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INTRODUZIONE
1. Tre vie al dilemma storico Russia-Occidente
Il relatore come ogni altra volta tracciò lo stato generale del piano di lavoro che conduciamo in queste riunioni, che negli ultimi tempi, salvo alcune su temi specifici (Polemica della Sinistra con l’IC; Principi di base storici e sociali del programma comunista), si sono in certo modo divise in due rami: struttura sociale ed economica russa da un lato, corso dell’economia capitalista dall’altro. Il lettore trova i richiami a questo lavoro, e alle varie pubblicazioni curate dal partito, nei resoconti immediati di Cosenza e Ravenna come all’inizio di quello diffuso testé in corso di pubblicazione, e non li ripetiamo (Programma n. 19 del 1956, n. 3, n. 4 e n. 16 del 1957).
Il relatore prospettò per quali motivi questa contrapposizione di termini tra Russia e capitalismo occidentale domina la scena storica e politica degli ultimi quarant’anni. Per i nostri avversari di tutte le sponde l’antitesi viene - a dar buon gioco ai traditori del comunismo - mantenuta ferma come un’antitesi tra classi e forme di produzione; tra socialismo proletario e capitalismo borghese. Per noi all’opposto, nel corso storico di questa moderna fiammeggiante vicenda, tre ben diversi "tempi" si sono succeduti.
Tre vie sono state successivamente annunciate e i loro nomi sono questi: Rivoluzione - Guerra - Emulazione.
Noi siamo e restiamo solidali solo della prima via, aperta colla Rivoluzione di Ottobre 1917 e chiusa colle sconfitte delle sinistre rivoluzionarie in Russia ed altrove. Era la via di Lenin.
La seconda via può portare il nome di Stalin e l’etichetta: costruzione del socialismo nella sola Russia. Nella realtà è la via della costruzione di una forza industriale, militare ed imperiale su cui aleggia il mito di un rovescio in guerra di tutti gli Stati ed imperi di Occidente; prima la Germania e poi l’America, nella paranoia di cui morì Stalin, con l’arrivo del comunismo in tutto il mondo borghese a bordo dei carri armati, nell’inganno diffuso nel mondo dalla pandemia di ebetismo dei suoi seguaci. Stalin muore nel 1953, ma il suo orrendo mostro teorico gli era premorto, con la guerra di Corea e la ripresa delle economie imperiali dell’Ovest.
A questo mostro orrendo in linea di dottrina, ma non schifoso nella
condotta politica quanto il mollusco che lo seguì, è succeduta la terza
via, che si può dire del Ventesimo Congresso, e dei cortigiani di Stalin
vivo che orinano sul suo grosso cadavere; ed è la via della ipocrisia
di pace, la via della Emulazione, che a un pari scempio delle teorie di
Marx e di Lenin aggiunge un’immensa vigliaccheria storica, che bisogna
riconoscere assente nella Russia di Stalin, di Stalingrado e del 38° parallelo.
2. La fornicazione comparatrice
La prospettiva del secondo dopoguerra mondiale non ha conosciuto nulla di simile all’attesa dei lavoratori di tutto il mondo nel primo dopoguerra, quando le proclamazioni della Terza Internazionale e di Lenin dai congressi di Mosca annunciavano come sviluppo della rivoluzione bolscevica e della vittoria in Russia contro le forze della reazione borghese mondiale, l’assalto per la conquista del potere e della dittatura proletaria negli Stati d’Europa. Nel secondo dopoguerra questa grandiosa promessa era stata rinnegata, come conseguenza dello stritolamento della vecchia guardia bolscevica in Russia e del patteggiare con gli Stati capitalistici in Europa e nel mondo, nella guerra, prima di Hitler e poi dei suoi nemici. Ma l’illusione proletaria ebbe un’ondata verso una seconda attesa che sapeva di tragedia: il secondo colpo che Stalin aveva annunziato nel 1938, e tramato nei patti di Yalta. Si sognò un assalto delle divisioni corazzate russe, sui campi fatali della vecchia Europa, alle forze americane e anglo-francesi. Oggi le due fasi, aurea la prima, di sinistro orpello la seconda, sono entrambe dichiarate sepolte. I russi firmarono la prima abiura sciogliendo il Comintern, la seconda sciogliendo quella larva che fu il Cominform, dal nome di bottega oscura e fetida.
Proclamata come traguardo e come nuovo sogno dei servi la Pace dichiarata, la Coesistenza dei due mondi separati dalla Cortina, proposta per una lunga storia di domani la bianca gara di un freddo confronto di numeri e di statistiche, questa terza via dell’Emulazione si imbinariò sull’attuale insidiosa strada polemica: la comparazione quantitativa dei risultati rispettivamente ottenuti, dopo tornei di pubblicistiche promesse, dalle "due economie" agenti nei pretesi "due sistemi".
Stalin bestemmiò con tutta la sua autorità, prima di morire, il verbo di Marx e di Lenin, implicitamente identificando i due sistemi nell’unico della produzione delle merci, assumendo che il suo sistema la accelerasse più di quello del vecchio capitalismo dell’Ovest, che nel delirio dell’agonia vide travolto in una fase di sottoproduzione industriale, laddove noi sperammo e sappiamo che il capestro che strozzerà tutti i capitalismi, l’unico, è il capestro della sovrapproduzione mercantile.
I suoi eredi bestemmiarono lui per connotati "morali" che valgono ad "epatare il borghese", ma più a fondo di lui e con maggiore blasfemo verso i principi del marxismo leninismo si cacciarono nella corsa industriale mercantile, vedendo nel suo precipizio la vittoria del sistema "socialista", che senza la rivoluzione, e senza la guerra di Baffone, avrebbe indotto il resto del mondo ad una adozione tanto incruenta, quanto quella che surroga il parto di organismi vivi e vitali; soluzione modellistica e borghesemente "campionaria" che disonora in una parodia oleosa gli antichi ma generosi sogni degli Utopisti cancellati, senza disprezzo, da Marx.
Una tale comparazione e commisurazione, possibile tra simili e non tra rivali, pur non essendo che fornicazione ed intrigo, obbligò alla polemica, al dialogare col morente Stalin, con le riviventi sue vittime e i nati-morti suoi epigoni, per mostrare: primo, che la diversità tra i due termini non sussiste ma è identità di struttura; secondo, che il paragone tra le squallide cifre, tra la cubatura dei due sepolcreti imbiancati, non vede la vittoria quantitativa dalla parte russa.
E poiché su tale passerella non potevano che convergere gli emulatori dell’altra banda, la polemica non poteva non riguardare anche loro, le loro versioni parimenti livide delle leggi della struttura mercantile, della cui caducità miserabile nei due campi emulativi vi è pari tremore.
Tanto ci preme provare che il decorso del presente capitalismo russo segue le stesse norme e leggi che quelli dei capitalismi statali storici; tanto ci preme pure mostrare che, alla luce vivida del tempo di Marx, cui non mancava nessuna fascia dello spettro luminoso, essi non si rincorrono che su una medesima pista storica, che ha per traguardo la morte del mercato, la morte del denaro, la morte del lavoro pagato, e una società, la potenza dei cui caratteri, nota da un secolo al marxismo, non può essere contenuta in figurini pubblicitari, promessa attraverso cataloghi di empori borghesi, campionata negli istituti filistei delle accademie economiche.