Partito Comunista Internazionale "Dall’Archivio della Sinistra"

Partito Socialista Italiano
Frazione Comunista Astensionista

 

VERSO IL CONGRESSO NAZIONALE SOCIALISTA
Il programma Comunista e le altre tendenze proletarie
(II Soviet, n.33, [10 agosto] 1919)






 

È di somma importanza, a scopo di chiarificazione delle idee e delle azioni nel confusionismo politico che in Italia è più grande che altrove porre in rilievo le differenze tra il nostro programma e quelli delle altre scuole socialiste che hanno seguito nel proletariato; ed insieme il contegno da tenersi di fronte a questi movimenti collaterali al nostro.

I socialisti riformisti di destra (rappresentati in Italia dalla Unione Socialista Italiana) hanno abbandonato il concetto della lotta di classe e dell’urto rivoluzionario fra borghesia e proletariato, perché ritengono che la società si evolverà gradualmente verso il regime collettivistico con una collaborazione tra il proletariato e il governo borghese, nell’azione parlamentare e ministeriale, tendente ad attuare riforme favorevoli al proletariato.

Questa corrente è considerata dai comunisti come la peggiore nemica della rivoluzione e il più efficace presidio degli istituti borghesi.

I socialisti riformisti di sinistra (altrove indipendenti, tra noi rappresentati dalla minoranza del Partito Socialista Italiano, da quasi tutti i suoi deputati e dai capi della Confederazione Generale del Lavoro) ammettono in un lato senso la lotta di classe, ma ne vedono uno sviluppo entro le linee della democrazia rappresentativa, senza insurrezioni, e pur facendo una opposizione politica alla borghesia non escludono di ottenere da essa riforme interessanti i lavoratori. Non sono, come i destri, per la unione sacra.

Sopratutto essi non ammettono la dittatura rivoluzionaria del proletariato, asserendo che attraverso forme democratiche maggioritarie esso riuscirà ad assumere e conservare il dominio della società.

Di fronte a questa corrente bisogna come giustamente dice il programma della III Internazionale scindere la massa dai capi, mostrando la incertezza e la debolezza del metodo da questi propugnato.

I sindacalisti (rappresentati in Italia dalla Unione Sindacale Italiana) sostengono che la lotta rivoluzionaria è condotta dai sindacati economici, e non dal Partito politico; vedono nella rivoluzione il passaggio della direzione della società ai sindacati anziché allo stato proletario e al governo rivoluzionario; nella proprietà comunista non una proprietà sociale ma una proprietà sindacale.

La critica di questa scuola mostra che essa è una degenerazione del marxismo nel senso delle teorie economiche borghesi. Di fronte ad essa, pur riconoscendo che i suoi esponenti sono sentimentalmente rivoluzionari, occorre mostrare che il suo programma è inattuabile e la preparazione delle masse a tale metodo destinato ad essere scartato dagli avvenimenti, è non rivoluzionaria.

II programma di Mosca parla di "fare blocco" coi sindacalisti che accettano la dittatura. A parte l’esattezza della espressione blocco osserviamo che il concetto di una dittatura politica è in antitesi col sindacalismo puro. Il programma di Mosca si è preoccupato dei nostri rapporti coi sindacati (quasi mai diretti da comunisti puri) tanto è vero che ammette di attirare a noi certi sindacati riformisteggianti, illuminando le masse sul nostro programma.

Molto vi è da fare per condurre le masse organizzate economicamente alla concezione politica della rivoluzione che vive in seno al Partito proletario; altrimenti si avranno dolorose sorprese, come in Russia e Ungheria, dal contegno dei sindacati.

Gli anarchici negano la necessità del governo rivoluzionario, anche passeggero, ritenendo che occorra distruggere lo stato anziché farne una arma per l’emancipazione del proletariato e l’espropriazione della borghesia. Nella società futura vedono la massima libertà economica dei produttori, mentre il socialismo è sostanzialmente la collettivizzazione di tutte le funzioni della economia, che saranno centralmente disciplinate.

La concezione anarchica del processo rivoluzionario essendo irrealizzabile, dobbiamo combatterne la diffusione, che esporrebbe a grave pericolo il trapasso del potere dalla borghesia al proletariato, inducendo questo a rinunziare all’esercizio dei mezzi che soli possono assicurare l’ avvento del comunismo.

In conclusione, e per esprimere il nostro punto di vista senza restrizioni, affermiamo che i comunisti devono escludere qualunque politica di coalizione, anche per momenti contingenti dell’azione, calcolando unicamente nelle forze che si muovono sulla via del loro preciso programma di concretazione rivoluzionaria.

Le alleanze transitorie facilitano il superamento di un periodo a tutto danno della possibilità di affrontare il periodo successivo, nel quale l’alleanza dovrà per forza di cose spezzarsi per le divergenze iniziale del programma. E ciò sarà, in tutti i tempi, una condizione passiva pel complesso del movimento.

a. b.