International Communist Party Sulla questione sindacale

Perché i comunisti lavorano nei comitati operai

(da “Il Partito Comunista”, n.69, 1980)




La capacità di arruolamento di operai nei Comitati, non dipende esclusivamente dalla attività dei Comitati stessi, che deve essere intensa, continua e coerente. A questa necessaria funzione deve soccorrere l’insieme delle condizioni economiche sociali e politiche. Non c’è dubbio che siamo ancora in presenza di una classe operaia impeciata di democratismo,ancora sensibile alla demagogia sindacale e politica di Centrali sindacali e partiti tricolore, stimolata, se non al 100% ma in buon misura, da provvedimenti statali protezionistici del salario all’egoismo personale.

Ma è altrettanto fuori discussione che ogni giorno che passa la condizione operaia si deteriora per effetto della crisi economica internazionale e per le crescenti difficoltà che incontrano i sindacati, sempre più stretti tra le esigenze anti-operaie del capitalismo e l’incapacità a fronteggiarle con chiarezza e determinazione, essendo gli attuali sindacati non organi di classe del proletariato, ma organi del regime borghese.

I Comitati sono sorti e sorgono senza un disegno precostituito, spontaneamente, da questo stato di cose, non ancora tanto maturo da farne i poli di attrazione per un nuovo associazionismo proletario. Non si può loro imputare l’estrema debolezza e fragilità, da mettere in conto, invece, alle ancora formidabili difese del regime borghese.

Chi sostiene, allora, che questi piccoli organi proletari non vale la pena di sostenerli, si mette dal punto di vista del piccolo-borghese, che parteggia sempre per iniziative che diano frutti cospicui e immediati; si affianca a coloro che considerano la ripresa di classe un fatto esclusivamente politico, per cui il crollo dell’economia capitalistica non avverrà mai. Ma la classe operaia si scontrerà politicamente col regime in quanto il regime la affamerà, la avverserà e la costringerà ad imparare, nelle lotte negli scontri negli scioperi, che la difesa del pane e del lavoro abbisogna di mezzi politici fino alla conquista del potere, e che il mezzo politico, la “leva politica” per eccellenza è il partito rivoluzionario di classe.

È quindi vero e proprio disfattismo rifiutare o peggio ritirare l’appoggio a questi piccoli, infimi, comitati in nome della immaturità della classe operaia.

Questo argomento risente dell’influenza delle tante sciocchezze con cui i “gruppettari”, “rivoluzionari della domenica”, si rifiutavano persino di prendere in considerazione le lotte economiche operaie, perche le ritenevano troppo vili e volgari, da abbandonare in favore delle più nobili e sublimi lotte politiche.

È indubbio che il nerbo di questi Comitati è costituito da operai e militanti anarchici, comunisti, oppositori del presente regime. Questo non fa che confermare che si tratta di piccoli organi. Ma quello che conta è il significato sociale e politico che rappresentano. Alcuni di essi hanno già una tradizione di lotta, sono conosciuti e stimati dai lavoratori. Essi rappresentano l’avvenire, indipendentemente dalla loro consistenza attuale e dall’influenza che esprimono, perche sono socialmente e politicamente orientati, anche se non ne sono consapevoli, verso l’avvenire della classe, vale a dire che svolgono una lotta anticapitalista e contro il regime politico attuale, su cui la classe operaia domani dovrà portarsi.

Per questa ragione i comunisti li sostengono. I comunisti sono al fianco di tutti i lavoratori che lottano contro il capitalismo, sempre, e perché non dovrebbero esserlo con le minoranze decise emancipate dal bieco sindacalismo del regime? Le debolezze, le storture, le incongruenze che possono avere, non sono una buona ragione perché debbano essere abbandonati a sé stessi, Anzi, proprio per queste ragioni la parte più avanzata, più coscienza della classe, i comunisti rivoluzionari, appunto, hanno il dovere di lottare contro quelle debolezze, storture, incongruenze.

Un altro argomento portato contro i Comitati operai è che non sono degli organi “rivoluzionari”. Ma gli organi della lotta proletaria non nascono rivoluzionari, lo diventano. Il partito lavora con essi con questo scopo preciso e manifesto. Se i comunisti li abbandonassero non diverrebbero mai organi della lotta rivoluzionaria del proletariato.

Tutte queste eccezioni e riserve critiche, che poi si risolvono in concreto nell’assenteismo di coloro che le sollevano, ci sembrano chiaramente pretestuose, esili foglie di fico per nascondere l’assenza di una volontà di lotta. A noi sembra invece necessario che tutti coloro che si professano contro il capitalismo, contro il regime politico borghese, diano il loro sostegno ai Comitati operai, e che i Comitati si uniscano su questo terreno di opposizione sindacale di classe, al fine di non disperderne le forze e di rappresentare un polo di attrazione per il proletariato che, non va dimenticato, segue i sindacati e i partiti tricolore. I comunisti lottano per questo risultato.