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Partito Socialista Italiano Una polemica del 1912 tra i giovani su “Socialismo e Cultura” |
Da "Storia della Sinistra Comunista", 1964
Nel congresso della Federazione Giovanile Socialista italiana tenuto a Bologna nel 1912 si svolse una vivace lotta fra due correnti: una subiva le influenze della destra del partito, che temeva la vivace azione dei giovani e li voleva ridurre ad una cerchia di attività “studiosa”, condizione per acquistare il diritto a discutere le grandi questioni del movimento e le loro differenti soluzioni; l’altra poneva i giovani alla stessa altezza delle lotte politiche militanti più aperte e accese, e vedeva in queste la sola preparazione di natura rivoluzionaria.
La corrente meno spinta fiancheggiava il lavoro per una liquidazione di un movimento di giovani con propria autonomia d’indirizzo, e per porre fine alla vivacissimo polemica del giornale della Federazione, “L’Avanguardia”, che aveva risolutamente difeso la corrente rivoluzionaria. Si era in terra emiliana, covo dell’organizzazione riformista che, sia pure con una linea seria e rispettabile e con primari risultati di organizzazione, contrastava ogni visione rivoluzionaria dei compiti del proletariato (...)
Riportiamo i seguenti testi: 1) Conclusione dei cosiddetti “culturisti” e conclusione per la corrente di sinistra; 2) Lettere al periodico fiorentino “Avanguardia”, diretto da Gaetano Salvemini, di due sostenitori delle tesi opposte, provocate da un articolo di P. Silva apparso nel n. 44 del 12 ottobre di quel foglio, col titolo “I giovani socialisti”.
Il Salvemini, notoriamente socialista di destra, fece seguire le lettere da un commento che apprezzava l’importanza del tema e ne indicava i notevoli sviluppi futuri, non solidarizzando con una posizione veramente marxista, ma tuttavia diagnosticando coraggiosamente la corruzione del partito in termini che sarebbero validi ancor oggi.
Quello che preghiamo i lettori di notare è la tesi della corrente di destra (“culturista”), che il movimento socialista debba tendere ad avere giovani proletari non solo istruiti nel senso “generico”, ma anche in quello del “perfezionamento professionale” per farne dei buoni produttori. In questa esigenza della cultura tecnica noi vedemmo una propensione alla collaborazione di classe e la rifiutammo con energia: i rivoluzionari che preparano al padrone borghese il buon proletario dolce da sfruttare. Era una reazione degna dei cuori giovanili.
Oggi, oltre a confermarci che le argomentazioni partivano da genuina posizione marxista, possiamo verificare che si ebbe allora un manifesto avanti-lettera dell’ordinovismo di marca torinese (le regioni mature: Piemonte, Reggiano, Parmense... covi dei vari immediatismi) e del sistema che vede il socialismo costruito entro la fabbrica e lo Stato capitalista, nuova versione dell’opportunismo e del collaborazionismo di sempre.
La “invariante” dottrina di Marx permise di vedere il punto nello stesso modo a cavallo di mezzo secolo. È questo che tutti i testi da noi recati convergeranno a provare.
Gramsci ha poi riconosciuto in Tasca (rappresentante della corrente “culturista”) il precursore del suo sistema, malgrado il successivo dissidio.
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1. CONCLUSIONI DEI RELATORI AL CONGRESSO GIOVANILE DI BOLOGNA
L’Avanguardia, n. 257 del 15-9-1912
Mozione della corrente di destra su “educazione e cultura”
Il Congresso: ritenendo che, specie nell’attuale periodo che il movimento socialista attraversa, alla Federazione giovanile spetti di compiere soprattutto una funzione preparativa svolgendo un’opera di educazione e cultura volta al triplice scopo:
1) di ingentilire ed elevare l’anima e la mente della gioventù proletaria, con una istruzione generica, letteraria e scientifica;
2) di dare al Partito militi consapevoli e sicuri;
3) di creare competenti organizzatori e buoni produttori, mediante una opera di elevamento e perfezionamento tecnico professionale, senza il quale non sarà realizzabile la rivoluzione socialista;
stabilisce che l’azione degli organi giovanili si uniformi a tali criteri direttivi e a tale uopo delibera di trasformare l’“Avanguardia” in organo prevalentemente di cultura, affidandone la redazione a compagni giovani e adulti di maggior competenza;
invita i circoli giovanili:
1) a curare la iscrizione dei giovani socialisti nelle associazioni di cultura;
2) a istituire periodicamente, nei centri più importanti, d’accordo col Partito, corsi di lezioni, che abbiano per oggetto oltre la cultura strettamente socialista, la diffusione di nozioni storiche, economiche e sociologiche, e la trattazione dei problemi inerenti alla organizzazione operaia;
3) a istituire, e dare sviluppo alle biblioteche sociali;
4) ad adottare, quale mezzo efficace di reciproca istruzione, il sistema delle conversazioni e letture.
Mozione della corrente di sinistra sullo stesso tema
Il Congresso, considerando che in regime capitalista la scuola rappresenta un’arma potente di conservazione nelle mani della classe dominante, la quale tende a dare ai giovani un’educazione che li renda ligi e rassegnati al regime attuale, e impedisca loro di scorgerne le essenziali contraddizioni, rilevando quindi il carattere artificioso della cultura attuale e degli insegnamenti ufficiali, in tutte le loro fasi successive, e ritenendo che nessuna fiducia sia da attribuirsi a una riforma della scuola nel senso laico o democratico;
riconoscendo scopo del movimento nostro contrapporsi ai sistemi di educazione della borghesia, creando dei giovani intellettualmente liberi da ogni forma di pregiudizio, decisi a lavorare alla trasformazione delle basi economiche della società, pronti a sacrificare nell’azione rivoluzionaria ogni interesse individuale;
considerando che questa educazione socialista, contrapponendosi alle svariate forme di individualismo in cui si perde la gioventù moderna, partendo da un complesso di cognizioni teoriche strettamente scientifiche e positive, giunge a formare uno spirito e un sentimento di sacrificio;
riconosce la grande difficoltà pratica di dare alla massa degli aderenti al nostro movimento una base così vasta di nozioni teoriche, che esigerebbe la formazione di veri e propri istituti di cultura, e mezzi finanziari sproporzionati alle nostre forze; e, pure impegnandosi a dare l’appoggio più entusiasta al lavoro che intende fare in questo campo la Direzione del P.S., ritiene che l’attenzione dei giovani socialisti debba piuttosto essere volta alla formazione del carattere e del sentimento socialisti;
considerando che una tale educazione può essere data solo dall’ambiente proletario quando questo viva della lotta di classe, intesa come preparazione alle massime conquiste del proletariato, respingendo la definizione scolastica del nostro movimento e ogni discussione sulla sua cosiddetta funzione tecnica, crede che, come i giovani troveranno in tutte le agitazioni di classe del proletariato il terreno migliore per lo sviluppo della loro coscienza rivoluzionaria, così le organizzazioni operaie potranno attingere dalla attiva collaborazione dei loro elementi più giovani e ardenti quella fede socialista che sola può e deve salvarle dalle degenerazioni utilitarie e corporativiste;
afferma in conclusione che l’educazione dei giovani si fa più nell’azione che nello studio regolato da sistemi e norme quasi burocratiche e in conseguenza esorta tutti gli aderenti al movimento giovanile socialista:
a) a riunirsi molto più spesso che non lo prescrivano gli statuti, per discutere tra loro sui problemi dell’azione socialista, comunicandosi i risultati delle osservazioni e delle letture personali e abituandosi sempre più alla solidarietà morale dell’ambiente socialista;
b) a prendere parte attiva alla vita delle organizzazioni di mestiere, facendo la più attiva propaganda socialista fra i compagni organizzati, specialmente diffondendo la coscienza che il Sindacato non ha per unico fine i miglioramenti economici immediati, ma invece uno dei mezzi per la emancipazione completa del proletariato, a fianco delle altre organizzazioni rivoluzionarie.
2. LETTERE DEI RAPPRESENTANTI DELLE DUE CORRENTI A “L’UNITÀ”
Lettera del rappresentante della corrente di destra
L’Unità, n 46 del 16 ottobre 1912
Torino, 15 ottobre 1912
Stimatissimo signor direttore,
mi permetta questi pochi appunti all’articolo del signor Pietro Silva sul Congresso Giovanile Socialista di Bologna. Ad altra volta il rispondere al quesito “se ci sono ancora nel Partito Socialista, in numero sufficiente, forze capaci di rinnovarsi e di rinnovare”; per ora noto alcune inesattezze, dovute al fatto che il Silva raccolse le sue impressioni dai resoconti dei giornali che, compresi quelli del Partito, sono stati proprio traditori verso il Congresso.
È vero che l’Avanguardia Socialista minacciava di fischi quelli che volevano un movimento giovanile di preparazione, e ci chiamava (o sapiente insulto!) bidellini. Ma bisogna pur notare due cose:
1) che quel trafiletto era l’espressione personale di pochi guastati dall’ambiente romano, troppo impeciato di politica, e non della migliore;
2) che nessuno al Congresso, vista la serietà dei nostri intendimenti, si azzarda a voler rimpicciolire una questione, che involgeva tutto quanto l’indirizzo del movimento giovanile, nelle formulette del destrismo e del rivoluzionarismo.
Debbo dichiarare che mai le mie parole, nè quelle di molti altri che avevano le stesse convinzioni, furono accolte da quegli “ululati” di cui erroneamente parla la Giustizia. L’ordine del giorno “pro cultura” ebbe 2465 voti contro 2730: votazione che, mi pare, abbastanza significativa, quando si consideri che influirono su di essa e l’affetto che lega i giovani al Vella, e preoccupazioni non del tutto sparite per le tendenze, e altri elementi estranei alla questione.
LLa discussione poi del 22 mattina, che passò quasi inosservata nei resoconti, sulla cultura, dimostrò che vi sono moltissimi giovani a cui non manca la visione chiara delle esigenze che i tempi in cui viviamo impongono al movimento giovanile. I discorsi di Casciani e di Barni, tra gli altri, in risposta a quello del relatore [della sinistra] (il solo dei congressisti giovani e vecchi che abbia saputo dare una impostazione teorica, logica, alle diffidenze verso l’opera di cultura), ebbero tale efficacia di persuasione che il relatore stesso dichiarò di accettarne i criteri, purchè non venisse votato nessun ordine del giorno. Poichè il consenso del Congresso alle idee espresse dai giovani, che desideravano portare il movimento nostro, per dir cosi, all’altezza dei tempi, fu tale che se avessimo avuto allora (eravamo al terzo giorno del Congresso) una votazione, la nostra corrente avrebbe avuto netta prevalenza.
Ma a noi importava non l’“ordine del giorno”, ma la cosciente adesione di quei giovani che, ritornando alle proprie sezioni, avrebbero riportato dal Congresso una visione più ampia, più elevata dei doveri e delle responsabilità loro.
Ho scritto questi appunti per toglier l’impressione, che balzava netta dalla lettura dell’articolo del Silva, che i sostenitori dell’“opera di cultura” siano stati pochi isolati che abbian parlato tra l’ostilità della maggioranza; laddove essi trovarono subito una larghissima corrente favorevole ed ebbero i voti compatti delle regioni ove il movimento giovanile è più forte e più maturo: Piemonte, Reggiano, Parmense. Al Congresso non ci sentimmo soli: ebbimo modo anzi (e fu questo forse il maggior vantaggio, che naturalmente i resoconti giornalistici non potevano notare) di conoscerci e di affiatarci sul modo migliore per diffondere tra i giovani le nostre convinzioni.
Lettera del rappresentante della corrente di sinistra
Napoli, 14 ottobre 1912.
Egregio signor direttore,
CConfido che Ella vorrà concedermi poco spazio per rispondere a un articolo di commento al recente Congresso Nazionale dei giovani socialisti, apparso sul suo interessante periodico.
I rilievi del signor Pietro Silva, poco benevoli verso quella tendenza che, non solo per effetto di discorsi più e meno roboanti, ma per la ferma convinzione dei compagni intervenuti, ha prevalso nel Congresso, danno a credere che egli abbia seguito molto superficialmente le nostre discussioni e non conosca affatto le considerazioni in base alle quali ci dichiarammo dissenzienti dalla corrente d’idee del compagno A. Tasca, senza “ulularlo”, ma contrapponendo alle sue opinioni altri argomenti, frutto di studio e di esperienza del movimento non meno seri dei suoi. Noi non abbiamo dichiarato affatto la guerra alla cultura, noi non neghiamo che il socialismo attraversi oggi fra noi un periodo di crisi, noi non ci nascondiamo la necessità di studiarne le cause e trovare i mezzi adatti ad eliminarle, solo seguiamo in tutto questo una diversa valutazione.
Siamo più che mai d’accordo col Silva nel riconoscere le cause della crisi nel localismo e nel particolarismo, nelle tendenze di categoria che si delineano nel movimento operaio, nella mancanza di unità di intenti dei socialisti.
Ma non possiamo consentire col Tasca e col suo articolista nel risolvere il vasto problema con la formula semplicista “crisi di cultura”. Più ancora, in questo li riteniamo in aperta contraddizione con sé stessi.
Come non vedere che quel particolarismo ha dato invece luogo a una vera e propria crisi di fede e di sentimento socialista? Se le masse cedono a impulsi di categoria, se i gruppi locali seguono indirizzi discordi, è perchè essi nella eccessiva valutazione di problemi locali, corporativi, egoistici, dimenticano la visione integrale delle finalità del socialismo. E le autonomie, che il Silva a giusta ragione critica, sono volute, caldeggiate, provocate non dai proletari, ma dagli intellettuali, che hanno concetti troppo ristretti dell’azione socialista derivati da specializzazione a cui essi si danno nello studiare problemi immediati e pratici, spinti da interessi locali ed egoistici che impediscono loro di sentire le necessità effettive, universali della classe lavoratrice.
Posta così la questione, noi vediamo la necessità di dare al movimento giovanile un indirizzo che rimedi a questa crisi di sentimento. E ne consegue che dobbiamo farne un movimento di argine vivacemente antiborghese, un vivaio di entusiasmi e di fede, nè vogliamo disperdere energie preziose nel tentativo di rimediare, secondo metodi scolastici, a quello che è uno dei caratteri essenziali, incancellabili del regime del salariato: lo scarso livello della cultura operaia. Il partito cattolico, che spende milioni in questo campo, non ha potuto formare una cultura cattolica popolare.
Evidentemente noi dissentiamo su questo punto dalla tendenza rappresentata dal suo giornale. Riteniamo che la cultura operaia possa figurare nei programmi della democrazia ma abbia scarso valore nel campo dell’azione sovversiva del socialismo.
Questo non vuol dire che noi rinneghiamo la cultura socialista. Al contrario, crediamo che l’unico modo d’incoraggiarla sia quello di lasciarla all’iniziativa individuale, senza chiuderla nel campo odioso del regime scolastico. E quella iniziativa può essere eccitata solo portando i giovani proletari nel vivo della lotta e del contrasto sociale, che sviluppa in essi il desiderio di rendersi più adatti alla battaglia.
Se la nostra Avanguardia assumesse indirizzo di cultura, dopo quattro numeri gli operai non la leggerebbero più. Ma i nostri giovani compagni la cercano e la amano oggi che vedono in essa un segnacolo di lotta, che ritrovano nelle nostre campagne tutta l’anima proletaria, con i suoi slanci e le sue rivolte.
Ci si potrà dire che l’entusiasmo senza la convinzione è poco duraturo. Ebbene questo è vero sempre, fuori che nel campo dei movimenti di classe. Nell’operaio socialista la convinzione è figlia dell’entusiasmo e del sentimento, e c’è qualche cosa che non lascia spegnere questo sentimento: la solidarietà istintiva degli sfruttati. Chi non ha più fiducia in questa e vuole sostituirla con la scuoletta teorica, lo studio, la coscienza dei problemi pratici, si trova, a creder nostro, malinconicamente fuori del socialismo.