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Si è svolta a Firenze il 30 agosto una riunione di partito della quale, in una serie di rapporti, è stato preso in esame il lavoro sindacale, sia sul piano della attività pratica dei nostri compagni organizzati in gruppi e comitati operai, sia sul piano dell’indirizzo generale.
La questione è stata svolta partendo dalla nostra tradizione di intervento e raccordando ad essa il lavoro attuale. Abbiamo attentamente scorso quanto dicono in materia le nostre tesi dopo il 1945 e ricordata l’attività pratica del partito in questo campo dal 1945 ad oggi, la pubblicazione del nostro Spartaco, del Sindacato Rosso. Il nostro indirizzo contro la costituzione delle sezioni sindacali unitarie, contro l’unificazione sindacale, contro lo delega; i nostri interventi nelle assemblee, nei congressi, negli scioperi; i nostri sforzi per organizzare ovunque possibile gruppi di lavoratori contro la linea dei sindacati di regime.
Si è dimostrato come il nostro indirizzo attuale, fuori e contro i sindacati di regime, non deriva da considerazioni ideali e nemmeno costituisce una svolta imprevista rispetto al passato, ma da uno studio e uno sforzo di previsione che, in linea con la tradizione della Sinistra, la nostra piccola organizzazione ha continuato a fare.
Riportiamo qui sinteticamente le considerazioni materiali che giustificano il nostro indirizzo sindacale
1) Irrigidimento della struttura sindacale. L’inquadramento del sindacato nell’ingranaggio statale non è ancora compiuto. Non si puờ ancora parlare di sindacato di Stato. E indubbio però che si tratta di sindacati di regime, che trovano la loro forza non solo nella spontanea adesione dei lavoratori ma nell’essere riconosciuti dallo Stato e dai padroni reclutanti forza lavoro come gli unici con i quali conducono trattative e firmano contratti.
La struttura della CGIL è andata progressivamente chiudendosi fino a diventare impenetrabile a qualsiasi posizione, non diciamo classista, ma neanche riformista conseguente. Persino gruppi della sinistra radicale più incallita sono stati costretti negli ultimi tempi ad uscirne.
Ricordiamo sinteticamente le tappe più significative di questo processo di irrigidimento nella marcia verso la fascistizzazione aperta:
1961: Introduzione del metodo di iscrizione per delega, che verrà definitivamente consolidato in tutte le categorie nel 1970, con l’espulsione di fatto dei nostri compagni.
1965: Patto di unità d’azione con CISL e UIL.
1970: Costituzione di un centro operativo unitario tra le tre centrali.
1971: Costituzione della Federazione Unitaria Metalmeccanici FLM.
1972: Costituzione della Federazione Unitaria.
1974: Definitivo snaturamento dei Consigli di Fabbrica e decisione di istituzionalizzarli, facendoli divenire organi di trasmissione in fabbrica della politica collaborazionista. Decisione di costituire i Consigli di Zona.
1977: Decisa l’abolizione delle Camere del Lavoro. Varata la “linea del1’EUR” con la quale il sindacato apertamente dichiara che le richieste operaie sono subordinate all’andamento dei guadagni delle imprese e fa approvare questa linea da tutte le sue strutture. Le porte del sindacato vengono aperte ai poliziotti. Si richiede espressamente per l’iscrizione al sindacato la dichiarazione di fede democratica, la fedeltà allo Stato, la condanna della violenza. Lavoratori che rifiutano questa dichiarazione sono espulsi.
2) Calo degli iscritti. Dal 1977 si nota, in particolare nei grossi centri industriali, un forte calo degli iscritti.
Questo calo si va accentuando. Gli stessi bonzi ammettono che se si facesse una verifica delle deleghe, si verificherebbe una vera emorragia. Non si tratta di disimpegno, ma di crescente sfiducia in questa organizzazione. Sono i primi segni di una tendenza allo svuotanento. Notare che dopo il ’69 il numero degli iscritti aumentò.
3) Nessuna reazione interna. In tutti questi anni, che hanno visto il sindacato collaborare apertamente con i padroni, sabotare le lotte spontanee, organizzare il crumiraggio, ammettere apertamente la necessità dei licenziamenti, l’unica reazione interna di un certo rilievo è stata la manifestazione del Lirico, dominata dalla sinistra sindacale. Nessuna reazione neanche alle espulsioni. Le strutture sindacali sono ormai rigide e ben oliate per funzionare in una sola direzione: dal vertice alla base. Non c’è nessuna possibilità per gli iscritti di far sentire il proprio eventuale dissenso.
4) Lotte spontanee. Tutti i lavoratori che avevano necessità di muoversi in difesa di rivendicazioni anche minime, hanno dovuto constatare che il sindacato non solo non faceva nulla per loro ma cercava di ostacolarli. Durante lo sciopero dei ferrovieri del 1975, durante lo sciopero ospedaliero del ’78, durante lo sciopero degli assistenti di volo, durante i vari scioperi dei netturbini, ecc, si è sempre visto il sindacato che organizzava il crumiraggio.
5) Gruppi proletari organizzati. Per condurre queste lotte i proletari si sono dovuti organizzare fuori e contro i sindacati di regime. Molti di questi organismi sono divenuti pemanenti e hanno cercato di andare al di là di un singolo episodio di lotta. È impotante che i lavoratori si organizzino per condurre uno sciopero, ma è ancora più importante che restino organizzati anche quando lo sciopero è finito. Questa è una tendenza che si va consolidando.
6) Funzione dei gruppi organizzati nelle lotte. Abbiamo potuto veriticare nei
fatti l’importanza che rivestono questi gruppi organizzati per lo sviluppo delle
lotte. A Firenze lo sciopero ospedaliero
dell’ottobre ’78 non avrebbe mai potuto avere l’estensione, la forza e la durata
che ha avuto se non fosse stato sin dall’inizio saldamente capeggiato e
organizzato da uno sparuto gruppetto che già da
anni svolgeva una attiva propaganda e agitazione contro i sindacati di regime e
che aveva già condotto piccole lotte parziali di reparto. Durante lo sciopero,
centinaia e centinaia di lavoratori, con compostezza e disciplina che noi
stessi non avremmo mai immaginato, stavano per ore ad ascoltare i loro capi,
studiando nei minimi dettagli tutti i problemi che lo sciopero poneva. Lo
sciopero degli assistenti di volo, che ha bloccato per più di un mese gli
aeroporti, non sarebbe stato possibile se già da due anni non avesse agito
un piccolo comitato di non più di una ventina di persone. Lo stesso vale per gli
scioperi nella scuola e per il recente sciopero alla fabbrica metalmeccanica
IRET di Trento.
Va sottolineata a questo proposito la grande importanza che riveste il formarsi
per la prima volta di una piccola rete organizzata anche tra gli operai della
grande industria comprendente elementi decisi e abituati alla lotta e che hanno
fatto propria la nostra prospettiva di rinascita del sindacato di classe.
7) Lotte internazionali. In questi ultimi anni si sono visti i segni di un rísveglio della classe operaia e delle masse sfruttate in tutto il mondo. Le sommosse proletarie in Egitto, i grandi scioperi in Polonia, le lotte in Francia, Inghilterra, negli Stati Uniti e, finalmente, in Germania sono un segno premonitore che ci fa bene sperare che la classe operaia non si lascerà calpestare senza reagire.
In tutte queste lotte si vede che gli operai (persino in Germarnia e negli USA) compiono primi tentativi per liberarsi dal controllo del sindacati di regime. Gli operai per lottare devono organizzarsi fuori e contro i sindacati di regime.
Da queste considerazioni discende il chiaro indirizzo sindacale del partito: oganizzarsi fuori e contro i sindacati di regime; entrare nei comitati esistenti e formarne di nuovi. Uscire dai sindacati di regime. Presentare tutto questo per quello che è, cioè una necessità reale per condurre la lotta difensiva contro l’attacco del capitale.
La rete organizzativa che si forma fuori e contro i sindacati di regime dev’essere il primo passo verso la ricostituzione di una grande organizzazione di classe.
Solo su questa base può e deve realizzarsi l’unificazione tra tutti i gruppi proletari che agiscono contro i sindacati di regime.