Partito Comunista Internazionale Dall’Archivio della Sinistra

"Prometeo"

 

Guerra o Rivoluzione
("Prometeo, n. 56 del 19 luglio 1931)


 

 Nel numero precedente abbiamo rilevato che la giusta comprensione del piano Hoover era possibile solo richiamandosi agli avvenimenti che lo avevano preceduto, sia sul fronte della lotta di classe, sia sul fronte delle contese interimperialistiche. Il primo fronte caratterizzato dalla estrema dispersione delle agitazioni operaie in risposta ai contraccolpi della crisi di cui i lavoratori hanno fatto le spese in tutti i paesi, dispersione dovuta essenzialmente alla crisi che traversa l’avanguardia comunista e distrugge provvisoriamente la sua funzione di fattore decisivo nelle lotte di classe. Il secondo fronte, quello interimperialista, caratterizzato dall’evoluzione delle forze dell’economia verso un nuovo raggruppamento di Stati intorno all’imperialismo tedesco destinato a contrastare l’egemonia dell’altro raggruppamento che si coalizza intorno all’imperialismo francese.

 Le vicende che hanno preceduto ed accompagnato la conclusione dell’accordo franco-americano giustificano quanto avemmo a dire nel precedente articolo.

 Innanzi tutto occorre precisare in che cosa consista questo piano Hoover. Dicemmo già che esso non poteva trovare la sua giustificazione nel campo della sola difesa dei capitali americani investiti in Germania. E che di questo non si trattasse essenzialmente questi ultimi giorni ce lo hanno provato: il ritiro in massa di questi capitali si è verificato insieme con la fuga di importanti capitali tedeschi. In sei settimane una cifra approssimativa di 20 miliardi di franchi francesi ha valicato le frontiere tedesche e questo si è verificato, nella massima parte, dopo l’accordo franco-americano che ha sancito l’applicazione del piano Hoover. Su di un altro piano doveva trovarsi la spiegazione di questo piano e cioè sul piano inclinato dove inesorabilmente sono destinate a cadere le molteplici ed intricate contraddizioni delle situazioni che si muovono nel quadro della crisi mortale del capitalismo. Al fondo di questo piano il dilemma è quello della guerra o rivoluzione ed il piano Hoover non è che un espediente il quale vorrebbe trattenere l’inesorabile corso di queste tendenze fondamentali, e che al massimo non riuscirà che a ritardare – mai ad evitarle – le esplosioni delle forze in contrasto.

 È inutile attardarsi in analisi parziali e staccate da questa o quella congiuntura. È certo che queste analisi sono indispensabili per risolvere i problemi tattici dell’azione proletaria; ma per quello che concerne l’insieme della situazione nella quale tuttora viviamo e nella quale si scontrano in un’infernale catapulta le stesse forze del capitalismo, solo una visione generale può permettere un’orientazione giusta. Malgrado gli osanna della prosperità e sulla razionalizzazione il momento era venuto, il periodo si era aperto in cui si sfaldava in ogni paese – e su scala mondiale – l’equilibrio su cui si era modellata la situazione transitoria dell’imperialismo del dopo guerra. Crisi dovunque: nella Germania flagellata dai pesi delle riparazioni e dai debiti di guerra, come nell’America dove il getto ininterrotto di questi tributi non solo non aveva preservato quell’economia, ma aveva fatto proprio di quell’imperialismo, nel 1929-30, il primo ad essere colpito dalla crisi. Ebbene in presenza di una catastrofe economica di proporzioni mai viste, a causa della sua crisi interna, l’avanguardia comunista non ha saputo nemmeno delineare di fronte allo sviluppo delle agitazioni operaie il corso della loro coordinazione orientata verso lo sviluppo della rivoluzione comunista.

 Mancata quest’orientazione, le forze dell’economia e lo stesso processo interno della crisi non potevano che orientarsi provvisoriamente verso l’altra soluzione dell’esacerbazione dei conflitti interimperialisti.

 L’Europa che viveva sotto il regime di Versaglia da due anni vede oscillare queste fondamenta. I battuti di Versaglia hanno posto apertamente il problema della nuova carta d’Europa ove la congiunzione dei bacini industriali tedeschi ed agrari danubiani sono lo spettro che rompe le file del rosario «pacifista» dell’imperialismo francese che vede sempre più difficile la difesa della sua egemonia. Quest’imperialismo ha dovuto limitarsi a salvare la forma della sua supremazia nel duello con l’imperialismo americano.

 La pretesa francese di lasciare intatto il piano Young attraverso la mobilitazione dei versamenti incondizionati non più attraverso il canale dello Stato tedesco, ma sotto il suo controllo diretto e nella forma di investimenti francesi in Germania, questa pretesa ha dovuto essere ritirata.

 L’altra pretesa di risparmiare dalle conseguenze della moratoria Hoover gli Stati balcanici e danubiani che sono il campo specifico di operazione dell’imperialismo francese, anch’essa ha dovuto essere ritirata. Inoltre per quello che concerne gli stessi pagamenti in natura, Hoover è riuscito ad imporre all’imperialismo francese che non sul terreno generale, ma solo sulle questioni circostanziali si dovrà trovare una soluzione, mentre resta salvo il principio generale della sospensione. Infine l’ultimo problema del fondo di garanzia necessita una breve illustrazione. Il funzionamento del piano Young (per intenderci, di quel piano stabilito all’Aja nel 1929 e che avrebbe dovuto «liquidare» definitivamente la guerra, e che oggi è già ridotto in pezzi) imponeva alla Francia, la quale otteneva i cinque sesti dei versamenti incondizionati (non soggetti cioè a moratoria), l’obbligazione di costituire un fondo di garanzia che sarebbe entrato in funzione quando la Germania si fosse valsa del diritto di sospensione dei pagamenti condizionali, nella loro totalità destinati a rimborsare l’America da parte di tutte le potenze europee.

 Ora la Francia voleva salvaguardarsi dell’eventuale richiesta di moratoria tedesca per l’anno prossimo e voleva quindi esimersi dall’obbligazione di costituire il fondo di riserva, tanto più che essa aveva commercializzato – con il prestito Young – gli stessi versamenti ulteriori tedeschi futuri sulla parte incondizionata.

 Il laburista Snowden, in nome indubbiamente del “socialismo”, ha fatto punto fermo rifiutando anche per l’anno prossimo l’intervento del capitalismo inglese in questo fondo di garanzia. D’altra parte anche su questo terreno Hoover ha avuto partita vinta ed il capitalismo francese ha dovuto impegnarsi ad alimentare questo fondo di garanzia nella misura in cui si svolgerà la moratoria avvenire tedesca.

 Nella contesa fra i due imperialismi, il francese e l’americano, è quest’ultimo che ha infine avuto partita vinta. E quando il cosiddetto accordo è stato stabilito, l’evoluzione delle forze economiche nel quadro del mantenimento del regime capitalista, si accompagnava con la presenza delle condizioni più favorevoli per l’imperialismo tedesco che servirà di pedina di manovra di quello americano contro l’imperialismo francese.

 Una diversa posizione di forze fra gli imperialismi avrebbe certamente portato alle sue logiche conseguenze la battaglia iniziata con la «generosità di Hoover» da una parte, con la «difesa della pace» di Briand dall’altra. Se l’imperialismo tedesco fosse oggi in condizione di affrontare la guerra, noi saremmo ritornati direttamente al 1914. Ed in effetti identici processi si erano verificati. L’ «Union sacrée» era dovunque ristabilita, con l’immancabile apporto socialdemocratico, ed è caratteristico che, ad esempio, in Francia la prima parola d’allarme contro il piano Hoover, sia proprio venuta dal partito socialista. Non era nemmeno mancato l’ambasciatore della socialdemocrazia tedesca a Parigi. Nel 1914 fu Müller, in questi giorni Breitscheid, l’uomo della union sacrée tedesca che si incontrava nel parlamento francese con l’uomo dell’union sacrée francese, Leon Blum.

 Ma l’imperialismo tedesco non è ancora in condizioni di forza tali da potere affrontare la guerra, e solamente questo fatto ha evitato la caduta delle contraddizioni nella loro naturale soluzione che è la guerra quando manca l’altra risposta proletaria e cioè la lotta diretta alla rivoluzione comunista.

 Il fondo della situazione che si racchiude nella presenza di una crisi economica di proporzioni gigantesche, con deficit in tutti i bilanci statali del mondo, con venti milioni di disoccupati, con popolazioni di centinaia di milioni d’affamati nelle colonie, con l’estrema tensione dei rapporti fra gl’imperialismi in lotta, mentre mancano le condizioni di fatto sia per la rivoluzione (crisi dell’avanguardia comunista), sia per la guerra (incompleta preparazione dell’imperialismo tedesco), il fondo di questa situazione riduce ad espedienti tutti i piani vistosi e ad effetto, li frantuma e rimette in una crescente evidenza le cause di questa situazione che non risiedono in questa o in quella circostanza ma investono l’insieme dell’epoca della crisi mortale del capitalismo.

 La socialdemocrazia aveva detto del piano Hoover che era «un soffio di pace», in attesa della Conferenza del disarmo. Soffio di pace che ha agonizzato immediatamente di fronte al tracollo dell’apparato finanziario di quella stessa economia tedesca che doveva ricavare alimento dal soffio di Hoover. Uno dei 4 trust finanziari tedeschi è caduto e Luther cerca la bagattella di 25 miliardi di franchi per arrestare la fuga del marco. L’imperialismo americano che aveva già dato 100 milioni di dollari inghiottiti vertiginosamente nel vortice di una economia fracassata dal dissesto nell’apparato più sensibile del suo funzionamento e cioè in quello bancario e finanziario – per la mancanza di condizioni di fatto di una guerra – rifiuta di gettarsi a capo fitto nella battaglia e rifiuta alla Germania i crediti illimitati. E questa situazione è colta a volo dall’imperialismo francese che pone condizioni per il suo intervento quello della rinuncia dell’Anschlüss ed alla costruzione delle nuove corazzate, facendo ricadere tutti i problemi alla contesa che aveva preceduto il gesto di Hoover e che era stata interrotta allo svantaggio francese con l’accordo franco-americano.

 In presenza di questa situazione l’eccitazione nazionalista in Germania cresce mentre invano si cerca l’irruzione di movimenti del proletariato sbandato che è chiamato a fare tutte le spese della situazione che si traversa.

 Quale la soluzione, lo sbocco immediato alla situazione? Non esistono che espedienti per il capitalismo. Ed è molto probabile che ogni espediente avrà la sorte di quello recente di Hoover e cioè si capovolgerà qualche giorno dopo la sua attuazione. L’unica soluzione definitiva può essere trovata nella rivoluzione comunista. Stalin, in presenza di questa situazione, ha dato la parola che più gravemente può compromettere gli interessi del proletariato russo ed internazionale. Non è affatto senza significato che questo avvenga proprio quando più è viva, cocente la necessità dell’orientazione comunista del proletariato. Le forze si rivelano ancora una volta nei momenti decisivi.

 Di fronte all’organizzazione comunista volta allo sfacelo dall’opportunismo resta il problema dell’unica uscita consistente nella vittoria delle frazioni di sinistra che, sola, può coincidere con la vittoria del proletariato.