Partito Comunista Internazionale "Dall’Archivio della Sinistra"

Corrente di Sinistra nel
Partito Comunista d’Italia

 
 

La discussione sulla tattica e sulla situazione interna del PCI

(Da Stato Operaio, 1 maggio 1924)


 
 
 

La materia della discussione
 

Credo conveniente, in base alla decisione presa dai dirigenti del partito annunciata con il comunicato di presentazione dei documenti apparsi su “Stato Operaio”, di esporre direttamente come dovrebbe essere a mio avviso utilmente ordinata la discussione che si inizia.

Sui punti che indicherò, mi riservo successivamente di presentare ai compagni, sotto forma di articolo o magari di tesi, delle conclusioni che rispecchiano il pensiero di altri militanti del partito. Non posso e non devo annunciare preventivamente di parlare a nome di un dato aggruppamento di compagni poiché non esiste un’intesa in questo senso per la natura stessa della disciplina del nostro partito. Sarà l’intervento ulteriore nel dibattito di altri compagni e di organizzazioni di partito che chiarirà quale sia la distribuzione delle opinioni, in questa consultazione, di cui da tempo molti compagni vedono l’assoluta necessità, ma in cui l’iniziativa è rimasta naturalmente tutta alla Centrale del partito.

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Innanzi tutto si tratta di un riesame, di uno studio, di una valutazione completa di tutto il passato, ossia del come si è svolta, dalla costituzione del partito ad oggi, la situazione italiana, la lotta del proletariato, l’attività del PCd’I. Il materiale per tale studio, oltre che essere noto a tutti i compagni che hanno vissuto questo periodo di azione, è completato opportunamente dai documenti che si sono pubblicati su queste colonne. Si tratta insomma di giudicare, da parte dei compagni italiani, se l’esperienza e gli insegnamenti delle passate lotte conducono a confermare come buono e utile l’indirizzo seguito dal nostro partito oppure se conducono alla condanna parziale o totale di quell’indirizzo, e per qual motivo. Aggiungo subito due chiarimenti. Il primo è che per indirizzo del partito si deve intendere nel suo insieme la sua piattaforma di costituzione definita dai principi cui si ispira ideologicamente, dalla storia politica della sua formazione, dalla sua costituzione organizzativa. Il secondo avvertimento è, e ognuno lo comprende senza per ora addentrarsi di più in questo tema, che il quesito se l’indirizzo del partito sia stato buono o cattivo non coincide senz’altro con quello riguardante il raggiungimento o meno della vittoria da parte del proletariato. Accenno soltanto che per lo svolgimento della lotta di classe s’impongono certe condizioni generali su cui scarsa o nulla è l’influenza della volontà del partito o di chi lo dirige, ed altre condizioni che in un corpo certamente più ristretto possono essere modificate dalla natura della nostra azione e, diciamo pure, dalla nostra manovra. Certe situazioni date escludono che si possa ottenere un risultato favorevole al di là di certi limiti. Ad esempio: si può con un’azione più felice trasformare una ritirata da disastrosa in ordinata, ma non sempre è possibile, in un dato caso concreto, trovare una manovra così efficace da trasformare la ritirata in controffensiva vittoriosa.

Il quesito a cui dunque dovranno rispondere è duplice, data la natura della situazione italiana e del suo svolgimento: quale era il massimo successo conseguibile dal punto di vista proletario e rivoluzionario? È l’opera del partito stata quella che poteva assicurare questo massimo successo, o è stata più o meno diversa da ciò che poteva essere in rapporto a tale scopo? Non ho bisogno di dire che a quesiti di questo genere non si trova mai una risposta assoluta. Per noi si tratta di valutare quale grado di chiarezza ha lo studio di questa importante esperienza nella nostra coscienza collettiva di partito.

Dato al primo quesito un certo sistema di risposta, il secondo quesito sulla bontà dell’opera del partito va spezzato, per ragioni cronologiche, in due. Vi è un primo periodo in cui il partito comunista ha seguito la tattica tracciata dai dirigenti che ne furono alla testa dal congresso di Livorno. Secondo noi questo periodo culmina con lo sciopero generale nazionale dell’agosto 1922. Vi è un secondo periodo nel quale, essendo l’Internazionale comunista intervenuta, come era suo diritto e suo dovere, per rettificare la tattica precedente, da essa ritenuta sbagliata, e per rettificare anzitutto l’indirizzo del partito, compresa la sua base di costituzione organizzativa, si è seguito, a traverso le influenze di una crisi svoltasi nella composizione della Centrale del partito, il nuovo diverso indirizzo stabilito dalla Internazionale stessa.

Riepilogando: la parte del dibattito che riguarda il passato può dividersi in tre punti:
     1°) Spiegazione della situazione in [sic] e valutazione delle possibilità che essa ha presentato per l’azione proletaria dal principio del 1921 ad oggi.
     2°) Bilancio dell’indirizzo dato all’azione del partito dai congressi di Livorno e di Roma fino all’agosto 1922.
     3°) Bilancio (adoperiamo pure questa parola riassuntiva) dell’indirizzo dato all’azione del partito in applicazione delle decisioni dell’Internazionale dalla fine del 1922 ad oggi. Non ho bisogno di ricordare ora di quali questioni si dovrà discutere in particolare per illuminare questi 3 punti: azione sindacale, fronte unico, rapporti col partito socialista e le sue frazioni, tattica elettorale ecc.

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Non mi soffermo a confutare, perché poco seria, l’opinione di chi dicesse: lasciamo andare il passato e pensiamo a formulare un programma concreto per l’avvenire. Questo schema tende appunto ad indicare la via legittima per giungere utilmente alle decisioni sul da farsi.

Una seconda parte del dibattito dovrà consistere nell’applicare la valutazione dell’esperienza del nostro partito ai problemi generali del nostro indirizzo politico dell’avvenire. Ma un tale problema non si risolve certo come problema nazionale. Queste questioni d’indirizzo generale non possono non essere risolte nel medesimo senso per tutte le sezioni dell’Internazionale comunista. Le conclusioni cui i comunisti italiani si sentiranno di giungere sulla base delle loro esperienze locali, avranno bensì un’importanza grandissima in quanto si tratta di un periodo di lotta proletaria con caratteristiche oltremodo interessanti, e di un partito che si è conquistato, sotto tutti i rapporti, il diritto di far sentire il peso della sua opinione, ma non saranno da considerare che come un contributo alla discussione sull’indirizzo di tutta la Internazionale comunista. Tale contributo è un diritto e un dovere del partito, perché sulla base di tutto il quadro internazionale delle esperienze di lotta dei comunisti, la Internazionale tiene al suo o.d.g., anche per il suo imminente V congresso, le questioni fondamentali del programma, della tattica, dell’organizzazione. La nostra discussione di partito deve giungere dunque a formulare delle conclusioni sui vasti problemi del movimento comunista mondiale, dividendole approssimativamente su questi tre punti:
     1°) Programma dottrinale e politico dell’Internazionale comunista.
     2°) Tattica dell’I.C.
     3°) Organizzazione interna e metodi dell’I.C.

E veniamo alla terza parte. Solo sulla base di un insieme di risposte alle questioni già indicate, ed in perfetta armonia con queste risposte, si può tracciare un concreto “programma di azione immediata” del partito comunista d’Italia. Il partito dovrà dire come esso propone che si indirizzi domani la sua azione dinanzi ai gravi problemi che la situazione italiana gli pone: dalla lotta antifascista ai rapporti con le masse o con gli altri partiti di opposizione al fascismo od a piattaforma proletaria, alla regolazione dei rapporti organizzativi tra i vari suoi organi e alla disciplina internazionale e nazionale.

Naturalmente tutte queste proposte, qualunque esse siano, non possono essere applicate che nel caso e dopo che gli organi e i congressi internazionali li abbiano approvati. Se si pone la questione del che debba farsi nel frattempo, la risposta non può essere che una: quello che la Internazionale decide a traverso dei suoi organi esecutivi investiti di tutti i poteri a ciò necessari.

Delimitata così la partizione della discussione, io credo che il meglio sia abbordarla e svolgerla con ordine: a meno che altri compagni non dissentano dalla mia maniera di presentarla, nel qual caso potremo discutere come convenga di apportare modifiche a questo prima schema.

In nessun caso io credo che si possa prendere per così dire delle scorciatoie che tendano a soluzioni meno generali e più immediate della crisi in cui si trova il partito, nel merito della quale entreremo ulteriormente.
 

Amadeo Bordiga