogni regime di classe ha avuto la sua burocrazia,
amministrativa, giudiziaria, religiosa, militare, il cui insieme è
uno strumento della classe al potere, ma i cui componenti non costituiscono
una classe, poiché classe è l’insieme di quelli che stanno
in una stessa relazione coi mezzi di produzione e consumo. La classe dei
proprietari di schiavi aveva già cominciato a smobilitare non potendo
nutrire i propri servi (Manifesto) quando la burocrazia imperiale
regnava ancora, lottava contro la rivoluzione antischiavista e la reprimeva
sanguinosamente. Gli aristocratici avevano conosciuta da tempo miseria
e ghigliottina, che ancora le reti statali militari e clericali lottavano
per l’antico regime. La burocrazia in Russia non è definibile senza
un taglio arbitrario tra gli alti papaveri e il resto: in capitalismo di
Stato tutti sono burocrati. Questa pretesa burocrazia russa, e dal canto
suo la managerial class americana, sono strumenti senza vita e storia
propria, al servizio del capitale mondiale contro la classe lavoratrice.
I termini a cui tende l’antagonismo di classe rispondono alla prospettiva
marxista dei fatti economici sociali e politici, e a nessun’altra antica;
tanto meno a nuove costruzioni frutto della attuale ottenebrata atmosfera.
Controtesi e tesi "filosofiche"
CONTROTESI 1.
Poiché gli interessi economici determinano
le opinioni di ciascuno, nel seno della attuale società il partito
borghese rappresenta l’interesse capitalistico e quello composto di operai
il socialismo. Ogni problema si risolve dunque con una consultazione, non
di tutti i cittadini il che è la menzogna democratica borghese,
ma di tutti i lavoratori che sono in una stessa situazione di interessi,
e la cui maggioranza vede bene il suo generale avvenire.
TESI 1.
In ogni epoca le dominanti opinioni, la cultura,
l’arte, la religione, la filosofia, sono determinate dalla situazione degli
uomini rispetto alla economia produttiva e dai rapporti sociali che ne
derivano. Quindi ogni epoca, specie al suo culmine e nel centro del suo
ciclo, vede tutti gli individui tendere ad opinioni, che non solo non discendono
da eterne verità o luci dello spirito, ma che restano lontane dallo
stesso interesse del singolo, della categoria o della classe, per essere
in larga misura plasmate sugli interessi della classe dominante e delle
istituzioni che le convengono.
Solo dopo lungo e penoso contrasto di interessi
e di bisogni, dopo lunghe lotte fisiche provocate dai contrasti di classe,
si forma una nuova opinione e una dottrina propria della classe soggetta,
che attacca i motivi di difesa dell’ordine costituito e ne prospetta una
violenta demolizione. Fino a molto tempo dopo la vittoria fisica, preludio
al lungo smantellamento delle influenze e menzogne tradizionali, solo una
minoranza della classe interessata è in grado di porsi con sicurezza
sulla via del nuovo corso.
CONTROTESI 2.
L’interesse di classe determina la coscienza di
classe, e la coscienza determina l’azione rivoluzionaria. Si intende per
rovesciamento della praxis il contrasto tra la dottrina borghese secondo
cui ogni cittadino deve farsi per motivi ideali e culturali un’opinione
politica, e secondo questa agire anche contro il suo interesse di gruppo,
e quella marxista, secondo cui gli interessi di gruppo e di classe di ognuno
gli dettano la sua personale opinione.
TESI 2.
Il rovesciamento della prassi secondo la giusta
visione del determinismo marxista significa che, mentre ogni singolo agisce
secondo determinazioni ambientali (che non sono i soli suoi bisogni fisiologici
ma anche tutte le innumeri influenze della tradizionali forme di produzione)
e solo dopo avere agito tende ad avere una "coscienza", in diversa misura
imperfetta, e della sua azione, e dei motivi di essa; e mentre questo avviene
anche per le azioni collettive, che sorgono spontanee e per effetto di
condizioni materiali prima di divenire formulazioni ideologiche, il partito
di classe raggruppa gli elementi avanzati della classe e della società
che posseggono la dottrina del corso avvenire. È quindi il solo
partito che, non ad arbitrio o per effetto di entusiasmi emotivi, ma procedendo
razionalmente, è elemento di intervento attivo che nel linguaggio
dei filosofi di professione si direbbe "cosciente" e "volontario". Conquista
del potere di classe, e dittatura, sono funzioni del partito.
CONTROTESI 3.
Il partito di classe costruisce la dottrina della
rivoluzione, e nei nuovi eventi e situazioni la trasforma secondo le nuove
necessità e le esigenze della classe o le sue tendenze.
TESI 3.
Una storica lotta di rivoluzione di classe, ed un
partito che la rappresenta, sono fatti reali e non dottrinaria illusione,
in quanto il corpo della nuova teoria (che altro non è che
la discriminazione delle linee di eventi non ancora realizzati ma di cui
si sono potute individuare le condizioni e le premesse nella precedente
realtà) è stato formato quando storicamente la classe è
apparsa in una nuova disposizione di forme di produzione sociale.
La continuità, nel più ampio campo di tempo e di spazio,
della dottrina e del partito della classe è la riprova della giustezza
della previsione rivoluzionaria.
Ad ogni sconfitta fisica delle forze della rivoluzione
segue un periodo di smarrimento che prende la forma di revisioni di capitoli
del corpo teorico, sotto il pretesto di nuovi dati ed eventi. Tutto il
tracciato rivoluzionario sarà risultato valido soltanto quando e
soltanto se, nel corso compiuto, si confermerà che dopo ogni scontro
perduto le forze si ricostituiscono sulla stessa base e sullo stesso programma,
che fu stabilito alla "dichiarazione di guerra di classe" (1848). Ogni
accingersi a costruzioni nuove e diverse della teoria – come dimostra non
una filosofica o scientifica elucubrazione ma una somma di esperienze storiche
tratte dalla lotta secolare del proletariato moderno – vale per i marxisti
una confessione di avere defezionato.