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I – Prospetto introduttivo alla questione
agraria
1 – Aggancio – Una certa insufficienza di visione sulle questioni agraria e nazionale culmina nel negare importanza storica ai movimenti dei contadini proprietari e delle nazionalità soggette.
2 – Formula facile facile per i pastori e le greggi – Si
dice che alla critica del capitalismo da parte di Marx e alla via per attuare
il programma del comunismo basata sull’urto delle forze dei capitalisti
industriali e dei lavoratori salariati di fabbrica – in quanto tale forma
con moto travolgente andava inghiottendo tutte le altre della produzione
sociale – l’innovatore Lenin avrebbe portato avanti l’urto
di forze tra il piccolo contadino ed il proprietario terriero, in quanto
forma preminente nella dinamica della rivoluzione. Il falso spudorato è
che Lenin abbia fatto la rivoluzione con le forze contadine. Per
il filisteo il leninismo è la scoperta del modo di fare fessi i
contadini perché compiano la rivoluzione operaia.
In tutte le sue storiche e potenti polemiche in
materia agraria Lenin si batté contro la bestialità incommensurabile
di pseudo-marxisti circa problemi trascurati da Marx e sulla correzione
di
suoi errori. È Lenin a ribadire che Marx ha trattato in modo originale
e completo la questione agraria su cui, con Engels, ha scritto due volte
più pagine che sulla questione industriale.
3 – Lenin e i “manuali” – Lenin contro Bulgakov dimostra
la validità nell’agricoltura della legge sulla diminuzione del saggio
di profitto grazie al miglioramento della composizione organica del capitale
(più capitale costante, meno capitale variabile; ossia più macchine e
materie prime, meno lavoro umano).
Lenin difende Kautsky per aver dato i caratteri
discriminanti tra economia feudale ed economia capitalistica e per aver
precisato i caratteri di quel trapasso.
4 – Economia rurale e storia – La ricerca sul mutarsi delle
forme di produzione e di economia agricola, che si può dire fino ad ieri
sono state parte preponderante di tutta l’economia sociale, deve essere
estesa a tutto il ciclo storico umano. Il marxismo fa una decisa critica,
su sola base scientifica, della partizione molecolare della terra, causa
di stasi e di infinita miseria. In materia è importante stabilire la preminenza
del metodo storico onde chiarire quello sociale. Sono rilevanti i fattori
della limitazione della terra e della cosiddetta fertilità decrescente.
Nei germani, ad esempio, c’è prevalenza di terreni
ad uso civico e demanio; mentre nei latini c’è il completo svolgimento
del sistema allodiale (possesso privato). I germani, poco numerosi
su vaste terre, usano il secolare e millenario sistema dei tre campi:
di tre terreni uguali alternativamente uno è coltivato a grano, il cereale
più nutritivo, uno a segale, orzo o avena, cereali meno nutritivi, uno
resta a riposo (maggese).
A lungo non la terra, ma il bestiame, che pascola
su terreno comune a tutti, è oggetto di valore e articolo di commercio.
Pecunia
(denaro) deriva da pecus (bestiame).
La proprietà privata deriva sia da spartizione
del terreno collettivo tra famiglie sia da violenza, schiavitù, conquista.
Nei popoli germanici la coltura in comune sparisce
assai tardi; mentre in Italia la spartizione individuale è preromana (il
Dio
Termine rende il possesso di terra sacro e inviolabile) per la lontanissima
conoscenza di colture (vite, ulivo, alberati fruttiferi, irrigazione) superiori
a quella cerealicola.
In Italia le forme feudali hanno scarsa influenza
e spariscono rapidamente tra la caduta dell’impero bizantino e l’epoca
dei Comuni in cui ci fu un’agricoltura altamente intensa (orti e giardini)
e addirittura pienamente capitalistica.
5 – Uscita dal feudalesimo – Nel rapporto feudale il servo
arrecava al padrone una rendita in derrate o in lavoro con
giornate di lavoro nel suo giardino e con quote del prodotto del suo campicello;
e siamo perciò in un’economia naturale. Il moderno padrone della
terra, il proprietario fondiario, gode invece di una rendita in denaro.
Al tempo stesso il possesso fondiario da inviolabile
diviene alienabile; come il lavoratore agrario da vincolato alla terra,
diviene libero. Inizialmente questo processo non è determinato
solo dall’inarrestabile esigenza di dare sfogo benefico alle forze produttive
manufatturiere, ma è anche accompagnato da pari esaltazione delle forze
produttive agrarie.
Kautsky: «Nell’epoca feudale non c’era altra
agricoltura all’infuori della piccola coltura, e le terre della nobiltà
erano coltivate con gli stessi strumenti usati dai piccoli contadini. Il
capitalismo per primo ha creato la possibilità della grande agricoltura,
tecnicamente più razionale della piccola».
Lenin stabilisce chiaramente che nel marxismo l’agricoltura
attuale diventa capitalistica nella sua interna struttura economica perché
la forma da naturale diventa mercantile.
L’economia agraria feudale, caratterizzata fra
l’altro dalla sovrapposizione del lavoro della terra all’industria
minima domestica, tiene la produzione rurale lontano dal mercato. L’economia
capitalistica trae la piccola azienda contadina nel vortice mercantile.
La pretesa indipendenza della piccolissima azienda
conduce ad un immenso maggiore onere di lavoro per il proprietario del
fazzoletto di terra. Ma, entro i limiti capitalistici, non si può contare
sulla sparizione della piccola produzione nell’agricoltura.
«Le cooperative dei piccoli coltivatori sono naturalmente
un anello del progresso economico, ma esprimono una transizione verso
il capitalismo e non, assolutamente, verso il collettivismo, come
si pensa e si afferma di sovente» (Kautsky).
I cardini marxisti della valutazione del trapasso
tra i modi della produzione agraria sono gli elementi sostanziali per giudicare
la sciocca opinione popolare mondiale di un Lenin ripartitore
di
terre ai piccoli contadini.
6 – Arte e natura – Nelle dottrine sull’economia agraria
una posizione mette innanzi le forze naturali, e quindi la terra,
un’altra opposta mette avanti il lavoro dell’agricoltore, e
quindi l’uomo. La polemica sorge sulle fonti della ricchezza.
Gli ultimi feudali e i primi borghesi considerano la natura e la terra
le sole fonti della ricchezza; mentre per la scuola capitalistica classica
il lavoro
è la fonte di ogni ricchezza.
Per la teoria di Marx la rendita fondiaria non è
un dono della natura al proprietario, connesso alla sua occupazione
di un quantum del suolo, ma soltanto una frazione del plusvalore,
ossia di lavoro reso dagli agricoli, ma non pagato con la loro remunerazione
in denaro, o salario. Se un campo, senza aratura e altre operazioni, ciclicamente
producesse pane, come il famoso albero tropicale, ecco che avremmo una
rendita della natura. Ma Lenin si arrabbia contro queste favole, perché
non si è mai mangiato senza che si fosse lavorato.
La discussione sull’origine da lavoro o da forza
naturale della ricchezza agraria, sia essa iscritta vuoi alla classe
terriera vuoi all’astratta nazione, si limita alla decifrazione
delle economie di ripartizione privata e di sfruttamento. Ed a questi effetti
è centrale la tesi che tutto viene da appropriazione da parte di una classe
del lavoro di un’altra, sia nella produzione feudale sia in quella capitalistica.
Non esiste Rendita per un solo individuo che non
sia rubata al lavoro dell’uomo. Tutta qui la teoria sulla rendita
fondiaria: neghiamo ai ladri l’alibi di scienza economica.
II – Stregoneria della rendita fondiaria
1 – Agricolture senza moneta – Nella piccola coltura familiare
su un campo ormai delimitato lavorano tutti i componenti di essa atti alla
fatica, e con determinati cicli sono accumulati i prodotti agrari che tutti
consumano. Tale economia vive in un’isola perfettamente chiusa. Nel senso
economico non entra e non esce ricchezza o valore; nel senso fisico non
esce alcun prodotto di lavoro. Entra solo energia termica della radiazione
solare, adatta a trasformarsi in chimismo della terra, in forza dei muscoli
animali e umani e in conoscenza organizzativa collettiva.
Supponiamo che nell’isola, o compartimento stagno,
si stabilisca un equilibrio permanente, uno stato di regime tra
uomini ed animali e l’estensione della terra, senza che questa esaurisca
la sua fertilità. Allora il dare ed avere della terra, nel suo chimismo
ciclico, sarà in pareggio perfetto: il suolo nulla avrà donato alla comunità
vivente. Tutta l’energia incorporata, nelle sue successive forme, dovrà,
ad uno stadio del ciclo, assumere quella di energia muscolare umana e organica
(il cervello).
Fin da questo lontano caso si impianta la polemica:
i valori li genera la Terra o il Lavoro?
2 – Economie naturali – Nell’economia naturale non
c’è scambio e moneta, ma solo movimento di prodotti materiali. Se è
già apparsa la proprietà, può già aversi il
plusvalore
e può
già essere comparsa la suddivisione dei componenti della società tra
lavoratori e non lavoratori.
Smith definisce la Rendita fondiaria una parte
del prodotto (concetto principale) e, per il modo capitalistico mercantile,
il suo prezzo in denaro (concetto storicamente contingente).
Nella famosa isola possono vivere sia proprietari
di schiavi, che raccolgono senza aver seminato, sia schiavi che
lavorano. Tutti mangiano i prodotti della stessa terra, ma lo schiavo lavoratore
trasforma coi suoi processi muscolari 4.000 calorie in arrivo dalla centrale
solare e ne consuma solo 2.000. Altro non è il plusvalore misurato in
unità di energia (in uomini-vapore o in calorie) dai marxisti; mentre
per gli economisti il valore del lavoro operaio è il prezzo
di mercato delle sussistenze che bastano a far vivere l’operaio.
Quindi teorizzano per quelli che raccolgono dove altri ha seminato.
Nell’ingranaggio della società feudale esiste
il mercato; ma il rapporto delle due classi fondamentali: lavoratori della
terra e nobili, non è regolato mercantilmente; e lo stesso avviene per
l’ordine sacerdotale. Nel più vicino Medioevo la trama mercantile si
va costruendo sempre più fitta, ma il grosso della produzione agraria
funziona senza dovervi fare ricorso.
3 – Moderna agricoltura mercantile – Il capitalismo dà all’agricoltura
la forma di mercato, dopo avere schiodato dalla terra sia il lavoratore
reso libero sia il barone feudale, sopprimendo la inalienabilità
del feudo.
Da questo immenso processo sono sorte svariate forme
di esercizio della produzione agricola che tuttora vivono e accompagnano
la possente industrializzazione moderna nel campo della produzione di manufatti
e servizi diversi.
Lo studio economico Proprietà e Capitale
mette
in evidenza, al posto del criterio di proprietà, che è puramente
giuridico, quello ben diverso di azienda. Per sviluppare la genesi
della rendita, si anatomizza l’azienda agraria e non la proprietà.
La lotta in Italia per la spartizione della rendita
terriera riguarda il 2,5% del reddito nazionale; quello dei baroni lo
0,5%.
4 – Bilancio dell’azienda – La questione della piccola
o grande
coltura
va riferita alla grandezza dell’azienda
e non alla grandezza del possesso; per Lenin al monopolio di
azienda e non al
monopolio di proprietà
della terra. Abolire
la proprie-tà della terra attribuendola al demanio dello Stato è programma
borghese. Abolire l’azienda, sia essa agraria sia di fabbrica, è compito
rivoluzionario e comunista.
Lo spezzettamento del latifondo (grandissima
proprietà e piccole aziende) non colpisce né il monopolio giuridico né
quello organizzativo, non è né programma socialista né borghese avanzato:
è una boiata da affaristi e pescavoti.
Quantitativamente la Rendita che dà un fondo
è uguale al reddito che ne riceve il proprietario.
Nell’economia marxista il Capitale Costante
comprende
il Circolante e la quota del Capitale fisso
che si
è logorata.
Per l’economista i salari dei braccianti
e degli operai agricoli sono una delle partite di spesa; per i marxisti
sono il Capitale Variabile.
Nel Profitto dell’impresa non trova posto
il compenso di lavoro intellettuale del dirigente, che va alla partita
salari
e stipendi: fatta questa detrazione resta puro il Profitto
d’intrapresa.
Se si tratta di terra agraria c’è un’entrata
al giuridico proprietario, la sua Rendita fondiaria netta.
5 – Dramatis personae – Nelle forme miste il puro
profilo legale della spettanza soffoca la realtà del rapporto economico
e di classe.
L’affittuario lavoratore per legge deve
pagare l’affitto al proprietario, che ha a garanzia il totale lordo del
prodotto. Ma il ricavo netto può essere fortemente intaccato nella quota
di profitto e magari scendere al di sotto del salario, senza che egli possa
rivalersi verso alcuno.
Il proprietario lavoratore dovrebbe cumulare
rendita, profitto e salario; ma se tasse ed interessi di debiti lo soffocano,
può accadere che, senza rivalsa, il suo ricavo scenda e che, sparite le
quote di rendita e di profitto, egli lavori al di sotto del salario medio,
sgobbando per lo Stato, la banca, lo strozzino o il professionista consulente.
Nell’agricoltura, sotto il riflesso contabile,
le
forme miste sono le più miserabili e le più adatte a
richiedere sforzi di lavoro in eccesso sulla remunerazione. Non è da marxisti
fare
campagne per aumentare il numero di piccoli proprietari, coloni, mezzadri
lavoratori e impedirne la proletarizzazione; facendone dei pezzenti assai
più sfruttati del lavoratore a salario, ma evitando così di farne dei
rivoluzionari.
6 – Parentesi lessicale – La ricerca sulla rendita fondiaria
conduce alla generale dottrina del Plusvalore, come passo passo
si vede in Marx.
Alla rendita immobiliare, al profitto aziendale,
all’interesse finanziario corrispondono, come capitale patrimoniale
del
titolare, la terra, la fabbrica con le macchine, il contante.
Nell’azienda agraria concorrono capitale terra,
capitale tecnico e capitale denaro.
Marx assimila il Capitale ad una massa di merci,
di prodotti del lavoro umano. Si divide in Capitale costante,
Capitale variabile e Plusvalore. Nell’azienda agraria il Plusvalore
si
ripartisce in Interessi, Profitto d’impresa e Rendita
fondiaria netta. Mentre tutto il valore della produzione in derrate
è per i borghesi Rendita fondiaria lorda, per noi è
Capitale
totale.
Nell’azienda industriale la somma dei prodotti
di un dato ciclo per noi è Capitale, per l’economista è il fatturato,
l’entrata lorda, l’attivo di gestione.
Il valore venale dell’azienda non dipende
da una somma di valori di inventario, ma dalla sua capacità di
prodotto lordo con un certo margine di utile netto.
I borghesi mettono il Plusvalore in rapporto
al
valore degli impianti; noi al vivo valore in trasformazione. Perciò
la legge di discesa dei tassi o saggi di rendita, interesse,
profitto e plusvalore non toglie che il Plusvalore sia sempre più giganteggiante,
assolutamente e relativamente.
7 – Interesse e rendita – Gli economisti del capitalismo
avanzante erano colpiti dagli aspetti storici della Rendita fondiaria e
dell’Interesse, che allora era detto apertamente usurario.
Questa è la via che Marx imbocca per la comprensione
del capitalismo al cui termine il capitale si contenterà di minore saggio
di profitto e tollererà un più alto tenore di vita del lavoratore; ma
ciò nonostante sarà provato l’incombere della catastrofe rivoluzionaria.
Per i primi economisti è elementare che la Rendita
viene dalla proprietà della terra, visto che questa arreca frutti; mentre
c’è difficoltà a capire che una somma di denaro prestato arrechi un
interesse. Nei due casi la spiegazione si avrà con lo stabilire l’origine
dei valori nel lavoro degli uomini.
Petty nel 1679 trova che il Valore (per lui
il prezzo naturale) di una merce sta nella quantità di Lavoro
medio che contiene. Poi affronta il problema del Plusvalore,
ossia l’entrata di chi non rende lavoro.
Per i fisiocratici francesi la Rendita fondiaria
è la sola sorgente di Plusvalore; per Petty lo è anche l’Interesse.
Per Marx la Rendita è una semplice eccedenza del lavoro impiegato
sul
lavoro
necessario. Petty, per esprimere la Rendita in denaro, il
frutto,
ricorre all’esempio di un minatore lavoratore salariato che del minerale
estratto riceve il minimo indispensabile per vivere; egli pone così la
Rendita eguale a tutto il Plusvalore, Profitto compreso.
Petty vuole poi trovare il Valore commerciale della
terra dato da un certo numero di Rendite annue; quanto cioè
un compratore è disposto ad anticipare in moneta. Sulla base di 22 e 21
anni che ci sono tra un nonno di 50 anni, un padre di 28 o un figlio di
7, Petty fissa il valore della terra in 21 annate di rendita, diciamo 20,
che corrispondono al tasso del 5% annuo della capitalizzazione degli
economisti. Il compratore di terra calcola che essa in 20 anni gli renderà
quanto il denaro speso per l’acquisto messo ad interesse del 5% annuo.
Petty, partendo dalla Rendita come forma madre del
Plusvalore, avrebbe potuto dedurre la Rendita come derivato della forma
Interesse.
Dal 1679 al 1954 sono passati 275 anni. La differenza
tra nonno, padre e figlio non è più di 20 anni, ma di 30 perché si è
prolungata la vita delle generazioni. In quei quasi 3 secoli il tasso del
profitto è sceso dal 5% al 3%.
Marx obietta a Petty che, dopo mangiate le 20 rendite,
il valore venale della terra di norma è ancora lì per altri 20 anni e
per un’altra vendita alla stessa cifra; e così di seguito. Si va perciò
al di là dei limiti di generazioni. Ossia il valore della terra non è
da attribuire ad un certo numero di rendite. Quella ricorrenza ventennale
di rendite il diritto la esprime con l’ereditarietà della terra senza
limiti di generazioni.
Per confutare Petty occorre una formula di calcolo
integrale.
8 – La servetta e il calcolo integrale – Quanto si deve stanziare
per
pareggiare la somma dei valori attuali di Rendite future tutte uguali,
ma distanti da oggi sempre più anni? Quanti anni? Tutti gli anni fino
alla fine del capitalismo. Per l’economista borghese la rendita è
perpetua
e
gli anni da mettere nel conto infiniti.
Il problema si risolve applicando il calcolo integrale
e fornendo il dato occorrente del tasso d’interesse. Integrando infinite
Rendite future costanti scontate al tasso del 5%, si ha un capitale di
20 volte la rendita. Il capitale si trova dividendo la Rendita per il Saggio
d’interesse: 1/0,05 = 20.
III – Lui, lei e l’altro (la terra, il denaro, il capitale)
1 – Frutti e sfruttamento – L’Interesse e il Profitto sono
momenti ed aspetti storici del Lavoro prelevato da uomini a carico di altri
uomini, ossia del Sopralavoro; la moderna critica marxista li dimostra
parti in cui si suddivide il Plusvalore. Il marxismo è la Teoria del Plusvalore;
del Sopralavoro se estesa a tutte le epoche passate e presenti. Anche future,
di prestazione di sopralavoro per tutta la società umana nel programma
comunista.
Col metodo storico si evita l’equivoco di considerare
che il nostro sistema derivi da una condanna di sapore morale dello sfruttamento
dell’uomo sull’uomo. Il comunismo non sopprime il sopralavoro;
lo ordinerà in modo che il suo prelievo non sia fatto per un solo individuo
o per una parte della società.
I tentativi degli economisti per spiegare i fenomeni
della Rendita, dell’Interesse e del Profitto Marx li illustra prima
di
inquadrarne la spiegazione nella dottrina comunista del Pluslavoro, costellandola
sia di luminose spiegazioni della nostra interpretazione di tutte le forme
di sopralavoro sia di squarci potenti sul programma rivoluzionario e sulla
forma sociale comunista.
2 – Raccolto o saccheggio? – Il concetto più antico sulla
Rendita è quello della resa del suolo coltivato. I suoi primi teorici
non vedevano che la resa deriva sempre dal lavoro di uomini. L’Interesse
del denaro è il secondo problema; e il terzo storicamente è l’Utile
d’impresa.
Una lira all’anno con l’interesse del 5% rappresenta
20 lire; con l’interesse continuo 21 lire. Forse per questo Petty
calcola in 21 anni la sua spiegazione della rendita fondiaria capitalizzata?
La Rendita della terra prende la forma di frutti
e derrate. L’Interesse pecuniario, ab initio quello usurario,
usa la parola frutto che, come metafora, dà luogo al termine abusato
di sfruttamento. Meglio della terra, si sfrutta un giacimento minerario.
La buona coltivazione della terra agraria la fa fruttare; ossia
non ne intacca a fondo o distrugge la fertilità avvenire; cosa che riducendone
la Rendita diminuisce di molto il suo valore “in comune commercio”.
La parola italiana sfruttamento, in tempo
moderno applicata al Profitto dell’imprenditore a danno dei salariati,
mostra che ogni teoria del sopralavoro parte dalla soluzione del problema
della Rendita fondiaria.
Il francese e il tedesco plot e Beute
(preda,
bottino)
adombrano la nozione che i primi accumulatori di ricchezze si appropriarono
e predarono prodotti d’altrui lavoro, comunque entrati in altrui possesso.
3 – La terra nutrice? – I fisiocratici stabiliscono la fonte
della ricchezza nella natura: solo la terra dà vita alla specie.
Turgot e Quesnay considerano fonte di valore il
lavoro umano dei soli coltivatori agricoli. Nella loro analisi vi
sono tutti gli elementi della funzione del capitale. Gli economisti classici
attribuiranno la potenza di generare valore anche al lavoro manufatturiero
e industriale; ma faranno ciò per sviluppare l’elogio del Capitale e
giustificarne il Profitto. Marx fa propria la loro tesi di partenza, ma
vede con simpatia la tesi fisiocratica, che mostra il “parassitismo”
del capitale industriale.
Locke riconosce due forme del Plusvalore: Rendita
fondiaria e Interesse, la cui fonte è il Lavoro, fatto da altri, di cui
dati individui si appropriano in quanto posseggono il suolo e il capitale,
ossia le condizioni del lavoro; di cui si devono intendere i dati
indispensabili, ossia le condizioni necessarie senza le quali
non si può lavorare: il locale, le materie prime, gli impianti e le macchine.
Il moderno salariato è separato da questi elementi materiali e fisici
come da una barriera insormontabile. La loro opposizione al lavoro non
è simbolica, ma è espressa dalla coercizione statale e legale, dai rapporti
del pubblico potere che sancisce e tutela quei divieti. Locke giudica inumana
e da vietare la separazione tra il lavoro e le sue indispensabili condizioni.
4 – Rendita e usura – Locke giudica il denaro in sé sterile
e improduttivo. Ma per l’ineguale ripartizione della terra considera
il denaro e l’interesse i mezzi per l’acquisto di terra da parte di
chi ne è privo onde poter lavorare.
Agli albori del capitalismo c’è lotta tra il
capitale-denaro e la proprietà fondiaria. Visto il parallelismo tra rendita
media della terra e tasso medio dell’interesse sui prestiti di denaro,
i signori della terra si battevano perché frenassero gli interessi usurari;
scendendo il tasso (che allora scese molto), la terra, a parità di Rendita,
cresce nel suo valore patrimoniale. Ma, sopraggiunto il capitale industriale
e commerciale, questo si allea con la proprietà fondiaria, e tutti lottano
contro la forma usuraria.
Hume va oltre Locke perché prende in considerazione
il Profitto, anche se solo commerciale. In lui sono già in pieno due teorie:
quella del Valore (nello scambio non c’è creazione di nuovo valore)
e quella della discesa del Tasso.
Steuart (1805) analizza il profitto industriale,
che fa sorgere da un gioco concorrentistico, che provoca solo variazioni
del livello del valore della merce che contiene più della spesa
di materie prime e di salario.
5 – I fasci di luce – I fisiocratici per primi arrivano all’analisi
del capitale coi suoi rapporti moderni; ma lo fanno svalutando l’industria
e ponendo avanti in primo piano l’agricoltura.
Il centro dell’analisi marxista, sulla dinamica
del sistema salariale, consiste nello stabilire la radicale differenza
tra il salario, o prezzo della forza di lavoro, e la parte di valore che
la forza-lavoro introduce nella merce prodotta.
Per il fisiocratico l’operaio di fabbrica aggiunge
solo la paga ricevuta al Valore del manufatto; perché questo pesa lo stesso
prima e dopo, mentre nell’agricoltura un chicco ne produce cento. Nella
produzione agricola i fisiocratici descrivono per primi la stregonesca
fabbricazione del Plusvalore.
I materialisti storici non valutano una
merce secondo la materia che contiene, ma secondo i rapporti sociali
tra gli uomini che la producono e, meglio, che siano chiamati a riprodurla.
L’economista prende la merce in mano, l’offre
a destra e a sinistra, poi la giudica entro il suo poco di materia e ne
costruisce il prezzo su banali formulette di appetibilità e rarità.
Dice Marx: «È nell’agricoltura che si scorge
meglio e nel modo più afferente la differenza tra il valore della forza-lavoro
e
la messa in valore di essa».
Poiché nell’industria questo non è evidente,
si arriva a scorgere tale differenza facendo l’analisi generale del
valore e scoprendo la sua natura. I fisiocratici la videro nell’agricoltura,
la negarono per l’industria: chiamarono lavoro produttivo il lavoro agrario,
classe produttiva gli operai agricoli, classe sterile i lavoratori di fabbrica.
6 – Sussistenza e procreazione – Dice Marx: «Il minimo del
salario costituì l’asse della dottrina, a giusto titolo, dei fisiocratici».
Per provare l’esistenza del plusvalore ed anche
il suo crescere nella massa e nel saggio non occorre che il salario resti
a quel “minimo” a cui non lo lega nessuna “bronzea legge”. Il salario
sta
traquel minimo ed un massimo, che sarebbe tutto il valore aggiunto
al prodotto finito. Solo non può scendere sotto il minimo; pena l’esaurimento
della forza-lavoro. Il valore minimo del salario assicura la conservazione
della forza-lavoro dell’operaio e la sua riproduzione
alimentare;
e anche sessuale, la cui sfera è ridotta al fatto economico come necessaria
parte della materiale base di ogni società. Poiché tutto è considerato
alla scala sociale, si tratta del processo vitale non del lavoratore isolato,
ma della classe lavoratrice.
I fisiocratici furono all’avanguardia nel decifrare
il processo produttivo agricolo e per primi diedero i tre giusti termini
del valore: Capitale costante, Capitale salari, Sopravalore: tutti incorporati
nel Valore del prodotto.
7 – Distribuzione e produzione – È merito dei fisiocratici
aver fissato l’origine dell’accumulazione di valore nella produzione;
e non nel commercio come i mercantilisti.
Nella dottrina del sistema monetario e del
sistema
mercantile sola fonte di arricchimento relativo è il Denaro che il
commerciante impiega, che si investe in merci circolanti, e da cui ritrae
un ricavo maggiorato. Una partenogenesi del Denaro che figlia sé stesso.
Nella dottrina fisiocratica c’è la combinazione
della
Terra e del Denaro: le remunerazioni dei due fattori sorgono nella produzione
e dal lavoro umano agricolo, che ormai è borghese e genera un Sopralavoro
che si trasforma tutto in Rendita fondiaria. Da questa si prelevano l’Interesse
per i prestatori di denaro e una specie di stipendio per i capi dell’industria,
che hanno investito denaro per cambiare solo la forma esterna ai
loro prodotti.
Nel campo della coltivazione della terra si svela
la merce forza-lavoro che, comprata e usata, ha la magica capacità
di avere un valore d’uso assai superiore al suo valore
di scambio; ossia al salario.
Il sereno ménage di Terra e Denaro dei fisiocratici
scatena il diabolico terzo elemento del Capitale industriale famelico di
sopralavoro che ne assorbirà tanto da lasciarne semplici lecchi per la
rendita fondiaria e per l’interesse dei risparmiatori di denaro.
Agli albori del capitalismo viene in evidenza che
il movimento sociale consiste in Produzione di Sopravalore, che per i fisiocratici
viene tutto dalla Rendita fondiaria; da cui si staccano quote per industriali
e banchieri.
A partire da Smith Interesse e Rendita fondiaria
saranno semplici varietà del Profitto industriale.
La Rendita della terra è un prelievo sul
Sopralavoro sociale come compenso del monopolio della terra da parte dei
suoi proprietari. All’inizio del ciclo capitalista i proprietari fondiari
pretendono porsi alla testa della società, alla sua fine possono venire,
dopo essere stati posti in sottordine, anche eliminati, senza che la vita
del modo capitalista e salariale di produzione sia ancora terminata.
IV – Il capitalismo - rivoluzione agraria
1 – Facendo il punto – Prima di giungere allo scottante problema
politico sulla funzione rivoluzionaria delle masse della campagna occorre
esporre la teoria economica, la quale non può svilupparsi senza qualche
cifra. Senza cifre non si fa politica e tanto meno rivoluzione.
Marx ci dà una quasi atroce definizione del piccolo
contadino proprietario e lavoratore: «La piccola proprietà fondiaria
crea una classe di barbari che in qualche modo vivono ai margini della
società»; come sferza del pari la grande proprietà terriera e
la grande industria capitalistica: alla fine «esse si danno la mano»
nello sfruttare fino all’esaurimento il Lavoro e la Terra. La rivoluzione
operaia non potrà lanciare quei barbari, compagni di sfruttamento
e di soggiogamento, contro la civiltà
del capitale? La risposta
sarà data nel seguito.
2 – Toccata sulla solita corda – Nel ricostruire la “politica agraria” storicamente seguita dai partiti marxisti, Lenin, nel particolare complesso problema russo, ha sempre e solidamente riaffermato l’ortodossa dottrina di Marx nella materia.
3 – Una mano da Federico – Per Marx il difficile del problema della Rendita terriera sta nel vedere da che nasce questo certo eccedente del Profitto dell’azienda agraria sul medio profitto delle aziende in genere, che va a pagare il diritto di monopolio del proprietario fondiario.
4 – Quelli che fanno epoca – La Rendita per Marx è una parte specifica del Plusvalore totale. Quesnay invece vede Plusvalore e Sopralavoro solo nell’azienda agraria. Engels commenta invece come, secondo Dühring «la più alta economia comincia con i miseri aborti che la scienza borghese ha dato alla luce dopo la decadenza del suo periodo classico».
5 – Rendita e capitalismo – La serie storica è questa: Feudalesimo
– Capitalismo agrario – Capitalismo manufatturiero statale – Industrialismo
privato. Quest’ordine va di traverso a vari strati di facce oblique.
Quando il problema moderno della Rendita fondiaria
si pone, siamo già in piena economia capitalistica. Il prodotto e le condizioni
del lavoro agrario sono tutti già separati dal lavoratore produttivo.
Il prodotto totale nazionale di Quesnay, i cinque miliardi di derrate vendute,
è degli affittuari agricoli e quindi dei capitalisti. Tutti i prodotti
sono dunque passati dal mercato; nessuno è consumato dal diretto produttore.
Anche i lavoratori agricoli acquistano i generi di sussistenza con denaro.
Ossia: 1) Tutto il Prodotto è Merce; 2) Tutto il So-vraprodotto è Sopralavoro
(i lavoratori agricoli producono 5, ma consumano 2); 3) Tutto il Profitto
è dei fittavoli o capitalisti agrari, che ne devono 2/3 ai proprietari
fondiari: la loro Rendita. Manca sottrazione di Sopralavoro agli operai
non agricoli, perché l’agricoltura prevale sull’industria. Ma nell’ipotesi
fisiocratica tutta l’agricoltura non è più feudale; la società di
tre classi divide il prodotto netto con il Salario ai lavoratori, il Profitto
ai capitalisti (fittavoli o industriali), la Rendita ai proprietari immobiliari.
Il Plusvalore è dato da Profitto più Rendita.
6 – Passi espressivi – La Rendita va spiegata come parte
del prezzo pagato sul mercato per la merce-derrata. Da questa somma di
denaro deve uscire: la ricostruzione del capitale di esercizio per il fittavolo
imprenditore – il pagamento di salari agli operai agricoli – il guadagno
del fittavolo (profitto di impresa) – la rendita al proprietario.
Il capitalismo nasce agrario e la sua prima dottrina
rivoluzionaria è la fisiocratica, embrione di quella dell’economia classica.
Il sistema monetario «non arriva alla concezione
del Plusvalore; tuttavia annunzia la produzione per il mercato mondiale,
la trasformazione del prodotto in merce, e per conseguenza la moneta, come
condizione preliminare della produzione capitalistica» (Marx). I mercantilisti
sostengono
che «nella trasformazione delle società agrarie (imprese agrarie borghesi)
dei tempi feudali in società industriali, nella lotta industriale delle
nazioni sul mercato mondiale, occorre uno sviluppo accelerato del capitale,
e questo non può ottenersi con mezzi naturali ma solo con misure coercitive.
La trasformazione viene affrettata con imposte e tariffe protezionistiche,
che gravano soprattutto sui proprietari fondiari, piccoli e medi agricoltori,
artigiani». Il processo si ripete, due secoli in ritardo di fase, in Europa-Russia-Cina.
7 – Lavoro-Derrate-Denaro – Con la terra libera e commerciabile,
ma con scarsa industria, c’è già il Plusvalore e la marxista
Rendita
fondiaria capitalistica. Prima non c’è Rendita in denaro e Sopravalore,
che si ha solo quando tutto il prodotto si trasforma in moneta ed è un’aliquota
di questo valore-moneta.
Nella Rendita in lavoro delle forme sociali
del servaggio medioevale e asiatico abbiamo un primo germe del futuro Sopravalore.
Nella Rendita in natura il lavoratore, vincolato alla terra, è
servo in pieno rapporto personale feudale di un’economia naturale, in
cui tutto il Sopralavoro diviene Rendita. Nella Rendita in moneta,
che presuppone un dato sviluppo tecnico e un mutamento delle condizioni
e rapporti di lavoro, nasce il fittavolo capitalistico con l’espropriazione
ed espulsione del contadino, che diventa il salariato senza terra e strumenti
di lavoro. A questo punto il Sopralavoro si divide in Profitto e Rendita
fondiaria. A questo punto la rivoluzione capitalistica nel modo di produzione
è compiuta.
8 – Philosophie enfin! – Nella produzione rurale,
se vi è godimento di classi di non lavoratori, tutto questo eccedente
si trae da lavoro e non da dono della natura che non costi
umano sforzo. Tutto esce dal Lavoro totale che crea il Prodotto
totale; che si riduce a Prodotto netto dedotte le riserve per
la nuova annata. Parte di questo lo consuma il lavoratore immediato; l’altra
parte (il Sopraprodotto e quindi il Sopralavoro) lo consuma
la classe dei non lavoratori.
Nell’economia naturale il Sopralavoro è
tutta Rendita che il signore feudale preleva dal lavoratore servo in lavoro
o in natura. Alla forma di transizione (lavoratore libero – Rendita pagata
in denaro o in natura – azienda ancora parcellare) segue l’economia
agraria capitalistica in cui le piccole particelle di terra si riuniscono
nell’azienda del fittavolo imprenditore che dispone del capitale di esercizio
e riduce i lavoratori spossessati di terra in salariati.
Marx abbatte la falsa credenza che i fisiocratici
siano reazionari difensori dell’antico regime contro le nuove forme rivoluzionarie.
Essi hanno scoperto la Plusvalenza, ma solo sotto forma di una differenza
tra puri valori d’uso relativi alle derrate prodotte e consumate. Per
loro la Plusvalenza è eccedenza sul salario in moneta, senza capire che
dove c’è vendita di forza-lavoro si verifica Plusvalenza e si accumula
Capitale. Ma in effetti essi accompagnavano la trasformazione del proprietario
feudale in capitalista borghese quando difendevano la libertà d’azione
dell’impresa capitalistica.
9 – Precoscienza borghese – Per Marx le contraddizioni dei
fisiocratici sono quelle «della produzione capitalistica che, uscita dalla
società feudale, non ha fatto che dare a questa una interpretazione borghese,
ma non ha trovata ancora la sua propria forma».
L’esempio dei fisiocratici e l’incompiutezza
della loro visione è tuttavia avanzata e geniale per quei tempi.
I legislatori della Rivoluzione tentarono di giungere
fino alla confisca della proprietà terriera da parte dello Stato borghese;
cosa già pienamente teorizzata da Ricardo, esponente della preminenza
del capitalista industriale sul proprietario fondiario.
V – Proseguendo sulla questione agraria
1 – Sopralavoro e classi – I fisiocratici per primi precisano,
anche se solo nel campo terriero, la differenza tra quanto il lavoratore
salariato riceve e quanto di più la sua opera apporta come aumento di
prodotto e quindi di valore: essa costituisce il Sovraprodotto, il Sopralavoro,
il Sopravalore (plusvalenza) che va a beneficio di altri elementi sociali.
Limitandosi all’uso di prodotti fisici, materiali, per soddisfare bisogni
umani, quella fisiocratica è una teoria solo del valore d’uso;
non del valore di scambio, come fu poi per i classici economisti
inglesi, corifei del capitalismo.
Ma il più importante secondo aspetto del sistema
fisiocratico è che per la prima volta il confronto è studiato alla scala
nazionale come rapporto tra le classi sociali di cui viene data
in embrione la teoria. Inoltre Salario, Profitto e Rendita sono studiati
come masse sociali. Quindi la plusvalenza è calcolata socialmente
e, se riferita ad un dato atto economico, interessa come media sociale
e
non come quota occasionale e singola.
2 – Potere e ricchezza – Da allora la scienza economica diviene
teoria
del sopralavoro sociale e non vaga e letteraria spiegazione della ricchezza
e
dei suoi movimenti, delle cause ed effetti del fatto che vi sono ricchi
e poveri. E quindi Marx compone la “Storia delle teorie sul Sopralavoro”.
Per Hobbes: Ricchezza è sinonimo di potenza; per Smith è
disposizione
di lavoro altrui. Che essa possa essersi formata con lavoro proprio
è ingenua ipotesi di propagandisti dell’economia mercantile borghese.
Marx spiegherà a Ricardo che si tratta di disporre di lavoro sociale;
come, quando parla del “mio” lavoro, gli fa osservare: «ma anche il
mio lavoro è lavoro sociale».
Prima che si formasse il mercato generale, che lo
è soprattutto di forza-lavoro, l’identità tra ricchezza e potere è
più palpabile. La dipendenza non era ancora sociale, da classe a classe,
ma personale.
La genialità dei fisiocratici stabilisce, anche
supponendo la liberazione di tutti i lavoratori, lo spostamento
di un volume di Sopralavoro, non più da servo a padrone come individui,
ma da classe a classe: giustificando come partita in pareggio il guadagno
di imprenditori di terra o di campagna, ma evidenziando come sorta parassitariamente
da sopralavoro la Rendita dei proprietari terrieri. È risultato grandioso
aver riferita la dinamica economica non più all’elemento individuo,
ma al complesso sociale di classe.
3 – Uso dei modellini – Il Quadro di Quesnay descrive
una società tipo immaginata in astratto e quindi assimilata
ad uno schema. Il compito di Marx fu di dare uno schema-tipo
della
società capitalistica industriale moderna.
Quesnay ritiene che il suo tipo schematico caratterizzerà
la società post-feudale come “progetto della migliore società possibile”
e come disegno della stabile società futura fondata sulla “libertà”
personale. Marx costruisce lo schema della società capitalistica storicamente
datasi dopo il feudalesimo al fine di mostrare che il suo assetto è instabile
e storicamente transitorio e la sua meccanica conduce non ad un “equilibrio”
dinamico, ma ad un sicuro squilibrio, a crisi in serie e alla finale esplosione.
A fine polemico egli non considera l’effettiva società capitalistica
impura,
ma l’ipotetica società pura decantata da borghesi ed economisti
in perfetto ed eterno equilibrio.
Gli economisti che succedono alla scuola classica
ripiegano subito nella statistica registrativa e descrittiva dichiarando
gli schemi pure e vane esercitazioni dottrinali; sia quello apologetico
di Quesnay dal sapore utopistico, sia in primis quello dinamico
e rivoluzionario di Marx. Merito di Quesnay è l’aver dichiarato possibile
la costruzione scientifica di uno schema dell’economia vivente, anticipando
il materialismo storico di Marx.
4 – Bilancio del Quadro di Quesnay – Il “Tableau” di
Quesnay considera movimenti di prodotti e di denaro solo tra classe e classe
alla scala dell’intera società. Le classi sono tre: Proprietaria
(sovrano
e decimatori), Produttiva (fittavoli capitalisti e salariati
agricoli) e Sterile (fabbricanti e operai). Per Smith, Ricardo e
Marx le tre classi sono: proprietari fondiari, capitalisti e operai salariati.
Smith e Ricardo, meno profondi di Quesnay, considerano la Plusvalenza Sopralavoro,
ma la riferiscono al valore di tutto il prodotto ottenuto, e non al solo
valore del capitale variabile (salario), invece il Capitale costante è
anticipazione che ritorna alla pari. Quindi confondono i concetti di Plusvalore
e di Profitto e tengono troppo basso il saggio del plusvalore. Quesnay
procede diversamente.
5 – Quesnay non era fesso – Rileggiamo i bilanci nella lingua
di Marx. Il valore del Prodotto annuo si scompone: per Quesnay in 2 parti
(Salario e Rendita); per Smith e Ricardo in 3 parti (Salario, Rendita e
Profitto); per Marx in 4 parti (Capitale costante, Capitale variabile,
Rendita e Profitto). Il Profitto a sua volta si divide in profitto di impresa
e in interesse di capitale finanziario.
Il Capitale costante, che ricostituisce sé stesso
alla fine del ciclo, non è revenu (ossia entrata economica) di nessuna
classe.
Cap. V, Par. 5
RILETTO NELLA LINGUA DI MARX m. = miliardi in denaro. * C = Capitale costante. V = Capitale variabile. P = Plusvalore. |
|||||||||
* |
P
CLASSE PROPRIETARIA Fondiari |
F
CLASSE PRODUTTIVA Fittavoli capitalisti + Salariati agricoli |
S
CLASSE STERILE Fabbricanti + Operai di manifattura |
||||||
C |
Manuf.venduti a F
Mat.prime acq.da F |
+1m. -1m. |
|||||||
V |
Derrate prodotte Derrate consumate |
+2m. -2m. |
Manuf. venduti a P
Derrate acq. da F |
+1m. -1m. |
|||||
P |
Rendita da F Derrate acq.da F Manufat.acq.da S |
+2m. -1m. -1m. |
Plusvalore
Rendita a P Profitto, a S, per acq.manufatti |
+3m. -2m. -1m. |
|||||
+2m. -2m. |
+5m. -5m. |
+2m. -2m. |
|||||||
Il valore del Prodotto annuo si scompone: per Quesnay in 2 parti (Salario e Rendita); per Smith e Ricardo in 3 parti (Salario, Rendita e Profitto); per Marx in 4 parti (Capitale costante, Capitale variabile, Rendita e Profitto). 1 miliardo (in minima parte come C) di Manufatti comprati alla Classe S servono per il rinnovo di Attrezzi e di Macchine. In agricoltura non si lavorano Materie prime. I 2 miliardi di derrate prodotte e consumate dai Salariati agricoli sono pari a 2/5 del Prodotto lordo. La Rendita è pari a 2/5 del Prodotto lordo. Indichiamo con 2/5 o 40% il "Saggio della Rendita" e con 1/5 o 20% il "Saggio del Profitto". La loro somma è 3/5 del Prodotto lordo. I 3 miliardi di Plusvalore sono così ripartiti: 2 di Rendita alla Classe P + 1 di Profitto degli imprenditori e di interesse del capitale d’impresa ai Fittavoli capitalisti, pari ad 1/5 del Prodotto lordo. Emerge in embrione la teoria del Sopralavoro. I Salariati agricoli producono 5, ma consumano 2. Se lavorano 10 ore al giorno e il lavoro pagato è di 4 ore, il Sopralavoro è di 6 ore. Per la Classe sterile è zero la massa del Profitto; e quindi è zero sia il "Saggio del Plusvalore" sia il "Saggio del Profitto". In effetti del miliardo di V di Derrate degli Operai manifatturieri una minima parte è Plusvalore dei Fabbricanti, che viene considerato stipendio perchè per Quesnay il Plusvalore del settore S è zero. |
6 – E i moderni? – La lettura del “Tableau” di Quesnay
fatta dall’economista moderno ne mette in evidenza le insufficienze e
il suo riferimento ad un capitalismo non sviluppato e a troppo alti saggi
di reddito contro vilissimo salario; ma fa anche risaltare per la prima
volta la differenza abissale tra il meccanismo della ragioneria capitalistica
e quello del calcolo scientifico marxista.
Per l’economista il Capitale è patrimonio titolare;
per noi è massa di merci prodotte per il consumo o il reimpiego strumentale;
è massa di vivente lavoro sociale condannato alla galera aziendale.
Ricardo rapporta il Plusvalore a tutto il Capitale,
compreso quello costante o (peggio) al valore patrimoniale dell’azienda
di produzione; e non al solo Capitale salari come parte del valore del
prodotto.
xxx
Cap. V, Par. 6-7 Tutte le cifre sono in miliardi.
|
|||
CLASSE
PROPRIETARIA Fondiari P |
CLASSE
PRODUTTIVA Fittavoli capitalisti + Salariati agricoli F |
CLASSE
STERILE Fabbricanti + Operai di manifattura S |
Patrimonio
nazionale 23,5 |
Proprietà fondiaria nazionale 11,5 |
Capitale investito in agricoltura 10 |
Capitale investito nella industria 2 |
Reddito
nazionale 7 |
Rendita lorda domenicale 2 Rendita netta (10% di 11,5) 1,15 |
Salari agricoli 2 Profitto d’impresa, al saggio netto del 10% 1 |
Salari nella industria 2 |
Circolante necessario 2; Prodotto annuo 5. | |||
I prodotti agrari
si vendono col 10% di margine sul costo di produzione che include il canone
d’affitto.
I prezzi di mercato dei prodotti manufatti non fanno premio sul prezzo di produzione. Abbiamo inserito al meglio nel Quadro di Quesnay le voci dell’economista moderno, che nei loro enunciati rappresentano la negazione del Quadro stesso. Le Classi sono sparite: al loro posto appare la Nazione. Il Capitale non è più massa di vivente lavoro sociale, ma Patrimonio titolare. La Circolazione fra le classi scade a circolazione tra aziende o, peggio, tra hominem oeconomici. Il Reddito nazionale è ridotto alla somma di tutti i redditi personali dei cittadini, in cui trionfa la pretesa legge di equivalenza dei valori in miliardi di molecolari transazioni di natura debitoria e creditoria. Risulta la differenza abissale tra il meccanismo della ragioneria capitalistica e il calcolo scientifico marxista. |
7 – Metodi della scienza economica – La Circolazione tra
le classi scade miseramente a quella tra azienda e azienda e, peggio, tra
homo
oeconomicus e homo oeconomicus. Il Reddito nazionale delle classi
è ridotto banalmente alla somma di tutti i redditi personali dei cittadini
in cui trionfa la pretesa legge dell’equivalenza dei valori in miliardi
di molecolari transazioni di natura creditoria, debitoria e… fregatoria.
Quesnay non si rende conto di essere espressione
di tempi nuovi, non solo della proprietà fondiaria capitalistica contro
quella feudale, ma delle stesse ulteriori forme del capitalismo industriale
di cui egli, senza vederle, trovava e scriveva le leggi.
Le conquiste della teoria vanno ad ondate e sono
fondamentali quelle di determinati periodi critici.
8 – Politica di classe (pour la bonne bouche) – Nei
fisiocratici c’è l’istituzione di una teoria del Sovralavoro; c’è
la divisione della società in classi e lo studio del movimento economico
da classe a classe, non più da individuo a individuo e da ditta a ditta.
Ma c’è soprattutto l’impianto delle prime linee di una critica sociale
degli istituti liberali e democratici, che il marxismo svilupperà fino
a farne la base della politica della classe salariata. I fisiocratici non
tentano nessuna spiegazione della Rendita fondiaria che ne attenui il carattere
di estorsione di lavoro da altra classe, mentre l’economia classica legittima
come equo e libero il rapporto tra capitalista e proletario secondo il
salariato e come oppressivi solo quelli precedenti di dipendenza servile.
Siamo giunti, partendo dalla schematizzazione della
società “capitalista agraria”, nel pieno problema della strategia
politica proletaria. Nel periodo che va da Quesnay a Marx il proletariato
non può non combattere nelle rivoluzioni borghesi che, oltre a debellare
la macchina feudale di potere, aprono la strada non solo alla liberazione
di forze produttive che sorge dalla abolizione del servaggio e dei vincoli
sulla terra, ma all’altra che deriva dal concentrarsi in unità sempre
più potenti del lavoro manufatturiero ed urbano.
VI – Metafisica della terra capitale
1 – Da 1884 a 1847 – La teoria dell’economia agraria ha forma definita fin da quando si forma il blocco a contorni precisi e netti della dottrina rivoluzionaria, ossia da alcuni anni prima de “Il Manifesto del Partito Comunista” del 1848; a riprova che non vi è mai stato cambiamento nel metodo marxista in genere e negli studi di Marx in ispecie.
2 – Economia, morale, logica – Marx liquida la parolaia economia
di Proudhon per il quale «l’origine della Rendita come della proprietà
è per così dire extra-economica: essa risiede in considerazioni di psicologia
e di morale».
Si sta sulle due sponde dell’abisso. Noi brandiamo
la solida chiave del materialismo e chiariamo con i dati economici le manifestazioni
psicologiche e gli innumerevoli sistemi di morale.
Il rinvio di Proudhon alla psicologia, alla morale
e all’ordine delle idee, il suo curioso esaminare di ogni processo economico
il lato buono e il lato cattivo, è espediente ormai secolare.
Non si sente nulla di diverso in ogni esposizione dell’oggi di economisti,
sia dilettanti sia di mestiere.
3 – Giù, libero arbitrio, pagliaccio idiota! – Nello stabilire
la distinzione tra il valore di uso e di scambio di ogni
oggetto Proudhon trascura due punti essenziali: la genesi e lo svolgimento
storico dello scambio nelle varie epoche; il carattere sociale e non individuale
del rapporto. E così si smarrisce e si insabbia. Come punto di comparazione
ricorre al libero arbitrio.
Gli economisti moderni non sono di una spanna più
oltre. Essi fabbricano formule sulla determinazione del prezzo fondata
sulle forze in movimento sul mercato: utilità marginale, velocità di
circolazione, volume di circolante, quantità di beni da consumo, ecc.
Facciamone un fascio e seppelliamoli sotto questa lapidaria frase:
cavalieri
del libero arbitrio, nella cappella gentilizia di famiglia Proudhon.
4 – Un medico, un banchiere, un professore – Il motivo essenziale
che mette in alto Quesnay, di tanto predecessore degli economisti del capitalismo,
è che egli è molto più avanti dell’atto di scambio
molecolare
e
della puerile personificazione delle forze economiche. Non l’uomo
venditore
e l’uomo compratore, ma il gioco della circolazione della ricchezza
tra la classe produttiva, la classe
redditiera e la classe
(a suo credere sterile) dell’industria. Nel confronto dei massimi esponenti
di scuole economiche Quesnay ha un enorme vantaggio su Ricardo per la scoperta
dei protagonisti-classi.
Quanto a Proudhon egli tentò un sistema socialista,
ma fondò solo una teoria per piccoli borghesi, che maledettamente ci appesta
tuttora.
5 – Egualitarismo mercantile – Questa forma di sistema socialista,
diffusa come la gramigna e che sta in fondo alla testa di quasi tutti quelli
che si dicono marxisti, è figlia in modo ibrido da un’economia borghese
ricardiana e da una filosofia umanitaria enciclopedista.
Engels: «La applicazione della teoria di Ricardo,
la quale mostra ai lavoratori che la totalità della produzione sociale,
che è loro prodotto, appartiene loro, perché sono essi i soli produttori
reali, mena diritto al comunismo. Sennonché essa è formalmente falsa,
come spiega Marx, in quanto è semplicemente un’applicazione della morale
all’economia. Ecco perché Marx non ha mai fondato su ciò le rivendicazioni
comuniste, ma piuttosto sulla necessaria rovina del sistema capitalista,
che si consuma sotto i nostri occhi con un crescendo giornaliero».
Nello svolgere la critica della proudhoniana versione
di questo limitato socialismo, Marx ha delle costruzioni del più alto
interesse, su cui sarà bene ancora sostare, al fine precipuo di rendere
chiara la radicale distinzione tra quelle prime istanze e la nostra, e
di stabilire che la formulazione che supera e abbandona indietro ogni “economismo”
di tal genere, non è certo nuova, ma addirittura primordiale nella sua
ortodossia irriducibile: scopo al quale non si sarà mai dedicato abbastanza
tempo, tanto è facile perdere questa bussola per i difficili mari dell’attualità
e
dell’attività.
6 – Recipe: alcune “pillole” – Marx dimostra a Proudhon
che storicamente la misura del Valore delle merci giusto il Lavoro definisce
l’economia capitalistica e comporta la formazione di un Plusvalore. Essa
«è fatalmente la formula della moderna schiavitù dell’operaio».
La teoria marxista del Plusvalore ci è indispensabile
per l’anatomia della società capitalistica; ma la nostra rivendicazione
programmatica non è: abolizione del Plusvalore.
Ogni modo di produzione, compreso quello capitalistico
appunto perché migliore produttore di Sopralavoro, ha fatto girare avanti
la ruota famosa della storia.
La produzione capitalistica si fonda «sull’antagonismo
del lavoro accumulato col lavoro immediato» (Marx); ossia del Capitale
con
il lavoro dei salariati. Da ciò scaturisce la lapidaria formula dell’istanza
comunista: abolire la dipendenza del lavoro immediato dal lavoro accumulato.
Non è vero, come sostiene Proudhon, che le cose
più utili, necessarie, hanno un prezzo minore. «Il prezzo dei viveri
ha quasi di continuo subito un rialzo, mentre il prezzo degli oggetti manufatturati
e di lusso ha quasi di continuo subito un ribasso» (Marx). Nel Medioevo
i prodotti agricoli erano relativamente più a buon mercato dei prodotti
manufatturati.
7 – Donde la miseria – Sempre Marx contro Proudhon: «In
una società fondata sulla miseria, i prodotti più miserabili hanno la
fatale prerogativa di servire all’uso del più gran numero». E ancora:
«Il tempo di lavoro, servendo di misura al valore venale, diviene per
ciò stesso la legge di un continuo svilimento del lavoro». L’economia
capitalistica ha fatto bene a sorgere e fa bene a sorgere ancora
(Russia, Cina, etc.). Neghiamo che con quella stessa legge-chiave sia economia
proletaria.
Sulla gran varietà di prodotti che la formula di
Proudhon avrebbe magicamente destato, giù l’ultimo fendente: «Il monopolio
in tutta la sua monotonia viene ad invadere il mondo dei prodotti, alla
stessa maniera che invade il mondo degli strumenti di produzione» (Marx).
E così il monopolio, la dittatura sul consumo delle più stupide merci
e servizi sono scolpiti da un secolo nella predizione marxista.
Sono per noi inseparabili le due battaglie: destino
di catastrofe del capitalismo – programma sociale rivoluzionario del
comunismo.
Nella produzione capitalistica non vi è e non vi
sarà mai la proporzionalità – dopo il medioevale equilibrio
in cui «la produzione seguiva passo passo il consumo» – tra i diversi
settori di consumo invocata da Proudhon e compagni. Essa è incompatibile
con la distribuzione di mercato e con il dominio della legge di scambio
tra valori equivalenti.
Incalza Marx ribadendo monopolio e imperialismo:
«La grande industria, forzata dagli strumenti stessi di cui dispone a
produrre su scala sempre più larga, non può più attendere la domanda.
La produzione precede il consumo, l’offerta forza la domanda…
Nella società attuale, nella società fondata sugli scambi individuali,
l’anarchia della produzione, che è fonte di tanta miseria, è
nello stesso tempo la fonte sola di ogni progresso».
Marx, provato che il preteso “socialismo” mercantil-laburista
alla Proudhon non è che un’apologia della società borghese, così conclude:
«Si vede bene che le prime illusioni della borghesia sono anche le ultime».
8 – Proudhon sulla Rendita – Sulla Rendita Marx giovanissimo
definiva il problema nei termini stessi delle opere più mature. Proudhon
ricade nel concetto della Terra, naturale ricchezza, che regala
una
quota-ricchezza come Rendita, non derivata da Lavoro umano. Il suo più
grave errore è sostenere che la Rendita sarebbe l’Interesse pagato per
un capitale che non perisce giammai: la Terra. E che mentre il saggio
d’interesse commerciale decresce, quello della Rendita fondiaria storicamente
aumenta. Marx prova che i miglioramenti ed investimenti di Capitale tecnico
sulla Terra conducono ad un ribasso della Rendita, pur trovando nell’investimento
un margine adeguato di Profitto, che, come ogni altro investimento industriale,
tende a scendere storicamente. Dice Marx: «La Terra, finché non è sfruttata
come mezzo di produzione, non è un Capitale». Lo sono gli impianti eseguiti
con Lavoro umano sulla Terra o le macchine, attrezzi, scorte in sussidio
alla sua coltivazione. Ma il reddito di tutto questo è Profitto del fittavolo,
non Rendita del proprietario. La parte della Terra che diviene Capitale
fisso si consuma come ogni altro Capitale fisso o circolante e va rinnovato
ogni anno di una quota, come nell’industria non rurale.
Si può parlare di un Capitale-terra in relazione
al Profitto del fittavolo imprenditore; e non alla Rendita dominicale.
«La Rendita risulta dai rapporti sociali in cui si fa la coltivazione:
essa proviene dalla società, non dal suolo». Essa non risulta dall’Interesse
di un Capitale, né come Capitale-terra né come Capitale investito sulla
terra.
«Noi concepiamo che degli economisti abbiano domandato
che la terra sia attribuita allo Stato per servire alla soddisfazione delle
imposte». Proprietà e Rendita fondiaria possono essere
nazionalizzate
restando
in regime borghese. La formula russa, la Terra alla Nazione, non è socialismo.
VII – Rendita differenziale, appetito integrale
1 – Hors d’oeuvre – Seguendo il sorgere della società borghese ed il formarsi della scienza economica, l’esigenza determinante non riguarda il bilancio del produttore immediato che lavora e consuma; né quello dell’azienda capitalistica che produce e smercia; ma riguarda il quadro immenso della popolazione vivente e della sua alimentazione, lo studio della complicata macchina con cui il cibo arriva agli uomini in maniera sempre meno semplice dai tempi di Eva.
2 – Simpatia allo stoicismo – Da parte di Malthus la critica del capitalismo anno 1815 è possibile e giusta, ma la posizione storica e politica contro di esso è sbagliata.
3 – Misteri del calcolo sublime – La pura matematica è quella
scienza che con nuove parole e simboli dice sempre la stessa cosa. Cosa
è l’elevazione a potenza? Una moltiplicazione. E la moltiplicazione?
Un’addizione. E l’addizione? Una numerazione. Tutto si riduce alla
numerazione. Ma nessuno ha definito la numerazione, né che si vada
con l’identico scatto da uno a due e da nove a dieci.
La cultura universitaria vuole sciogliere il rebus
economico applicando la matematica. Noi sappiamo all’opposto cha applicando
sola matematica non si è mai cavato un ragno da un buco, e ci serviamo
invece della nozione economica immediata che tutti abbiamo per capire la
matematica. Questa infatti è nata dopo l’economia quanto e più che
dopo la fisica: è stata prima agrimensura e poi geometria, prima computisteria
e poi algebra e calcolo.
È banale dire: voglio occuparmi di economia, ma
non voglio sapere di matematica nell’economia; è banale perché è stata
Mamma Economia a figliare la Matematica, alta e bassa.
La Rendita fondiaria è differenziale perché
deriva da un’operazione di sottrazione, da un margine, da un premio.
Per Ricardo la Rendita non può essere assoluta, ma solo differenziale.
Per Marx si dà e Rendita assoluta, ossia che scaturisce sempre,
e differenziale, che risulta da un margine. La differenziale
può
anche mancare. La cresta sulla spesa è differenziale: se la padrona
sa tutti i prezzi dei fornitori, che non fanno ribassi, la cresta scende
a zero.
4 – Introduzione brillante – Marx espone la teoria della
rendita fondiaria di Ricardo, e quindi la propria, che non nega quella
di Ricardo ma la comprende come uno dei tanti possibili casi studiati.
Marx ricorda che per il piccolo contadino autonomo,
produttore immediato, la proprietà legale della terra è una delle
condizioni
della produzione. Nel nostro studio ci sono solo braccianti;
non contadini-proprietari, non mezzadri, non coloni lavoratori (che bella
cosa!). Abbiamo dunque tre figure: proprietario fondiario, capitalista
affittaiuolo e operaio salariato.
Marx, da teorico sicuro, semplifica ancora: «Noi
consideriamo dunque esclusivamente il collocamento del capitale nell’agricoltura»;
e precisa: «ci possiamo limitare anzi al solo grano; oppure alle miniere,
le leggi essendo le stesse».
Smith, che muore nel 1790, ha il grande merito di
avere mostrato che la rendita fondiaria derivante da altre produzioni agricole
(lino, piante tintoriali, allevamento bestiame) è determinata dalla rendita
che si forma dal capitale collocato nella produzione dell’alimento principale:
«Dopo di lui non si è realizzato alcun progresso in questo ordine di
idee». Marx fa strame di 80 anni di “progresso scientifico”. Noi ne
aggiungiamo un’altra ottantina.
5 – La Rendita di Ricardo – Dato il colpo di grazia all’opinione
fisiocratica che la Rendita era dovuta all’eccezionale produttività
dell’agricoltura dovuta alla speciale fertilità del suolo, restano quattro
modi per spiegarne l’origine.
1 – Col monopolio della terra i proprietari fondiari
monopolizzano i generi alimentari che, venduti al di sopra del loro
valore,
danno un costante margine, o premio, della Rendita.
2 – Per Ricardo esiste solo la Rendita differenziale;
e non l’assoluta. Nella terra peggiore la vendita del prodotto
remunera il Lavoro e il Capitale investito col suo Profitto, senza margine
per il proprietario fondiario.
3 – La Rendita è l’Interesse del capitale che
è servito a comprare la terra; per Marx teoria insostenibile, perché
non spiega la Rendita che non deriva da capitali investiti, come per le
miniere e le cadute d’acqua.
4 – Per Marx, senza distruggere la legge del valore
(come in 1), il terreno peggiore ha la Rendita assoluta,
cui si aggiunge la differenziale per i terreni di maggiore fertilità.
Si rimuove la difficoltà rilevando che il
valore,
dato dal tempo di lavoro medio e che si realizza sul mercato, dà
in dati casi un premio sul prezzo di produzione, la Rendita differenziale.
Di più, i prodotti agricoli danno sistematicamente
un prezzo di produzione al di sotto del valore e prezzo di mercato.
Questa differenza è la Rendita assoluta. Ma non cessa di essere una
parte del Plusvalore e del Profitto. Essa corrisponde ad un Sopraprofitto
che
diviene Rendita (dovrebbe chiamarsi Sopra-Plusvalore).
Per chiarire la dimostrazione di Marx occorre ben
stabilire i concetti senza deviare da essi.
Marx nel prezzo di produzione include oltre
alla spesa di materie prime e di salari anche già il Profitto
del
capitale. Perché questo sia chiaro, bisogna passare ad una dinamica
sociale,
trattando il Profitto della classe capitalistica e meglio ancora
del capitale sociale; espresso solo in parte dal
capitale nazionale
di
nazioni capitalistiche che rovesciano i prodotti su un mercato di scambio
interno ed esterno.
6 – Impostazione di Marx – La teoria della Rendita fondiaria
si costruisce stabilendo prima la teoria del saggio medio di
Profitto del Capitale. Per Marx il prezzo (medio per una larga
estensione e per un certo tempo) della merce è dato dal tempo di Lavoro
mediamente necessario, nelle date condizioni sociali, per produrla
e riprodurla. L’importo del prezzo ci dà la misura del
valore
di scambio, che, scomposto nei vari termini, mette in evidenza le due
categorie che il borghese chiama le sue spese: Capitale costante e Capitale
variabile. Per saldare il conto del valore di scambio resta il Plusvalore,
che in cifra bruta vale il Profitto, comprensivo di Utile d’impresa e
di Interesse del capitale preso in prestito. Il saggio del Profitto
è
il rapporto tra l’utile derivato dal prezzo medio di mercato e le spese
anticipate. Fatto tale calcolo in base ai dati generali, sociali, Marx
chiama prezzo di produzione la somma dei tre elementi inglobati
nella merce: C + V + Pm (ove Pm è il profitto
medio sociale). L’azienda che realizza contratti più favorevoli o paga
meno di salario medio e di materie prime avrà una differenza maggiore
che Marx chiama Sopraprofitto. È inevitabile il compenso tra sopraprofitti
e
minusprofitti.
Se in una fabbrica l’utile diventa perdita, c’è sempre plusvalore
e sfruttamento.
Eliminati tutti gli scarti che si compensano, si
fronteggiano il capitale nazionale (o mondiale) e il proletariato, il lavoro
umano e sociale.
Lo studio della produzione capitalistica nella sua
purezza (quando tutto il profitto diventerà una “rendita industriale”
non ci vorrà tanta matematica a snidare fuori la camorra di classe) perviene
a mettere di fronte, nel bilancio sociale, due classi antagoniste. Conoscendo
tutto il Capitale costante nella società e tutto il numero dei proletari
nella popolazione, il saggio medio della plusvalenza e del profitto ci
consentono di calcolare quanta ricchezza passa, nel quadro di Marx, dalla
classe operaia alla capitalistica.
7 – La soluzione di Marx – Anche normali settori industriali
presentano sopraprofitti (ma solo contingenti e accidentali, mai sistematici),
istantaneamente e facilmente trasformati in rendita. Che altro è
il parassitismo capitalistico che Lenin descrive sorto da trusts e
monopoli?
Come il sopraprofitto si trasforma in generale,
nel settore agricolo tutto, in Rendita fondiaria, dopo pagato al saggio
medio di tutta l’industria l’Utile del fittavolo imprenditore?
Marx lega il prezzo di produzione al valore
del
prodotto solo per i prodotti dell’industria. Osserva che, dedotto
dal settore industriale il profitto medio, che è parte del prezzo
di produzione, nella speciale produzione agraria, essendo sempre le derrate
vendute al loro valore ed essendo il Profitto del fittavolo pari a quello
del fabbricante, il prezzo di produzione risulta minore. Ciò vuol dire
che a parità di prodotto vi è meno impiego di Capitale e di Lavoro
della media sociale; e così il Lavoro applicato alla terra è più
produttivo che nell’industria. Lo scarto tra prezzo di produzione
e valore venale ricavato al mercato, fermo restando il Profitto, va versato
al proprietario fondiario, in forza delle leggi e della forza statale.
Questo evento viene meno per le terre più vili
che non danno Rendita; per cui non si trova capitale di fittavoli disposto
ad investirsi in esse. Se la terra dà solo un margine utile uguale al
Profitto d’impresa, il fittavolo, che deve qualcosa al proprietario,
dovrebbe investire il Capitale sotto il profitto medio. In tal caso cerca
un altro terreno o investe nell’industria o tiene i soldi in banca.
Ma Marx ha provato che in genere, anche sul terreno
peggiore, il Capitale (sotto forma di materie prime e lavoro) rende più
del medio profitto industriale. Lo scarto che ne deriva è Rendita fondiaria
assoluta, che ritrae ogni proprietario di terra.
Su un terreno più fertile, che dà un ricavo maggiore,
il proprietario troverà un fittavolo che, con lo stesso Profitto del terreno
sterile, potrà pagare un canone maggiore, di una differenza pari
al prezzo di mercato della parte di grano
in eccedenza. Questo aumento
di canone è Rendita differenziale.
Per Marx la terra peggiore dà grano che fa premio
sul Profitto d’impresa al saggio medio: questa la Rendita assoluta. I
terreni più fertili alla Rendita assoluta aggiungono quantità variabili
di Rendita differenziale.
8 – Riforma fondiaria italiota – Lo Stato fascista in Italia
confiscò (con indennizzo) acque e miniere; ossia ogni Rendita assoluta
non agraria. Ma non toccò la più alta quota dei profitti di industrie
estrattive ed idroelettriche. Ora si vuole espropriare la Rendita agraria
assoluta italiana; ossia i terreni più sterili a minimo imponibile.
Ricardo voleva incamerare tutta la rendita differenziale,
ossia le terre migliori; facendo salva la grande azienda capitalistica
con un profitto d’impresa pari all’industria.
Se le terre dei “latifondi” hanno una Rendita,
anche se bassa, lo Stato riformatore italiano acchiapperebbe sempre un
qualcosa, ma alla condizione di mettersi a fare il rentier mantenendo
i già esistenti capitalisti agrari, che pagherebbero il canone redditiero
traendolo dal sopralavoro dei contadini braccianti.
Con la formula sciagurata della parcellazione ai
contadini si distrugge la magra Rendita assoluta che ripartisce tra i contadini
proprietari la condanna ad erogare doppie ore di lavoro per grano da campare
e rate da pagare; per poi fuggire dal lotto. Le pingue Rendite differenziali
invece restano sacrosante a disposizione del Capitale della speculazione
italiana. La formula di salvare la Rendita differenziale, con gli stessi
onori dovuti al Capitale delle anonime, e di far perire la Rendita assoluta,
vale l’apostrofe concisa: Stato italiano, quanto sei fesso!
VIII – Grandiosa, non commestibile
civiltà
1 – Imbandigione e convitati terrestri – Il Capitale è originato
dal Lavoro accumulato dei morti, impiegato ad investire e saccheggiare
lavoro di una massa di viventi.
È una grande questione vedere se il ciclo degli
scambi tra l’ambiente naturale, con le sue riserve di materia–energia,
e la specie vivente tende a raggiungere un’armonia d’equilibrio dinamico
(teoricamente indefinita) o tende a cadere in un progressivo sbilancio
e quindi a divenire insostenibile, in tempo storico, determinando regressione
e fine della specie.
Riconosciamo importanza alla questione di un’immaginaria
mensa, estesa a tutto il pianeta, attorno alla quale siedano i formicolanti
convitati, e del rapporto tra il numero delle bocche e le pietanze imbandite;
e diciamo che lo studio non sempre agevole della questione della produzione
agraria in tempo capitalistico, con le sue analisi ragionate, poste in
quadri numerici, ridotte in formule algebriche, non deve essere preso per
un lusso dell’intelletto, ma per un’esigenza imprescindibile del ventricolo
di specie.
Nello stesso tempo quelle banali presentazioni sono
utili per mostrare quanto se ne distacchi in semplicità, e in potenza
e ricchezza di sviluppi, l’impostazione marxista. Il ciclo non si svolge
fino ad un tornante in cui gli uomini, percossi da rivelazione o investiti
di sapienza, si diano da fare per non perire tutti. Per lunghe fasi del
ciclo, gruppi contro gruppi della specie, aumentati di numero, imparano
a distruggersi, depredarsi e opprimersi: lo studio delle grandi tappe di
queste inevitabili lotte deve stabilire se, come e dopo quali stadi la
specie perverrà ad un utile bilancio stabile dei suoi rapporti con la
natura fisica, tale che sola via per ottenere alimenti non sia la guerra
e la servitù di classe. L’oggetto dello studio sono le forze produttive
e i loro rapporti; e non le loro caricature sotto forma di moniti amministrativi
e predicozzi moralistici.
2 – Il capitalismo, pessimo vivandiere – La fondamentale
dimostrazione di Marx tende alla tesi nettamente rivoluzionaria che il
modo di produzione capitalistico, grandissimo propulsore del crescere assoluto
e relativo delle forze di produzione, tappa indispensabile e decisiva di
tale accrescimento, non può far tenere il passo all’aumento di numero
e di potenza tecnica delle collettività umane con la produzione di alimenti.
Da questo noi concludiamo al calcolo del cammino che ci separa dalla catastrofe,
in cui questa inevitabile contraddizione farà saltare in aria la struttura
capitalistica. Il lettore attento si avvede dei tratti del duro cammino
in cui il traguardo dello scontro rivoluzionario appare in tutta la sua
suggestione.
Marx ricorda che già i primi economisti rilevano
il contrasto tra il progresso tecnico in agricoltura (nonostante le misure
per accrescere la produzione del terreno) e le forme sociali. L’ingranaggio
del sistema capitalistico è tale che il Capitale e il Lavoro umano sono
incessantemente sospinti verso l’industria alle cui incredibili velocità
di trasformazione dei procedimenti fa riscontro l’enorme lentezza di
evoluzione dell’agricoltura nei cui campi (anche dei paesi più sviluppati)
si adottano oggi per la maggior parte gli stessi procedimenti agrari che
si usavano da secoli e da millenni.
Marx rapporta la riluttanza del Capitale alla terra
alla composizione tecnica, o organica, di esso, che è più favorevole
nell’industria.
A metà ‘800 la composizione del capitale (grosso
modo invariata oggi in agricoltura) era:
Nell’industria:
80c+20v+10p =110 |
In agricoltura:
60c+40v+20p= 120 |
|
Composizione organica
Saggio del Plusvalore Saggio del Profitto Saggio del Profitto d’Impresa Saggio della Rendita |
4 (80/20)
50% (10/20) 10% (10/100) 10% (10/100) 0% |
1,5 (60/40)
50% (10/20) 20% (20/100) 10% (10/100) 10% (10/100) |
3 – Grano e capitalismo – La lentezza dell’aumento di produttività
nell’agricoltura è un ostacolo alla riduzione del tempo di lavoro a
parità di prodotti e di consumi medi, che è insormontabile per le classi
dai consumi soprattutto alimentari. Il capitale “sa” che raggiunge
una sempre più alta massa di profitto seguendo la legge della discesa
del saggio medio e preferisce produrre ad alto grado tecnologico;
con molti operai ad alto salario per avere moltissimo prodotto. Con l’acciaio
è facile all’offerta forzare la domanda, grazie ad armi e guerre, che
riducono il numero di bocche che
domandano
inutilmente grano.
Per l’acciaio in un secolo il grado tecnologico
va
dal 4 di Marx al 15÷20 di oggi. Le tonnellate-anno di grano che produce
ogni operaio agricolo nel corso di un secolo non sono probabilmente cresciute
del 50% mentre quelle di acciaio divenivano decine di volte.
Ogni terrestre mentre mangia 270 kg. di cereali
e patate all’anno, ne mangia di carne solo 4 o 5. Non bisogna farsi corbellare
dalle medie. Nei paesi più sviluppati il rapporto carni–cereali varia
enormemente da classe a classe e da regione a regione. In Italia la macellazione
media pro-capite di Kg. 14,2 va da Kg. 27 in Emilia a Kg. 5,3 in Sicilia
(ossia a livello del terrestre medio). Il capitalismo è dunque l’epoca
dell’alimentazione cerealicola, come la barbarie superiore
(guerra
di Troia) lo era esclusivamente della carnea. Ecco perché Marx ha ragione
di calcolare la parte di Profitto che va a Rendita sulla produzione granaria.
4 – Rubriche sulla rendita – Se la terra da porre a coltura è stata tutta occupata e per aumento della popolazione occorre più prodotto (più grano), si investe sullo stesso terreno altra spesa in concimi e impianti vari di miglioramento agrario. Si aumenta così il prodotto (l’Italia in 5 anni avrebbe dovuto passare da 79 milioni di q. di grano nel 1952 a 90), ma inevitabilmente il prezzo unitario cresce. Ossia con l’aumento di produttività del lavoro dovuto al capitalismo sono disponibili a minor prezzo i prodotti manufatti, ma raggiungono prezzi più alti i prodotti alimentari. Questa corsa va a sboccare nella soluzione della rivoluzione che distrugge il modo capitalistico di produzione, o, che è lo stesso, la distribuzione di mercato: unico dato necessario per costruire tutta la deduzione di Marx.
5 – Rivoluzione antitrinitaria – Marx, nell’affrontare
il problema di insieme delle tre fonti di entrata economica e delle tre
classi, tratta a fondo la critica della formola trinitaria: capitale-interesse;
terra-rendita;
lavoro-salario;
che non sono tre effettive autonome fonti di tre fazioni in cui si spartisce
la ricchezza prodotta, l’aggiunta di valore in ogni campagna di lavorazione.
Nella critica rivoluzionaria il solo fattore reale del valore è il Lavoro;
è solo ad aggiungere: sono in tre a sottrarre. Il diritto di possesso
per la terra, l’appropriazione di merci per il Capitale, non sono fonti
di valore, ma rapporti di forza tra uomini.
L’economia classica mise in evidenza che il solo
Lavoro genera il Valore.
Le relazioni terra–Rendita, e soprattutto denaro–Interesse
(Capitale–Profitto), non sono naturali ed eterne: esse erano estranee
ad antichi modi di produzione (produzione diretta di beni d’uso – schiavitù
e servaggio – sistema corporativo medioevale). La grande comunità, che
riunirà tutti i “terrestri”, si porrà come scopo finale «la sua
stessa riproduzione», senza Rendita, senza Interesse e, in primis et
ante omnia, senza Salario.
Solo nel modo di produzione capitalistico tutto
si misura con il lurido, puzzolente denaro, con il calcolo del reddito
personale e del bilancio di azienda, con la schiavitù della natura umana
alle lancette dell’orologio di fabbrica e di ufficio.
6 – Scarto dei casi impuri – Tutto lo studio sulla Rendita
differenziale è impostato sui dati di una media ideale, di condizioni
limite
non
riscontrabili nella realtà storica. Esse corrispondono all’ipotesi che
il lavoratore della terra sia salariato, il suo salario sia al livello
medio di tutta l’industria, che tra lui e il proprietario giuridico,
che ha per ordine della polizia la “chiave” del fondo, sia interposto
ovunque un fittavolo imprenditore e che il guadagno di questo sia al livello
medio sociale del Profitto di tutti gli imprenditori industriali.
È pietosa la disperata difesa, con aperta posizione
da partito borghese, da parte del P.C.I. del grande affittaiuolo capitalistico
contro il proprietario fondiario, e ciò quando la disciplina dei prezzi
e dei fitti ha reso poco velenosa la Rendita domenicale e scandaloso il
Sopraprofitto delle imprese agrarie.
Nella storica lotta inglese tra la proprietà fondiaria
borghese (landlords), i capitalisti agrari (farmers) e i
lavoratori agricoli, culminata nei dazi protettivi sul grano, i cui prezzi
scendevano con sollievo del proletariato, i proprietari fondiari tendevano
a impinguare le proprie rendite comprimendo i profitti al di sotto del
normale profitto e i fittavoli reagivano comprimendo i salari del lavoratore
delle campagne. A questa fase storica ed economica Marx dà l’interpretazione
rigorosa e limpida di un’aggiunta alla Rendita, per fattore politico
e di forza, di una frazione del Profitto d’impresa e del Salario, che
arrotonda artificialmente la rendita vera e propria, la rendita media
ideale.
È cruciale il punto di passaggio dalla scienza
pura alla lotta sociale e politica. Si ribattono ricardiani ed economisti
volgari dimostrando che con la Rendita contenuta nei suoi limiti teorici
e, se del caso, destinandola allo Stato come copertura delle spese (ossia
con l’impresa capitalistica dell’industria e della terra libera da
imposte), l’illusoria armonia nella ricchezza della nazione e
nel trinitario benessere a tutte le classi non si raggiunge, ma
si ribadisce la prospettiva degli antagonismi rivoluzionari. Nulla ha a
che fare con rivoluzioni nemmeno borghesi il convertire le Rendite della
terra peggiore in interessi di titoli di Stato. Ciò salva il privilegio
redditiero e aggrava il bilancio pubblico per miglioramenti fondiari fasulli,
in cui la tecnica agraria diviene asinità e l’amministrazione statale
ladreria aperta alla trionfante speculazione imprenditrice.
7 – Il salto idraulico – Le cartiere di un paese si suppone
che siano alcune azionate da motrici a vapore mentre altre dispongano di
una caduta d’acqua, per le quali la necessaria forza motrice non costi
nulla, con economia sia di carbone sia della forza lavoro del fuochista.
La composizione tecnica sia, per semplificare, uguale per i due tipi di
cartiera, mantenendosi lo stesso rapporto Capitale costante-Capitale variabile,
con stessa proporzione per le spese di manutenzione e di logorio. Per le
cartiere privilegiate il
costo e il prezzo di produzione è
quindi inferiore. Il prezzo di mercato della carta deve però
adeguarsi ai costi, superiori, delle cartiere prive di caduta d’acqua,
altrimenti nessun capitale vi si investirebbe. Risulta così una Sovraprofitto
nelle cartiere che dispongono di caduta d’acqua, generato da una maggiore
produttività del lavoro che vi si impiega.
Cap. VIII, Par. 7
1ª Forma - Il salto idraulico |
||||
A Fabbriche con motrici a vapore |
B Fabbriche che dispongono di cadute d’acqua |
|||
o | Composizione tecnica (organica) | o=C/V | 4 | 4 |
C V K |
Capitale Costante Capitale Variabile Cap. Anticipato = Costo di Prod. |
C V=C/o C+V |
80 80/4 = 20 80+20 = 100 |
72 72/4 = 18 72+18 = 90 |
p Pm |
Tasso medio sociale del Profitto Profitto nella media sociale |
p Kxp |
15%
100x15% = 15
|
15%
90x15% = 13,5
|
Pp Pr R P |
Prezzo di Produzione Prezzo di mercato (unico) Sovrapprofitto = Rendita Plusvalore = Profitto totale |
K+Pm Pr Pr-Pp Pm+R |
100+15 = 115
115
115-115 = 0
15+0 = 15
|
90+13,5 = 103,5
115
115-103,5 = 11,5
13,5+11,5 = 25
|
s Pi |
Tasso del Plusvalore Profitto spett. al capitalista |
P/V P-R |
15/20 = 75%
15-0 = 15
|
25/18 = 139%
25-11,5 = 13,5
|
L’acqua a costo zero, fornisce la necessaria forza motrice al Settore B, facendo risparmiare 8 di carbone per cui C scende da 80 a 72. Supposta uguale la Composizione organica nei settori A e B, la minor spesa per carbone in B corrisponde all’economia di salario del fuochista. In formula: 72c + 18v = 90; in cui 18 = 72/4. Nel settore A: 100 di Capitale anticipato + 15 di Profitto (al saggio medio del 15%) = 115, che è sia il Prezzo di produzione sia il Prezzo di mercato. Nel settore B: 90 di Capitale anticipato + 13,5 di Profitto (sempre al saggio medio del 15%) = 103,5, che è il Prezzo di produzione. Ma il Prezzo di mercato è 115, lo stesso del settore A. Se il settore B, con un Capitale anticipato di 90, vende a 115, ha un margine di 25 (115 - 90) di cui 13,5 è Profitto industriale e 11,5 è Rendita differenziale di tipo fondiario. 13,5 di profitto, spettante al capitalista del settore B, uguale al 15% di 90. La differenza tra i Prezzi di produzione dei settori A e B, pari a 115 - 103,5 = 11,5, è Rendita differenziale ed è stata prodotta dal lavoro dei salariati del Settore B. Nelle fabbriche del Settore B, del Plusvalore di 25 se ne considerano 13,5 Plusvalore normale, con un Saggio del 75% (13,5 p / 18 v), e 11,5 Sopralavoro eccezionale, che diviene Sopraprofitto e Rendita, con un Saggio del 64% (11,5p/18v). |
8 – Le persone in campo – Per Marx l’espressione di prezzo
o
valore
della
caduta d’acqua o della terra in generale è “irrazionale”. Solo le
merci, i prodotti del lavoro umano, il capitale in cui si possono trasformare,
hanno valore e prezzo. Quello che si pagherà per la caduta d’acqua non
è che Rendita capitalizzata. Se il saggio dell’Interesse in senso volgare
(non del Profitto in senso marxista) è il 5%, il proprietario chiederà
per la perduta Rendita di 10 la somma 200, per la Rendita di 11,5 la somma
di 215.
Marx non confonde mai tra Capitale “patrimoniale”
e Capitale “spesa”. Nel calcolo del Capitale totale, della parte sia
costante sia variabile, Marx non fa mai conto, ai fini dei saggi del Plusvalore
del Profitto e Tecnico, del valore di patrimonio della caduta d’acqua,
della terra agraria, del fabbricato, dell’officina. Della motrice,
a vapore o idraulica o altro, entrerà in conto solo la quota di logorio
nella
produzione di uno stock di merce prodotta.
Per Marx Capitale investito, anticipato
o
impiegato
nella
produzione è sempre una parte del prodotto, della merce fabbricata
venduta e del famosissimo fatturato dei ragionieri e dei docenti.
IX – Terra matrigna, mercato lenone
1 – Alma parens frugum – La cartiera azionata
ad acqua produce a costo minore, ma vende allo stesso prezzo di quella
a vapore. La differenza, premio sul prezzo di produzione,
è
Rendita
(Prima forma della rendita differenziale).
Da quando la specie umana coltiva la terra per alimentarsi,
gli aspetti fondamentali del problema sono due: 1) l’occupazione della
terra, che fa variare il rapporto tra l’incolta e la coltivata; 2) la
fertilità della terra, variabile per le condizioni naturali e gli effetti
del lavoro umano, ossia la sua attitudine a dare più frutto e a chiedere
meno sforzo.
Ci si chiede: quanta terra è ancora possibile mettere
a coltura? e quale minima fertilità determina il dissodamento degli incolti,
in relazione al commisurare gli sforzi di lavoro e i consumi alimentari?
Ciò da quando col capitalismo tutta la terra disponibile è sfruttata
e la specie ha troppa fame.
Per noi gli uomini si offrono da mangiare col proprio
lavoro. Genitrice di ogni frutto è la Terra, come genitore ne è il Lavoro.
2 – Fertilità naturale – Per Ricardo la Rendita (che è
solo differenziale) è sempre la differenza fra i prodotti ottenuti
con l’impiego di due quantità uguali di Capitale e di
Lavoro.
Marx precisa che questo è vero per il sovraprofitto
in generale; ma, trattando di Rendita fondiaria, va aggiunta la terza condizione:
sulla
stessa quantità di terreno.
Il caso dei Capitali uguali è il più semplice,
ma è raro.
Se si impiegano Capitali ineguali per prodotti ineguali,
sia pure sulla stessa superficie di terra, si fa il confronto del proporzionale
reddito dei vari Capitali. Se il rapporto tra reddito e Capitale (saggio
del Profitto) cresce, c’è Sovraprofitto; e quindi Rendita differenziale.
Per semplicità di esposizione, Marx si limita a
considerare la fertilità “naturale”. Tra gli altri fattori della fertilità,
ossia dell’utilità di esercizio, Marx si ferma un momento sugli effetti
dell’ubicazione per dare uno dei soliti colpetti al sistema capitalistico,
in cui è l’essenziale di tutte le nostre
analisi. Il capitalismo
diminuisce gli effetti dell’ubicazione e sfrutta anche il cucuzzolo delle
montagne per fare soldi, creando nuovi mezzi di trasporto e mercati nuovi;
ma poi ne aumenta gli effetti, perché
separa l’agricoltura dalla
manifattura, costituisce grandi centri,
isola certe regioni.
3 – I quattro terreni – Con Marx limitiamo lo studio alla
sola fertilità naturale di quattro terreni di uguale superficie, con la
stessa lavorazione, con la stessa spesa di salari e materie o logorii;
ma che danno diverse quantità di prodotto da un “terreno peggiore”
a 3 terreni progressivamente “migliori”. Unica difficoltà: le unità
di misura inglesi che andrebbero convertite nel sistema decimale. Il prezzo
del grano è, costante, 2 scellini a chilogrammo.
Sul terreno A, il pessimo, si ricavano 30
Kg. di grano che, venduto al prezzo medio, dà il ricavo lordo di 60 scellini.
Il Capitale investito sui quattro terreni è sempre
di 50 scellini, con un margine di 10. Il normale medio Profitto del capitale
è del 20%; quindi i 10 scellini di guadagno sui 60 di ricavo vanno tutti
al Profitto capitalistico. Non c’è Sovraprofitto: la Rendita per il
proprietario fondiario è zero.
Cap. IX, Par. 3-5
su 4 terreni di diversa fertilità |
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4 – Rizzando la scala – Sul Terreno B con la stessa
estensione e spesa si produce il doppio; per cui restano 60 scellini, prima
Rendita differenziale che il fittavolo pagherà come canone d’affitto
al proprietario.
Sul Terreno C si produce il triplo e restano
120 scellini di Rendita.
Sul Terreno D si produce il quadruplo e restano
180 scellini di Rendita.
La Rendita non viene dal vender caro, non
viene dal mercato e non viene da scarto di prezzi; ma da un Sovraprodotto
che spetta a chi tiene la chiave dei cancelli dei terreni migliori, che
sono così interdetti a Capitale e Lavoro. La Rendita si ha solo se vengono
“portati dentro” i terreni migliori Capitale–Lavoro; ossia denaro
che ha comprato lavoro morto e compra lavoro vivo.
5 – Dati dell’attualità – Risulta che la Rendita di un
terreno sale da 0 a 3/4 del prodotto totale; restando ferme le remunerazioni
dei lavoratori e dell’impresa.
Cap. IX, Par. 5
(anno di impianto, 1939) Tariffe per le Classi di seminativo |
|||||
Classi Castatali |
Reddito dominicale (Rendita) |
Reddito Agrario (Profitto) |
Rapporto | ||
LIRE | INDICI | LIRE | INDICI | ||
1 | 550 | 100,0 | 180 | 100,0 | 3,1 |
2 | 400 | 72,7 | 170 | 94,4 | 2,4 |
3 | 300 | 54,5 | 160 | 88,9 | 1,9 |
4 | 190 | 34,5 | 130 | 72,2 | 1,5 |
5 | 95 | 17,3 | 80 | 44,4 | 1,2 |
Il catasto tassa
le varie qualità di Terreno ad ettaro. In Italia i Terreni agrari sono 28 milioni di ettari. Gli incolti produttivi, i pascoli e i prati permanenti sono 12. Ne restano 15,5 di cui: Seminativi 13,0; altri 2,5. Il reddito imponibile domenicale determina l’imposta dovuta dal proprietario fondiario. Rappresenta la rendita vera e propria. Il reddito imponibile agrario è alla base dell’imposta dovuta dal gestore del terreno. Esprime il profitto industriale. Per la Rendita ed il Profitto sono date le tariffe in assoluto ed in percentuale del 1939. Si rileva dai dati che: 1° - La Rendita è più alta del profitto; di poco, nella 5a Classe; del triplo nella 1a. 2° - Il Profitto varia poco (2,25 volte); la Rendita varia moltissimo (5,79 volte). 3° - Nelle migliori Classi il Profitto scarta poco (+12,5%); la Rendita molto (+83,3%). |
Se varia la produttività organica, varia anche il
Capitale e il Lavoro da apportare: il che si risolve con la Seconda forma.
In un comune italiano ove è presente il terreno
peggiore, ed infatti vi è “latifondo” sotto bonifica e scorporo, si
nota che in genere:
– 1° rilievo: la Rendita è alta assai più del Profitto; di poco
nella 5ª qualità, del triplo nella 1ª. È proprio fesso lo Stato democristiano
coi sottocoda comunisti che espropria dove l’imponibile è basso e si
prende, pagando bene, le Rendite da 95, lasciando godere ai proprietari
quelle da 550 e oltre.
– 2° rilievo: se il Profitto varia del doppio, la Rendita varia
del sestuplo.
– 3° rilievo: nelle prime 3 classi il Profitto scarta poco (risponde
molto alla I forma di Marx) e la Rendita molto.
Da questi dati, tratti dalla pratica, ricaviamo
la Tabella sulla scorta di quattro esempi di poderi della Valle Padana
a coltura più allevamento zootecnico di 50-60 ettari; i cui conti non
sono dati come bilancio patrimoniale, ma come esercizio annuo in cui il
prodotto lordo di 100 dà, nel senso marxista, 33c e 28v (basso grado di
composizione organica a 1,18, con l’industria al tempo di Marx già a
4 e oggi a 8); Capitale totale anticipato 61 (c + v); Profitto capitalistico
15; saggio del Profitto 25% (rapporto tra il Profitto di 15 e il Capitale
speso); margine totale 39 (64%; di cui saggio del Profitto 25% e Sopraprofitto
che diviene Rendita 39%).
Cap. IX, Par. 5
Poderi della Valle Padana di 50-60 ha, a Coltura+Allevamento zootecnico |
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Gradi di Produttività, Saggi e Rapporti
La Composizione Tecnica dell’industria era in media 4 al tempo di Marx e almeno 8 al 1954. |
La Tabella a pag. 34 riassume le classi di seminativi previste dal Catasto Italiano: ai tre casi B-C-D va aggiunto il caso A, non dato perché la tariffa dà rendita a tutti i terreni. Lo ricaviamo aggiungendo al capitale anticipato, costante, di L.32.000 il profitto del 25% che dà L.8.000 con un totale di L.40.000 pari ad una produzione di appena 5 Q.li di grano ad ettaro su un terreno con Rendita 0.
6 – Il gioco è fatto – Il prodotto dell’Italia agraria
sia in danaro di 210.000 con un quantitativo di 26,25 q. di grano così
ripartiti: 7,4 ai contadini; 4 al capitalista; 6,25 al barone fondiario
e 8,6 di capitale costante.
Cap. IX, Par. 6 |
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Terreno | c | v | c + v | p | P = c+v+p | Pr = p–R | R = p–pr | |||||||
Capitale Costante | Capitale variabile | Capitale anticipato | Profitto del Capitale | Prodotto | Profitto, al Capitalista agrario | Rendita, al Proprietario terriero | ||||||||
33% | 28% | 61% | 39% | 100% | 15% | 24% | ||||||||
1 | 2 | 3=1+2 | 4=6+7 | 5=3+4 | 6=4-7 | 7=4-6 | ||||||||
q. | £ | q. | £ | q. | £ | q. | £ | q. | £ | q. | £ | q. | £ | |
A | 2,15 | 17.250 | 1,85 | 14.750 | 4 | 32.000 | 1,00 | 8.000 | 5,00 | 40.000 | 1 | 8.000 | - | - |
B | 2,15 | 17.250 | 1,85 | 14.750 | 4 | 32.000 | 2,50 | 20.000 | 6,50 | 52.000 | 1 | 8.000 | 1,50 | 12.000 |
C | 2,15 | 17.250 | 1,85 | 14.750 | 4 | 32.000 | 3,00 | 24.000 | 7,00 | 56.000 | 1 | 8.000 | 2,00 | 16.000 |
D | 2,15 | 17.250 | 1,85 | 14.750 | 4 | 32.000 | 3,75 | 30.000 | 7,75 | 62.000 | 1 | 8.000 | 2,75 | 22.000 |
tot | 8,60 | 69.000 | 7,40 | 59.000 | 16 | 128.000 | 10,25 | 82.000 | 26,25 | 210.000 | 4 | 32.000 | 6,25 | 50.000 |
Il Quadro è riferito
all’Italia ma, con scarti di lieve entità, vale per qualsiasi paese capitalistico. Nel Quadro parliamo di quintali: vanno bene lo stesso milioni di quintali; quelle che contano sono le percentuali. La classe dei salariati agricoli produce 26,25, ma ne riceve solo 7,4 (il 28%). Il resto (dedotti 8,6 di Capitale Costante) va alla classe dei capitalisti agrari per 4 (il 15%) e alla classe dei proprietari terrieri per 6,25 (il 24%). Per Marx è da spiantare il monopolio fondiario della terra ed il monopolio capitalistico del prodotto. Ai milioni o diecine di milioni o centinaia di milioni (vedi la Cina) di salariati agricoli ai quali va poco più di 1/4 del grano prodotto (o di qualsiasi alimento o materia prima) si oppone una percentuale bassissima di capitalisti agrari e di proprietari terrieri che si appropria del 39% del prodotto. Dati costanti: Capitale anticipato (32.000) e Profitto dell’affittuario (8.000); nonchè il Prezzo di vendita del grano di £ 8.000 al quintale. Il Capitale costante e il Capitale variabile, e quindi il Capitale anticipato, passando dal Terreno A al Terreno D si contraggono relativamente del 35,6%. Il profitto totale, passando dal Terreno A al Terreno D, aumenta di 3,75 volte, dal 20% al 48% del prodotto; la rendita sale da zero al 35% del prodotto. |
Per Ricardo lavoratori e imprenditori lottino per
sopprimere i 6,25 del landlord, per cui la quota degli imprenditori
sale a 10,25 (4 + 6,25) e quella dei braccianti resta a 7,4.
Per un sindacal-socialista, soppressi i 6,25 del
barone
e i 4 del capitalista, saranno disponibili 17,65 (7,35 + 4 + 6,25).
Per l’ufficio agrario del P.C.I. si espropriano
le rendite del latifondo (terreno B, 1,5 su 26,25) che, pagate in
moneta corrente, vanno ad interesse di capitali alla classe imprenditrice
che sale da 4 a 5,5; mentre i borghesi fondiari scendono da 6,25 a 4,75.
I proletari restano a 4.
Per Marx va spiantato il monopolio fondiario della
terra e il monopolio capitalistico del prodotto.
Notiamo che l’affitto dei terreni B è
di 1,5 q. di grano ad ha. (2 per C e 2,75 per D). Al 1954
i redditi d’imprenditore agrario crescono molto più delle Rendite dei
proprietari fondiari. Inoltre le Rendite sono proporzionali alle superficie;
i Profitti unitari no. Ma il prodotto unitario cresce con la dimensione
dell’azienda; per cui il piccolo colono e mezzadro paga Rendite elevate,
intasca poco Profitto e, se è lavoratore, il tempo di lavoro è elevato.
Quanto al valore venale dei 3 terreni, al tasso
del 5% valgono ad ha. 240.000, 320.000 e 440.000; ossia 20 volte la Rendita.
Rispetto a questi valori patrimoniali, il Capitale è solo l’anticipo
annuo dell’impresa agraria; ossia 32.000.
Proprietari e impresari si lamentano del modesto
lucro del 5-6% calcolato sul valore patrimoniale; mentre in realtà sul
Capitale anticipato abbiamo Profitti al 24,6%, Sopraprofitti a Rendita
del 39,3% e Plusvalore al 63,9%.
7 – La macchina si mette in moto – Al 1954 gli operai agricoli
producono 26,25; ma consumano per vivere solo 7,4, ossia il 28%. Se fossero
già “La Specie” invece di 8 ore basterebbe per vivere lavorare solo
2 ore (per la precisione 2,25 ore; ossia 3,55 volte in meno dell’oggi).
Gli uomini oggi sono tanti che ci vogliono 10 misure (o milioni o miliardi
di tonnellate) di grano perché mangino tutti; per cui si sono dovuti dissodare
e coltivare i terreni A (i peggiori), il cui prezzo di produzione
fissa i prezzi di vendita e di acquisto di tutti i terreni (dai peggiori
ai migliori).
Il capitalismo, più dissoda e incivilisce, più
costruisce
LA FAME. Se si abolisse la Rendita il prezzo del grano del terreno
A
(il peggiore) resterebbe 60. Ma in B scenderebbe a 30 perché produce
il doppio; in C a 20 (produzione tripla); in
D a 15 (produzione
quadrupla). Senza Rendita il prezzo di produzione e di consumo scenderebbe
con l’aumento di fertilità del terreno; prezzi che il capitalismo inchioda
alla resa del terreno più fetente.
In assenza di Rendita nessuno vieterebbe ad altri
di coltivare, lavorare e raccogliere. Esistendo terra libera, aumenterebbe
la produzione, non il prezzo; a condizione di trovare terra della stessa
fertilità di quella già dissodata.
Cap. IX, Par. 7
in scellini
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di 1 ara |
misure |
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di 1 misura |
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c+v+ p | c + v | p | A | A+B |
A+B +C |
A+B +C+D | |||
A Pessimo |
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B Mediocre |
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C Buono |
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D Ottimo |
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8 – Storia del dissodamento – In Tabella leggiamo in serie
discendente, ossia in senso storico, e in serie ascendente per l’andamento
dei prezzi. All’inizio alla poca popolazione bastano le 4 misure del
terreno D con 60 di prezzo di produzione (50 di spese + 10 di profitto)
al prezzo di 15 a misura. Passando ai terreni progressivamente peggiori
C,
B
ed A c’è sempre formazione di Rendite differenziali. La stessa
cosa si verifica se si passa dal Terreno
A ai Terreni progressivamente
migliori B, C e D.
Il capitalismo procede verso l’aumento del prezzo
reale del grano, anche se si va verso l’aumento della superficie coltivata
e il miglioramento produttivo per unità di superficie.
Al capitalismo non conviene investire capitali per
aumentare la fertilità del suolo perché è vero che il prodotto cresce,
ma diminuisce il Profitto delle successive anticipazioni; la qual cosa
fa orrore al Capitale.
Cap. IX, Par. 8
il prezzo degli alimenti sale |
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Popolazione | Misure di grano occorrenti | TERRENO | Spese | Plusvalore | Prezzo di Produzione | Premio | Rendita | ||||
D Ottimo |
C Buono |
B Mediocre |
A Pessimo |
1 | 2 | 3 = 1 + 2 | misure | scellini | |||
Scarsa | 4 | 4 | 50 | 10 | 60:4=15 | ||||||
Poco densa | 7 | 4 | 50 | 30 | 80:4=20 | 33% | 2/3 | 20 | |||
3 | 50 | 10 | 60:3=20 | ||||||||
Più densa | 9 | 4 | 50 | 70 | 120:4=30 | 100% | 2 | 60 | |||
3 | 50 | 40 | 90:3=30 | 50% | 1 | 30 | |||||
2 | 50 | 10 | 60:2=30 | ||||||||
Molto densa | 10 | 4 | 50 | 190 | 240:4=60 | 300% | 3 | 180 | |||
3 | 50 | 130 | 180:3=60 | 200% | 2 | 120 | |||||
2 | 50 | 70 | 120:2=60 | 100% | 1 | 60 | |||||
1 | 50 | 10 | 60:1=60 |
9 – La legge della fame – Nell’agricoltura il valore di
mercato del prodotto è sempre maggiore del prezzo di produzione. Nell’industria
il prodotto sociale ha in teoria il prezzo di mercato uguale al prezzo
di produzione, ossia al valore calcolato in tempo-lavoro. Nella Tabella,
basata sugli scarti di fertilità, si vede che il prezzo di mercato delle
derrate supera il prezzo di produzione del 31%.
È fondamentale questa legge inesorabile: il capitalismo
è uguale a caro-pane.
Cap. IX, Par. 9 |
||||||
TERRENO | Grano Prodotto | Prezzo di Produzione in £. | Prezzo di Vendita in £. | |||
quintali ad ettaro | a quintale | totale | a quintale | totale | ||
A | Pessimo | 5,00 | 8.000 | 40.000 | 8.000 | 40.000 |
B | Mediocre | 6,50 | 6.154 | 40.000 | 8.000 | 52.000 |
C | Buono | 7,00 | 5.714 | 40.000 | 8.000 | 56.000 |
D | Ottimo | 7,75 | 5.161 | 40.000 | 8.000 | 62.000 |
TOTALE | 26,25 | 6.095 | 160.000 | 8.000 | 210.000 | |
Il Prezzo di produzione medio del grano a quintale è 160.000: 26,25 = 6.095. Il Prezzo di vendita risulta più caro del 31% sul Prezzo di Produzione: 210.000 su 160.000; o 8.000 su 6.095. |
10 – Il cancro mercantile – Il valore sociale di un
prodotto è il lavoro che esso costa alla società, diviso per la massa
ottenuta, calcolata in tempo medio di lavoro sociale; purché nessuna sua
parte divenga forma–merce o forma–capitale; nel qual caso si tratta
di un valore sociale falso.
È proprio la legge del valore mercantile, del pareggio
tra valori di scambio equivalenti per uguali valori di uso a imporre che
ogni misura di grano si venda a 60 sui quattro terreni, poco importa se
prodotta a 60, a 30, a 20 e a 15, e ad impedire quindi che ogni misura
di grano si venda in media a 24. Da notare che Marx non si scaglia tanto
contro i 10 di normale Plusvalore del Capitale, quanto contro i 36 in media
dei Sopraprofitti–Rendite.
Tutte le pretese libere e volontarie scelte dei
milioni di atti di mercato su cui si vuole fondare l’economia borghese
conducono solo alla regolamentazione di una società che anche come complesso
è incosciente e impotente. «Se si abolisce il capitalismo e la
società non è più che un’associazione cosciente e metodica,
non si pagherebbe un prodotto agricolo due volte e mezza il tempo di
lavoro che vi si trova contenuto: la classe dei proprietari fondiari
non avrebbe più ragione d’essere; mentre, conservando il capitalismo
e facendo versare ogni Rendita differenziale allo Stato, il prezzo dei
prodotti agricoli non cambierebbe» (Marx).
11 – Non si costruisce socialismo: si demolisce mercantilismo
– Il capitalismo realizza il valore sociale e non individuale
delle
merci, in modo falso se esso risulta da atti economici personali;
come versare un salario in moneta per il tempo di lavoro erogato. Lo sforzo
medio sociale si esprime solo coi dati reali della produzione fatta non
per il mercato (ossia non incosciente ed involontaria); perché
i valori determinati per il mercato e con la legge del mercato non superano
l’incoscienza, l’anarchia e l’impotenza dell’organizzazione sociale.
Si passerà alla “associazione” comunista solo quando il paragone mercantile
non sarà più il metro di tutti gli atti economici.
La teoria marxista sulla Rendita contiene la critica
essenziale del capitalismo. Le più mostruose dilapidazioni, dovute al
divario tra i prezzi di mercato e i valori nella produzione, non
spariranno eliminando i beneficiari, ma sorgeranno fino a quando
l’inizio
degli atti produttivi e i calcoli di essi si baseranno sui fatti della
sfera della circolazione delle merci, con l’applicazione della
legge
del valore.
X – Terra vergine, capitale satiro
1 – La prima forma – Aumentando la popolazione, se la terra
non è limitata, ossia monopolizzata, si occupa altro terreno per ottenere
più frutto; fenomeno che Marx esamina in ambito capitalistico, ossia nell’ipotesi
che il lavoratore non dispone né individualmente né collettivamente del
prodotto, ma ne riceve un tanto dall’”azienda agraria” erogando un
certo tempo di lavoro.
Con la 1ª forma la società capitalistica estende
la coltivazione a nuovi terreni. Esaurita questa possibilità, si dovrà
far produrre di più la terra già coltivata; e si passa così alla 2ª
forma.
Nella 1ª forma, con lo scambio mercantile secondo
la legge degli equivalenti, con la produzione agraria capitalistica di
imprenditori o fittavoli e di contadini solo salariati, con tutta la terra
di proprietà privata, con i terreni di fertilità diversa si genera la
rendita differenziale passando dal pessimo terreno
A ai migliori
B,
C
e D.
2 – La legge differenziale – Quale è la relazione tra la
causa
“differente
Fertilità” che genera l’effetto della “differente Rendita”?
Il Quadro I di Marx (qui a Pag. 30) mostra che i
quattro Terreni A, B, C e D danno i Prodotti-Fertilità
1, 2, 3 e 4 e le Rendite 0, 60, 120 e 180.
Col ragionamento proporzionale (sbagliato) se la
Fertilità da B a C passa da 2 a 3, cioè è aumentata del
50%, anche la Rendita 60 di B aumenterebbe del 50%, dando per C
la Rendita di 90 (60 + 30). Questo errore sminuisce la progressione reale
della Rendita, che non cresce in proporzione alla Fertilità ma molto di
più.
La regola che lega i Prodotti-Fertilità alle Rendite
è invece differenziale. Col ragionamento differenziale se la Fertilità
1 del Terreno A passa a 2 sul Terreno B e a 3 sul Terreno
C,
le Rendite passano da 0 a 60 e a 120, perché ad ogni scatto di Fertilità
corrispondono 60 di Rendita; ossia la
differenza
tra due Rendite
sta in ragione della differenza tra due Fertilità. Questa la legge
di Marx: il differenziale della Rendita è uguale ad una costante moltiplicata
per il differenziale della Fertilità.
Su tale base a Marx riesce possibile passare alla
2ª forma in cui il Capitale e il prezzo di produzione regolatore variano,
mentre erano costanti nella 1ª forma; e dare le leggi della forma economica
capitalistica, agraria e no, contemporanea a lui e futura. Smaschera
la soubrette concorrenza e dà l’esauriente teoria del tiranno
monopolio;
toglie parola ed impiego ad ogni buffonesco
correttore, dalla nascita
del capitalismo all’avvento del comunismo.
Le cifre assolute (proporzionali) conducono
i cercatori del vero nelle alte sfere della coscienza e dello spirito,
sede sola ed immarcescibile degli assoluti valori; mentre noi crediamo
solo ai differenziali e di essi solo facciamo scienza. Essi ci conducono
a constatare le fottiture della realtà. Rifacendoci alla Tabella a pag.
34, se fosse proporzionale alla fertilità, la Rendita da
C a D
passerebbe a L. 17.700 (16.000 x 7,75: 7). Con i differenziali invece:
la differenza di Fertilità tra D ed A è 2,75 (7,75 –
5), che, a L. 8.000 a q., dà per D la Rendita di L.22.000, superiore
di ben L. 4.300 per anno e ad ettaro per il fondiario.
3 – Ma la “sfiziosa” politica? – Marx dice che «tutto
quello che si può dire della piccola proprietà terriera si applica in
fin dei conti alla proprietà privata, barriera insormontabile dell’agricoltura
che si sviluppa sotto diverse forme. A forza di discutere queste mille
forme voi dimenticate il male in sé stesso!» (il male della proprietà).
Per Lenin «il grande difetto» (più precisamente:
la grande boiata) «di tutta la stampa socialista a proposito della questione
del programma agrario sta nel fatto che le considerazioni
pratiche
e
politiche
hanno
il sopravvento su quelle teoriche
ed
economiche».
Per correggere il grave difetto-boiata «è necessario
analizzare il lato teorico del problema» (Lenin), fregandosene di «ogni
considerazione politica» (Marx).
4 – La seconda forma – Si sottolinea il carattere storico
del passaggio dalla forma 1ª alla forma 2ª della Rendita differenziale
e la maggiore complicazione che scaturisce dalla 2ª. Se il Capitale raddoppia,
il prodotto può essere uguale, minore o maggiore del doppio, a seconda
della variazione di produttività. Il prezzo di produzione può essere
costante, decrescente e crescente. Per ciascuno dei tre casi vi sono tre
varianti dovute agli investimenti di capitali per il variare della produttività.
Si suppone anche un terreno meno produttivo del pessimo A.
La tesi di Marx è che con lo sviluppo del capitalismo
e con l’investimento di più Capitale nella terra, la Rendita tende ad
aumentare, sia nella massa totale sia nella media per unità di superficie,
spesso con un rapporto maggiore di quello del Capitale (e del suo Profitto),
raramente con un ritmo minore di esso.
5 – Fecondità pelosa – Si investono 50 scellini di Capitale
(vedi Tabella a pag. 30) sui Terreni A, B, C e D,
ossia 200 scellini, con un Profitto di 40 e un Sopraprofitto-Rendita estorto
al lavoro di 360 scellini (che ha aumentato del 150% il prezzo del pane
rispetto ai manufatti). Questo stesso Sovraprofitto sorgerebbe, per esempio,
sul solo terreno D ove, oltre ai primi 50 scellini, se ne investissero
successivamente 50, 50 e 50 e ricavandone 4+3+2+1 = 10 misure con produttività
decrescente. Infine, al prezzo di 60 scellini, il prodotto tornerebbe di
600.
La teoria borghese del Capitale considera l’investimento
un “immobilizzo” nella terra-patrimonio; mentre per il marxismo il
Capitale impiegato nella produzione agraria è la spesa annua per
lavoro, materie prime e solo logorio degli impianti fissi. Il miglioramento,
che non consiste solo in più intensa spesa di esercizio, ma in opere che
restano
sul
fondo, deve essere addebitato al proprietario. Se è a carico del fittavolo,
egli deve inserire l’importo più gli interessi nella massa dei sopraprofitti
differenziali crescenti.
Nel pieno sviluppo della forma 2ª, che attira sulla
stessa terra sociale maggiori parti del capitale sociale,
per esaltare il prodotto, entra in gioco la ripartizione tra piccoli, medi
e grandi imprenditori. Anche nella manifattura il volume dell’impresa
è elemento di variazione del saggio del profitto: quello medio di tutti
i capitali risponde ad un certo “minimum di affari” con un “minimum
di capitale”. «Tutto ciò che sorpassa questo minimo può dare un Profitto
speciale: tutto ciò che gli è inferiore non arriva al saggio medio di
profitto» (teorema di Marx che riflette tutto il quadro economico capitalistico).
Per tali motivi Marx ribadisce che «il modo capitalistico di produzione
accaparra lentamente l’agricoltura».
Il proprietario minimo lavora sottoprofitto e sana
la differenza con ore sgobbate in più. Ciò fa sì che «il vero capitalista
agrario è in grado di appropriarsi parte del Sopraprofitto: ciò non sarebbe
se il modo capitalistico di produzione fosse parimenti sviluppato nell’agricoltura
e nella manifattura» (Marx). Questo non solo è impossibile al capitalismo,
ma l’esasperazione della produzione industriale verso i suoi limiti e
la concentrazione degli accumulati capitali scatena il Sopraprofitto in
tutti i campi dell’economia, a dispetto dell’abbassamento del saggio
medio di profitto.
6 – Le famose unità – Engels rielabora i 14 specchi (da
XI a XXIV) di Marx che confermano la teoria originale. Adotta l’unità
di volume i “boisseaux” e di superficie l’“arpant”
e diminuisce gli scarti di produttività. Fissa 10 - 12 - 14 - 16 - 18
unità di prodotto al prezzo in partenza di 6 scellini. L’unità, corrispondente
a 4,5 litri, cioè di 3,7 kg. di grano, vale 203,5 lire 1954, cioè lire
5.500 a q.
La Tabella Base della 2ª forma, la XI di Marx,
comprende ora cinque terreni:
A - B - C - D
- E. Il Capitale impiegato in ognuno è 50 scellini, il Profitto
10 (al 20%) con il prezzo di produzione di 60 scellini. Sul terreno A
non resta Sopraprofitto o Rendita, sugli altri terreni il grano prodotto
da 10 sale a 12 - 14 - 16 - 18 boisseaux e da 60 a 72 - 84 - 96
- 108 scellini. La Rendita da 0 a 12 - 24 - 36 - 48 scellini. Il Capitale
totale è 250, il Profitto 50; il prezzo di produzione 300. Il prodotto
è 70 boisseaux per 420 scellini (70 x 6). La Rendita è 120 scellini.
Cap. X, Par. 6
TABELLA BASE |
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Prodotto in bossoli | produ- zione |
anticipato |
lore |
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Tabella base, con
prezzo di produzione regolatore di 6 scellini (60: 10).
La spesa di produzione è 300 (250 + 50). La Rendita media è 24 s. (120: 5) |
Ora il problema è questo: se il Capitale industriale
si rovescia in maggiore misura nell’impresa agraria, comprimerà esso
la Rendita? Riuscirà ad inghiottire il Sopraprofitto?
Marx suppone raddoppiato il Capitale investito su
tutti o alcuni terreni.
– 1° Caso – Il prezzo di vendita è costante, cioè non varia
la produttività (prodotto/capitale investito) del terreno peggiore.
– – 1ª Variante: la produttività è costante anche sui terreni
non peggiori. Tutto raddoppia; anche la Rendita. Il prezzo di produzione
regolatore è sempre lo stesso. La rendita non diminuisce se il terreno
A
è escluso dal nuovo investimento.
– – 2ª Variante: la produttività decresce. Se cala in proporzione
ai 2/3 il terreno B va da 12 a 20 (e non a 24) e la sua Rendita
scende a 0 (la totale è sempre 120); e così via. Il terreno
B
darà Rendita solo se la produttività decrescere meno, poniamo ai 3/4).
Con lo stesso Capitale la rendita sale a 150.
– – 3ª Variante: la produttività aumenta. Il terreno B
rende i 5/4, cioè 27. Il Capitale sale da 250 a 450; per cui la Rendita
cresce da 120 a 330.
Se il prezzo del grano non cambia, l’apporto di
Capitale sulla terra per aumentarne la produzione non intacca mai la Rendita
anche se la produttività è decrescente; nei casi di costanza o crescita
si esalta parecchio.
Prima dell’invasione di Capitale sulla terra la
Rendita media era 24. Nella 1ª variante è andata a 48; nella 2ª fra
24 e 30; nella 3ª a 66. Mai il proprietario fondiario rincula per l’arrivo
dei capitalisti.
Cap. X, Par. 6
1° caso: Prezzo di Produzione Costante |
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dotto (bossoli) |
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Produ- zione |
pato |
valore |
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1a - Raddoppia il Capitale su tutti i terreni. Il prezzo base è 6 s. La Rendita media è 48 s. (240/5); la totale è raddoppiata rispetto alla Tabella Base. |
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1a - Raddoppia il Capitale ma non sul terreno A. Il prezzo base resta la stesso se il terreno A viene escluso dal nuovo investimento. Questa Variante non è su "Il Capitale" curato da Engels. |
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2a - Produttività del capitale decrescente di 2/3. Esempio per B: 20 s. = 12+12x2/3. Anche la Rendita del Terreno B è zero. La Rendita media è 24 s.= (120/5); la totale invariata. |
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2a - Produttività decrescente di 3/4. La produttività decresce meno della Variante precedente. Il terreno B torna a dare rendita. La Rendita media è 30 s. = (150/5); la totale aumenta del 25%. |
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3a - Produttività crescente di 5/4. Esempio per il ter- reno B: 27 s. = 12 +12x5/4. Il prezzo base resta 6 s. La rendita media è 66 s. = (330/5); la totale è aumentata di 2,27 volte. Il Capitale dell’80%. |
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7 – Pane a miglior mercato? – Nella manifattura la merce
meno cara scaccia le altre. Nell’agricoltura i nuovi investimenti non
fanno scemare né il prezzo di produzione regolatore, né la Rendita.
Col capitalismo la generale produttività del lavoro
aumenta, ma nel settore agricolo provoca la fame, perché i suoi vantaggi
vanno a Rendita.
– Nel 2° caso della 2ª forma il prezzo di produzione si suppone
decrescere, escludendo dalla coltura il Terreno A, pessimo, che
lo tiene alto, e si raddoppia il Capitale di B - C - D
- E.
Cap. X, Par. 7
2° caso: Prezzo di Produzione decrescente |
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1a - Produttività costante.Il Terreno A non può essere più coltivato. Il Prezzo a bossolo è 5 s. (120/24). La Rendita media è 30 s. (120/4); la totale è invariata. |
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2a - Produttività decrescente di 3/4. Il Terreno A resta incolto. Il Prezzo base è 5,7 s. (120/21). La Rendita media è 30 s. (120/4); la totale è invariata. |
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3a - Produttività crescente al 150%. Sul Terreno A sale a 10+10x150%, e così via. Il Prezzo base è 4,8 s. (120/5). La Rendita media è 48 s. (240/5); la totale raddoppia. |
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La produttività può restare la stessa, scemare
o salire.
– – 1ª Variante: la produttività è la stessa. Il prodotto sarà
di 24 – 28 – 32 – 36 bossoli. Il Terreno B, divenuto pessimo,
regola il prezzo: la spesa sarà 120 scellini; i bossoli 24. Il prezzo
unitario scende da 6 a 5 (120: 24). I bossoli prodotti sono ora 120. Danno
600 scellini (120 x 5). La spesa è 480, somma di (4 x 100) + (4 x 20);
la Rendita globale 120 scellini (600 – 480).
– – 2ª Variante: la produttività decresce ai 3/4 del primo. Il
terreno B dà rendita 0, la spesa di 120 scellini deve dare 21 =
12 + 9 (i 3/4 di 12) bossoli al costo unitario di 5,7 (120:21), inferiore
a 6. Il totale di 105 bossoli vale 600 scellini; la spesa è 480; la Rendita
è 120.
– – 3ª Variante: la produttività aumenta di 1,5. Il prezzo è
solo 4,8 ma la Rendita raddoppia a 240 scellini.
– 3° caso – Grandi capitali sono investiti in agricoltura; ma la
popolazione è aumentata di più per cui il prezzo del grano è cresciuto
da 6 a 8 scellini.
Prima Modalità: il terreno A resta il peggiore.
La produttività sia costante: la Rendita sale come prevedibile a 240 scellini.
Se la produttività decresce dimezzandosi il prezzo
del grano cresce da a 8 scellini e la Rendita totale a 240. Se la produttività
cresce, il che implica una produttività decrescente del primo investimento,
il prezzo aumenta da a 6,9 e la Rendita sale a 240.
Gli stessi casi sono poi discussi in una Seconda
Modalità, introducendo prima del terreno A un terreno a (piccolo),
ancora meno fertile e che regola il prezzo: se la produttività è costante
il prezzo base è 7,5 e la Rendita è 450; se la produttività cala il
prezzo base è 8 e la Rendita 380; se la produttività cresce il prezzo
aumenta a 7,5 e la Rendita a 581.
Studiati i 13 casi possibili, si vede che la Rendita
col raddoppio del Capitale non ha mai declinato. In 5 casi la Rendita è
raddoppiata; in 4 è andata al di là del doppio; in 1 è salita meno del
doppio; in 3, in cui il terreno A è eliminato, resta ferma a 120,
ma essendo così i terreni 4 e non 5 la Rendita per unità di superficie
sale da 24 a 30.
Notasi che in tutti i casi è sempre rispettata
(come nella 1ª forma) la legge generale della Rendita differenziale: la
Differenza del Prodotto x il suo Prezzo unitario = la Differenza della
Rendita.
Cap. X, Par. 7
3° caso: Prezzo di Produzione crescente |
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C+V+P |
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Pi+R |
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dotto |
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tale antici- pato |
lore |
fitto |
dita |
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1a Modalità: A Terreno peggiore
1a - Produttività costante. I Prodotti sono qui difformi da quelli di Engels. La Rendita media è 48 s. (240/5). |
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1a Modalità
2a - Produttività decrescente alla metà. La Rendita media è 48 s. (120/15); la totale è raddoppiata. |
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1a Modalità
3a - Produttività crescente La Rendita media è 48 s. (240/5); la totale raddoppiata. |
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2a Modalità: si coltiva ’a’, terreno
peggiore di A.
1a - Produttività costante. La Rendita media è 75 s. (450/6); la totale è aumentata di 3,75 volte. |
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2a Modalità
2a - Produttività decrescente. La Rendita media è 63 s. (380/6); la totale è aumentata di 3,17 volte. |
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2a Modalità
3a - Produttività crescente. La Rendita media è 116,67 s. (701,25/6); la totale aumenta di 4,84 volte. |
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120 |
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20 |
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168,75 |
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68,75 |
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48,75 | |
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202,5 |
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102,5 |
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82,5 | |
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236,25 |
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136,25 |
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116,25 | |
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270 |
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170 |
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150 | |
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303,75 |
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203,75 |
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183,75 | |
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1301,25 |
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701,25 |
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581,25 |
8 – Punto di arrivo – Il dissodamento delle pampas, delle
steppe, delle terre vergini degli sterminati continenti extraeuropei, come
la potenza formidabile raggiunta dai mezzi di trasporto spiegano la virulenza
della classe dei proprietari terrieri come, nello stesso tempo, lo spegnersi
di questa vitalità. Ma così la grande proprietà fondiaria in Europa
«e la piccola per sopramercato» vanno in rovina. Il prezzo del grano
importato frena, se non riduce, quello europeo e scatena la lotta per i
dazi degli agrari europei.
Le formidabili rivoluzioni capitalistiche russa,
cinese e indiana ristabiliscono la direttiva della fame. La composizione
demografica delle classi agrarie non è importante; lo è la legge della
differenzialità delle rendite e del crescere del prezzo generale nella
società internazionale, che si avvia a essere tessuta in un solo mercantilismo.
La Russia vuole esportare manufatti; per cui ha visto crollare le sue esportazioni
di grano. La popolazione mondiale cresce spaventosamente e le derrate agricole
si producono a prezzi sempre più duri.
La fine della tragedia della rendita differenziale
e della fame integrale non ha il suo sbocco nella nazionalizzazione delle
terre o delle rendite. Il proprietario borghese della sterminata terra
russa irrorata di capitale, il signore della rendita differenziale globale
è lo Stato capitalistico russo. Ancora dieci anni di progresso tecnico,
e cercherà dove comprare grano.
Lo sbocco di tutto ciò è nella rivoluzione internazionale
e nella distruzione di ogni meccanismo di compravendita individuale, aziendale
o statale.
Per non essere vano il colpo di ariete dovrà battere
contro gli U.S.A.
XI – Mai la merce sfamerà l’uomo
1 – Tendenti al mercantilismo – La teoria della questione
agraria e della rendita fondiaria mira a dar luce alle questioni basali,
centrali, essenziali della teoria comunista, identica col programma sociale
comunista. Ad essa si riduce tutta la resistenza contro le degenerazioni
dal marxismo, che premono da tutti i lati.
La dottrina della rendita conduce direttamente alla
condanna del mercantilismo, della distribuzione secondo scambi
di equivalenti, che sola lascia afferrare che la vera e sola istanza
è la rivendicazione una ed unitaria della rivoluzione comunista e del
suo partito di classe. Essa è indispensabile per condannare senza attenuanti
i postulati dell’utopia di eliminare la miseria sociale con una purificazione
dell’equazione
di scambio, espellendo da questa lo “sfruttamento” con l’azzeramento
del plusvalore; eliminando la frode dal rapporto lavoro-merce/lavoro-moneta;
lasciando vivere le forme su cui gravita la condanna del lavoro: forma-merce,
forma-moneta; quindi forma-salario.
Abbattere capitalismo significa abbattere mercantilismo.
La geniale ricerca marxista sulla rendita agraria
rende chiari i fendenti ai fantasmi dell’equilibrio e della proporzionalità
mercantile; ma rende incontrovertibile il caposaldo che la struttura essenziale
irrevisionabile del marxismo esiste integra e conforme dal 1847 alla morte
di Marx.
2 – Ossature maestre – Non si colpisce il sistema della proprietà
sul Capitale (e della proprietà sulla terra) se non si colpisce il principio
della proprietà sul prodotto.
Quando mi abbiate provato che in una società la
terra sia res nullius (cosa di nessuno) e il capitale industriale
res
nullius non mi avete affatto provato che è società
socialista.
Dovete prima rispondere come si attribuisce, si appropria, si distribuisce,
si fa circolare il prodotto del lavoro e soprattutto contro chi
si scambia la forza-lavoro.
3 – Giovanili certezze – La critica di Marx alla proudhoniana
teoria della rendita fondiaria anticipa identicamente le costruzioni posteriori
da noi ampiamente sviluppate.
La teoria della rendita che consente di stabilire
la formazione del prezzo di mercato del grano (delle sussistenze alimentari)
permette la dimostrazione che col grandeggiare della produzione capitalistica
non si arriva ad alimentare la specie umana, per alto che divenga il livello
delle forze produttive. Ne deriva la previsione del crollo del capitalismo.
4 – La migliore fabbrica e il peggior terreno – C’è una
netta antitesi, nel modo di formazione del prezzo delle merci, tra i manufatti
industriali e le derrate agrarie.
Il modo capitalistico di ottenere i manufatti ne
riduce di continuo il costo, il prezzo, il valore, il tempo di produzione
tramite la cooperazione in grandi complessi di lavoratori nella manifattura,
la divisione tecnica del lavoro nell’azienda e la divisione professionale
del lavoro nella società.
Questo grandioso aumento della produttività del
lavoro, a cui ha corrisposto la separazione del lavoratore libero dalle
sue condizioni di lavoro e la sua trasformazione in proletario, ha avuto
una conseguenza sociale positiva. Il tempo di lavoro dei manufatti si è
ridotto molto e il tenore di vita dell’operaio storicamente è migliorato,
quanto a bisogni soddisfacibili con merci manifatturate, grazie anche ad
una certa riduzione delle medie ore di lavoro.
Così ha trionfato la legge degli equivalenti; anche
se grazie ad essa altri produttori liberi sono dovuti cadere nella schiavitù
del salario.
Nell’industria il prezzo che s’impone è quello
più basso della fabbrica migliore.
Ma il capitalismo non può presentarsi come alfiere
del maggiorato benessere perché ciò non avviene – e tanto meno con
ritmo di sviluppo teoricamente illimitato – nell’agricoltura per la
produzione dell’alimento base, in cui il prezzo di mercato si regola
su quello della peggiore azienda produttiva, su cui Ricardo fon-dò la
dottrina della rendita differenziale. Ricardo si batté per un basso prezzo
delle derrate nell’interesse dell’industria, in cui verrebbe a ridursi
la spesa per i salari.
5 – C’est la faute au foncier – Per Ricardo
la legge del peggior terreno (il grano sempre più caro) è dovuta alla
rendita fondiaria e non al capitalismo; per cui è per la nazionalizzazione
della terra. Ma non cambia nulla sostituire lo Stato al proprietario terriero;
anche nel caso di un canone fisso per unità di superficie, perché il
Sopraprofitto andrebbe ai capitalisti fittavoli e il prezzo del grano non
calerebbe.
Per Marx la Rendita è la manifestazione di classe
del
fenomeno, ma non ne è la causa. Nell’industria la richiesta dipende
dal prezzo; nell’agricoltura dal numero delle bocche da sfamare. La chiave
del problema (la causa) è nella natura del bisogno umano, nel carattere
dei “valori d’uso” che sono o naturali o artificiali. Il capitalismo
è l’epoca della soddisfazione dei bisogni artificiali e dell’insoddisfazione
dei naturali. Per i primi non vi sono limiti alle quantità offerte: basta
mettere in funzione nuove fabbriche. Per i generi alimentari di prima necessità,
data la limitatezza della terra, tutti saranno ridotti a pagare lo stesso;
ossia la massima quota.
Sarà compito ulteriore vedere come il mondo capitalista
corre in vari settori verso la saturazione dei campi di produzione
cui attingere e verso le rendite di monopolio e la “fame di tutto”.
6 – La legge differenziale vige – Vige proprio la legge che
il prezzo del grano è fissato dal terreno peggiore visto che con le moderne
risorse tecniche avremmo anche il pane a buon mercato?
Nel feudalesimo si attuava un certo compenso tra
la produzione rurale di alimenti e quella urbana di merci. La popolazione
urbana ridotta incideva poco in derrate; la rurale più numerosa si nutriva
dei suoi prodotti e usava poche merci manufatte che per lo più produceva
nell’ambito familiare.
L’avvento delle nuove forme produttive allargò
i bisogni e il ritmo della vita, ai quali corrispose il rincaro reale dei
generi di consumo popolare.
La storia economica dell’Italia unita all’inizio
è una storia di lotte delle classi misere contro il crescere del costo
della vita rispetto ad un recente passato. In seguito gli indici dei consumi,
anche in regioni arretrate, sarebbero in genere saliti, malgrado crisi
e guerre. È il caso di passare alla verifica contemporanea della legge
del “terreno peggiore”.
Giusto Ricardo la Rendita sorge da un Sopraprofitto
in terreni condotti da un’impresa capitalistica con lavoratori salariati.
Il premio del terreno più fertile è una differenza (Sopraprofitto) che
si converte in canone di affitto più caro, in Rendita versata al proprietario
fondiario.
Per Marx ciò accade perché il grano dei due terreni
è assorbito dal mercato al prezzo di produzione
(che compensa salari,
capitale costante, profitto normale) del grano del terreno peggiore. In
un terreno migliore, allo stesso prezzo di produzione corrisponde un prodotto
accresciuto: questa la Rendita differenziale. Su questo criterio sono basati
tutti i nostri quadri.
7 – Un poco di scalette – Abbiamo posto l’ipotesi che
in tutti i terreni il prezzo è dato dal terreno peggiore; come che la
Rendita segue la legge differenziale, per cui gli “scatti” di
Rendita sono proporzionali a quelli dei prodotti. Con la forma 1ª ciò
è vero fra terreni diversi. Con la forma 2ª ciò avviene se sullo stesso
terreno, per potenziarlo, si investe più lavoro e più capitale. Se nell’economia
agraria effettiva tutto ciò è vero, vuol dire che l’ipotesi è giusta.
Facciamo la verifica ricorrendo alle tariffe del Catasto agrario italiano
1939. A tal fine è sufficiente una certa collimazione tra il dato teorico
e il pratico.
Per una serie di terreni abbiamo i dati delle Rendite
e dei Profitti. Ma a noi occorre la cifra di valore del prodotto. Il fittavolo
incassa il prezzo di mercato e paga la Rendita al padrone. Detrae le spese
dell’anno. Resta il Profitto d’impresa, che il fisco presume nel suo
reddito
agrario. In media questo Profitto è una quota del Capitale investito:
il 20%. Se la Tabella mi dà 1.000 di reddito, il Capitale investito è
5.000, che al 20% hanno dato i 1.000 di reddito. Il prodotto venduto ha
reso 4.000 di rendita + 5.000 di spese + 1.000 di profitto = 10.000. Il
fittavolo ha ricavato, dopo avere pagato 4.000 di Rendita, 6.000 (ossia
6 volte il reddito).
Mettendo a fianco in una scaletta le rendite
catastali
con i prodotti si rileva come ci sia corrispondenza nel salire e
scendere scalini di entrambe; come tra uno scalino forte dell’una ne
corrisponde uno dell’altra e viceversa.
8 – I numeri, questi furbacchioni – Il riscontro riguarda
5 classi di Agrumeto e 4 di Seminativo irriguo. Il Capitale è 5 volte
il reddito (20% di saggio del plusvalore) e il prezzo di produzione, Capitale
più Plusvalore, 6 volte. C’è concordanza di andamento tra gli scatti
delle
Rendite e dei Prodotti. Risulta verificata la legge della Rendita differenziale,
mentre con il sistema proporzionale vengono fuori Rendite false, tutte
più basse di quelle effettive.
I due esempi su dati economici correnti dimostrano
sia la persistenza del gettito delle Rendite agrarie in condizioni diverse,
sia la sua esaltazione quando anche l’impresa dell’affitto è più
produttiva (a riprova della legge differenziale dell’ascesa dei gettiti
del proprietario come dell’industriale agricolo). Tutto ciò conferma
la causa (mancando la quale la legge differenziale non sarebbe più possibile)
del prezzo alto delle derrate agricole pagate nelle più sfavorevoli
condizioni. Tale onere del consumo alimentare rispetto ai beni industriali
grava soprattutto sui bilanci più poveri nei quali l’aliquota alimentare
è più alta, mentre nei bilanci elevati è più alta l’aliquota di merci
e prodotti non derivati dalla terra.
Cap. XI, Par. 8
Confronto tra le Rendite differenziali di 5 Agrumeti e quelle proporzionali, false, che sono tutte più basse |
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si |
nicali |
fitto "Red- |
Profitto |
Prodotto |
|
errate propor- zionali (tutte più basse) |
% |
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dotti |
dite |
||||||
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2.243 =1.950
x 3.900 / 3.390
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2.934 =1.950
x 5100 / 3.390
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3.785 =1.950
x 6.580 / 3.390
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4.544 =1.950
x 7.900 / 3.390
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296 =240
x
1.480 / 3.390
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399 =240
x 1.995 / 3.390
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473 =240
x 2.365 / 3.390
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9 – Riprendendo l’agenda – Abbiamo mostrato la piena applicabilità
della teoria marxista della rendita alla moderna produzione agraria come
corollario sia della 1ª sia della 2ª forma della Rendita differenziale.
A questo punto Marx svolge altri confronti sull’effetto
delle successive collocazioni di Capitale sul Terreno B, stante
il Terreno
A che produce meno e determina il prezzo di regolazione
del mercato. Con Capitale uguale speso in A e in B, il maggiore
prodotto di B è Rendita.
È bene insistere sul concetto e sulla definizione
dei vari prezzi per rispondere alla domanda: quanti nuovi apporti di capitale
il Terreno B può attirare, anche se per ogni nuovo apporto lo scatto
di prodotto in più è minore? Ma il prezzo individuale
di produzione
è sempre più basso di quello generale
di mercato; e dunque
vi è tuttora rendita.
Il proprietario può consentire sul terreno molti
investimenti di Capitale e, anche se fosse vera sempre la regola della
decrescente produttività di investimenti successivi, la Rendita non sparisce
mai.
Se il fenomeno è di origine mercantile e vige la
norma ferrea di ugual prezzo a merce uguale, la maggiore richiesta di alimenti
fa salire il loro prezzo (mentre scendono per i manufatti industriali)
se per nutrire la popolazione si deve aumentare il prodotto sui terreni
in esercizio.
La colpa di tutto ciò è dovuta al mercato,
non alla proprietà.
Cap. XI, Par. 9
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di Produ- zione |
di costo unitar. |
tale Antici- pato |
di Produ- zione |
Vendita |
mercato |
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A è il terreno
peggiore; B.1 raddoppia la fertilità; B.2 raddoppia anche il Capitale.
Prezzo di produzione: A e B.1: Sterline 2,5 + 0,5 (20% di profitto di Capitale) = 3;.; B.2: 5 + 1 = 6. Non vi sono Terreni peggiori di A; per cui il prezzo di produzione di A è il "prezzo regolatore" del mercato, il "prezzo generale". Aumento di fertilità si ha per migliore qualità (le 2 misure del Terreno B.1 e della tabella pag. 30; una sterlina = 20 scellini) sia per più investimento di spese (il doppio; ossia a 6 sterline) in B.2. Capitale Anticipato B.2: Sterline 3 X 2 = 6. Il prezzo "individuale" di produzione in B.1 è 1,5 sterline a misura. Ma col capitale al doppio in B.2 (6 sterline) il prodotto non va al doppio (4 misure), ma a 3,5 misure. Se si vende a 10,5 sterline, il prezzo "individuale" di produzione è di 1,71 sterline (6/3, 5); più basso del prezzo "generale" di mercato (3 sterline). Prezzo di Costo per B.1: Sterline 10,5 - 6,0 = 4,5. La Rendita di B.1, prima del raddoppio di capitale agricolo (Investimenti), era di 3 sterline per la 2a misura raccolta. |
XII – Attracchi il batiscafo storico!
1 – I pescatori di fallo – Per Marx, contro Ricardo, vi è
anche una Rendita assoluta “di partenza” cui le differenziali vengono
ad aggiungersi.
Marx fa l’ipotesi del Terreno A peggiore
di tutti in cui il prodotto dà un ricavo sul mercato che remunera solo
Salario e Capitale col Profitto medio; in più esiste una Rendita assoluta
su
quel terreno peggiore.
Noi non l’abbiamo affatto con chi voglia gettare
tutte le opera omnia del mago di Treviri nel cestino della
carta straccia. Ci danno invece maledetto fastidio tutti i rubacchiatori
del possente insieme delle dottrine marxiste. Se si sa procedere alla organica
ricostruzione della teoria, nata non da un cervello piccolo o grande, ma
dalla forza materiale della storia, l’unità e l’armonia del tutto
riusciranno evidenti e indiscutibili. Il tutto, ancora una volta, è da
prendere o da lasciare.
2 – Assoluto e differenze – Marx spiega che non vi è nulla
da cambiare nella legge della Rendita differenziale, se si ammette e si
constata che vi è una Rendita anche nel terreno peggiore (cui vengono
ad aggiungersi i successivi scatti) se si cambia terreno o si investe
ulteriore Lavoro e Capitale.
Non solo la pretesa contraddizione non sussiste,
ma avviene così in tutte le ricerche scientifiche. Marx, nella teoria
del Plusvalore assoluto e relativo, suppone che nel prodotto entri solo
spesa Salari e zero Capitale costante; come ha facoltà di fare ogni scienziato.
Le conclusioni non muteranno quando “permetterò” al Capitale costante
di ricomparire come avviene in ogni caso reale.
Il padrone che compera materie gregge e le contempla
non vede crescere di un quattrino il suo Capitale; se per lavorarle assolda
operai per 1.000 lire, ecco che se ne ritrova 2.000. In “alta” matematica
si dice che il differenziale di una quantità costante è zero.
3 – Algebretta di Carlo – Ribadiamo che il Terreno pessimo A regola il prezzo di mercato e lo tiene in alto; con questo di peggio, che al prezzo che gli risulta da spese per Capitale costante, Salario e Profitto dell’affittaiuolo, compie l’ulteriore bravura di mettere una bella coda: la Rendita assoluta. Marx: «In questo caso, sebbene il prezzo generale del prodotto subisca una modifica essenziale, la legge della Rendita differenziale sussisterà lo stesso». E questo per la regolina che se una stessa cosa si aggiunge all’entrata e alle spese, il margine resta lo stesso.
4 – Dunque, più fame – Spieghiamo coi numeri, partendo dalla
Tabella a pag. 34, la validità della Legge differenziale nel caso in cui
l’aumento del prezzo di produzione del grano sul terreno peggiore va
a costituire una Rendita assoluta.
In tutti i settori della produzione capitalistica
appaiono sopraprofitti. E ciò perché il prezzo di mercato di tutti i
prodotti (per il marxismo il valore) contiene oltre alle spese un
Profitto che corrisponde al rapporto di tutto il profitto sociale
a tutto il capitale sociale. Nei casi singoli vi sono scarti; come
singole aziende possono avere prezzi di produzione inferiori ai valori.
Tra i vari settori della produzione manufatturiera si tende a un
compenso per l’aumento, con le scoperte tecniche, della produttività
mentre il saggio del profitto decresce. L’agricoltura resta arretrata
perché nella composizione organica del suo capitale c’è molta spesa
Salari e poco Capitale costante per cui si hanno in un certo senso “due
saggi medi del profitto”: uno basso industriale, uno alto agrario, nello
stesso terreno pessimo.
Cap. XII, Par. 4
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1 ettaro |
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anticipato |
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profitto |
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A - Pessimo |
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B - Mediocre |
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C - Buono |
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D - Ottimo |
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La 1ª parte della
Tabella (A-B-C-D) riporta i dati del Cap. IX, Par. 6. La 2a parte sviluppa
l’influsso della Rendita Assoluta.
Nei casi A1-B1-C1-D1 si aggiunge 4.000 di Rendita assoluta. Perchè il Terreno A1 dia anche rendita assoluta l’unico mezzo è che cresca il prezzo del grano (in questo caso da 8.000 a 8.800). Nei casi A2-B2-C2-D2 abbiamo applicato le Tariffe catastali per il 1954 di un comune ove è presente il peggior terreno seminativo, ossia di Classe 5: Reddito di 3.200 con Rendita di 4.000. Il prezzo del grano torna a 8.000. Il Prodotto è uguale a 5 volte il Profitto + la Rendita; ossia (5 x 3.200 = 16.000) + 4.000 = 20.000. Il terreno A2, in origine Pessimo, è ora Mediocre perchè produce il doppio di grano rispetto ad "a" che, avendo aumentato il prezzo del suo grano ottiene una Rendita di 4.000 e fissa più in alto il prezzo regolatore. In conseguenza il sovraprofitto di A2 dà una Rendita assoluta di 4.000 e differenziale di 20.000. |
5 – Punto cardinale – Ricardo sta a Marx come l’apologia
del capitalismo sta alla dottrina della sua distruzione. Ci sono 4 teorie
che spiegano la rendita (vedi Capitolo VII, Paragrafo 5).
1ª – Teoria fisiocratica. I proprietari del suolo
dispongono della naturale ricchezza della terra che si aggiunge all’effetto
del lavoro umano; per cui fissano a piacere, come canone per i fittavoli,
il prezzo dei prodotti agricoli, dato dal rimborso del lavoro erogato più
il canone per la terra. Il Sopravaloro sorge solo sulla terra.
È una dottrina non reazionaria e non filofeudale.
Si contrappone a quella del valore-lavoro, da cui parte la dichiarazione
di autonomia della classe proletaria; finora elemento passivo e “sterile”
nell’industria.
2ª – Teoria di Ricardo dei capitalisti industriali.
Il Valore di scambio dei prodotti (anche agrari) deriva dal Lavoro umano.
La Rendita agraria deriva da parte del guadagno degli imprenditori rurali
estorto ai salariati, il cui lavoro è applicato in condizioni di buona
produttività del terreno e del Capitale; il che non avviene nelle peggiori
aziende rurali. Una veduta che prospetta per le derrate agricole la discesa
dei prezzi reali come per i manufatti, migliorando la composizione tecnica
dei capitali in modo che cresca il tenore di vita delle aumentate popolazioni
e si conservi il profitto del capitale d’impresa per sempre, abolendo
solo la Rendita fondiaria privata.
3ª – La Rendita deriva dall’Interesse del Capitale-terra
secondo avversari reazionari di Ricardo che sono per l’immanenza storica
ed economica dal privilegio fondiario.
4ª – La Rendita, sia differenziale sia assoluta,
stabilisce per sempre il limite storico del capitalismo a sciogliere il
rapporto tra produzione e consumo umano le cui necessità alimentari non
saranno mai risolte dal processo dell’accumulazione del Capitale, per
quanto proceda la tecnica, la composizione organica del capitale e la massa
dei prodotti. Al moderno antagonismo di classi sociali corrisponde la formazione
di Sopraprofitti, il nascere di Rendite assolute, l’anarchia e lo sperpero
nella produzione sociale. L’equazione capitalismo uguale fame è
irrevocabilmente stabilita.
La dottrina della rendita di Marx fornisce l’arma
teorica per descrivere l’ultraprevisto monopolismo e imperialismo
moderno. La sfera della produzione degli alimenti è fondamentale nella
dinamica di ogni società; la teoria marxista della Rendita è parte centrale
della descrizione del modo di produzione capitalistico. Dal punto di vista
rivoluzionario e antipossibilista ne è la parte decisiva.
6 – A lui l’ultima parola – Dice Marx: «La proprietà
fondiaria (…) impedisce il livellamento al profitto medio fra i capitali
investiti nella terra e si appropria una parte del Plusvalore che,
invece di toccare alla classe dei capitalisti che l’ha estorta ai lavoratori,
tocca ai proprietari fondiari, che la estorcono ai capitalisti. Nonostante
il progresso dell’agricoltura faccia diminuire il Capitale variabile
investito rispetto a quello costante, peggiora la sua posizione sull’industria
dove quel rapporto è molto più elevato; perciò aumenta la Rendita per
i proprietari terrieri e la fame per tutti i lavoratori». E così era,
è e sarà nel fatto.
La perequazione immancabile, in virtù delle
leggi eterne della concorrenza, era la carta su cui Ricardo “bluffava”.
Fu Marx che gliela strappò tra le mani. Arrivate tardi, teoricelli dell’epoca
monopolistica.
7 – Cammino col gambero – Si è esposta l’intera teoria
della Rendita fondiaria compiutamente ca-pi-ta-li-sti-ca tanto nell’agricoltura
quanto nell’industria, trattata prima “staticamente” e poi “cinematicamente”.
La Rendita nel senso proprio nasce solo dopo l’intervento del
Capitale.
Tutto il reddito sociale è ridotto anche nella
campagna a tre tipi: Salario per gli operai, Profitto per i capitalisti,
Rendita per i proprietari.
Questa formula trinitaria della società,
che una volta sviluppata ed adulta – e caso mai con lo Stato, e non la
classe terriera, a ritirare le rendite – avrebbe girato a regime senza
crisi né rivoluzioni, noi abbiamo mostrato che va mandata all’aria.
Marx fonda sull’ipotesi dell’integrale industrialismo
terriero la sicura previsione rivoluzionaria e comunista; e poi afferma
il metodo storico e analizza le forme agrarie non capitaliste tuttora
presenti della mezzadria e della proprietà parcellare contadina.
8 – L’ultimo strillo! – La discesa in campo di varie e
spurie classi “popolari” non è un fatto nuovo e moderno, successivo
alle
lotte dei proletari puri dell’industria e della terra contro le imprese
capitalistiche.
A Lenin, se non a Marx, si vorrebbe appioppare la
chiamata in prima fila dei semiproletari per assicurare la vittoria
degli operai. Ne viene fuori solo la prova dell’enorme guazzabuglio tra
impostazioni storiche ed economiche ed azione di partito; tra la difesa
della dottrina di classe e l’intervento nelle fratture sismiche della
storia.
Nelle situazioni di doppia rivoluzione il
partito operaio è per la rivoluzione borghese, nazionale, liberale, come
punto di partenza dell’ulteriore rivoluzione socialista.
Ma dove è presente un capitalismo caratterizzato,
specificato, storicamente fuori da decenni da impacci feudali, basta con
la rivoluzione popolare, che storicamente è ormai una sporca superfetazione
e deve essere sostituita da una rivoluzione veramente di classe.
9 – Cose a posto – Va dispersa senza pietà la balla del
Lenin che sostituisce contadini ad operai ed inaugura questa nuova tattica.
Lenin è un seguace ortodosso di Marx nella questione
agraria e ne condivide la dottrina sulla Rendita. Sa quanto Marx che nello
studio delle classi agrarie estranee alle classiche tre non si scoprono
forme nuove, ma si risale a quelle antiche.
Se si smarrisce questa sicurezza, vano è parlare
di rivoluzioni agrarie, di rivendicazioni contadine, del loro incrociarsi
con le rivoluzioni borghesi.
Diluire la sagoma precisa della lotta di classe
operaia e del suo organo politico nei movimenti popolari, significa
retrocedere a posizioni deteriori rispetto alle grandi polemiche storiche
ed alle grandi scissioni. Furono motivi “popolari” che spinsero alla
difesa della patria e all’abiura della dittatura proletaria. Da “veramente
popolare” a “veramente patriottico” non restava da fare che un passo.
Fu fatto e come!
10 – Sondare in profondità – È sicuro che guardandoci attorno,
vuoi in Italia e Francia o in Germania e in America, non abbiamo uno spettacolo
solo “trinitario”: non lo abbiamo nella campagna e nemmeno nelle città.
Vi sono, e spesso statisticamente formidabili, altri ceti e strati sociali.
Benché non eccessivamente, anche tali strati si muovono, si agitano, tendono
alla difesa dei loro interessi e preconizzano più o meno bene nuovi assetti
sociali.
Il problema va studiato in via scientifica; e così
per la tattica e per la politica del partito operaio di classe verso queste
forze. Il partito comunista, dopo essersi costruito la teoria e la tattica
per la campagna sulla base del rapporto tra il bracciante sfruttato, il
fittavolo capitalista ed il borghese agrario, si occuperà bene del problema
delle altre classi rurali; ma non imposterà questo problema con la presunzione
di trovare forze pari lontanamente, peggio ancora, superiori alle sue,
in estensione o intensità.
Il capitalismo non ha spazzato via, come ha fatto
per l’artigianato urbano, le altre classi rurali, che sono resti di una
storia passata, perché il teorema fondamentale della dottrina della Rendita
ha acquisito che per la produzione dell’alimento il capitalismo
non può guardare affatto dall’alto le precedenti forme di società.
Il socialismo soltanto darà un colpo al bestiale
antagonismo campagna-città. Per definire le leggi che reggono la superstite
economia e dinamica sociale della piccola proprietà, del piccolo affitto
e colonia parziaria, bisogna guardare indietro per trovare pesi
da smuovere e non forze che ci trarranno più oltre; e solo dopo fornire
i caratteri distintivi delle forme rurali meno moderne.
Lenin sapeva che, per sondare gli spostamenti di
questo materiale sociale, è il batiscafo che occorre per l’esplorazione
delle profondità abissali della storia, i cui esemplari si nascondono
ancora tra le immani distanze dei continenti che il capitalismo dilagante
ancora non è riuscito a soggiogare.
XIII – Nel dramma della terra
parti di fianco
1 – La rendita, fatto di classe – La dottrina della rendita
stabilisce che il godimento di una classe parassitaria, che consumi e non
lavori, dipende da un privilegio sull’uomo, non sulla natura;
cioè sul salariato agricolo che deve lasciare parte del frutto del suo
lavoro al gruppo redditiero.
L’origine del fenomeno deriva dalla dominazione
di classe su classe, dalle condizioni e dai rapporti di produzione. Se
il diritto di proprietà sulla terra è diritto di prelievo sul lavoro
di uomini, sfruttamento ed oppressione non cessano sia se la terra diviene
proprietà di ogni bracciante sia proprietà della nazione-Stato.
«Due elementi sono da considerare: da un lato lo
sfruttamento della terra ai fini della riproduzione e della estrazione
e
dall’altra lo spazio, elemento di ogni produzione e di ogni
attività
umana» (Marx). Il Comunismo è la rivincita dello spazio contro l’altezza.
Lo sviluppo della forza lavorativa e della genialità di specie autorizza
il Moloch della potenza fondiaria, ossia del potere di classe su classe,
a prelevare tributo; senza che i proprietari terrieri abbiano mosso dito
o azionato cellula nervosa.
2 – Rendono il giogo e la sferza – Si può verificare il
caso, di poco interesse, di un monopolio “mercantile” che crea Rendita
(un vino raro con un prezzo alto, con un sopraprofitto del vignaiolo e
con una Rendita al proprietario fortunato).
Nel caso del grano venduto al di sopra del suo prezzo
di produzione, ma anche al di sopra del suo valore, è la Rendita a creare
il prezzo di monopolio per la barriera che la proprietà privata oppone
all’investimento di Capitale in un terreno non coltivato senza pagamento
di Rendita.
Per Marx la falsa teoria che la Rendita sia godimento
su prodotti che non costano lavoro non pagato, è avvalorata dall’equivoco
che il “compratore di terra” sembra abbia comprato con moneta (che
per la teoria degli equivalenti è lavoro cristallizzato) i futuri prodotti
o parte di essi.
Lo slancio in avanti della produttività del lavoro
umano, nella fase storica dell’accumulazione primitiva, si dovette sì
alla fame di potere e ricchezza della borghesia giovane, ma anche al suo
coraggioso rischio e iniziativa. Tuttavia nella nostra dottrina questo
non era vero per sempre, per una durata indefinita. O il capitalismo,
con la via sua propria di creare Sopralavoro sociale sul lavoro salariale
in masse, precipita, o esso diviene una forma di produzione tanto parassita
quanto lo schiavismo, il feudalismo e il “fondiarismo”.
Come dal guadagno del manufatturiero sorge una “giuridica”
ed “etica” spiegazione dell’Interesse del Capitale dormiente, che
la filosofia medioevale staffilava come usura e delitto, così «agli occhi
del proprietario fondiario la Rendita non è che il giusto Interesse del
Capitale con cui ha acquistato il suolo posseduto e il suo diritto alla
Rendita» (Marx).
Essa non deriva da “tardo godimento” di accumulato
lavoro, ma da sopraffazione di classe, da violenza fisica sancita dalla
legge e dallo Stato.
3 – Salariato, servo, schiavo – Nel trattare della rendita dei terreni per costruzione, delle miniere e del suolo, Marx insiste ancora una volta sulla poderosa determinazione del programma rivoluzionario, che consiste nel sostituire alla privata organizzazione e gestione della produzione una organizzazione e gestione collettiva e sociale unitaria. È sbagliato contrapporre una futura proprietà sociale alla attuale proprietà privata. La proprietà è l’esistenza di proprietari e non proprietari, è la divisione in classi, è la dominazione di classe su classe. Perciò “la terra alla nazione” non è la formula agraria del comunismo. È la Specie che condurrà “quale buon padre di famiglia” la gestione del “Pianeta Terra” da lasciare migliorato ai suoi figli (Marx parafrasa qui una formula che si trova in tutte le legislazioni moderne, copiata dal diritto romano). La Specie, definita da una vita senza morte, coltiva, gestisce e trasmette a se stessa la natura organizzata, l’attrezzata scorza del pianeta, senza soluzioni di tempo, senza annotare trapassi a pidocchiosi uffici del registro.
4 – A ritroso nella storia – Sia dunque chiaro che il piccolo
possessore di terra, il piccolo colono lavoratore, ceti mai protagonisti,
non li troveremo sul nostro cammino se dalla società capitalistica classica
e trinitaria procediamo verso la società comunista.
La genesi della Rendita fondiaria moderna ha in
Marx radici nel mondo feudale. In esso la produzione agraria è a carattere
“naturale”, ossia non fondata sul rapporto di mercato, con l’immediato
legame del lavoro con il consumo, chiusi nel giro di un limitato territorio
cui il signore presiede per la necessità della sicurezza nella coltura.
Inoltre manca la circolazione sul mercato e la trasformazione del prodotto
in moneta.
Prima ancora abbiamo il tipo di produzione delle
signorie asiatiche in cui i contadini lavorano in comune e pagano al signore
un tributo in prodotti o in oro. Il proprietario si identifica con lo Stato
politico: Rendita di imposta ed imposta sono la stessa cosa. E così Marx
dimostra che storicamente il mercantilismo non è l’unico possibile tessuto
connettivo tra produzione e consumo.
Il sistema medioevale assicura che si produca quanto
è richiesto, con buona corrispondenza, dal consumo dei lavoratori e del
signore con la sua corte. Cade solo in difetto grave nelle annate di cattivo
raccolto e carestia o nel caso di invasioni nemiche.
La classe dei lavoratori agricoli è data dai servi,
tipo sociale oggi scomparso. Il servo coltiva un suo campo ed ha una modesta
dotazione di attrezzi. È obbligato con la “rendita in lavoro” a lavorare
in dati tempi la terra del signore che fa proprio il prodotto. È la servitù
personale del contadino, che non può abbandonare la sua sede e il territorio
del signore, la cui ricchezza sta nel numero di famiglie a lui soggette
in servitù.
Il secondo obbligo dei servi è la consegna di aliquote
del prodotto della terra direttamente coltivata. Si passa così dalla forma
primitiva di Rendita in lavoro, la corvèe, comandata, alla seconda forma
di Rendita in natura, la decima, dovuta al signore, o allo Stato, o alla
Chiesa.
5 – Dal servo al contadino autonomo – Nell’ambito feudale
il contadino lavoratore comincia a conquistare un’indipendenza economica,
ma non sociale.
Egli, su un terreno sterile, deve produrre un poco
più di quanto consuma; ossia una parte per vivere e il resto per gli obblighi
feudali. Su un terreno più fertile può accantonare una riserva in derrate
e poi in attrezzi, in terra, in abitazioni e in bestiame. Prima dell’abolizione
rivoluzionaria e politica delle relazioni feudali, servi ricchi assoggettano
altri servi minori.
Ma l’uscita dall’economia naturale e il diffondersi
del sistema mercantile sia nell’industria che nell’agricoltura si verifica
man mano che la Rendita in natura cede il posto a quella in moneta.
Inizia una grandiosa evoluzione che, nella forma
più pura, conduce all’agricoltura capitalistica integrale con un mercato
nazionale e poi internazionale. Si forma la classe dei fittavoli capitalistici
e, di contro, quella dei contadini salariati senza terra e denaro. La terra
diviene una merce commerciabile, e con capitali accumulati nelle città
si formano nuovi proprietari fondiari, che o gestiscono le terre comprate
o le affidano a fittavoli. Il rapporto tra città e campagna è rivoluzionato
in misura maggiore del sostituirsi della grande manifattura al mestiere
artigiano; per cui definiamo il capitalismo una rivoluzione agraria.
Si inverte la dipendenza tra città e campagna,
la produzione non è più assoggettata al consumo naturale, ma il consumo
alla produzione artificiale. Comincia la discesa dei prezzi dei manufatti
e la salita dei prezzi degli alimenti.
In Italia meno che altrove la campagna era stata
tiranna della città. Viene la rivoluzione liberale ad assoggettare politicamente
signori e contadini ed anche ad affamare gli strati popolari urbani, ubriacati
di giuridica sovranità.
L’evoluzione ha prodotto sì affittaiuoli, salariati
e proprietari borghesi; ma ha visto anche servi agiati e piccoli gestori
di terra trasformarsi in masse di proprietari autonomi lavoratori e di
piccoli coloni, tributari ora del borghese proprietario di terra.
6 – La colonia parziaria – Il colono coltiva da sé la terra
non di sua proprietà e paga la Rendita al proprietario o in denaro (il
piccolo affitto) o in derrate (il mezzadro, perché storicamente
il raccolto era diviso a metà tra proprietario e lavoratore). Essendo
variate col tempo le quote, meglio chiamarlo “colono parziario”.
Passando dal colono del piccolo affitto al fittavolo
capitalistico che assolda braccianti, abbiamo modernamente ricchi coloni
parziari, e per antonomasia mezzadri.
Tra mezzadro e proprietario c’è antitesi d’interessi
sul quanto del canone di fitto in derrate (Rendita padronale), come ce
n’è tra bracciante e mezzadro sull’altezza del salario. Col tempo
il mezzadro si stacca dal contadino e si avvicina al fittavolo capitalistico
con una lotta a tre che vede nell’Italia anteguerra questo schieramento
politico: proprietari (agrari) clericali o liberali; mezzadri repubblicani
(camere del lavoro “gialle”); braccianti socialisti (camere del lavoro
“rosse”) e anche cattolici (leghe “bianche” nel Veneto).
Esaminiamo il mezzadro che zappa la terra con un
rapporto economico di produzione rurale non capitalistico puro. Quanto
il proprietario ritira, spiega Marx, può costituire sia la Rendita fondiaria
che una parte di Profitto di capitale. Quanto realizza il mezzadro può
costituire sia il Salario, ma anche una parte di Profitto d’impresa (parte
dei mezzi di lavoro sono suoi). Rendita, Profitto e Salario non sono nettamente
isolabili come per il fittavolo capitalistico. Ma per il colono parziario
che paga la Rendita in derrate è rilevante la «sottrazione alla circolazione
di gran parte del valore prodotto» (Marx).
La rivoluzione capitalistica è completa quando
tutto il prodotto del lavoro in merce e poi in moneta entra in un sempre
più vasto circolo unico in cui la produzione versa e il consumo attinge.
Si supera il mercantilismo solo facendo leva sulla fusione, in questo immenso
magma, delle antiche isole di produzione e consumo.
Nella mezzadria il prodotto va a consumo fuori dal
circolo generale della merci. Resta così stabilito che la colonia parziaria
(mezzadria) è forma retrograda, soprattutto ai fini del passaggio al comunismo,
rispetto all’azienda rurale con lavoro a salario.
7 – Le sottrazioni al circolo – Il formarsi e l’estendersi
dei mercati è il fatto centrale del sorgere dell’economia moderna; ed
anche del romanzo storico della borghesia, che rivoluzionariamente trasformò
forme di vita e di attività ovunque.
L’economia capitalistica diventa un fatto sociale,
chiuso nei limiti della legge del valore di scambio, solo veicolo per stabilire
l’equilibrio tra sforzi di lavoro e bisogni. Il centro della dottrina
e del programma marxista dimostra che lo svolgersi del capitalismo rende
ineluttabili nuove soluzioni nel senso dell’abbandono per sempre di compensazioni
entro cerchi locali con il risultato, per il maggior rendimento del lavoro
generale, della convenienza a disporre di tutti i prodotti per tutti i
consumi senza compartimenti stagni e senza l’espediente dell’equivalenza
monetaria, che fornisce solo l’illusione di un simile risultato condannando
ogni isola di lavoro entro i limiti della sua materiale locale produttività.
Il socialismo è l’organizzazione della produzione
in un piano unitario dei bisogni sociali.
Va sorpassato il punto che ogni fabbrica o terreno
consumi per i suoi lavoratori quanto produce; e peggio che i bilanci di
nazioni, province, città o villaggi chiudano in pari, in tali tipi di
utopistici abbozzi di sindacalismi, comunalismi o aziendismi
che
nulla cambiano.
Con il capitalismo industriale l’umanità, nel
rendimento della sforzo di lavoro, ha fatto un balzo gigante – escludendo
però dal godimento la classe lavoratrice – perché per i prodotti
manufatti i mezzi più potenti e redditizi hanno sostituito quelli
antiquati (a parte la fondata critica del processo di complicazione
dei bisogni).
Questo è accaduto dovunque, ma con una limitazione.
Dove non vi è naturalmente una Rendita, fino a quando il corso
ineluttabile del ciclo capitalistico non genera artificialmente
il
fenomeno rendita! Ecco perché non c’è stato un risultato lontanamente
paragonabile a quello nella sfera dei manufatti nel campo
agrario;
ed ecco perché il ciclo capitalistico è già regressivo sul tutto il
fronte, pur seguitando a giganteggiare la mole della produzione.
Ove vi è rendita, ossia monopolio – dovuto a
forza politica di classe organizzata nei pubblici poteri – il processo
che la più utile forma produttiva scaccia la meno utile, si capovolge
fino a quando l’involucro capitalistico non sarà infranto.
Ivi vige la legge che tutto è regolato dal sistema
peggiore, dal terreno più sterile, ivi la tecnologia dorme sogni di cinque,
di dieci secoli, in contrasto con la febbre di cambiare attrezzatura in
altri campi con brevissimi cicli di “ammortamento”.
8 – Flebile arcadia – Il ristagno del progresso agricolo
cozza contro l’enorme crescere della popolazione mondiale, ignoto al
mondo pre-capitalistico che dava più pane.
Tutta la patologia del capitalismo, che ossessiona
le grandi agglomerazioni, meno fieramente appesta le campagne, e vi suscita
minori bisogni soprattutto nella sfera di quelli distorti e morbosi. Ed
il lavoro all’aperto, se non merita le apologie letterarie di cui fu
sempre circondato, se ha i suoi terribili estremi di miseria e di degenerazione
umana – e soprattutto ove la piccola agricoltura, ipocritamente ammirata,
ha il suo dominio – tuttavia non presenta certe punte disumane di soffocamento
dell’uomo lavoratore e non lo costringe, di massima, a condizioni spietate
di ambiente e di sforzo, se non muscolare, nervoso.
L’agricoltura con la barriera della Rendita è
rimasta primitiva; l’industria, che ne è priva, ha ammassato troppi
lavoratori in troppi soffocanti spazi, portando però tutti alle condizioni
del caso meno primitivo e più perfezionato.
Il fenomeno Rendita imperversa nel campo delle abitazioni
urbane in cui il monopolio dei suoli edificatori spinge a costi di costruzione
e di uso che incidono in modo decuplicato sul tenore di vita proletario,
per quanto nei limiti del capitalismo siano escogitabili contromisure.
Ma è nell’industria estrattiva che la Rendita
fondiaria impera con feroce attualità.
9 – Ribolla, la morte differenziale – Nella miniera di lignite
toscana di Ribolla sono morti 42 lavoratori. Essa era male attrezzata,
prossima ad esaurirsi e non meritava la spesa di un ammodernamento delle
installazioni: doveva andare in disarmo con disoccupazione e fame per Ribolla
di cui era l’unica risorsa economica. I procedimenti erano quelli di
secoli fa. La soluzione di lasciarla aperta è degna dei principi che reggono
il sistema capitalistico: è un fatto che i morti non mangiano.
Rispetto ad altri paesi ricchi di minerali di qualità
l’Italia è ridotta alla lignite e perfino alla torba e adopera miniere
di fertilità deteriore, che regolano bene il prezzo internazionale
e tengono su quello dell’antracite, che ci fa profumatamente pagare il
pool
del carbone, il rentier della coltivazione europea dei combustibili
e dei minerali, nido caldo del sopraprofitto capitalistico sulle materie
prime della morte militare e civile.
I combustibili che si scavano nelle viscere della
terra derivano dalla digestione geologica di vegetali, di savane e foreste.
Sono più o meno ricchi di carbonio e di varia potenza calorifica. Il fabbisogno
italiano è tra i 12 e 15 milioni di tonnellate annue, ma la produzione
è solo di 2. Mussolini la volle portare dai 3 del 1939 a 4, pari a 1/3
del fabbisogno. Nel 1942 si raggiunsero i 5 milioni.
L’antracite migliore arriva a 9.000 calorie/Kg.;
la torba, che va prima essiccata, a 3.000.
I prezzi internazionali variano con l’efficienza
calorifica in ragione di 2.000 lire per ogni migliaia di calorie. Lo stesso
vale dire che il minerale più spregevole, e quindi la meno fertile miniera,
regola il mercato generale.
10 – Politica economica! – La spesa di estrazione del carbone
Sulcis, scadentissimo, è di 11.700 lire nette a tonnellata e lo si esita
con una perdita di 4.000 lire alla tonnellata: una Rendita alla
rovescia. Alla spesa netta di capitale costante e di salari si aggiunge
il Profitto delle società esercenti ed anche una Rendita “assoluta”,
che sborsa Pantalone: il gioco costa allo Stato 4 miliardi annui. In queste
assurde condizioni la produzione aumenta e l’azienda ha scorte di montagne
di questo pessimo carbone.
La differenza tra il prezzo individuale di
produzione del Cardiff sulle 12.000 lire e il valore di mercato, per circa
uno scarto da 6 a 12.000, costituisce rendita differenziale per
quelle miniere. Esse pagheranno più alti salari, ma con i macchinari migliori
le tonnellate/anno per ogni unità lavorativa sono molte di più.
La bestialità potente, la demagogia economica più
imbecille, non è denunziare la Rendita, il Sopraprofitto, il Profitto
delle società capitalistiche, che si combattono solo sul terreno dell’organizzazione
sociale e politica dell’intera Europa e non con manovre mercantili e
legislative, ma reclamare che le miniere da
disarmare
restino aperte
e chiedere l’assurdo di dotarle di costosi impianti di sicurezza, sapendo
che stanno per esaurirsi. Questo chiedono per voti i partiti estremi; come
i capitalisti, lieti che il saldo passivo sia a carico dello Stato, ossia
dei lavoratori italiani.
In questi movimenti balordi il mondo degli affaristi
mangia soldi a palate.
Se il logico sviluppo delle leggi economiche del
capitalismo aziendale sbocca nella strage, non se ne trae l’occasione
per svegliare nella classe proletaria il possesso della rivoluzionaria
dottrina di classe, ma si cerca la “responsabilità”, la colpa di quel
dato dirigente capitalistico, lo scandalo, ossigeno supremo di questa
smidollata Italia postdonghiana, che nella sua sciagurata opera
di amministrazione, comune a governi e opposizioni, ricalca le istruzioni
dell’uomo di Dongo con risultati di gran lunga più coglioni.
Se il capitale italiano, povera sottosezione del
capitale mondiale, ma ricca di esperienza e di espedienti per storica eredità,
ponesse a concorso il modo migliore per tenere la classe operaia lontano
dal ritorno ad un potenziale rivoluzionario, il primo premio lo vincerebbe
da lontano lo stalinismo italiano, coi capilavoro delle sue manovre e del
suo linguaggio, in ogni successiva occasione più platealmente, cafonescamente
ruffiano.
XIV – Miseranda schiavitù della schiappa
1 – Scomposizione in fattori – L’analisi di Marx dei rapporti
sociali agricoli si fa per confronto col caso puro dell’economia capitalistica
terriera con le tre figure: proprietario che riceve solo Rendita; fittavolo
che riceve solo Profitto anticipando ogni capitale; giornaliero che riceve
solo Salario. Le tre grandezze economiche pure, si sovrappongono nei casi
della pratica in vario modo; ma noi consideriamo le grandezze come uniformi
ed omogenee; le persone, e meglio, i ceti, come ibridati.
Noi, invece di corteggiare il contadino proprietario
lavoratore, e peggio levarlo a modello ideale dell’uomo libero ed autonomo,
dovremo disarticolarlo senza esitazioni e mettere in luce gli organi del
salariato, quelli dell’impresario e quelli del padrone. Due anime, ahimè,
sono in lui; ed anzi tre: qui la tragedia.
2 – Nomade e colono – Il colono ha una fisiologia sociale
più semplice del contadino proprietario; non è legato alla terra: è
un libero. Detesta il mutare; anela al lungo fitto; la misura del “blocco”
degli affitti, che ha impedito l’aumento dei canoni di fitto, non ha
favorito il lavoro agricolo, ma il capitale agricolo; e se demagogicamente
solletica il contadino mezzadro e colono lo fa solo per la sua bastarda
struttura d’imprenditore, che nella sostanza è quella che lo frega.
Il colono si distacca dal piccolo proprietario perché
non è fisso alla sua terra, ma può spostarsi ovunque. Per entrambi c’è
prevalenza del consumo entro l’azienda delle derrate prodotte con sottrazione
al circolo mercantile. In più la proprietà parcellare ostacola, oltre
la circolazione dei prodotti-merci, quella degli uomini lavoratori.
Una classe dominante, e sopra tutto la capitalistica,
tanto meglio detiene il potere e soffoca ogni rivoluzione, quanto meno
è sensibile il movimento dei prodotti del lavoro e della gente del lavoro.
Infine il mezzadro presenta tutti i difetti e i
lati negativi della prima barbarie, incapace di ancorare il suo nutrimento
ad un’organizzazione stabile e permanente: economicamente è negativo
il consumo locale immediato entro l’azienda con i suoi poveri orizzonti,
la scarsezza di rapporti anche mercantili con il circolo generale. Come
lavoratore mangia ciò che fa con le sue mani; come imprenditore paga la
Rendita con una quota del raccolto.
Non è da meno il contadino proprietario che paga
imposte o interessi di debiti in denaro ed è legato alla sua sede di lavoro
che non muta per intere generazioni.
3 – La parcellare corona – Il lavoratore della terra che
la rivoluzione borghese ha reso proprietario non ha padrone; anche se sui
piccoli contadini il parroco esercita una dittatura sociale e politica
vera e propria.
La rivoluzione borghese ha distrutto gli obblighi
feudali e reso libero il contadino servo ed ha creata la “privata sicurezza”
della proprietà personale anche immobiliare.
Il punto è quanto costa al privilegiato fondiario
in quarantottesimo la sicurezza privata fin qui esistita, che sarà distrutta
dal comunismo?
Per il marxismo la terra non è un prodotto del
lavoro ed in un ambiente mercantile una merce; ha un prezzo in senso improprio,
ma non ha “valore” e non soggiace nei suoi trapassi alla legge del
valore,
seppure la legge della concorrenza fa gioco (equivoco) anche in questi
trapassi. Nessuno può dire: stanzio tanto denaro-capitale e mi fabbrico
tanta terra. La terra si trova e non si produce: può essere
gratuita, può pagarsi con la vita.
Il diritto alla sicura immobilità legale, per tutta
la vita e di padre in figlio, si protende sulle generazioni e sembra avere
qualcosa in comune coi “diritti dei non lavoratori” (signori, fondiari,
industriali imprenditori) in quanto resta attaccata alla persona del capo
famiglia, da cui andrà ereditata “solo a morte sua”.
I rivoluzionari del Novecento, più pedestri e sbiaditi
dei notai dell’Ottocento che redigevano atti di compravendita della terra,
festeggiano in tricolore e rosso sporco la consegna in proprietà delle
terre alle famigliole rurali; inneggiando a questa corbellatrice signoria
degli stenti, a questa corona degli straccioni.
Nella presente società l’artiglieria rivoluzionaria
è puntata contro i tre bersagli della famiglia, dell’eredità e della
proprietà, che sono da abbattere non solo quando sono in mano a pochi,
ma soprattutto se distribuiti tra i molti.
4 – Dietro il paravento – Va sempre definita la realtà sociale
che sta dietro la parata di sovranità fasulla del “libero” contadino
cireneo della produzione, pesando i fattori economici e calcolando quanto
il piccolo proprietario paga per la conquistata “sicurezza” dopo il
convenzionale “affrancamento”.
Engels illustra largamente come il contadino franco,
ex membro di orda ed ex soldato imperiale, pagava poco per mantenere la
sobria corte di Carlo; Carlo andò oltre le prospettive di un’agricoltura
frazionata, sebbene con densità ridottissima di popolazioni, e sperimentò
le grandi aziende di Stato o conventuali.
Forme molto più torbide rimasero nell’oriente
dell’Europa. Marx ne descrive una: «Una parte del suolo appartiene sigolarmente
ad ogni contadino ed è da lui coltivata; un’altra parte viene coltivata
in comune». Questo fa pensare al lato vizioso del
colcos
russo:
economia mezza mercantile, mezza premercantile
addirittura.
Marx si libera con pochi cenni dei sistemi di produzione
collettiva in cui rimane un margine al proprietario non distinto dall’imprenditore.
Sono forme non trinitarie ma dualistiche con il bracciante della terra
senza proprietà di attrezzi che riceve gli alimenti o il salario in natura
e, di contro, tutto il sopralavoro indistinto tra profitto e rendita. Una
forma è la produzione schiavista del mondo classico, in cui tutto appare
come rendita, una più moderna quella delle “piantagioni” di America
e di altri continenti ove con manodopera locale semischiava si producono
riso o caffè per lontani mercati. Forma poi attuale è quella del proprietario
che gestisce in economia, ossia senza fittavolo, a mezzo di lavoratori
salariati direttamente.
La trinità diventa dualità nella piccola colonia
(colono e proprietario: binomio lavoro più capitale contro monomio proprietà)
e nella gestione diretta (lavoratore e proprietario: monomio lavoro contro
binomio capitale più proprietà). Resta la sintesi dei tre nell’uno:
lavoro, capitale e proprietà.
5 – Agricoltura minima – Il marxismo dista oltremodo da ogni
stima per il sistema parcellare.
Se il modo di produzione capitalistico anche se
dominante è relativamente poco sviluppato abbiamo di fatto condizioni
tutte negative per lo sviluppo della lotta di classe moderna e per il socialismo.
Il prezzo del grano però è inferiore a quello di un regime capitalistico
in pieno sviluppo con grandi aziende terriere condotte da imprenditori
industriali e operai salariati.
Vendendosi poco prodotto sul mercato, è difficile
parlare di prezzo generale corrente. Ma la Rendita differenziale esiste.
La terra più fertile a pari sforzo produce più grano che vende al prezzo
dei vicini che ricavano meno. Tenere presente che si determina
prima
la
Rendita e da questa “portata a capitale” si deduce, al saggio d’interesse
corrente, il prezzo della terra. Ma di regola nell’agricoltura parcellare
a capitalismo agrario non diffuso non esiste una Rendita assoluta.
Ciò avverrà quando la produzione industriale sarà
generalizzata in un mercato generale con la stabilizzazione del medio
saggio
di profitto delle imprese. Allora sarà possibile fissare il
valore
dei
prodotti e verificare che, per il monopolio fondiario e per l’assoluta
necessità del consumo alimentare, il grano ha un prezzo superiore al suo
valore
fissato da un peggiore terreno (salario più capitale costante più
profitto medio).
Risulta che in economia tutta capitalistica il limite
inferiore del prezzo dell’alimento base deve coprire: Salario, Capitale
spese, Profitto medio e Rendita assoluta; mentre in economia precapitalistica
il limite inferiore del prezzo scende molto più sotto: è puramente Spese
più Salario.
6 – E noi votiamo per l’industria – Nell’agricoltura
parcellare si produce con sciupio di forza-lavoro e con metodi inchiodati
ad esigere molto lavoro per poco prodotto; anche se il consumatore sul
mercato paga poco l’alimento.
Nella società comunista tutti regaleranno
alla società tutto il sopralavoro; ma, avendo raggiunto nei manufatti
e negli alimenti la massima produttività del lavoro, la società «libererà
tutti dal lavoro necessario».
Il piccolo contadiname è da assimilare ad un popolo
soggiogato; ridotto al livello degli Iloti della Grecia antica.
Nella società capitalistica il prezzo dei manufatti
scende perché il passaggio dalla piccola azienda alla grande consente
nuovi apporti della tecnica e della scienza per cui si ha più massa prodotta
con sempre meno tempo di lavoro.
Con la rivoluzione proletaria si elimina l’immobilizzazione
e il rinculo della produttività agricola; e così una sufficiente massa
sociale di alimenti e di manufatti corrisponderà a poco tempo di lavoro
medio generale dato alla società senza classi, senza redditi compartibili
in tipi trinitari basali e in tipi misti derivati e affibbiati dalla legge
alle persone-ditte.
Il prezzo della terra ha una natura di non-capitale;
e lo stesso vale per ogni acquisto di “diritti fruttiferi”. Il marxismo
è tutto qui. Non serve creare o sopprimere piccoli o grandi proprietari
nella personale titolarità.
È luminosa la formula che «nemmeno la società
è proprietaria della terra». Per i giuristi una proprietà che diventa
perpetua
e
inalienabile non dà luogo ad un diritto sicut dominus, da
padrone, ma solo a quel tale usufrutto. Ma, ancora una volta, ben
sappiamo dov’è il Pentagono che bisogna far saltare per distruggere
la doppia barriera contro il comunismo: è nel sistema mercantile
e
nella legge del prezzo di mercato. Troviamo uno di questi Pentagoni
ovunque troviamo una Banca di Stato.
7 – Extensio oder Intensio – Il capitale speso
per la terra non è capitale di investimento né capitale
di esercizio; come non lo è «il capitale che si consacra in Borsa all’acquisto
di azioni o di valori di Stato» (Marx).
Ciò che assicura al titolare il godimento di una
rendita
non
è capitale. È Capitale quanto speso per ottenere un
prodotto
e
per godere di un Profitto.
Capitale fisso per i borghesi è il valore di acquisto
di tutto l’impianto produttivo (macchine, fabbricati, etc.). Capitale
circolante è il valore delle materie prime da acquistare e dei salari
da pagare. Per il marxismo il capitale si divide in variabile che va in
salari e in costante che comprende tutte le altre anticipazioni occorrenti
per un ciclo produttivo; mentre la spesa per le materie prime è capitale
circolante perché serve in toto ad ottenere il dato prodotto. La spesa
per una macchina entra nella parte fissa del Capitale costante solo
per la quota di logorio, di ammortamento.
Nel caso agrario le spese per salari, sementi, concimi,
quote
di logorio di macchine e altro sono Capitale anticipato, che entra
nel valore del grano prodotto aumentato di Profitto normale e di Rendita.
In questo conto il valore della terra non entra mai; al pari del valore
di costruzione e di stima della fabbrica e delle installazioni meccaniche
della FIAT.
8 – Schiavo, un passo avanti – Come per il padrone di schiavi,
al misero gestore della disgraziata schiappa di terra occorre Lavoro e
ne ha; anche nella sua famiglia. Gli occorre un poco di vero e proprio
Capitale e lo ha talvolta, o anche per questo s’indebita al tempo del
seme e del concime. Ma non basta. La schiappa paterna divisa a sei o sette
famiglie di figli non può bastare a campare ed in genere si dovrà comprare
un poco di altra terra. Altro debito, altra ipoteca, altra vendita di forza
lavoro, non dissimile da quella di schiavo (il capitalismo dei prosperi
USA riserba un simile trattamento anche al salariato, sotto forma di generi
venduti a rateazione).
Il prezzo in moneta della terra aggioga il capitalismo
a forme rancide di precapitalismo, che in nessun paese industriale per
quanto avanzato si sono potute cancellare. Ma il solo prezzo in moneta
dei prodotti basta a stabilire che l’economia che lo comporta è inchiodata
nei limiti del capitalismo.
L’agricoltura del presente sistema sovietico è
totalmente invischiata, non meno che in Occidente, nella famiglia, nel
diritto ereditario e nella collegata benedizione del pope.
XV – Codificato così il marxismo
agrario
1 – Ultima tappa – Se nel seguire la costruzione marxista
della questione agraria non abbiamo fatto alcuna innovazione e apportata
alcuna variante, teniamo tuttavia a ripetere che non abbiamo inteso svolgere
alcuna “materia” scolastica, entro i limiti di un programma che la
isoli dalle altre
L’importanza data al settore agrario e alla sua
teoria sta nel fatto che essa racchiude tutto il sistema. Per intendere
la sua soluzione occorre pervenire alla chiarificazione di tutti i capisaldi
generali e centrali, raggiungere la spiegazione di tutto il meccanismo
dell’attuale società, dare le equazioni della sua dinamica; sicuramente
estrapolate,
come nel passato, così nel futuro.
2 – Il giro di Russia – Il problema dell’influenza delle
classi rurali era stato del tutto definito prima dei due trapassi della
rivoluzione borghese che rovescia il sistema della servitù feudale e della
rivoluzione socialista condotta dai lavoratori salariati, dell’industria
come della terra, in paesi in cui sono presenti strati rilevanti di altri
ceti rurali, come i piccoli coloni e proprietari.
La soluzione dei quesiti è già contenuta nei testi
“classici”; così come Lenin la rivendicò e così come si presentò
nella lotta sociale in Russia.
3 – Tra nemici e alleati – Col nascere della teoria che spiega
le lotte tra gruppi umani secondo i materiali interessi e la posizione
sociale nella produzione si pone col problema dell’inimicizia di classe
quello delle alleanze di classe.
Teoria della lotta di classe non vuol dire divisione
della società in due classi. Vi sono sempre più classi. Noi affermiamo
che si va verso la società senza classi; non che si deve passare prima
per la società biclassista.
La moderna società capitalistica tipo
si
compone di tre classi: proletari, capitalisti,
proprietari
fondiari con tre schieramenti di uno contro due e di un quarto in cui
ognuno è contro gli altri due.
Nelle epoche incandescenti della storia uno dei
gruppi di classe prende la posizione di assalto contro tutti.
Come la classe proletaria si riconosce nella storia
e vede contro di sé il fabbricante capitalistico, si accorge dell’esistenza
di varie altre classi che già si muovevano nella vecchia società medioevale.
Sorge subito il quesito dell’alleanza con alcune di esse; e nella più
varia maniera. Il marxismo ammette per dati campi storici di porre e imporre
l’esigenza dell’alleanza armata e combattente in guerra civile e nazionale
tra i salariati e i loro padroni borghesi; come prospetta i rapporti tra
il proletariato e le altre diverse classi all’indomani
della completa
vittoria borghese sul regime feudale.
È solo il proletariato che non ha nulla di proprio
da assicurare. Solo la classe salariata è veramente rivoluzionaria
perché non è agganciata alle famose forme di famiglia, di eredità e
di patria.
Gli altri strati, destinati a fratturarsi come formazioni
geologiche di materiali cedevoli e incoerenti sotto il sollevamento della
fiammeggiante roccia abissale o a stritolarsi tra le pieghe dei suoi corrugamenti,
sono stati debitamente dal marxismo messi al loro posto, e non soltanto
condannati a sparire.
La classe operaia, forza di prima linea della rivoluzione
sociale, ha nemici; come ha alleati. Avviene in dati tempi che lotta «contro
i nemici dei suoi nemici». Avverrà altra volta che lascerà scendere
al suo fianco nelle rivolte quei ceti minori che «si mettono dal punto
di vista dell’avvenire», pur non affidando ad essi – sempre pronti
a seguire il più forte – le posizioni centrali.
4 – Marx e la Francia – Mezzo secolo dopo la prima ascesa
della borghesia al potere, molto più della metà della popolazione francese
si compone della classe contadina; strato sociale diverso dai proletari
salariati e dai capitalisti. I personaggi del dramma non sono due, ma tre
classi. Da allora è passato un secolo e l’economia francese si suole
descrivere come prevalentemente agraria e impegna il lavoro di oltre la
metà della popolazione cui fornisce il prodotto alimentare; con in più
una forte esportazione.
Il segreto delle rivoluzioni antifeudali non ha
nulla a che vedere con la “spartizione delle terre” né in Francia
1789 né in Russia 1917. I campi sono già suddivisi in piccole aziende
autonome tecnicamente, ma su tutta una rete di essi grava la cappa comune
del diritto dei signori feudali e delle istituzioni religiose. Sollevata
la cappa, la terra è “libera”; ma non si sono avute, di norma, né
conquista per invasione né tracciamento di nuovi confini tra i lotti.
Esistevano due misere forme: la servitù e la coltura minima.
La prima è stata dispersa, la seconda è purtroppo rimasta. Atto primo.
“Non si era pagato prezzo alcuno”.
«Le generazioni successive pagarono sotto
forma di prezzo del terreno ciò che i loro antenati semi-servi avevano
pagato sotto forma di rendita, di decime, di prestazioni personali, ecc.»
(Marx). Più la popolazione cresce, più si divide la terra, più rincara
il suo prezzo, più si eleva il debito (l’ipoteca) del contadino. Ma
più si suddivide il terreno, più diminuisce la sua fertilità e più
è contrastato l’aumento di produttività. «Nella stessa misura adunque
in cui la popolazione e con essa la divisione del suolo cresce, rincara
lo strumento di produzione, la terra, e ne decresce la fertilità, decade
l’agricoltura e il contadino si indebita» (Marx). Oggi, a ciclo concluso,
«il contadino francese sotto forma di interessi per ipoteche vincolanti
la terra, sotto forma di interessi per anticipazioni non ipotecate ottenute
dall’usuraio, cede al capitalista non solo la rendita fondiaria, non
solo il profitto industriale, non solo in una parola tutto il guadagno
netto, ma persino una parte del salario del lavoro, precipitando per tal
modo al livello dell’affittaiuolo irlandese – e tutto ciò sotto pretesto
di essere proprietario privato» (Marx).
5 – I contadini e la politica – Dice Marx: «Si vede che
lo sfruttamento dei contadini differisce da quello del proletariato industriale
unicamente nella forma. Lo sfruttatore è il medesimo, il Capitale. I singoli
capitalisti sfruttano i singoli contadini con l’usura, la classe capitalistica
sfrutta la classe dei contadini con l’imposta dello Stato».
Il leninismo dice ai contadini che la dittatura
degli operai è quella dei loro alleati; cosa già scritta dal marxismo
nel 1850 al pari dell’altra che la repubblica costituzionale è la
dittatura di tutti i loro sfruttatori; e Lenin ribadì anche questo.
Nel 1950 dire al contadino che la salvezza della
costituzione repubblicana è il suo ideale, che gli garantirà la proprietà
privata della terra, che cosa è dunque? Marxismo, leninismo, socialismo
democratico e piccolo borghese? Non è il caso di scegliere tra definizioni
pulite: è una pisciata.
6 – Tra Bonaparte e la Comune – Dice ancora Marx: «I Bonaparte
sono la dinastia dei contadini; che, intendiamoci, non rappresenta
il contadino che vuole infrangere le proprie condizioni di esistenza, il
suo boccone di terra, ma quello che le vuole consolidare sempre più».
Questi stalinisti italici, che lottano per il consolidamento
del contadino entro un recinto reticolato tracciato intorno a tre zolle,
sono forse dunque a loro volta napoleonidi, o solo e come dianzi, vespasianidi?
Nel terzo lavoro di Marx sulla storia di Francia
– vero orario ferroviario dell’espresso della rivoluzione, annunziato
in ritardo, ma che passerà tanto più strepitoso – si insiste sul rapporto
tra proletariato e contadini.
Marx ribadisce che «la Comune aveva perfettamente
ragione gridando ai contadini: la nostra vittoria è la vostra speranza!».
Marx prevede che tre mesi di relazioni tra Parigi comunarda e la campagna
di Francia avrebbero provocato una sollevazione di contadini: gli
Junker francesi lo sapevano e, sempre Marx, «di qui la loro fretta ansiosa
di cingere Parigi di un blocco poliziesco», di soffocare nel sangue il
primo governo del proletariato.
7 – Engels e la Germania – Engels ricorda che in Germania
vi fu una grande lotta antifeudale con la rivolta dei contadini di Munzer
nel 1525, che la storia corrente tratta come una guerra di religione, non
avendone ravvisata la base sociale.
I contadini furono battuti e ribadite le catene
del servaggio feudale. Ma i nobili di campagna perdettero molta ricchezza
ed autonomia a favore del piccolo principato: fu comunque un colpo allo
sparpagliamento feudale. Dunque approfittarono i piccoli principi.
Nel 1848, battuti operai, contadini e borghesi delle
città, approfittarono i grandi principi. Ma dietro i piccoli principi
nel 1525 c’erano i piccoli borghesi; dietro i grandi nel 1848 c’erano
i grandi borghesi e dietro questi i proletari. In questo senso unitario
anche la controrivoluzione è un passo storico innanzi. Fu bene Sedan e
la formazione dell’impero che porta alla centralizzazione tedesca con
ben 350 anni di ritardo su Munzer.
Una grande questione storica si chiude così e si
apre quella dell’internazionale rossa in Europa, della dittatura del
proletariato senza nazione.
Non avesse il contadino altra inferiorità, ha questa:
il massimo livello storico che può attingere, anche insorgendo, è nazionale.
Nella prefazione del 1874 Engels si occupa dell’affare
delle alleanze. I borghesi erano ormai passati all’alleanza con
tutte le forze reazionarie: nobiltà, monarchia, esercito, burocrazia.
Nel 1870, Engels dice, abbiamo la nuova classe,
il proletariato. Ma esso è ancora lontano dal formare la maggioranza.
Deve dunque (quanto si è lavorato con questo dunque!) ricorrere
ad alleanze; e «non può cercarle che tra i piccoli borghesi, nel sottoproletariato
delle
città, tra i contadini piccoli proprietari e i giornalieri agricoli».
8 – Alleati a concorso – Passiamo in rassegna queste forze
sociali.
Engels: «Dei piccoli borghesi non c’è da fidarsene,
salvo il giorno della vittoria, ché allora il loro chiasso, alla birreria,
è grande. Tuttavia vi sono fra essi ottimi elementi che si accostano spontaneamente
agli operai». (Questo riguarda l’organizzazione del partito, assolutamente
non legata alla forma laburista).
Quanto al Lumpenproletariat, o malavita delle
città, secondo Marx «chi si serve di questi miserabili tradisce la causa».
«I piccoli contadini – giacché quelli
medi appartengono alla borghesia – o sono contadini feudali, ancora gravati
di obblighi verso il signore; o sono affittaiuoli; l’affitto è
così alto che dipendono interamente dalle grazie del proprietario. Da
chi possono sperar salute se non dalla classe operaia? Rimangono i contadini
che amministrano il fondo proprio, spremuti dai borghesi e dai capitalisti
usurai. Ma sono attaccatissimi a quella proprietà, che invero non appartiene
ad essi ma allo strozzino. Si potrà convincerli che verranno liberati
solo da un governo della classe operaia».
Engels tratta infine dei salariati agrari rilevando
la loro perfetta analogia sociale con gli operai urbani.
Engels alla data 1874 doveva ancora deplorare che
in questa classe si reclutavano gli elettori degli junker e dei borghesi,
dei nazional-liberali e del centro cattolico. Forse in Italia si era più
avanti: preti e liberali mietevano sì seguito nelle campagne; ma, dove
prevaleva il bracciantato, già dalla fine dell’Ottocento era forte il
movimento politico socialista.
Al salariato agricolo non si chiede se è alleato;
egli è un fratello nella milizia della rivoluzione, che cento volte ha
tenuto la prima fila.
9 – Catastrofe tra le cozzanti tesi
1 – Natura e Lavoro – I beni d’uso di cui la società dispone vengono da Lavoro umano. Dispone di beni che non ha prodotto ogni classe che controlla i prodotti tramite: i produttori, il loro diritto di accedere alla terra, gli strumenti di lavoro.
2 – Ricchezza e sopralavoro – Ogni entrata (sotto forma di Profitto, di Rendita e di Interesse) di classi non produttive deriva da Sopralavoro (o Sovraprodotto) delle classi produttive alle quali, per la loro conservazione e riproduzione, le istituzioni politiche (ossia la forza del potere dell’ordine vigente) attribuiscono la parte minore del prodotto.
3 – Partizione del prodotto – Il prodotto (il valore formato nella produzione derivato tutto dal Lavoro) contiene quattro elementi: Capitale costante, Capitale variabile, Profitto e Rendita. Su di esso si fanno tre prelievi: il Salario, il Profitto per gli imprenditori capitalistici e la Rendita per i proprietari fondiari.
4 – Patrimonio e capitale – Il Profitto d’impresa
tende a livellarsi ad un saggio medio, finché non interviene la Rendita.
In questo caso il prodotto si vende al prezzo di produzione.
Per il marxismo il saggio del plusvalore è il rapporto
del Profitto al Capitale variabile; il saggio del profitto è il rapporto
del Profitto al costo di produzione, Capitale costante più Capitale variabile.
Per l’economia comune il saggio dell’utile o
del dividendo è il rapporto del profitto all’atto patrimoniale. In merito
va precisato che terra, capitale monetario e valore di stima dei mezzi
di lavoro (nel caso che restano integri rispetto al prodotto netto) sono
solo titoli sociali a fare prelievi sul Profitto (ossia sul Sopralavoro;
e sul Sopraprofitto se esiste) e non entrano nel calcolo di ripartizione
del prodotto totale smerciato (il “fatturato” dei borghesi).
5 – Rendita differenziale – L’Interesse è una parte
del Profitto; il resto è benefizio d’impresa. La Rendita sorge se c’è
un extraprofitto rispetto al saggio medio sociale del profitto.
Un’azienda agraria dà extraprofitto rispetto
ad un’altra se, a parità delle altre condizioni, la più elevata fertilità
consente un raccolto maggiore. La differenza netta va al proprietario come
Rendita differenziale.
6 – Legge del terreno peggiore – Il prezzo dei prodotti
industriali tende al loro valore di scambio, uguale al prezzo di produzione,
comprendente il Profitto al saggio medio.
Il prezzo dei prodotti agricoli è uguale al prezzo
di produzione singolo del terreno meno fertile, che compensa Spese e Profitto
medio. Nei terreni più fertili a pari spesa si ha un prodotto maggiore
con un prezzo di produzione singolo minore; per cui si forma un Sopraprofitto
che diviene Rendita.
7 – Rendita assoluta – C’è una Rendita assoluta
altresì nel terreno meno fertile e anche ivi il prezzo di mercato è superiore
al valore, ossia al prezzo di produzione nelle peggiori condizioni; e ciò
da quando la terra è tutta occupata e gestita in imprese capitalistiche.
Il modo storico capitalistico di produzione diffondendosi
fa scemare il prezzo dei manufatti, salire quello degli alimenti.
8 – Industria e agricoltura – Il capitalismo non può
compensare: i prezzi industriali ed agrari; la soddisfazione dei bisogni
giusta una utilità sociale; la distribuzione della ricchezza, del capitale
e dell’entrata. Tende perciò a divergere sempre più dall’equilibrio.
E ciò perché la ripartizione del prodotto tra le entrate delle classi
è dovuto ad un prezzo corrente di mercato uguale per merci prodotte in
condizioni e in rapporto di sforzi e risultati diversi. Ciò è dovuto
alla legge del valore (o equivalenza negli scambi) e alla distribuzione
mercantile.
Il capitale industriale procede con una composizione
organica sempre migliore (alto grado tecnologico) che determina la generale
discesa storica del saggio del profitto anche a pari saggio del plusvalore.
Questo processo nell’agricoltura è bloccato sia
dal monopolio privato della terra sia soprattutto dalla livellazione mercantile
di tutto il prodotto da scambiare e dalla relazione sfavorevole popolazione-terra.
Il passaggio della Rendita fondiaria allo Stato
non eliminerebbe per nulla le causa di questo fatto essenziale.
9 – Comunismo è antimercantilismo – Le misure che
non escono dal quadro mercantile e quindi capitalistico lascerebbero inalterato
l’enorme lavoro sociale globale con lo scarso consumo sociale globale;
e così lo scompenso tra apporti di lavoro e godimenti di consumo.
Questi i caratteri del programma comunista della
rivoluzione del proletariato per superare il dispotismo aziendale e l’anarchia
della produzione:
A – Abolizione della amministrazione
della produzione per esercizi di aziende.
B – Abolizione della distribuzione
col mezzo dello scambio mercantile e monetario, sia per i prodotti-merci
sia per la forza umana di lavoro.
C – Piano sociale unitario, misurato
da quantità fisiche, dell’assegnazione delle forze di lavoro, delle
materie prime, degli strumenti ai vari settori produttivi e della assegnazione
dei prodotti nei settori di consumo.
Socialismo è l’abolizione di ogni valore mercantile
e di ogni lavoro costretto e pagato. Il sopralavoro di ciascun singolo
è donato alla società (non ad altri né a se stessi).
10 – Parcellazione e miseria – Gli strati della popolazione
agraria lavoratrice diversi dai salariati, di cui mai la società capitalista
sarà epurata, sono sopravvivenze di passate forme sociali. Essi formano
una classe, quasi una casta di oppressi, arretrata rispetto al mondo moderno,
incapace – per quanto le loro rivolte per fame possano disturbare il
potere borghese – di impersonare nuove forme sociali rivoluzionarie.
La rivoluzione è compito della classe dei proletari
salariati dell’industria e della terra; e storica funzione di essa sola
è la dittatura rivoluzionaria.
11 – Monopolio e concorrenza – La teoria marxista
del valore nega la teoria borghese della concorrenza svelando il carattere
di monopolio di classe dell’economia capitalistica.
I fenomeni recenti, che hanno confermato la dottrina
marxista e tutte le sue previsioni, sono pienamente inquadrati nei rigorosi
teoremi sulla Rendita (applicati a tutte le forze naturali: agricole ed
industriali) e rappresentano le basi attuali di sovraprofitti e monopoli
e di parassitismi redditieri, che aggraveranno ulteriormente la scompensazione
della forma sociale capitalistica.
12 – La nemica scienza – La sola pretesa scienza possibile
per i moderni economisti e docenti è basata sulla registrazione dei prezzi
concreti di cui essi seguono le vicende che possono essere estremamente
complesse.
Ribatte il marxismo: Les professeurs à la Lanterne!