Partito Comunista Internazionale "Dall’Archivio della Sinistra"

Corrente di Sinistra nel
Partito Comunista d’Italia

 
 

Piattaforma del Comitato d’Intesa

 

PARTITO E MASSE
SISTEMI ORGANIZZATIVI DEL PARTITO
PROBLEMI DI TATTICA
QUESTIONI SINDACALI
QUESTIONE NAZIONALE ED AGRARIA
QUESTIONE trotskI
LA NUOVA TATTICA
GIUDIZIO SULL’ATTIVITÀ PASSATA DEL PARTITO COMUNISTA D’ITALIA
COMPITO DEL PARTITO COMUNISTA IN ITALIA

 
 

Le questioni sulla natura e sui compiti del partito sono chiaramente impostate nelle Tesi di Roma.
 

A) PARTITO E MASSE

È errore ritenere che in ogni situazione si possa con espediente e manovra allargare la base del Partito fra le masse, in quanto i rapporti fra il Partito e le masse dipendono in massima parte dalle condizioni oggettive della situazione.

La controversia tra la sinistra e le altre correnti consiste nella opinione nostra che le variazioni della situazione non debbano alterare il programma e i metodi fondamentali di organizzazione e di tattica del Partito. Secondo noi l’accrescersi dell’influenza del Partito fra le masse è imposto dall’acutizzarsi delle situazioni rivoluzionarie, e dalla misura in cui il Partito resta fedele al suo compito rivoluzionario e mantiene fermi i suoi postulati d’organizzazione e di tattica. Le altre correnti considerano il problema della "conquista delle masse" apparentemente come un problema di volontà, ma sostanzialmente ricadono nell’opportunismo adattandosi a volta a volta alle situazioni. Essi deformano così la natura e le funzioni del Partito fino al punto di renderlo inetto anche alla stessa conquista delle masse e ai suoi compiti supremi quando la situazione glieli presenterà.

Uno degli appunti che si muovono alle nostre considerazioni tattiche è quello che possiamo a volte alienarci le masse e che in linea di principio noi trascuriamo le masse ed ignoriamo le situazioni reali per il gusto di mantenere intatta la nostra intransigenza. Ma ciò avviene solo apparentemente poiché in realtà siamo noi i soli a tener conto delle situazioni concrete nel senso rivoluzionario poiché inquadriamo il lavoro del momento nel piano generale d’azione del Partito facendo corrispondere allo svolgimento dialettico delle situazioni quello del Partito stesso.
 

B) SISTEMI ORGANIZZATIVI DEL PARTITO

Il Partito è l’organo che sintetizza ed unifica le spinte individuali e di gruppi provocate dalla lotta di classe. In quanto tale il tipo d’organizzazione di Partito deve essere capace di porsi al di sopra delle particolari categorie e perciò raccogliere in sintesi gli elementi che provengono dai proletari delle diverse categorie, dai contadini, dai disertori della classe borghese, ecc. ecc.

Per le altre tendenze il tipo dell’organizzazione di Partito è quella della cellula. Essi pensano d’aver già risoluto il problema rivoluzionario della tattica per il fatto di avere l’organizzazione base del Partito nella fabbrica e cioè fra gli operai.

Possiamo ricordare che questo è precisamente il tipo delle organizzazioni controrivoluzionarie (Sindacati, Labour Party), ove il frazionamento della classe operaia in gruppi professionali produce lo smarrimento della visione delle finalità di classe. È quindi errato il sostenere che l’organizzazione su base territoriale sia quella propria dei partiti elettoralistici e socialdemocratici, mentre il sistema... cellulare sia la chiave di volta per una giusta tattica rivoluzionaria.

Il richiamarsi all’esperienza organizzativa russa per trapiantarla in occidente non basta né giova, poiché dagli anni 1905 al 1917 in Russia il capitalismo era appena agli inizi mentre sviluppato ed imperante era invece il terrore zarista. Quindi l’apparato organizzativo del Partito, costituito da gruppi di fabbrica e da una schiera di funzionari (rivoluzionari professionisti) mentre rispondeva alle condizioni oggettive dello sviluppo iniziale del capitalismo, rispondeva altresì alla concentrazione del proletariato nei pochi centri industriali e alla necessità di azione sindacale delle masse, che mancavano ancora di potenti organismi idonei. D’altra parte erano evitate le deviazioni controrivoluzionarie perché l’azione delle cellule anche per rivendicazioni immediate poneva il problema generale rivoluzionario, non essendo possibili pacifiche e parziali conquiste, ed anche perché la selezione dei capi era garantita dallo stesso rigore della reazione zarista. Infine l’organizzazione poliziesca dello zarismo lasciava agli operai una maggiore possibilità d’azione nelle fabbriche che fuori. Invece nei paesi dove manca questa eccezionale situazione che si presentò in Russia dal 1905 al 1917, il sistema delle cellule si presta alla comoda dittatura di un funzionarismo burocratico le cui deviazioni controrivoluzionarie sono luminosamente dimostrate dalle esperienze dei Partiti socialdemocratici. Per noi il sistema delle cellule equivale ad un sistema federativo che è la negazione della centralizzazione dei Partiti comunisti, intendendo per centralizzazione il massimo potenziamento delle energie rivoluzionarie della periferia coordinate e riflesse nell’apparato dirigente.

Analogamente il problema della disciplina si pone come incanalamento e utilizzazione delle forze che si sviluppano e che il sistema organizzativo deve essere capace di armonizzare. In tal senso le nuove esperienze diventano il patrimonio del Partito che le interpreta, le assimila non divenendo un ritrovato di pochi funzionari che le impongono al Partito inerte secondo interpretazioni il più delle volte errate. Le sanzioni disciplinari divengono quindi repressioni di fenomeni sporadici e non compressione generale di tutto il Partito, del quale anzi devono costituire una riserva contro singole manifestazioni aberranti.

L’apparire e lo svilupparsi delle frazioni è indice di un male generale del Partito: è un sintomo della mancata corrispondenza delle funzioni vitali del Partito stesso alle sue finalità e si combattono individuando il male per eliminarlo e non abusando dei poteri disciplinari per risolvere, in modo necessariamente formale e provvisorio, la situazione.

La sinistra prospetta con il suo pensiero generale l’unico mezzo per eliminare le condizioni che danno vita alle frazioni e per garantire una disciplina ferma ma cosciente. Difatti noi ci siamo sempre opposti alle manovre organizzative, alle doppie organizzazioni di Partito (fusioni, frazioni in altri Partiti, ecc. ecc.), perché spezzano la continuità razionale di sviluppo del Partito e ne minano le stesse regole di vita e funzionalità fra le quali principalmente la disciplina.
 

C) PROBLEMI DI TATTICA

Per il fronte unico e il Governo operaio si richiamano in generale le critiche mosse dalla Sinistra e in particolare le tesi sulla tattica della Sinistra al IV Congresso Mondiale pubblicate su Stato Operaio nel primo semestre del 1924 in preparazione della conferenza nazionale del Partito. Insistiamo, in contraddittorio con gli altri che parlano di fronte unico prevalentemente come manovra di smascheramento dei Partiti non comunisti, sul noto concetto della Sinistra per cui il partito, ponendo rivendicazioni economiche e politiche proprie di tutta la classe lavoratrice, incoraggia in questa la tendenza alla lotta e tenta di acquistare la direzione esso solo e non ibride coalizioni con altri Partiti.

Sul governo operaio riconfermiamo che, se si tratta di un sinonimo della "Dittatura del proletariato", e cioè di una così detta parola di agitazione, noi siamo contrari alla formulazione di parole d’ordine che non hanno un proprio significato; se invece si tratta di qualcosa di diverso dalla "Dittatura del proletariato", l’avversiamo più fieramente in quanto rappresenta pericolosissime deviazioni parlamentaristiche se non addirittura la negazione dei principi elementari del marxismo rivoluzionario.

Siamo ugualmente avversi alla politica delle lettere aperte e delle proposte ad altri Partiti che vorrebbero ridurre la lotta rivoluzionaria a manovre fra capi e nel mentre possono costituire un alibi all’inerzia, divergono le masse dall’obiettivo, dalle necessità e dalle difficoltà della lotta, e si risolvono in una tattica sterile e ridicola.
 

D) QUESTIONI SINDACALI

Riconfermiamo la nostra accettazione delle tesi in merito al II Congresso dell’I.C.; la nostra contrarietà alla scissione sindacale e la necessità per il Partito di una rete permanente nell’interno dei sindacati professionali che si trasformerà in organismo dirigente dei sindacati quando la situazione sposterà inevitabilmente le masse verso di noi. Non così però siamo favorevoli alle attuali manovre per la fusione delle due Internazionali sindacali perché, avendo l’Internazionale bisogno di un centro di concentrazione delle forze sindacali comuniste ed avendo già risoluto tale problema invece con la costituzione di una sezione sindacale dell’I.C., non vediamo le ragioni rivoluzionarie che consigliano tale radicale revisione di tattica, perché riconfermiamo ad Amsterdam la funzione di agenzia della borghesia, come pure ha recentemente dimostrato in occasione del piano Dawes, perché ancora il preteso rafforzamento della sinistra di Amsterdam, la quale rappresenta una necessità fisiologica di conservazione e di azione della Internazionale stessa, si risolve in una liquidazione dell’Internazionale sindacale rossa.

Mentre però avversiamo la fusione organizzativa delle due Internazionali, siamo favorevoli ad una azione di fronte unico per questioni concrete da perseguire nelle due Internazionali e proveniente dal basso.
 

E) QUESTIONE NAZIONALE ED AGRARIA

Riconfermiamo la nostra piena approvazione delle tesi dettate da Lenin al II Congresso dell’Internazionale comunista, pur facendo delle riserve sulla applicazione pratica che di esse viene fatta in molti casi.
 

F) QUESTIONE trotskI

Respingiamo l’impostazione della questione com’è stata fatta dall’I.C. e dalla nostra Centrale. Poiché la questione sollevata nella prefazione al "1917" investe la condotta dei vari gruppi del Partito Comunista russo nell’ottobre 1917 e sui criteri della politica dell’I.C. soprattutto negli avvenimenti di Germania e Bulgaria e non i problemi della rivoluzione permanente, sulla funzione dei contadini, ecc. ecc. Sul primo punto di capitale importanza rivoluzionaria si è scivolato, mentre artatamente si è creata una questione Trotski richiamandosi al suo vecchio dissenso con Lenin e alla sua condotta su quelle questioni anteriori al 1917, la quale Trotski ha ripudiato non soltanto a parole. La Sinistra è con la posizione di Lenin nelle suaccennate questioni, mentre logicamente si compiace del fatto che un capo rivoluzionario come Trotski abbia fatto sue alcune importanti posizioni critiche e polemiche della Sinistra italiana.

Per l’impostazione della questione, Trotski, e per la sua esauriente trattazione richiamiamo l’articolo di Amadeo Bordiga che dovrebbe essere pubblicato sulla stampa del Partito.
 

G) LA NUOVA TATTICA

La tattica seguita dall’I.C. nelle elezioni presidenziali tedesche (proposta di mantenimento della candidatura Braum) e quell’annunziata dal Partito tedesco che ha provocato la formazione di una tendenza di sinistra nel Partito Comunista T. (Rosenberg e un quarto del Partito) e nelle elezioni amministrative di ballottaggio in Francia (tattica di Clichy) è una conferma ancora più inoppugnabile delle posizioni teoriche della Sinistra e del giudizio da noi dato sulla cosiddetta sterzata a sinistra del V Congresso, perché nel mentre si assume la difesa del principio leninista che la socialdemocrazia sia l’ala sinistra della borghesia e non l’ala destra del proletariato, si viene con essa a compromessi sul terreno più pericoloso dell’opportunismo controrivoluzionario e cioè dell’elettoralismo.

Devesi invece negare energicamente che i Partiti comunisti possano agire per la formazione di governi borghesi di una o di un’altra tendenza, anche se può talvolta esser vero che con un governo socialdemocratico la libertà d’azione del Partito possa essere più ampia, in quanto la borghesia regola le questioni fondamentali del potere secondo le sue esigenze di classe e quindi affida il Governo a chi meglio rappresenta la sua difesa. L’esperienza italiana ad esempio insegna che il democraticissimo Governo Nitti fu in sostanza quanto di meglio la borghesia poteva esperire in sua difesa; e quindi quanto di più reazionario.
 

H) GIUDIZIO SULL’ATTIVITÀ PASSATA DEL PARTITO COMUNISTA D’ITALIA

Si richiamano le tesi, mozioni ed articoli della Sinistra per la conferenza nazionale di Maggio 1924 pubblicate su Stato Operaio dell’epoca.

La Sinistra riafferma la bontà dell’indirizzo impresso al Partito dalla Centrale eletta ai Congressi di Livorno e di Roma e liberamente applicato fino allo sciopero generale dell’agosto 1922.

La politica seguita da allora per volontà dell’Internazionale, che questa affidò alla nuova Centrale nominata nell’Allargato del giugno ’23 e riconfermata al V Congresso, con i suoi risultati ha confermato le opinioni e le critiche nostre.

La tattica verso il Partito massimalista ha condotto alla stentata fusione con la piccola frazione terzina, sproporzionata agli sforzi compiuti e il cui bilancio dimostra come sarebbe stata utile la assimilazione per mezzo di adesioni individuali proposte dalla sinistra. Su questa tattica il Partito massimalista ha speculato per rallentare la sua liquidazione agli occhi delle masse rivoluzionarie, tanto più in quanto anche oggi si accenna ad amoreggiare con una nuova sinistra del Partito stesso.

L’azione della Centrale attuale ha la caratteristica generale dell’incertezza, dell’improvvisazione sostituita ad una chiara e ferma direttiva, dell’equilibrio posticcio fra le opinioni occasionali di gruppi eterogenei e per diverse ragioni inadeguati al loro compito di dirigenti, della meccanicità sterile della disciplina messa al posto dell’iniziativa convincente e del fermo governo del Partito necessari al lavoro rivoluzionario.

Nella crisi Matteotti il partito esitò e ritornò sui suoi passi non sapendo sfruttare la situazione favorevole che permetteva non certo l’abbattimento della borghesia, ma il passaggio del Partito su una posizione più avanzata e decisa della lotta autonoma della classe operaia. Errore madornale fu l’azione parallela nei giorni decisivi a quella delle opposizioni col partecipare al comitato parlamentare di esso. La centrale sentì troppo tardi e male l’originalità della posizione del Partito e la sua netta contrapposizione a quella delle pregiudiziali morali e costituzionali degli aventiniani. Nella successiva tattica parlamentare la Centrale fu rimorchiata sulla via giusta solo dalla decisa pressione della periferia e della sinistra, e per gli stessi motivi aveva indovinato nella partecipazione alle elezioni, errando solo nel sostituire la formula infelice di liste della unità proletaria a quelle di liste del Partito comunista. Commise però altro errore con la proposta del parlamentino delle opposizioni laddove avrebbe dovuto agire nel senso di sviluppare la politica autonoma del proletariato contro i gruppi borghesi successivamente smascherati non dalla tattica del Partito comunista o dai suoi assaggi, ma dalla stessa vivente esperienza degli ultimi anni, e avrebbe dovuto sottolineare gli elementi classisti, antipacifisti, anticostituzionali, antidemocratici dell’intervento del terzo fattore proletario. Inadeguata, e rilevante una scarsa fedeltà all’ideologia comunista, è stata tutta la critica delle opposizioni e molte volte anche la critica del fascismo.

La stampa del Partito e il linguaggio di tutte le sue manifestazioni sono inferiori all’attesa delle masse, inadeguati al compito di un Partito rivoluzionario o alla tensione delle situazioni attraversate. Il legame delle azioni con i principi è rilassato, e risente dell’egemonia artificiale di un gruppo, quello ordinovista le cui origini recenti da atteggiamenti dottrinali estranei al marxismo, mal rettificati da una giusta posizione esteriore alle lotte del proletariato torinese, lasciano molta strada da fare sulla via difficile che può condurre da un rivoluzionarismo idealista individualista, liberale, letterario, alla teoria e alla pratica rivoluzionaria classista, strada che non può essere colmata da una ortodossia verso la Internazionale Comunista fatta solo di adesioni esteriori e formali ai successivi deliberati e di una difesa occasionale e contingente di questi che non rivela nessun contributo sostanziale e sistematico.

Una manifestazione delle deficienze di questa tendenza sta nell’abuso di parole d’ordine sterili, incomprese, cadenti nel vuoto, che prospettano sempre nuove formazioni organizzative e "costituzionali" delle forze operaie che si vorrebbero improvvisare per farne materia delle cosiddette "campagne" nelle quali si vede spezzettata l’azione del partito. Una parola d’ordine nasce dai rapporti reali delle forze sociali e politiche in lotta e non può consistere in una formula d’organizzazione, se non in quanto si riferisce ad organizzazioni ben note alle masse; già esistenti che hanno fatto storicamente la loro prova in altri paesi. Questa critica pregiudiziale vale per tutte le proposte sulla costituzione dei Comitati Operai e Contadini, Consigli di Fabbrica, Comitati di Agitazione, ecc. ecc., che non sono da respingere, ma dalle quali dovrebbe esigersi la specificazione dei compiti di tali organi in rapporto a precise esigenze delle masse sollevate dalle situazioni, e dovrebbe scartarsi ogni carattere di rimpiazzo degli organismi esistenti, come ogni carattere di coalizione eventuale con altri partiti politici. In mancanza di una più vivente e serrata direttiva della Politica del Partito, tutte queste campagne servono solo non a smuovere e conquistare, ma a stancare e deludere le masse.

Nello sciopero metallurgico il Partito ha lasciato sfuggire un’occasione in cui poteva e doveva, tenendo il passo degli avvenimenti, senza minacciare la unità sindacale, parlare direttamente al proletariato assumendo e rivendicando la direzione della lotta anche da parte del partito di classe – solo in Italia anche per la evidenza degli aggruppamenti politici attuali – non certo per la conquista del potere, ma segnare una tappa più importante della riscossa proletaria.

Tutti i difetti di attività e di iniziativa della Centrale del Partito verso l’esterno, si riflettono nell’eccesso d’interventi e lavorii nell’interno del Partito. Gli impegni assunti dalla Sinistra al V Congresso e rispettati con fedeltà che deriva dalla lealtà nostra e non da una superiorità che manca del tutto alla Centrale verso la periferia, erano di lavorare ai posti di esecuzione su tutto il fronte del Partito, non partecipando alla direzione politica centrale riservata ai fautori convinti della tattica della Internazionale. Questi rapporti sono stati denunziati dalla Centrale che ha voluto aprire un’offensiva mascherando il suo desiderio di eliminare da ogni influenza sui compagni gli esponenti della sinistra con un invito a questi a collaborare alla direzione centrale, sfruttando il desiderio dei compagni di modifiche nel lavoro direttivo derivanti dalla loro avversione ai metodi della Centrale stessa. Colle ultime circolari, con l’ingiustificata destituzione di organi locali tenuti da compagni della Sinistra con mille forme poco rispettabili di lavoro interno che vanno definite non come dittatura, ma come giolittismo, la Centrale ha cessato di funzionare come una Centrale di Partito per funzionare come un Comitato di frazione, e tale merita di essere considerata.
 

I) COMPITO DEL PARTITO COMUNISTA IN ITALIA

Sulla scorta delle sue opinioni sulle questioni generali, delle critiche fatte all’indirizzo attuale, dei programmi di azione presentati al IV e V Congresso Internazionale, la Sinistra presenterà un completo programma di lavoro del Partito. Pronta a lavorare con ubbidienza sul fronte del Partito a quel qualunque programma diverso che fosse deliberato dal Congresso o voluto – a buon diritto – dalla Internazionale anche contro il parere della maggioranza del Congresso Italiano, la Sinistra prenderebbe il potere del Partito ove si trattasse di realizzare il programma integrale da essa proposto con ampia prospettiva di sviluppo nell’avvenire. In ogni caso la Sinistra si rifiuta di considerare come questione centrale quella dei posti negli organi direttivi, come respinge sistematicamente ogni personalizzazione della questione e sua riduzione di giudizio sul contegno dei singoli compagni.

La questione della composizione della Centrale va subordinata a quella del programma di azione avvenire, che a sua volta nasce dal giudizio sull’esperienza passata e sulle quistioni generali del metodo: il dibattito non deve essere spostato da questo terreno con manovre atte e sorprendere i compagni tenuti all’oscuro e che si limitano, nella stragrande maggioranza, ad intuire sicuramente che il Partito è mal diretto e agli errori e alle deficienze deve porsi rimedio.

La Sinistra considera poi fermamente che una soluzione soddisfacente della questione del partito italiano è impossibile al di fuori della soluzione delle questioni internazionali, e ritiene queste già tanto gravi che, senza porre in dubbio il diritto della Internazionale a regolare le cose dei singoli partiti, deve considerarsi insufficiente l’escogitare una soluzione empirica provvisoria dei rapporti fra Partito e Internazionale sulla base di compromessi fra gruppi e peggio fra persone.
 

(L’Unità, 7 luglio 1925)