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COMUNISMO
n. 51 - dicembre 2001

TEORIA DELLA RENDITA FONDIARIA E QUESTIONE AGRARIA NELLA DOTTRINA MARXISTA
Sintesi ed esemplificazione numerica dei 15 “Fili del Tempo” sulla Questione Agraria usciti ne “Il Programma Comunista” nei nn. dal 21 del 1953 al 12 del 1954.


Indice degli argomenti per Capitoli

Cap. I – Prospetto introduttivo alla questione agraria.
1. Questione nazionale, Personalità, Cultura, Intellettuali. 2. Marxismo e rettificatori, Marxismo e dogmatici. 3. Saggio del profitto, Metodo marxista. 4. Scienza, Feudalesimo in Italia. 5. Metodo marxista, Feudalesimo, Colonia parziaria. 6. Ricchezza, Borghesia e individualismo, Teoria del valore, Comunismo, Comunismo primitivo, Monopolio terriero.

Cap. II – Stregoneria della rendita fondiaria.
1. Capitalismo, Manifattura, Pensiero, Io. 2. Economia naturale, Plusvalore, Feudalesimo, Coscienza. 3. Diritto romano, Azienda, Manomorta. 4. Azienda, Monopolio, Latifondo, Capitale costante, Capitale variabile. 5. Bilancio, Popolo. 6. Lavoro di partito, Capitale. 7. Valore, Petty. 8. Relatività.

Cap. III – Lui, lei e l’altro (la terra, il denaro e il capitale).
1. Plusvalore, Marxismo, Sfruttamento, Sopralavoro. 2. Interesse. 3. Condizioni di lavoro, Locke. 4. Locke, Hume, Steuart. 5. Metodo marxista, Fisiocratici, Nenni, Economia marxista. 6. Salario, Smith. 7. Denaro, Capitale industriale, Proprietari fondiari.

Cap. IV – Il capitalismo - rivoluzione agraria.
1. Scienza marxista, Barbarie e civiltà, Tattica, Politica. 2. Teoria ed azione, Lealtà, Lenin e il marxismo, Volontarismo, Marxismo e invarianza, Conoscenza. 3. Marxismo e teoria, Conoscenza, Primi economisti, Sapere borghese. 4. Conoscenza, Marxismo e aggiornatori. 5. Serie storica del capitalismo, Mezze classi. 6. Capitalismo. 7. Rendita, Salariato. 8. Invariante dottrina marxista, Fisiocratici. 9. Materialismo, Coscienza, Marxismo e Coscienza.

Cap. V – Proseguendo sulla questione agraria.
1. Fisiocratici, Economisti. 2. Ricchezza, Comunismo, Schiavitù, Feudalesimo. 3. Capitalismo, Conoscenza. 4. Economia marxista. 5. Economia marxista. 6. Capitale, Socialismo, Sindacalismo. 7. Economisti, Cultura, Scienze, Metodo scientifico. 8. Marxismo, Rivoluzione liberale, Stato, Classi.

Cap. VI – Metafisica della terra capitale.
1. Graziadei, “Miseria della Filosofia”, “Il Manifesto del Partito comunista”. 2. Proudhon, Psicologia, Morale, Hegel, Kant, Economisti. 3. Proudhon, Economisti, Utilità marginale, Economia marxista. 4. Ricardo, Rivoluzioni borghesi, Lotta di classe proletaria, Marxismo, Ideologia, Proudhon. 5. Egualitarismo mercantile, Ricardo, Socialisti pre-marxisti. 6. Proudhon, Buoni di lavoro-tempo, Teorie del Plusvalore, Sopralavoro, Russia 1954, Prezzi. 7. Miseria, Utilità, Comunismo, Monopolio, Progresso. 8. Proudhon, Rendita.

Cap. VII – Rendita differenziale, appetito integrale.
1. Cultura, Scuola, Scolastica, Malthus, Comunità medioevali. 2. Ricardo, Malthus, Produzione capitalistica fine a se stessa, Comunismo, Stalinismo. 3. Matematica, Miseria, Ricchezza. 4. Scienza, Smith. 5. Fisiocratici, Rendita, Prezzo di Produzione, Capitale sociale. 6. Prezzi, Economia marxista, Capitalismo, Sciupio. 7. Sopraprofitti, Ricardo. 8. Italia e riforma fondiaria, I. e Stato italiano.

Cap. VIII – Grandiosa, non commestibile civiltà.
1. Capitale per il marxismo, Capitale per la borghesia, Ecologia. 2. Capitalismo e catastrofi, Ingranaggio del capitalismo. 3. Produttività dell’agricoltura, Saggio del profitto, Acciaio, Produzione dell’agricoltura. 4. Produttività del lavoro. 5. Formula trinitaria, Metodo coerente di indagine marxista, Comunismo, Capitalismo. 6. Metodo della Scienza, Irlanda, Bracciantato agrario, Rendita. 7. Sacre Scritture e rimodernatori. 8. “Socialisme ou Barbarie”.

Cap. IX – Terra matrigna, mercato lenone. 1. Storia economica, Comunismo primitivo. 2. Comunismo. 3. Unità di misura. 4. Prezzo di produzione, Rendita. 5. Catasto. 6. Monopolio da spiantare, Contabilità borghese. 7. Specie e tempo di Lavoro, Capitalismo e fame, Rendita abolita. 8. Rendite differenziali, Aumento storico del prezzo reale del grano, Investimento di capitale e fertilità del suolo. 9. Capitalismo e caro-pane. 10. Valore sociale. 11. Concorrenza e marxismo, Monopolio e rendita.

Cap. X – Terra vergine, capitale satiro.
1. Capitalismo e rendita differenziale. 2. Galileo, Scienza, Differenziali. 3. Politica e Marx, Politica e Lenin. 4. Produzione agricola. 5. Teoria borghese e teoria marxista dell’Investimento di capitale. 6. Unità di misura, Capitale e rendita fondiaria. 7. Capitalismo e fame, Rendita. 8. Agricoltura e fame, Russia da esportatrice a importatrice di grano.

Cap. XI – Mai la merce sfamerà l’uomo.
1. “La Questione agraria e la teoria della rendita fondiaria nella dottrina marxista” Studio-argine alle degenerazioni del marxismo. 2. Proprietà sul prodotto, Equivalenza, Prodotto del lavoro, Forza lavoro e valore di scambio, Legge di equivalenza, Socialismo, Capitalismo. 3. Proudhon, Egualitarismo sempliciotto, Socialismo, Legge del valore, Scambio di mercato. 4. Lassalle, Giustizia eterna e produzione capitalistica, Ricardo. 5. Ricardo, Capitalismo, Marketing. 6. Feudalesimo, Italia, Rendita differenziale. 7. Rendita differenziale, Scienza. 8. Rendita e fame. 9. Mercato e mercantilismo.

Cap. XII – Attracchi il batiscafo storico!
1. Marxismo e negatori, Marxismo e rubacchiatori. 2. Termodinamica. 3. Rendita agraria. 4. Sopraprofitti. 5. Teorie sulla rendita. 6. Monopolio. 7. Capitalismo e aziendismo, Rendita differenziale. 8. Rivoluzione popolare, Rivoluzione operaia, Rivoluzioni doppie, Rivoluzione. permanente. 9. Lenin e la questione agraria, Popolo e movimenti popolari. 10. Ceti e strati rurali meno moderni, Dualismo banale nella lotta di classe, Proletariato maturo d’Europa, Italia e movimento popolare.

Cap. XIII – Nel dramma della terra parti di fianco.
1. Rendita, Terra e Diritto di proprietà, Comunismo. 2. Salariato. 3. Proprietà e titolo di proprietà, Proprietà privata e sociale, Comunismo, Individuo, Specie umana, Terra alla nazione. 4. Contadino piccolo proprietario, piccolo colono, Braccianti proletari della terra. 5. Medioevo. 6. Colono, Mezzadro. 7. Socialismo, Capitalismo agrario, Capitalismo industriale. 8. Produzione e rendita. 9. Produzione mineraria. 10, Produzione mineraria e strage di proletari.

Cap. XIV – Miseranda schiavitù della schiappa.
1. Colono parziario, Metodo della scienza, Contadino proprietario. 2. Colono, Blocco degli affitti, Nomade, Mezzadro, Contadino proprietario. 3. Piccolo contadino, Comunismo, Terra. 4. Franchi, Russia e colcos. 5. Prezzo della terra. 6. Comunismo, Rivoluzione proletaria, Proprietà della terra. 7. Capitale e Terra, Capitale fisso, Capitale circolante. 8. Schiavo, Prezzo in moneta della terra, Agricoltura poco capitalistica in Russia.

Cap. XV – Codificato così il marxismo agrario.
1. “Muscolo cervello”, Comunismo, Specialismo borghese, Russia 1917, Pensatori borghesi. 2. “Attualità”. 3. Alleanze di classe, Socialismo feudale. 4. Il segreto delle rivoluzioni antifeudali. 5. Leninismo e tattica rivoluzionaria. 6. Proletariato e tattica con le classi contadine. 7. Germania e controrivoluzione 1525, Limite “nazionale” del contadino se insorge. 8. Sottoproletariato e Tattica rivoluzionaria, Salariati agricoli alleati nella rivoluzione. 9. Tesi marxiste sulla questione agraria.


 



  


I – Prospetto introduttivo alla questione agraria
 

1 – Aggancio – Una certa insufficienza di visione sulle questioni agraria e nazionale culmina nel negare importanza storica ai movimenti dei contadini proprietari e delle nazionalità soggette.

2 – Formula facile facile per i pastori e le greggi – Si dice che alla critica del capitalismo da parte di Marx e alla via per attuare il programma del comunismo basata sull’urto delle forze dei capitalisti industriali e dei lavoratori salariati di fabbrica – in quanto tale forma con moto travolgente andava inghiottendo tutte le altre della produzione sociale – l’innovatore Lenin avrebbe portato avanti l’urto di forze tra il piccolo contadino ed il proprietario terriero, in quanto forma preminente nella dinamica della rivoluzione. Il falso spudorato è che Lenin abbia fatto la rivoluzione con le forze contadine. Per il filisteo il leninismo è la scoperta del modo di fare fessi i contadini perché compiano la rivoluzione operaia.
    In tutte le sue storiche e potenti polemiche in materia agraria Lenin si batté contro la bestialità incommensurabile di pseudo-marxisti circa problemi trascurati da Marx e sulla correzione di suoi errori. È Lenin a ribadire che Marx ha trattato in modo originale e completo la questione agraria su cui, con Engels, ha scritto due volte più pagine che sulla questione industriale.

3 – Lenin e i “manuali” – Lenin contro Bulgakov dimostra la validità nell’agricoltura della legge sulla diminuzione del saggio di profitto grazie al miglioramento della composizione organica del capitale (più capitale costante, meno capitale variabile; ossia più macchine e materie prime, meno lavoro umano).
    Lenin difende Kautsky per aver dato i caratteri discriminanti tra economia feudale ed economia capitalistica e per aver precisato i caratteri di quel trapasso.

4 – Economia rurale e storia – La ricerca sul mutarsi delle forme di produzione e di economia agricola, che si può dire fino ad ieri sono state parte preponderante di tutta l’economia sociale, deve essere estesa a tutto il ciclo storico umano. Il marxismo fa una decisa critica, su sola base scientifica, della partizione molecolare della terra, causa di stasi e di infinita miseria. In materia è importante stabilire la preminenza del metodo storico onde chiarire quello sociale. Sono rilevanti i fattori della limitazione della terra e della cosiddetta fertilità decrescente.
    Nei germani, ad esempio, c’è prevalenza di terreni ad uso civico e demanio; mentre nei latini c’è il completo svolgimento del sistema allodiale (possesso privato). I germani, poco numerosi su vaste terre, usano il secolare e millenario sistema dei tre campi: di tre terreni uguali alternativamente uno è coltivato a grano, il cereale più nutritivo, uno a segale, orzo o avena, cereali meno nutritivi, uno resta a riposo (maggese).
    A lungo non la terra, ma il bestiame, che pascola su terreno comune a tutti, è oggetto di valore e articolo di commercio. Pecunia (denaro) deriva da pecus (bestiame).
    La proprietà privata deriva sia da spartizione del terreno collettivo tra famiglie sia da violenza, schiavitù, conquista.
    Nei popoli germanici la coltura in comune sparisce assai tardi; mentre in Italia la spartizione individuale è preromana (il Dio Termine rende il possesso di terra sacro e inviolabile) per la lontanissima conoscenza di colture (vite, ulivo, alberati fruttiferi, irrigazione) superiori a quella cerealicola.
    In Italia le forme feudali hanno scarsa influenza e spariscono rapidamente tra la caduta dell’impero bizantino e l’epoca dei Comuni in cui ci fu un’agricoltura altamente intensa (orti e giardini) e addirittura pienamente capitalistica.

5 – Uscita dal feudalesimo – Nel rapporto feudale il servo arrecava al padrone una rendita in derrate o in lavoro con giornate di lavoro nel suo giardino e con quote del prodotto del suo campicello; e siamo perciò in un’economia naturale. Il moderno padrone della terra, il proprietario fondiario, gode invece di una rendita in denaro.
    Al tempo stesso il possesso fondiario da inviolabile diviene alienabile; come il lavoratore agrario da vincolato alla terra, diviene libero. Inizialmente questo processo non è determinato solo dall’inarrestabile esigenza di dare sfogo benefico alle forze produttive manufatturiere, ma è anche accompagnato da pari esaltazione delle forze produttive agrarie.
    Kautsky: «Nell’epoca feudale non c’era altra agricoltura all’infuori della piccola coltura, e le terre della nobiltà erano coltivate con gli stessi strumenti usati dai piccoli contadini. Il capitalismo per primo ha creato la possibilità della grande agricoltura, tecnicamente più razionale della piccola».
    Lenin stabilisce chiaramente che nel marxismo l’agricoltura attuale diventa capitalistica nella sua interna struttura economica perché la forma da naturale diventa mercantile.
    L’economia agraria feudale, caratterizzata fra l’altro dalla sovrapposizione del lavoro della terra all’industria minima domestica, tiene la produzione rurale lontano dal mercato. L’economia capitalistica trae la piccola azienda contadina nel vortice mercantile.
    La pretesa indipendenza della piccolissima azienda conduce ad un immenso maggiore onere di lavoro per il proprietario del fazzoletto di terra. Ma, entro i limiti capitalistici, non si può contare sulla sparizione della piccola produzione nell’agricoltura.
    «Le cooperative dei piccoli coltivatori sono naturalmente un anello del progresso economico, ma esprimono una transizione verso il capitalismo e non, assolutamente, verso il collettivismo, come si pensa e si afferma di sovente» (Kautsky).
    I cardini marxisti della valutazione del trapasso tra i modi della produzione agraria sono gli elementi sostanziali per giudicare la sciocca opinione popolare mondiale di un Lenin ripartitore di terre ai piccoli contadini.

6 – Arte e natura – Nelle dottrine sull’economia agraria una posizione mette innanzi le forze naturali, e quindi la terra, un’altra opposta mette avanti il lavoro dell’agricoltore, e quindi l’uomo. La polemica sorge sulle fonti della ricchezza. Gli ultimi feudali e i primi borghesi considerano la natura e la terra le sole fonti della ricchezza; mentre per la scuola capitalistica classica il lavoro è la fonte di ogni ricchezza.
    Per la teoria di Marx la rendita fondiaria non è un dono della natura al proprietario, connesso alla sua occupazione di un quantum del suolo, ma soltanto una frazione del plusvalore, ossia di lavoro reso dagli agricoli, ma non pagato con la loro remunerazione in denaro, o salario. Se un campo, senza aratura e altre operazioni, ciclicamente producesse pane, come il famoso albero tropicale, ecco che avremmo una rendita della natura. Ma Lenin si arrabbia contro queste favole, perché non si è mai mangiato senza che si fosse lavorato.
    La discussione sull’origine da lavoro o da forza naturale della ricchezza agraria, sia essa iscritta vuoi alla classe terriera vuoi all’astratta nazione, si limita alla decifrazione delle economie di ripartizione privata e di sfruttamento. Ed a questi effetti è centrale la tesi che tutto viene da appropriazione da parte di una classe del lavoro di un’altra, sia nella produzione feudale sia in quella capitalistica.
    Non esiste Rendita per un solo individuo che non sia rubata al lavoro dell’uomo. Tutta qui la teoria sulla rendita fondiaria: neghiamo ai ladri l’alibi di scienza economica.
 
 
   


II – Stregoneria della rendita fondiaria
 

1 – Agricolture senza moneta – Nella piccola coltura familiare su un campo ormai delimitato lavorano tutti i componenti di essa atti alla fatica, e con determinati cicli sono accumulati i prodotti agrari che tutti consumano. Tale economia vive in un’isola perfettamente chiusa. Nel senso economico non entra e non esce ricchezza o valore; nel senso fisico non esce alcun prodotto di lavoro. Entra solo energia termica della radiazione solare, adatta a trasformarsi in chimismo della terra, in forza dei muscoli animali e umani e in conoscenza organizzativa collettiva.
    Supponiamo che nell’isola, o compartimento stagno, si stabilisca un equilibrio permanente, uno stato di regime tra uomini ed animali e l’estensione della terra, senza che questa esaurisca la sua fertilità. Allora il dare ed avere della terra, nel suo chimismo ciclico, sarà in pareggio perfetto: il suolo nulla avrà donato alla comunità vivente. Tutta l’energia incorporata, nelle sue successive forme, dovrà, ad uno stadio del ciclo, assumere quella di energia muscolare umana e organica (il cervello).
    Fin da questo lontano caso si impianta la polemica: i valori li genera la Terra o il Lavoro?

2 – Economie naturali – Nell’economia naturale non c’è scambio e moneta, ma solo movimento di prodotti materiali. Se è già apparsa la proprietà, può già aversi il plusvalore e può già essere comparsa la suddivisione dei componenti della società tra lavoratori e non lavoratori.
    Smith definisce la Rendita fondiaria una parte del prodotto (concetto principale) e, per il modo capitalistico mercantile, il suo prezzo in denaro (concetto storicamente contingente).
    Nella famosa isola possono vivere sia proprietari di schiavi, che raccolgono senza aver seminato, sia schiavi che lavorano. Tutti mangiano i prodotti della stessa terra, ma lo schiavo lavoratore trasforma coi suoi processi muscolari 4.000 calorie in arrivo dalla centrale solare e ne consuma solo 2.000. Altro non è il plusvalore misurato in unità di energia (in uomini-vapore o in calorie) dai marxisti; mentre per gli economisti il valore del lavoro operaio è il prezzo di mercato delle sussistenze che bastano a far vivere l’operaio. Quindi teorizzano per quelli che raccolgono dove altri ha seminato.
    Nell’ingranaggio della società feudale esiste il mercato; ma il rapporto delle due classi fondamentali: lavoratori della terra e nobili, non è regolato mercantilmente; e lo stesso avviene per l’ordine sacerdotale. Nel più vicino Medioevo la trama mercantile si va costruendo sempre più fitta, ma il grosso della produzione agraria funziona senza dovervi fare ricorso.

3 – Moderna agricoltura mercantile – Il capitalismo dà all’agricoltura la forma di mercato, dopo avere schiodato dalla terra sia il lavoratore reso libero sia il barone feudale, sopprimendo la inalienabilità del feudo.
    Da questo immenso processo sono sorte svariate forme di esercizio della produzione agricola che tuttora vivono e accompagnano la possente industrializzazione moderna nel campo della produzione di manufatti e servizi diversi.
    Lo studio economico Proprietà e Capitale mette in evidenza, al posto del criterio di proprietà, che è puramente giuridico, quello ben diverso di azienda. Per sviluppare la genesi della rendita, si anatomizza l’azienda agraria e non la proprietà.
    La lotta in Italia per la spartizione della rendita terriera riguarda il 2,5% del reddito nazionale; quello dei baroni lo 0,5%.

4 – Bilancio dell’azienda – La questione della piccola o grande coltura va riferita alla grandezza dell’azienda e non alla grandezza del possesso; per Lenin al monopolio di azienda e non al monopolio di proprietà della terra. Abolire la proprie-tà della terra attribuendola al demanio dello Stato è programma borghese. Abolire l’azienda, sia essa agraria sia di fabbrica, è compito rivoluzionario e comunista.
    Lo spezzettamento del latifondo (grandissima proprietà e piccole aziende) non colpisce né il monopolio giuridico né quello organizzativo, non è né programma socialista né borghese avanzato: è una boiata da affaristi e pescavoti.
    Quantitativamente la Rendita che dà un fondo è uguale al reddito che ne riceve il proprietario.
    Nell’economia marxista il Capitale Costante comprende il Circolante e la quota del Capitale fisso che si è logorata.
    Per l’economista i salari dei braccianti e degli operai agricoli sono una delle partite di spesa; per i marxisti sono il Capitale Variabile.
    Nel Profitto dell’impresa non trova posto il compenso di lavoro intellettuale del dirigente, che va alla partita salari e stipendi: fatta questa detrazione resta puro il Profitto d’intrapresa.
    Se si tratta di terra agraria c’è un’entrata al giuridico proprietario, la sua Rendita fondiaria netta.

5 – Dramatis personae – Nelle forme miste il puro profilo legale della spettanza soffoca la realtà del rapporto economico e di classe.
    L’affittuario lavoratore per legge deve pagare l’affitto al proprietario, che ha a garanzia il totale lordo del prodotto. Ma il ricavo netto può essere fortemente intaccato nella quota di profitto e magari scendere al di sotto del salario, senza che egli possa rivalersi verso alcuno.
    Il proprietario lavoratore dovrebbe cumulare rendita, profitto e salario; ma se tasse ed interessi di debiti lo soffocano, può accadere che, senza rivalsa, il suo ricavo scenda e che, sparite le quote di rendita e di profitto, egli lavori al di sotto del salario medio, sgobbando per lo Stato, la banca, lo strozzino o il professionista consulente.
    Nell’agricoltura, sotto il riflesso contabile, le forme miste sono le più miserabili e le più adatte a richiedere sforzi di lavoro in eccesso sulla remunerazione. Non è da marxisti fare campagne per aumentare il numero di piccoli proprietari, coloni, mezzadri lavoratori e impedirne la proletarizzazione; facendone dei pezzenti assai più sfruttati del lavoratore a salario, ma evitando così di farne dei rivoluzionari.

6 – Parentesi lessicale – La ricerca sulla rendita fondiaria conduce alla generale dottrina del Plusvalore, come passo passo si vede in Marx.
    Alla rendita immobiliare, al profitto aziendale, all’interesse finanziario corrispondono, come capitale patrimoniale del titolare, la terra, la fabbrica con le macchine, il contante.
    Nell’azienda agraria concorrono capitale terra, capitale tecnico e capitale denaro.
    Marx assimila il Capitale ad una massa di merci, di prodotti del lavoro umano. Si divide in Capitale costante, Capitale variabile e Plusvalore. Nell’azienda agraria il Plusvalore si ripartisce in Interessi, Profitto d’impresa e Rendita fondiaria netta. Mentre tutto il valore della produzione in derrate è per i borghesi Rendita fondiaria lorda, per noi è Capitale totale.
    Nell’azienda industriale la somma dei prodotti di un dato ciclo per noi è Capitale, per l’economista è il fatturato, l’entrata lorda, l’attivo di gestione.
    Il valore venale dell’azienda non dipende da una somma di valori di inventario, ma dalla sua capacità di prodotto lordo con un certo margine di utile netto.
    I borghesi mettono il Plusvalore in rapporto al valore degli impianti; noi al vivo valore in trasformazione. Perciò la legge di discesa dei tassi o saggi di rendita, interesse, profitto e plusvalore non toglie che il Plusvalore sia sempre più giganteggiante, assolutamente e relativamente.

7 – Interesse e rendita – Gli economisti del capitalismo avanzante erano colpiti dagli aspetti storici della Rendita fondiaria e dell’Interesse, che allora era detto apertamente usurario.
    Questa è la via che Marx imbocca per la comprensione del capitalismo al cui termine il capitale si contenterà di minore saggio di profitto e tollererà un più alto tenore di vita del lavoratore; ma ciò nonostante sarà provato l’incombere della catastrofe rivoluzionaria.
    Per i primi economisti è elementare che la Rendita viene dalla proprietà della terra, visto che questa arreca frutti; mentre c’è difficoltà a capire che una somma di denaro prestato arrechi un interesse. Nei due casi la spiegazione si avrà con lo stabilire l’origine dei valori nel lavoro degli uomini.
    Petty nel 1679 trova che il Valore (per lui il prezzo naturale) di una merce sta nella quantità di Lavoro medio che contiene. Poi affronta il problema del Plusvalore, ossia l’entrata di chi non rende lavoro.
    Per i fisiocratici francesi la Rendita fondiaria è la sola sorgente di Plusvalore; per Petty lo è anche l’Interesse. Per Marx la Rendita è una semplice eccedenza del lavoro impiegato sul lavoro necessario. Petty, per esprimere la Rendita in denaro, il frutto, ricorre all’esempio di un minatore lavoratore salariato che del minerale estratto riceve il minimo indispensabile per vivere; egli pone così la Rendita eguale a tutto il Plusvalore, Profitto compreso.
    Petty vuole poi trovare il Valore commerciale della terra dato da un certo numero di Rendite annue; quanto cioè un compratore è disposto ad anticipare in moneta. Sulla base di 22 e 21 anni che ci sono tra un nonno di 50 anni, un padre di 28 o un figlio di 7, Petty fissa il valore della terra in 21 annate di rendita, diciamo 20, che corrispondono al tasso del 5% annuo della capitalizzazione degli economisti. Il compratore di terra calcola che essa in 20 anni gli renderà quanto il denaro speso per l’acquisto messo ad interesse del 5% annuo.
    Petty, partendo dalla Rendita come forma madre del Plusvalore, avrebbe potuto dedurre la Rendita come derivato della forma Interesse.
    Dal 1679 al 1954 sono passati 275 anni. La differenza tra nonno, padre e figlio non è più di 20 anni, ma di 30 perché si è prolungata la vita delle generazioni. In quei quasi 3 secoli il tasso del profitto è sceso dal 5% al 3%.
    Marx obietta a Petty che, dopo mangiate le 20 rendite, il valore venale della terra di norma è ancora lì per altri 20 anni e per un’altra vendita alla stessa cifra; e così di seguito. Si va perciò al di là dei limiti di generazioni. Ossia il valore della terra non è da attribuire ad un certo numero di rendite. Quella ricorrenza ventennale di rendite il diritto la esprime con l’ereditarietà della terra senza limiti di generazioni.
    Per confutare Petty occorre una formula di calcolo integrale.

8 – La servetta e il calcolo integrale – Quanto si deve stanziare per pareggiare la somma dei valori attuali di Rendite future tutte uguali, ma distanti da oggi sempre più anni? Quanti anni? Tutti gli anni fino alla fine del capitalismo. Per l’economista borghese la rendita è perpetua e gli anni da mettere nel conto infiniti.
    Il problema si risolve applicando il calcolo integrale e fornendo il dato occorrente del tasso d’interesse. Integrando infinite Rendite future costanti scontate al tasso del 5%, si ha un capitale di 20 volte la rendita. Il capitale si trova dividendo la Rendita per il Saggio d’interesse: 1/0,05 = 20.
 
 
   


III – Lui, lei e l’altro (la terra, il denaro, il capitale)
 

1 – Frutti e sfruttamento – L’Interesse e il Profitto sono momenti ed aspetti storici del Lavoro prelevato da uomini a carico di altri uomini, ossia del Sopralavoro; la moderna critica marxista li dimostra parti in cui si suddivide il Plusvalore. Il marxismo è la Teoria del Plusvalore; del Sopralavoro se estesa a tutte le epoche passate e presenti. Anche future, di prestazione di sopralavoro per tutta la società umana nel programma comunista.
    Col metodo storico si evita l’equivoco di considerare che il nostro sistema derivi da una condanna di sapore morale dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Il comunismo non sopprime il sopralavoro; lo ordinerà in modo che il suo prelievo non sia fatto per un solo individuo o per una parte della società.
    I tentativi degli economisti per spiegare i fenomeni della Rendita, dell’Interesse e del Profitto Marx li illustra prima di inquadrarne la spiegazione nella dottrina comunista del Pluslavoro, costellandola sia di luminose spiegazioni della nostra interpretazione di tutte le forme di sopralavoro sia di squarci potenti sul programma rivoluzionario e sulla forma sociale comunista.

2 – Raccolto o saccheggio? – Il concetto più antico sulla Rendita è quello della resa del suolo coltivato. I suoi primi teorici non vedevano che la resa deriva sempre dal lavoro di uomini. L’Interesse del denaro è il secondo problema; e il terzo storicamente è l’Utile d’impresa.
    Una lira all’anno con l’interesse del 5% rappresenta 20 lire; con l’interesse continuo 21 lire. Forse per questo Petty calcola in 21 anni la sua spiegazione della rendita fondiaria capitalizzata?
    La Rendita della terra prende la forma di frutti e derrate. L’Interesse pecuniario, ab initio quello usurario, usa la parola frutto che, come metafora, dà luogo al termine abusato di sfruttamento. Meglio della terra, si sfrutta un giacimento minerario. La buona coltivazione della terra agraria la fa fruttare; ossia non ne intacca a fondo o distrugge la fertilità avvenire; cosa che riducendone la Rendita diminuisce di molto il suo valore “in comune commercio”.
    La parola italiana sfruttamento, in tempo moderno applicata al Profitto dell’imprenditore a danno dei salariati, mostra che ogni teoria del sopralavoro parte dalla soluzione del problema della Rendita fondiaria.
    Il francese e il tedesco plot e Beute (preda, bottino) adombrano la nozione che i primi accumulatori di ricchezze si appropriarono e predarono prodotti d’altrui lavoro, comunque entrati in altrui possesso.

3 – La terra nutrice? – I fisiocratici stabiliscono la fonte della ricchezza nella natura: solo la terra dà vita alla specie.
    Turgot e Quesnay considerano fonte di valore il lavoro umano dei soli coltivatori agricoli. Nella loro analisi vi sono tutti gli elementi della funzione del capitale. Gli economisti classici attribuiranno la potenza di generare valore anche al lavoro manufatturiero e industriale; ma faranno ciò per sviluppare l’elogio del Capitale e giustificarne il Profitto. Marx fa propria la loro tesi di partenza, ma vede con simpatia la tesi fisiocratica, che mostra il “parassitismo” del capitale industriale.
    Locke riconosce due forme del Plusvalore: Rendita fondiaria e Interesse, la cui fonte è il Lavoro, fatto da altri, di cui dati individui si appropriano in quanto posseggono il suolo e il capitale, ossia le condizioni del lavoro; di cui si devono intendere i dati indispensabili, ossia le condizioni necessarie senza le quali non si può lavorare: il locale, le materie prime, gli impianti e le macchine. Il moderno salariato è separato da questi elementi materiali e fisici come da una barriera insormontabile. La loro opposizione al lavoro non è simbolica, ma è espressa dalla coercizione statale e legale, dai rapporti del pubblico potere che sancisce e tutela quei divieti. Locke giudica inumana e da vietare la separazione tra il lavoro e le sue indispensabili condizioni.

4 – Rendita e usura – Locke giudica il denaro in sé sterile e improduttivo. Ma per l’ineguale ripartizione della terra considera il denaro e l’interesse i mezzi per l’acquisto di terra da parte di chi ne è privo onde poter lavorare.
    Agli albori del capitalismo c’è lotta tra il capitale-denaro e la proprietà fondiaria. Visto il parallelismo tra rendita media della terra e tasso medio dell’interesse sui prestiti di denaro, i signori della terra si battevano perché frenassero gli interessi usurari; scendendo il tasso (che allora scese molto), la terra, a parità di Rendita, cresce nel suo valore patrimoniale. Ma, sopraggiunto il capitale industriale e commerciale, questo si allea con la proprietà fondiaria, e tutti lottano contro la forma usuraria.
    Hume va oltre Locke perché prende in considerazione il Profitto, anche se solo commerciale. In lui sono già in pieno due teorie: quella del Valore (nello scambio non c’è creazione di nuovo valore) e quella della discesa del Tasso.
    Steuart (1805) analizza il profitto industriale, che fa sorgere da un gioco concorrentistico, che provoca solo variazioni del livello del valore della merce che contiene più della spesa di materie prime e di salario.

5 – I fasci di luce – I fisiocratici per primi arrivano all’analisi del capitale coi suoi rapporti moderni; ma lo fanno svalutando l’industria e ponendo avanti in primo piano l’agricoltura.
    Il centro dell’analisi marxista, sulla dinamica del sistema salariale, consiste nello stabilire la radicale differenza tra il salario, o prezzo della forza di lavoro, e la parte di valore che la forza-lavoro introduce nella merce prodotta.
    Per il fisiocratico l’operaio di fabbrica aggiunge solo la paga ricevuta al Valore del manufatto; perché questo pesa lo stesso prima e dopo, mentre nell’agricoltura un chicco ne produce cento. Nella produzione agricola i fisiocratici descrivono per primi la stregonesca fabbricazione del Plusvalore.
    I materialisti storici non valutano una merce secondo la materia che contiene, ma secondo i rapporti sociali tra gli uomini che la producono e, meglio, che siano chiamati a riprodurla.
    L’economista prende la merce in mano, l’offre a destra e a sinistra, poi la giudica entro il suo poco di materia e ne costruisce il prezzo su banali formulette di appetibilità e rarità.
    Dice Marx: «È nell’agricoltura che si scorge meglio e nel modo più afferente la differenza tra il valore della forza-lavoro e la messa in valore di essa».
    Poiché nell’industria questo non è evidente, si arriva a scorgere tale differenza facendo l’analisi generale del valore e scoprendo la sua natura. I fisiocratici la videro nell’agricoltura, la negarono per l’industria: chiamarono lavoro produttivo il lavoro agrario, classe produttiva gli operai agricoli, classe sterile i lavoratori di fabbrica.

6 – Sussistenza e procreazione – Dice Marx: «Il minimo del salario costituì l’asse della dottrina, a giusto titolo, dei fisiocratici».
    Per provare l’esistenza del plusvalore ed anche il suo crescere nella massa e nel saggio non occorre che il salario resti a quel “minimo” a cui non lo lega nessuna “bronzea legge”. Il salario sta traquel minimo ed un massimo, che sarebbe tutto il valore aggiunto al prodotto finito. Solo non può scendere sotto il minimo; pena l’esaurimento della forza-lavoro. Il valore minimo del salario assicura la conservazione della forza-lavoro dell’operaio e la sua riproduzione alimentare; e anche sessuale, la cui sfera è ridotta al fatto economico come necessaria parte della materiale base di ogni società. Poiché tutto è considerato alla scala sociale, si tratta del processo vitale non del lavoratore isolato, ma della classe lavoratrice.
    I fisiocratici furono all’avanguardia nel decifrare il processo produttivo agricolo e per primi diedero i tre giusti termini del valore: Capitale costante, Capitale salari, Sopravalore: tutti incorporati nel Valore del prodotto.

7 – Distribuzione e produzione – È merito dei fisiocratici aver fissato l’origine dell’accumulazione di valore nella produzione; e non nel commercio come i mercantilisti.
    Nella dottrina del sistema monetario e del sistema mercantile sola fonte di arricchimento relativo è il Denaro che il commerciante impiega, che si investe in merci circolanti, e da cui ritrae un ricavo maggiorato. Una partenogenesi del Denaro che figlia sé stesso.
    Nella dottrina fisiocratica c’è la combinazione della Terra e del Denaro: le remunerazioni dei due fattori sorgono nella produzione e dal lavoro umano agricolo, che ormai è borghese e genera un Sopralavoro che si trasforma tutto in Rendita fondiaria. Da questa si prelevano l’Interesse per i prestatori di denaro e una specie di stipendio per i capi dell’industria, che hanno investito denaro per cambiare solo la forma esterna ai loro prodotti.
    Nel campo della coltivazione della terra si svela la merce forza-lavoro che, comprata e usata, ha la magica capacità di avere un valore d’uso assai superiore al suo valore di scambio; ossia al salario.
    Il sereno ménage di Terra e Denaro dei fisiocratici scatena il diabolico terzo elemento del Capitale industriale famelico di sopralavoro che ne assorbirà tanto da lasciarne semplici lecchi per la rendita fondiaria e per l’interesse dei risparmiatori di denaro.
    Agli albori del capitalismo viene in evidenza che il movimento sociale consiste in Produzione di Sopravalore, che per i fisiocratici viene tutto dalla Rendita fondiaria; da cui si staccano quote per industriali e banchieri.
    A partire da Smith Interesse e Rendita fondiaria saranno semplici varietà del Profitto industriale.
    La Rendita della terra è un prelievo sul Sopralavoro sociale come compenso del monopolio della terra da parte dei suoi proprietari. All’inizio del ciclo capitalista i proprietari fondiari pretendono porsi alla testa della società, alla sua fine possono venire, dopo essere stati posti in sottordine, anche eliminati, senza che la vita del modo capitalista e salariale di produzione sia ancora terminata.
 
 
   


IV – Il capitalismo - rivoluzione agraria

1 – Facendo il punto – Prima di giungere allo scottante problema politico sulla funzione rivoluzionaria delle masse della campagna occorre esporre la teoria economica, la quale non può svilupparsi senza qualche cifra. Senza cifre non si fa politica e tanto meno rivoluzione.
    Marx ci dà una quasi atroce definizione del piccolo contadino proprietario e lavoratore: «La piccola proprietà fondiaria crea una classe di barbari che in qualche modo vivono ai margini della società»; come sferza del pari la grande proprietà terriera e la grande industria capitalistica: alla fine «esse si danno la mano» nello sfruttare fino all’esaurimento il Lavoro e la Terra. La rivoluzione operaia non potrà lanciare quei barbari, compagni di sfruttamento e di soggiogamento, contro la civiltà del capitale? La risposta sarà data nel seguito.

2 – Toccata sulla solita corda – Nel ricostruire la “politica agraria” storicamente seguita dai partiti marxisti, Lenin, nel particolare complesso problema russo, ha sempre e solidamente riaffermato l’ortodossa dottrina di Marx nella materia.

3 – Una mano da Federico – Per Marx il difficile del problema della Rendita terriera sta nel vedere da che nasce questo certo eccedente del Profitto dell’azienda agraria sul medio profitto delle aziende in genere, che va a pagare il diritto di monopolio del proprietario fondiario.

4 – Quelli che fanno epoca – La Rendita per Marx è una parte specifica del Plusvalore totale. Quesnay invece vede Plusvalore e Sopralavoro solo nell’azienda agraria. Engels commenta invece come, secondo Dühring «la più alta economia comincia con i miseri aborti che la scienza borghese ha dato alla luce dopo la decadenza del suo periodo classico».

5 – Rendita e capitalismo – La serie storica è questa: Feudalesimo – Capitalismo agrario – Capitalismo manufatturiero statale – Industrialismo privato. Quest’ordine va di traverso a vari strati di facce oblique.
    Quando il problema moderno della Rendita fondiaria si pone, siamo già in piena economia capitalistica. Il prodotto e le condizioni del lavoro agrario sono tutti già separati dal lavoratore produttivo. Il prodotto totale nazionale di Quesnay, i cinque miliardi di derrate vendute, è degli affittuari agricoli e quindi dei capitalisti. Tutti i prodotti sono dunque passati dal mercato; nessuno è consumato dal diretto produttore. Anche i lavoratori agricoli acquistano i generi di sussistenza con denaro. Ossia: 1) Tutto il Prodotto è Merce; 2) Tutto il So-vraprodotto è Sopralavoro (i lavoratori agricoli producono 5, ma consumano 2); 3) Tutto il Profitto è dei fittavoli o capitalisti agrari, che ne devono 2/3 ai proprietari fondiari: la loro Rendita. Manca sottrazione di Sopralavoro agli operai non agricoli, perché l’agricoltura prevale sull’industria. Ma nell’ipotesi fisiocratica tutta l’agricoltura non è più feudale; la società di tre classi divide il prodotto netto con il Salario ai lavoratori, il Profitto ai capitalisti (fittavoli o industriali), la Rendita ai proprietari immobiliari. Il Plusvalore è dato da Profitto più Rendita.

6 – Passi espressivi – La Rendita va spiegata come parte del prezzo pagato sul mercato per la merce-derrata. Da questa somma di denaro deve uscire: la ricostruzione del capitale di esercizio per il fittavolo imprenditore – il pagamento di salari agli operai agricoli – il guadagno del fittavolo (profitto di impresa) – la rendita al proprietario.
    Il capitalismo nasce agrario e la sua prima dottrina rivoluzionaria è la fisiocratica, embrione di quella dell’economia classica.
    Il sistema monetario «non arriva alla concezione del Plusvalore; tuttavia annunzia la produzione per il mercato mondiale, la trasformazione del prodotto in merce, e per conseguenza la moneta, come condizione preliminare della produzione capitalistica» (Marx). I mercantilisti sostengono che «nella trasformazione delle società agrarie (imprese agrarie borghesi) dei tempi feudali in società industriali, nella lotta industriale delle nazioni sul mercato mondiale, occorre uno sviluppo accelerato del capitale, e questo non può ottenersi con mezzi naturali ma solo con misure coercitive. La trasformazione viene affrettata con imposte e tariffe protezionistiche, che gravano soprattutto sui proprietari fondiari, piccoli e medi agricoltori, artigiani». Il processo si ripete, due secoli in ritardo di fase, in Europa-Russia-Cina.

7 – Lavoro-Derrate-Denaro – Con la terra libera e commerciabile, ma con scarsa industria, c’è già il Plusvalore e la marxista Rendita fondiaria capitalistica. Prima non c’è Rendita in denaro e Sopravalore, che si ha solo quando tutto il prodotto si trasforma in moneta ed è un’aliquota di questo valore-moneta.
    Nella Rendita in lavoro delle forme sociali del servaggio medioevale e asiatico abbiamo un primo germe del futuro Sopravalore. Nella Rendita in natura il lavoratore, vincolato alla terra, è servo in pieno rapporto personale feudale di un’economia naturale, in cui tutto il Sopralavoro diviene Rendita. Nella Rendita in moneta, che presuppone un dato sviluppo tecnico e un mutamento delle condizioni e rapporti di lavoro, nasce il fittavolo capitalistico con l’espropriazione ed espulsione del contadino, che diventa il salariato senza terra e strumenti di lavoro. A questo punto il Sopralavoro si divide in Profitto e Rendita fondiaria. A questo punto la rivoluzione capitalistica nel modo di produzione è compiuta.

8 – Philosophie enfin! – Nella produzione rurale, se vi è godimento di classi di non lavoratori, tutto questo eccedente si trae da lavoro e non da dono della natura che non costi umano sforzo. Tutto esce dal Lavoro totale che crea il Prodotto totale; che si riduce a Prodotto netto dedotte le riserve per la nuova annata. Parte di questo lo consuma il lavoratore immediato; l’altra parte (il Sopraprodotto e quindi il Sopralavoro) lo consuma la classe dei non lavoratori.
    Nell’economia naturale il Sopralavoro è tutta Rendita che il signore feudale preleva dal lavoratore servo in lavoro o in natura. Alla forma di transizione (lavoratore libero – Rendita pagata in denaro o in natura – azienda ancora parcellare) segue l’economia agraria capitalistica in cui le piccole particelle di terra si riuniscono nell’azienda del fittavolo imprenditore che dispone del capitale di esercizio e riduce i lavoratori spossessati di terra in salariati.
    Marx abbatte la falsa credenza che i fisiocratici siano reazionari difensori dell’antico regime contro le nuove forme rivoluzionarie. Essi hanno scoperto la Plusvalenza, ma solo sotto forma di una differenza tra puri valori d’uso relativi alle derrate prodotte e consumate. Per loro la Plusvalenza è eccedenza sul salario in moneta, senza capire che dove c’è vendita di forza-lavoro si verifica Plusvalenza e si accumula Capitale. Ma in effetti essi accompagnavano la trasformazione del proprietario feudale in capitalista borghese quando difendevano la libertà d’azione dell’impresa capitalistica.

9 – Precoscienza borghese – Per Marx le contraddizioni dei fisiocratici sono quelle «della produzione capitalistica che, uscita dalla società feudale, non ha fatto che dare a questa una interpretazione borghese, ma non ha trovata ancora la sua propria forma».
    L’esempio dei fisiocratici e l’incompiutezza della loro visione è tuttavia avanzata e geniale per quei tempi.
    I legislatori della Rivoluzione tentarono di giungere fino alla confisca della proprietà terriera da parte dello Stato borghese; cosa già pienamente teorizzata da Ricardo, esponente della preminenza del capitalista industriale sul proprietario fondiario.
 
 
   


V – Proseguendo sulla questione agraria
 

1 – Sopralavoro e classi – I fisiocratici per primi precisano, anche se solo nel campo terriero, la differenza tra quanto il lavoratore salariato riceve e quanto di più la sua opera apporta come aumento di prodotto e quindi di valore: essa costituisce il Sovraprodotto, il Sopralavoro, il Sopravalore (plusvalenza) che va a beneficio di altri elementi sociali. Limitandosi all’uso di prodotti fisici, materiali, per soddisfare bisogni umani, quella fisiocratica è una teoria solo del valore d’uso; non del valore di scambio, come fu poi per i classici economisti inglesi, corifei del capitalismo.
    Ma il più importante secondo aspetto del sistema fisiocratico è che per la prima volta il confronto è studiato alla scala nazionale come rapporto tra le classi sociali di cui viene data in embrione la teoria. Inoltre Salario, Profitto e Rendita sono studiati come masse sociali. Quindi la plusvalenza è calcolata socialmente e, se riferita ad un dato atto economico, interessa come media sociale e non come quota occasionale e singola.

2 – Potere e ricchezza – Da allora la scienza economica diviene teoria del sopralavoro sociale e non vaga e letteraria spiegazione della ricchezza e dei suoi movimenti, delle cause ed effetti del fatto che vi sono ricchi e poveri. E quindi Marx compone la “Storia delle teorie sul Sopralavoro”. Per Hobbes: Ricchezza è sinonimo di potenza; per Smith è disposizione di lavoro altrui. Che essa possa essersi formata con lavoro proprio è ingenua ipotesi di propagandisti dell’economia mercantile borghese. Marx spiegherà a Ricardo che si tratta di disporre di lavoro sociale; come, quando parla del “mio” lavoro, gli fa osservare: «ma anche il mio lavoro è lavoro sociale».
    Prima che si formasse il mercato generale, che lo è soprattutto di forza-lavoro, l’identità tra ricchezza e potere è più palpabile. La dipendenza non era ancora sociale, da classe a classe, ma personale.
    La genialità dei fisiocratici stabilisce, anche supponendo la liberazione di tutti i lavoratori, lo spostamento di un volume di Sopralavoro, non più da servo a padrone come individui, ma da classe a classe: giustificando come partita in pareggio il guadagno di imprenditori di terra o di campagna, ma evidenziando come sorta parassitariamente da sopralavoro la Rendita dei proprietari terrieri. È risultato grandioso aver riferita la dinamica economica non più all’elemento individuo, ma al complesso sociale di classe.

3 – Uso dei modellini – Il Quadro di Quesnay descrive una società tipo immaginata in astratto e quindi assimilata ad uno schema. Il compito di Marx fu di dare uno schema-tipo della società capitalistica industriale moderna.
    Quesnay ritiene che il suo tipo schematico caratterizzerà la società post-feudale come “progetto della migliore società possibile” e come disegno della stabile società futura fondata sulla “libertà” personale. Marx costruisce lo schema della società capitalistica storicamente datasi dopo il feudalesimo al fine di mostrare che il suo assetto è instabile e storicamente transitorio e la sua meccanica conduce non ad un “equilibrio” dinamico, ma ad un sicuro squilibrio, a crisi in serie e alla finale esplosione. A fine polemico egli non considera l’effettiva società capitalistica impura, ma l’ipotetica società pura decantata da borghesi ed economisti in perfetto ed eterno equilibrio.
    Gli economisti che succedono alla scuola classica ripiegano subito nella statistica registrativa e descrittiva dichiarando gli schemi pure e vane esercitazioni dottrinali; sia quello apologetico di Quesnay dal sapore utopistico, sia in primis quello dinamico e rivoluzionario di Marx. Merito di Quesnay è l’aver dichiarato possibile la costruzione scientifica di uno schema dell’economia vivente, anticipando il materialismo storico di Marx.

4 – Bilancio del Quadro di Quesnay – Il “Tableau” di Quesnay considera movimenti di prodotti e di denaro solo tra classe e classe alla scala dell’intera società. Le classi sono tre: Proprietaria (sovrano e decimatori), Produttiva (fittavoli capitalisti e salariati agricoli) e Sterile (fabbricanti e operai). Per Smith, Ricardo e Marx le tre classi sono: proprietari fondiari, capitalisti e operai salariati. Smith e Ricardo, meno profondi di Quesnay, considerano la Plusvalenza Sopralavoro, ma la riferiscono al valore di tutto il prodotto ottenuto, e non al solo valore del capitale variabile (salario), invece il Capitale costante è anticipazione che ritorna alla pari. Quindi confondono i concetti di Plusvalore e di Profitto e tengono troppo basso il saggio del plusvalore. Quesnay procede diversamente.
 

 Cap. V, Par. 4
IL QUADRO DI QUESNAY
m = miliardi in Denaro;    g = miliardi in Grano
P - CLASSE PROPRIETARIA
Sovrano + Beneficiari delle decime
F - CLASSE PRODUTTIVA
Fittavoli capitalisti + Salariati agicoli
S - CLASSE STERILE
Fabbricanti + Operai di manifattura

 
Rendita percepit.da F
 
Derrate comprate da F
 
 
Manufat.comprati da S

 
+2m
 
 
 
 
 

 
 
 
-1m
 
 
-1m
 
Capitale esercizio 2m.
Raccolto
Rendita versata a P
Derrate a salar. di F
Derrate vendute a P
Derrate vendute a S
Mat.prim.vendute a S
Manuf. comprati da S
 

+5g
 
 
+1m
+1m
+1m
 
 
 
 
-2m
-2g
-1g
-1g
-1g
-1m
 
Capitale esercizio 2m.
 
 
 
 
Derrate comprat. da F
Mat.prim.compr. da F
Manufatti venduti a F
Manufatti venduti a P
 
 
 
 
 
 
 
+1m
+1m
 
 
 
 
 
-1m
-1m
 
 
  +2m -2m   +3m
+5g
-3m
-5g
  +2m -2m
in pareg­gio in pareg­gio in pareg­gio
     Per Quesnay 2 m. di Rendita sono l’interesse del 10% di un Patrimoniodi 20m.
     La Classe Proprietaria è l’unica a pagare imposte su 2 m.:
- allo Stato 2/7  0,57 m.
- alle decime della Chiesa 1/7 0,28 m.
- Totale 3/7 1,15 m.
- Rendita netta 4/7 1,15 m.
     Quindi il valore fondiario patrimoniale per Quesnay è solo 11,5 m. (e non 20); il cui Interesse del 10% corrisponde alla Rendita netta.
     Dei 3 m. di Entrate: 2 sono Rendita, Profitto e logorio del Capitale fisso
     1 m. di manufatti comprati dalla classe S è considerato compenso del Capitale fisso di esercizio dei fittavoli (macchine, utensili, bestiame). Valutato 10 m., con l’interesse del 10% dà proprio la remunerazione di 1 m.
     Il valore patrimoniale del Capitale di impresa agricola è di 10 m.
     C’è il Capitale di Esercizio, ma non c’è Reddito netto. 
     Il valore dell’industria manifatturiera in funzione è zero.

 

5 – Quesnay non era fesso – Rileggiamo i bilanci nella lingua di Marx. Il valore del Prodotto annuo si scompone: per Quesnay in 2 parti (Salario e Rendita); per Smith e Ricardo in 3 parti (Salario, Rendita e Profitto); per Marx in 4 parti (Capitale costante, Capitale variabile, Rendita e Profitto). Il Profitto a sua volta si divide in profitto di impresa e in interesse di capitale finanziario.
    Il Capitale costante, che ricostituisce sé stesso alla fine del ciclo, non è revenu (ossia entrata economica) di nessuna classe.
 
 Cap. V, Par. 5
IL QUADRO DI QUESNAY
RILETTO NELLA LINGUA DI MARX

m. = miliardi in denaro.  * C = Capitale costante. V = Capitale variabile. P = Plusvalore.
* P
CLASSE PROPRIETARIA

Fondiari
F
CLASSE PRODUTTIVA

Fittavoli capitalisti +
Salariati agricoli
S
CLASSE STERILE

Fabbricanti +
Operai di manifattura
C         Manuf.venduti a F
Mat.prime acq.da F
+1m.
-1m.
V     Derrate prodotte
Derrate consumate
+2m.
-2m.
Manuf. venduti a P
Derrate acq. da F
+1m.
-1m.
P Rendita da F
Derrate acq.da F
Manufat.acq.da S

+2m.
-1m.
-1m.
Plusvalore
Rendita a P
Profitto, a S,
  per acq.manufatti
+3m.
-2m.
-1m.
   
    +2m.
-2m.
  +5m.
-5m.
  +2m.
-2m.

Il valore del Prodotto annuo si scompone: per Quesnay in 2 parti (Salario e Rendita); per Smith e Ricardo in 3 parti (Salario, Rendita e Profitto); per Marx in 4 parti (Capitale costante, Capitale variabile, Rendita e Profitto).

1 miliardo (in minima parte come C) di Manufatti comprati alla Classe S servono per il rinnovo di Attrezzi e di Macchine. In agricoltura non si lavorano Materie prime. I 2 miliardi di derrate prodotte e consumate dai Salariati agricoli sono pari a 2/5 del Prodotto lordo.

La Rendita è pari a 2/5 del Prodotto lordo. Indichiamo con 2/5 o 40% il "Saggio della Rendita" e con 1/5 o 20% il "Saggio del Profitto". La loro somma è 3/5 del Prodotto lordo. I 3 miliardi di Plusvalore sono così ripartiti: 2 di Rendita alla Classe P + 1 di Profitto degli imprenditori e di interesse del capitale d’impresa ai Fittavoli capitalisti, pari ad 1/5 del Prodotto lordo.

Emerge in embrione la teoria del Sopralavoro. I Salariati agricoli producono 5, ma consumano 2. Se lavorano 10 ore al giorno e il lavoro pagato è di 4 ore, il Sopralavoro è di 6 ore.

Per la Classe sterile è zero la massa del Profitto; e quindi è zero sia il "Saggio del Plusvalore" sia il "Saggio del Profitto".

In effetti del miliardo di V di Derrate degli Operai manifatturieri una minima parte è Plusvalore dei Fabbricanti, che viene considerato stipendio perchè per Quesnay il Plusvalore del settore S è zero.


 
 

6 – E i moderni? – La lettura del “Tableau” di Quesnay fatta dall’economista moderno ne mette in evidenza le insufficienze e il suo riferimento ad un capitalismo non sviluppato e a troppo alti saggi di reddito contro vilissimo salario; ma fa anche risaltare per la prima volta la differenza abissale tra il meccanismo della ragioneria capitalistica e quello del calcolo scientifico marxista.
    Per l’economista il Capitale è patrimonio titolare; per noi è massa di merci prodotte per il consumo o il reimpiego strumentale; è massa di vivente lavoro sociale condannato alla galera aziendale.
    Ricardo rapporta il Plusvalore a tutto il Capitale, compreso quello costante o (peggio) al valore patrimoniale dell’azienda di produzione; e non al solo Capitale salari come parte del valore del prodotto.
  xxx
 Cap. V, Par. 6-7
IL QUADRO SNATURATO DELL’ECONOMIA MODERNA
Tutte le cifre sono in miliardi.
  CLASSE
PROPRIETARIA
Fondiari
 
P
CLASSE
PRODUTTIVA
Fittavoli capitalisti +
Salariati agricoli
F
CLASSE
STERILE
Fabbricanti +
Operai di manifattura
Patrimonio
nazionale
        23,5
Proprietà
 fondiaria 
 nazionale
           11,5
Capitale
 investito in
 agricoltura 10
Capitale
 investito
 nella
 industria  2
Reddito
nazionale
          7
Rendita lorda
 domenicale
            2
Rendita netta
 (10% di 11,5)
            1,15
Salari
 agricoli     2
Profitto
 d’impresa, al
 saggio netto
 del 10%      1
Salari
 nella
 industria  2
  Circolante necessario 2;   Prodotto annuo 5.
     I prodotti agrari si vendono col 10% di margine sul costo di produzione che include il canone d’affitto. 
     I prezzi di mercato dei prodotti manufatti non fanno premio sul prezzo di produzione. 
     Abbiamo inserito al meglio nel Quadro di Quesnay le voci dell’economista moderno, che nei loro enunciati rappresentano la negazione del Quadro stesso. Le Classi sono sparite: al loro posto appare la Nazione. Il Capitale non è più massa di vivente lavoro sociale, ma Patrimonio titolare. La Circolazione fra le classi scade a circolazione tra aziende o, peggio, tra hominem oeconomici. Il Reddito nazionale è ridotto alla somma di tutti i redditi personali dei cittadini, in cui trionfa la pretesa legge di equivalenza dei valori in miliardi di molecolari transazioni di natura debitoria e creditoria. Risulta la differenza abissale tra il meccanismo della ragioneria capitalistica e il calcolo scientifico marxista. 

 
 
 

7 – Metodi della scienza economica – La Circolazione tra le classi scade miseramente a quella tra azienda e azienda e, peggio, tra homo oeconomicus e homo oeconomicus. Il Reddito nazionale delle classi è ridotto banalmente alla somma di tutti i redditi personali dei cittadini in cui trionfa la pretesa legge dell’equivalenza dei valori in miliardi di molecolari transazioni di natura creditoria, debitoria e… fregatoria.
    Quesnay non si rende conto di essere espressione di tempi nuovi, non solo della proprietà fondiaria capitalistica contro quella feudale, ma delle stesse ulteriori forme del capitalismo industriale di cui egli, senza vederle, trovava e scriveva le leggi.
    Le conquiste della teoria vanno ad ondate e sono fondamentali quelle di determinati periodi critici.

8 – Politica di classe (pour la bonne bouche) – Nei fisiocratici c’è l’istituzione di una teoria del Sovralavoro; c’è la divisione della società in classi e lo studio del movimento economico da classe a classe, non più da individuo a individuo e da ditta a ditta. Ma c’è soprattutto l’impianto delle prime linee di una critica sociale degli istituti liberali e democratici, che il marxismo svilupperà fino a farne la base della politica della classe salariata. I fisiocratici non tentano nessuna spiegazione della Rendita fondiaria che ne attenui il carattere di estorsione di lavoro da altra classe, mentre l’economia classica legittima come equo e libero il rapporto tra capitalista e proletario secondo il salariato e come oppressivi solo quelli precedenti di dipendenza servile.
    Siamo giunti, partendo dalla schematizzazione della società “capitalista agraria”, nel pieno problema della strategia politica proletaria. Nel periodo che va da Quesnay a Marx il proletariato non può non combattere nelle rivoluzioni borghesi che, oltre a debellare la macchina feudale di potere, aprono la strada non solo alla liberazione di forze produttive che sorge dalla abolizione del servaggio e dei vincoli sulla terra, ma all’altra che deriva dal concentrarsi in unità sempre più potenti del lavoro manufatturiero ed urbano.
 
 
   


VI – Metafisica della terra capitale
 

1 – Da 1884 a 1847 – La teoria dell’economia agraria ha forma definita fin da quando si forma il blocco a contorni precisi e netti della dottrina rivoluzionaria, ossia da alcuni anni prima de “Il Manifesto del Partito Comunista” del 1848; a riprova che non vi è mai stato cambiamento nel metodo marxista in genere e negli studi di Marx in ispecie.

2 – Economia, morale, logica – Marx liquida la parolaia economia di Proudhon per il quale «l’origine della Rendita come della proprietà è per così dire extra-economica: essa risiede in considerazioni di psicologia e di morale».
    Si sta sulle due sponde dell’abisso. Noi brandiamo la solida chiave del materialismo e chiariamo con i dati economici le manifestazioni psicologiche e gli innumerevoli sistemi di morale.
    Il rinvio di Proudhon alla psicologia, alla morale e all’ordine delle idee, il suo curioso esaminare di ogni processo economico il lato buono e il lato cattivo, è espediente ormai secolare. Non si sente nulla di diverso in ogni esposizione dell’oggi di economisti, sia dilettanti sia di mestiere.

3 – Giù, libero arbitrio, pagliaccio idiota! – Nello stabilire la distinzione tra il valore di uso e di scambio di ogni oggetto Proudhon trascura due punti essenziali: la genesi e lo svolgimento storico dello scambio nelle varie epoche; il carattere sociale e non individuale del rapporto. E così si smarrisce e si insabbia. Come punto di comparazione ricorre al libero arbitrio.
    Gli economisti moderni non sono di una spanna più oltre. Essi fabbricano formule sulla determinazione del prezzo fondata sulle forze in movimento sul mercato: utilità marginale, velocità di circolazione, volume di circolante, quantità di beni da consumo, ecc. Facciamone un fascio e seppelliamoli sotto questa lapidaria frase: cavalieri del libero arbitrio, nella cappella gentilizia di famiglia Proudhon.

4 – Un medico, un banchiere, un professore – Il motivo essenziale che mette in alto Quesnay, di tanto predecessore degli economisti del capitalismo, è che egli è molto più avanti dell’atto di scambio molecolare e della puerile personificazione delle forze economiche. Non l’uomo venditore e l’uomo compratore, ma il gioco della circolazione della ricchezza tra la classe produttiva, la classe redditiera e la classe (a suo credere sterile) dell’industria. Nel confronto dei massimi esponenti di scuole economiche Quesnay ha un enorme vantaggio su Ricardo per la scoperta dei protagonisti-classi.
    Quanto a Proudhon egli tentò un sistema socialista, ma fondò solo una teoria per piccoli borghesi, che maledettamente ci appesta tuttora.

5 – Egualitarismo mercantile – Questa forma di sistema socialista, diffusa come la gramigna e che sta in fondo alla testa di quasi tutti quelli che si dicono marxisti, è figlia in modo ibrido da un’economia borghese ricardiana e da una filosofia umanitaria enciclopedista.
    Engels: «La applicazione della teoria di Ricardo, la quale mostra ai lavoratori che la totalità della produzione sociale, che è loro prodotto, appartiene loro, perché sono essi i soli produttori reali, mena diritto al comunismo. Sennonché essa è formalmente falsa, come spiega Marx, in quanto è semplicemente un’applicazione della morale all’economia. Ecco perché Marx non ha mai fondato su ciò le rivendicazioni comuniste, ma piuttosto sulla necessaria rovina del sistema capitalista, che si consuma sotto i nostri occhi con un crescendo giornaliero».
    Nello svolgere la critica della proudhoniana versione di questo limitato socialismo, Marx ha delle costruzioni del più alto interesse, su cui sarà bene ancora sostare, al fine precipuo di rendere chiara la radicale distinzione tra quelle prime istanze e la nostra, e di stabilire che la formulazione che supera e abbandona indietro ogni “economismo” di tal genere, non è certo nuova, ma addirittura primordiale nella sua ortodossia irriducibile: scopo al quale non si sarà mai dedicato abbastanza tempo, tanto è facile perdere questa bussola per i difficili mari dell’attualità e dell’attività.

6 – Recipe: alcune “pillole” – Marx dimostra a Proudhon che storicamente la misura del Valore delle merci giusto il Lavoro definisce l’economia capitalistica e comporta la formazione di un Plusvalore. Essa «è fatalmente la formula della moderna schiavitù dell’operaio».
    La teoria marxista del Plusvalore ci è indispensabile per l’anatomia della società capitalistica; ma la nostra rivendicazione programmatica non è: abolizione del Plusvalore.
    Ogni modo di produzione, compreso quello capitalistico appunto perché migliore produttore di Sopralavoro, ha fatto girare avanti la ruota famosa della storia.
    La produzione capitalistica si fonda «sull’antagonismo del lavoro accumulato col lavoro immediato» (Marx); ossia del Capitale con il lavoro dei salariati. Da ciò scaturisce la lapidaria formula dell’istanza comunista: abolire la dipendenza del lavoro immediato dal lavoro accumulato.
    Non è vero, come sostiene Proudhon, che le cose più utili, necessarie, hanno un prezzo minore. «Il prezzo dei viveri ha quasi di continuo subito un rialzo, mentre il prezzo degli oggetti manufatturati e di lusso ha quasi di continuo subito un ribasso» (Marx). Nel Medioevo i prodotti agricoli erano relativamente più a buon mercato dei prodotti manufatturati.

7 – Donde la miseria – Sempre Marx contro Proudhon: «In una società fondata sulla miseria, i prodotti più miserabili hanno la fatale prerogativa di servire all’uso del più gran numero». E ancora: «Il tempo di lavoro, servendo di misura al valore venale, diviene per ciò stesso la legge di un continuo svilimento del lavoro». L’economia capitalistica ha fatto bene a sorgere e fa bene a sorgere ancora (Russia, Cina, etc.). Neghiamo che con quella stessa legge-chiave sia economia proletaria.
    Sulla gran varietà di prodotti che la formula di Proudhon avrebbe magicamente destato, giù l’ultimo fendente: «Il monopolio in tutta la sua monotonia viene ad invadere il mondo dei prodotti, alla stessa maniera che invade il mondo degli strumenti di produzione» (Marx). E così il monopolio, la dittatura sul consumo delle più stupide merci e servizi sono scolpiti da un secolo nella predizione marxista.
    Sono per noi inseparabili le due battaglie: destino di catastrofe del capitalismo – programma sociale rivoluzionario del comunismo.
    Nella produzione capitalistica non vi è e non vi sarà mai la proporzionalità – dopo il medioevale equilibrio in cui «la produzione seguiva passo passo il consumo» – tra i diversi settori di consumo invocata da Proudhon e compagni. Essa è incompatibile con la distribuzione di mercato e con il dominio della legge di scambio tra valori equivalenti.
    Incalza Marx ribadendo monopolio e imperialismo: «La grande industria, forzata dagli strumenti stessi di cui dispone a produrre su scala sempre più larga, non può più attendere la domanda. La produzione precede il consumo, l’offerta forza la domanda… Nella società attuale, nella società fondata sugli scambi individuali, l’anarchia della produzione, che è fonte di tanta miseria, è nello stesso tempo la fonte sola di ogni progresso».
    Marx, provato che il preteso “socialismo” mercantil-laburista alla Proudhon non è che un’apologia della società borghese, così conclude: «Si vede bene che le prime illusioni della borghesia sono anche le ultime».

8 – Proudhon sulla Rendita – Sulla Rendita Marx giovanissimo definiva il problema nei termini stessi delle opere più mature. Proudhon ricade nel concetto della Terra, naturale ricchezza, che regala una quota-ricchezza come Rendita, non derivata da Lavoro umano. Il suo più grave errore è sostenere che la Rendita sarebbe l’Interesse pagato per un capitale che non perisce giammai: la Terra. E che mentre il saggio d’interesse commerciale decresce, quello della Rendita fondiaria storicamente aumenta. Marx prova che i miglioramenti ed investimenti di Capitale tecnico sulla Terra conducono ad un ribasso della Rendita, pur trovando nell’investimento un margine adeguato di Profitto, che, come ogni altro investimento industriale, tende a scendere storicamente. Dice Marx: «La Terra, finché non è sfruttata come mezzo di produzione, non è un Capitale». Lo sono gli impianti eseguiti con Lavoro umano sulla Terra o le macchine, attrezzi, scorte in sussidio alla sua coltivazione. Ma il reddito di tutto questo è Profitto del fittavolo, non Rendita del proprietario. La parte della Terra che diviene Capitale fisso si consuma come ogni altro Capitale fisso o circolante e va rinnovato ogni anno di una quota, come nell’industria non rurale.
    Si può parlare di un Capitale-terra in relazione al Profitto del fittavolo imprenditore; e non alla Rendita dominicale. «La Rendita risulta dai rapporti sociali in cui si fa la coltivazione: essa proviene dalla società, non dal suolo». Essa non risulta dall’Interesse di un Capitale, né come Capitale-terra né come Capitale investito sulla terra.
    «Noi concepiamo che degli economisti abbiano domandato che la terra sia attribuita allo Stato per servire alla soddisfazione delle imposte». Proprietà e Rendita fondiaria possono essere nazionalizzate restando in regime borghese. La formula russa, la Terra alla Nazione, non è socialismo.
 
 
   


VII – Rendita differenziale, appetito integrale
 

1 – Hors d’oeuvre – Seguendo il sorgere della società borghese ed il formarsi della scienza economica, l’esigenza determinante non riguarda il bilancio del produttore immediato che lavora e consuma; né quello dell’azienda capitalistica che produce e smercia; ma riguarda il quadro immenso della popolazione vivente e della sua alimentazione, lo studio della complicata macchina con cui il cibo arriva agli uomini in maniera sempre meno semplice dai tempi di Eva.

2 – Simpatia allo stoicismo – Da parte di Malthus la critica del capitalismo anno 1815 è possibile e giusta, ma la posizione storica e politica contro di esso è sbagliata.

3 – Misteri del calcolo sublime – La pura matematica è quella scienza che con nuove parole e simboli dice sempre la stessa cosa. Cosa è l’elevazione a potenza? Una moltiplicazione. E la moltiplicazione? Un’addizione. E l’addizione? Una numerazione. Tutto si riduce alla numerazione. Ma nessuno ha definito la numerazione, né che si vada con l’identico scatto da uno a due e da nove a dieci.
    La cultura universitaria vuole sciogliere il rebus economico applicando la matematica. Noi sappiamo all’opposto cha applicando sola matematica non si è mai cavato un ragno da un buco, e ci serviamo invece della nozione economica immediata che tutti abbiamo per capire la matematica. Questa infatti è nata dopo l’economia quanto e più che dopo la fisica: è stata prima agrimensura e poi geometria, prima computisteria e poi algebra e calcolo.
    È banale dire: voglio occuparmi di economia, ma non voglio sapere di matematica nell’economia; è banale perché è stata Mamma Economia a figliare la Matematica, alta e bassa.
    La Rendita fondiaria è differenziale perché deriva da un’operazione di sottrazione, da un margine, da un premio. Per Ricardo la Rendita non può essere assoluta, ma solo differenziale. Per Marx si dà e Rendita assoluta, ossia che scaturisce sempre, e differenziale, che risulta da un margine. La differenziale può anche mancare. La cresta sulla spesa è differenziale: se la padrona sa tutti i prezzi dei fornitori, che non fanno ribassi, la cresta scende a zero.

4 – Introduzione brillante – Marx espone la teoria della rendita fondiaria di Ricardo, e quindi la propria, che non nega quella di Ricardo ma la comprende come uno dei tanti possibili casi studiati.
    Marx ricorda che per il piccolo contadino autonomo, produttore immediato, la proprietà legale della terra è una delle condizioni della produzione. Nel nostro studio ci sono solo braccianti; non contadini-proprietari, non mezzadri, non coloni lavoratori (che bella cosa!). Abbiamo dunque tre figure: proprietario fondiario, capitalista affittaiuolo e operaio salariato.
    Marx, da teorico sicuro, semplifica ancora: «Noi consideriamo dunque esclusivamente il collocamento del capitale nell’agricoltura»; e precisa: «ci possiamo limitare anzi al solo grano; oppure alle miniere, le leggi essendo le stesse».
    Smith, che muore nel 1790, ha il grande merito di avere mostrato che la rendita fondiaria derivante da altre produzioni agricole (lino, piante tintoriali, allevamento bestiame) è determinata dalla rendita che si forma dal capitale collocato nella produzione dell’alimento principale: «Dopo di lui non si è realizzato alcun progresso in questo ordine di idee». Marx fa strame di 80 anni di “progresso scientifico”. Noi ne aggiungiamo un’altra ottantina.

5 – La Rendita di Ricardo – Dato il colpo di grazia all’opinione fisiocratica che la Rendita era dovuta all’eccezionale produttività dell’agricoltura dovuta alla speciale fertilità del suolo, restano quattro modi per spiegarne l’origine.
    1 – Col monopolio della terra i proprietari fondiari monopolizzano i generi alimentari che, venduti al di sopra del loro valore, danno un costante margine, o premio, della Rendita.
    2 – Per Ricardo esiste solo la Rendita differenziale; e non l’assoluta. Nella terra peggiore la vendita del prodotto remunera il Lavoro e il Capitale investito col suo Profitto, senza margine per il proprietario fondiario.
    3 – La Rendita è l’Interesse del capitale che è servito a comprare la terra; per Marx teoria insostenibile, perché non spiega la Rendita che non deriva da capitali investiti, come per le miniere e le cadute d’acqua.
    4 – Per Marx, senza distruggere la legge del valore (come in 1), il terreno peggiore ha la Rendita assoluta, cui si aggiunge la differenziale per i terreni di maggiore fertilità.
    Si rimuove la difficoltà rilevando che il valore, dato dal tempo di lavoro medio e che si realizza sul mercato, dà in dati casi un premio sul prezzo di produzione, la Rendita differenziale.
    Di più, i prodotti agricoli danno sistematicamente un prezzo di produzione al di sotto del valore e prezzo di mercato. Questa differenza è la Rendita assoluta. Ma non cessa di essere una parte del Plusvalore e del Profitto. Essa corrisponde ad un Sopraprofitto che diviene Rendita (dovrebbe chiamarsi Sopra-Plusvalore).
    Per chiarire la dimostrazione di Marx occorre ben stabilire i concetti senza deviare da essi.
    Marx nel prezzo di produzione include oltre alla spesa di materie prime e di salari anche già il Profitto del capitale. Perché questo sia chiaro, bisogna passare ad una dinamica sociale, trattando il Profitto della classe capitalistica e meglio ancora del capitale sociale; espresso solo in parte dal capitale nazionale di nazioni capitalistiche che rovesciano i prodotti su un mercato di scambio interno ed esterno.

6 – Impostazione di Marx – La teoria della Rendita fondiaria si costruisce stabilendo prima la teoria del saggio medio di Profitto del Capitale. Per Marx il prezzo (medio per una larga estensione e per un certo tempo) della merce è dato dal tempo di Lavoro mediamente necessario, nelle date condizioni sociali, per produrla e riprodurla. L’importo del prezzo ci dà la misura del valore di scambio, che, scomposto nei vari termini, mette in evidenza le due categorie che il borghese chiama le sue spese: Capitale costante e Capitale variabile. Per saldare il conto del valore di scambio resta il Plusvalore, che in cifra bruta vale il Profitto, comprensivo di Utile d’impresa e di Interesse del capitale preso in prestito. Il saggio del Profitto è il rapporto tra l’utile derivato dal prezzo medio di mercato e le spese anticipate. Fatto tale calcolo in base ai dati generali, sociali, Marx chiama prezzo di produzione la somma dei tre elementi inglobati nella merce: C + V + Pm (ove Pm è il profitto medio sociale). L’azienda che realizza contratti più favorevoli o paga meno di salario medio e di materie prime avrà una differenza maggiore che Marx chiama Sopraprofitto. È inevitabile il compenso tra sopraprofitti e minusprofitti. Se in una fabbrica l’utile diventa perdita, c’è sempre plusvalore e sfruttamento.
    Eliminati tutti gli scarti che si compensano, si fronteggiano il capitale nazionale (o mondiale) e il proletariato, il lavoro umano e sociale.
    Lo studio della produzione capitalistica nella sua purezza (quando tutto il profitto diventerà una “rendita industriale” non ci vorrà tanta matematica a snidare fuori la camorra di classe) perviene a mettere di fronte, nel bilancio sociale, due classi antagoniste. Conoscendo tutto il Capitale costante nella società e tutto il numero dei proletari nella popolazione, il saggio medio della plusvalenza e del profitto ci consentono di calcolare quanta ricchezza passa, nel quadro di Marx, dalla classe operaia alla capitalistica.

7 – La soluzione di Marx – Anche normali settori industriali presentano sopraprofitti (ma solo contingenti e accidentali, mai sistematici), istantaneamente e facilmente trasformati in rendita. Che altro è il parassitismo capitalistico che Lenin descrive sorto da trusts e monopoli?
    Come il sopraprofitto si trasforma in generale, nel settore agricolo tutto, in Rendita fondiaria, dopo pagato al saggio medio di tutta l’industria l’Utile del fittavolo imprenditore?
    Marx lega il prezzo di produzione al valore del prodotto solo per i prodotti dell’industria. Osserva che, dedotto dal settore industriale il profitto medio, che è parte del prezzo di produzione, nella speciale produzione agraria, essendo sempre le derrate vendute al loro valore ed essendo il Profitto del fittavolo pari a quello del fabbricante, il prezzo di produzione risulta minore. Ciò vuol dire che a parità di prodotto vi è meno impiego di Capitale e di Lavoro della media sociale; e così il Lavoro applicato alla terra è più produttivo che nell’industria. Lo scarto tra prezzo di produzione e valore venale ricavato al mercato, fermo restando il Profitto, va versato al proprietario fondiario, in forza delle leggi e della forza statale.
    Questo evento viene meno per le terre più vili che non danno Rendita; per cui non si trova capitale di fittavoli disposto ad investirsi in esse. Se la terra dà solo un margine utile uguale al Profitto d’impresa, il fittavolo, che deve qualcosa al proprietario, dovrebbe investire il Capitale sotto il profitto medio. In tal caso cerca un altro terreno o investe nell’industria o tiene i soldi in banca.
    Ma Marx ha provato che in genere, anche sul terreno peggiore, il Capitale (sotto forma di materie prime e lavoro) rende più del medio profitto industriale. Lo scarto che ne deriva è Rendita fondiaria assoluta, che ritrae ogni proprietario di terra.
    Su un terreno più fertile, che dà un ricavo maggiore, il proprietario troverà un fittavolo che, con lo stesso Profitto del terreno sterile, potrà pagare un canone maggiore, di una differenza pari al prezzo di mercato della parte di grano in eccedenza. Questo aumento di canone è Rendita differenziale.
    Per Marx la terra peggiore dà grano che fa premio sul Profitto d’impresa al saggio medio: questa la Rendita assoluta. I terreni più fertili alla Rendita assoluta aggiungono quantità variabili di Rendita differenziale.

8 – Riforma fondiaria italiota – Lo Stato fascista in Italia confiscò (con indennizzo) acque e miniere; ossia ogni Rendita assoluta non agraria. Ma non toccò la più alta quota dei profitti di industrie estrattive ed idroelettriche. Ora si vuole espropriare la Rendita agraria assoluta italiana; ossia i terreni più sterili a minimo imponibile.
    Ricardo voleva incamerare tutta la rendita differenziale, ossia le terre migliori; facendo salva la grande azienda capitalistica con un profitto d’impresa pari all’industria.
    Se le terre dei “latifondi” hanno una Rendita, anche se bassa, lo Stato riformatore italiano acchiapperebbe sempre un qualcosa, ma alla condizione di mettersi a fare il rentier mantenendo i già esistenti capitalisti agrari, che pagherebbero il canone redditiero traendolo dal sopralavoro dei contadini braccianti.
    Con la formula sciagurata della parcellazione ai contadini si distrugge la magra Rendita assoluta che ripartisce tra i contadini proprietari la condanna ad erogare doppie ore di lavoro per grano da campare e rate da pagare; per poi fuggire dal lotto. Le pingue Rendite differenziali invece restano sacrosante a disposizione del Capitale della speculazione italiana. La formula di salvare la Rendita differenziale, con gli stessi onori dovuti al Capitale delle anonime, e di far perire la Rendita assoluta, vale l’apostrofe concisa: Stato italiano, quanto sei fesso!
 
 
   


VIII – Grandiosa, non commestibile civiltà
 

1 – Imbandigione e convitati terrestri – Il Capitale è originato dal Lavoro accumulato dei morti, impiegato ad investire e saccheggiare lavoro di una massa di viventi.
    È una grande questione vedere se il ciclo degli scambi tra l’ambiente naturale, con le sue riserve di materia–energia, e la specie vivente tende a raggiungere un’armonia d’equilibrio dinamico (teoricamente indefinita) o tende a cadere in un progressivo sbilancio e quindi a divenire insostenibile, in tempo storico, determinando regressione e fine della specie.
    Riconosciamo importanza alla questione di un’immaginaria mensa, estesa a tutto il pianeta, attorno alla quale siedano i formicolanti convitati, e del rapporto tra il numero delle bocche e le pietanze imbandite; e diciamo che lo studio non sempre agevole della questione della produzione agraria in tempo capitalistico, con le sue analisi ragionate, poste in quadri numerici, ridotte in formule algebriche, non deve essere preso per un lusso dell’intelletto, ma per un’esigenza imprescindibile del ventricolo di specie.
    Nello stesso tempo quelle banali presentazioni sono utili per mostrare quanto se ne distacchi in semplicità, e in potenza e ricchezza di sviluppi, l’impostazione marxista. Il ciclo non si svolge fino ad un tornante in cui gli uomini, percossi da rivelazione o investiti di sapienza, si diano da fare per non perire tutti. Per lunghe fasi del ciclo, gruppi contro gruppi della specie, aumentati di numero, imparano a distruggersi, depredarsi e opprimersi: lo studio delle grandi tappe di queste inevitabili lotte deve stabilire se, come e dopo quali stadi la specie perverrà ad un utile bilancio stabile dei suoi rapporti con la natura fisica, tale che sola via per ottenere alimenti non sia la guerra e la servitù di classe. L’oggetto dello studio sono le forze produttive e i loro rapporti; e non le loro caricature sotto forma di moniti amministrativi e predicozzi moralistici.

2 – Il capitalismo, pessimo vivandiere – La fondamentale dimostrazione di Marx tende alla tesi nettamente rivoluzionaria che il modo di produzione capitalistico, grandissimo propulsore del crescere assoluto e relativo delle forze di produzione, tappa indispensabile e decisiva di tale accrescimento, non può far tenere il passo all’aumento di numero e di potenza tecnica delle collettività umane con la produzione di alimenti. Da questo noi concludiamo al calcolo del cammino che ci separa dalla catastrofe, in cui questa inevitabile contraddizione farà saltare in aria la struttura capitalistica. Il lettore attento si avvede dei tratti del duro cammino in cui il traguardo dello scontro rivoluzionario appare in tutta la sua suggestione.
    Marx ricorda che già i primi economisti rilevano il contrasto tra il progresso tecnico in agricoltura (nonostante le misure per accrescere la produzione del terreno) e le forme sociali. L’ingranaggio del sistema capitalistico è tale che il Capitale e il Lavoro umano sono incessantemente sospinti verso l’industria alle cui incredibili velocità di trasformazione dei procedimenti fa riscontro l’enorme lentezza di evoluzione dell’agricoltura nei cui campi (anche dei paesi più sviluppati) si adottano oggi per la maggior parte gli stessi procedimenti agrari che si usavano da secoli e da millenni.
    Marx rapporta la riluttanza del Capitale alla terra alla composizione tecnica, o organica, di esso, che è più favorevole nell’industria.
    A metà ‘800 la composizione del capitale (grosso modo invariata oggi in agricoltura) era:

Nell’industria:
80c+20v+10p
=110
In agricoltura:
60c+40v+20p=
120
Composizione organica
Saggio del Plusvalore
Saggio del Profitto
Saggio del Profitto d’Impresa
Saggio della Rendita
 4  (80/20)
50% (10/20)
10% (10/100)
10% (10/100)
 0%
1,5 (60/40)
50% (10/20)
20% (20/100)
10% (10/100)
10% (10/100)

3 – Grano e capitalismo – La lentezza dell’aumento di produttività nell’agricoltura è un ostacolo alla riduzione del tempo di lavoro a parità di prodotti e di consumi medi, che è insormontabile per le classi dai consumi soprattutto alimentari. Il capitale “sa” che raggiunge una sempre più alta massa di profitto seguendo la legge della discesa del saggio medio e preferisce produrre ad alto grado tecnologico; con molti operai ad alto salario per avere moltissimo prodotto. Con l’acciaio è facile all’offerta forzare la domanda, grazie ad armi e guerre, che riducono il numero di bocche che domandano inutilmente grano.
    Per l’acciaio in un secolo il grado tecnologico va dal 4 di Marx al 15÷20 di oggi. Le tonnellate-anno di grano che produce ogni operaio agricolo nel corso di un secolo non sono probabilmente cresciute del 50% mentre quelle di acciaio divenivano decine di volte.
    Ogni terrestre mentre mangia 270 kg. di cereali e patate all’anno, ne mangia di carne solo 4 o 5. Non bisogna farsi corbellare dalle medie. Nei paesi più sviluppati il rapporto carni–cereali varia enormemente da classe a classe e da regione a regione. In Italia la macellazione media pro-capite di Kg. 14,2 va da Kg. 27 in Emilia a Kg. 5,3 in Sicilia (ossia a livello del terrestre medio). Il capitalismo è dunque l’epoca dell’alimentazione cerealicola, come la barbarie superiore (guerra di Troia) lo era esclusivamente della carnea. Ecco perché Marx ha ragione di calcolare la parte di Profitto che va a Rendita sulla produzione granaria.

4 – Rubriche sulla rendita – Se la terra da porre a coltura è stata tutta occupata e per aumento della popolazione occorre più prodotto (più grano), si investe sullo stesso terreno altra spesa in concimi e impianti vari di miglioramento agrario. Si aumenta così il prodotto (l’Italia in 5 anni avrebbe dovuto passare da 79 milioni di q. di grano nel 1952 a 90), ma inevitabilmente il prezzo unitario cresce. Ossia con l’aumento di produttività del lavoro dovuto al capitalismo sono disponibili a minor prezzo i prodotti manufatti, ma raggiungono prezzi più alti i prodotti alimentari. Questa corsa va a sboccare nella soluzione della rivoluzione che distrugge il modo capitalistico di produzione, o, che è lo stesso, la distribuzione di mercato: unico dato necessario per costruire tutta la deduzione di Marx.

5 – Rivoluzione antitrinitaria – Marx, nell’affrontare il problema di insieme delle tre fonti di entrata economica e delle tre classi, tratta a fondo la critica della formola trinitaria: capitale-interesse; terra-rendita; lavoro-salario; che non sono tre effettive autonome fonti di tre fazioni in cui si spartisce la ricchezza prodotta, l’aggiunta di valore in ogni campagna di lavorazione. Nella critica rivoluzionaria il solo fattore reale del valore è il Lavoro; è solo ad aggiungere: sono in tre a sottrarre. Il diritto di possesso per la terra, l’appropriazione di merci per il Capitale, non sono fonti di valore, ma rapporti di forza tra uomini.
    L’economia classica mise in evidenza che il solo Lavoro genera il Valore.
    Le relazioni terra–Rendita, e soprattutto denaro–Interesse (Capitale–Profitto), non sono naturali ed eterne: esse erano estranee ad antichi modi di produzione (produzione diretta di beni d’uso – schiavitù e servaggio – sistema corporativo medioevale). La grande comunità, che riunirà tutti i “terrestri”, si porrà come scopo finale «la sua stessa riproduzione», senza Rendita, senza Interesse e, in primis et ante omnia, senza Salario.
    Solo nel modo di produzione capitalistico tutto si misura con il lurido, puzzolente denaro, con il calcolo del reddito personale e del bilancio di azienda, con la schiavitù della natura umana alle lancette dell’orologio di fabbrica e di ufficio.

6 – Scarto dei casi impuri – Tutto lo studio sulla Rendita differenziale è impostato sui dati di una media ideale, di condizioni limite non riscontrabili nella realtà storica. Esse corrispondono all’ipotesi che il lavoratore della terra sia salariato, il suo salario sia al livello medio di tutta l’industria, che tra lui e il proprietario giuridico, che ha per ordine della polizia la “chiave” del fondo, sia interposto ovunque un fittavolo imprenditore e che il guadagno di questo sia al livello medio sociale del Profitto di tutti gli imprenditori industriali.
    È pietosa la disperata difesa, con aperta posizione da partito borghese, da parte del P.C.I. del grande affittaiuolo capitalistico contro il proprietario fondiario, e ciò quando la disciplina dei prezzi e dei fitti ha reso poco velenosa la Rendita domenicale e scandaloso il Sopraprofitto delle imprese agrarie.
    Nella storica lotta inglese tra la proprietà fondiaria borghese (landlords), i capitalisti agrari (farmers) e i lavoratori agricoli, culminata nei dazi protettivi sul grano, i cui prezzi scendevano con sollievo del proletariato, i proprietari fondiari tendevano a impinguare le proprie rendite comprimendo i profitti al di sotto del normale profitto e i fittavoli reagivano comprimendo i salari del lavoratore delle campagne. A questa fase storica ed economica Marx dà l’interpretazione rigorosa e limpida di un’aggiunta alla Rendita, per fattore politico e di forza, di una frazione del Profitto d’impresa e del Salario, che arrotonda artificialmente la rendita vera e propria, la rendita media ideale.
    È cruciale il punto di passaggio dalla scienza pura alla lotta sociale e politica. Si ribattono ricardiani ed economisti volgari dimostrando che con la Rendita contenuta nei suoi limiti teorici e, se del caso, destinandola allo Stato come copertura delle spese (ossia con l’impresa capitalistica dell’industria e della terra libera da imposte), l’illusoria armonia nella ricchezza della nazione e nel trinitario benessere a tutte le classi non si raggiunge, ma si ribadisce la prospettiva degli antagonismi rivoluzionari. Nulla ha a che fare con rivoluzioni nemmeno borghesi il convertire le Rendite della terra peggiore in interessi di titoli di Stato. Ciò salva il privilegio redditiero e aggrava il bilancio pubblico per miglioramenti fondiari fasulli, in cui la tecnica agraria diviene asinità e l’amministrazione statale ladreria aperta alla trionfante speculazione imprenditrice.

7 – Il salto idraulico – Le cartiere di un paese si suppone che siano alcune azionate da motrici a vapore mentre altre dispongano di una caduta d’acqua, per le quali la necessaria forza motrice non costi nulla, con economia sia di carbone sia della forza lavoro del fuochista. La composizione tecnica sia, per semplificare, uguale per i due tipi di cartiera, mantenendosi lo stesso rapporto Capitale costante-Capitale variabile, con stessa proporzione per le spese di manutenzione e di logorio. Per le cartiere privilegiate il costo e il prezzo di produzione è quindi inferiore. Il prezzo di mercato della carta deve però adeguarsi ai costi, superiori, delle cartiere prive di caduta d’acqua, altrimenti nessun capitale vi si investirebbe. Risulta così una Sovraprofitto nelle cartiere che dispongono di caduta d’acqua, generato da una maggiore produttività del lavoro che vi si impiega.
 
 
 Cap. VIII, Par. 7
LA RENDITA DIFFERENZIALE
1ª Forma - Il salto idraulico
 
  A
Fabbriche
con motrici
a vapore
B
Fabbriche
che
dispongono
di cadute
d’acqua
o Composizione tecnica (organica) o=C/V
C
V
K
Capitale Costante
Capitale Variabile
Cap. Anticipato = Costo di Prod.
C
V=C/o
C+V
80 
80/4 =  20 
80+20 = 100 
72 
72/4 =  18 
72+18 =  90 
p
Pm
Tasso medio sociale del Profitto
Profitto nella media sociale
p
Kxp
15%
100x15% =  15 
15%
90x15% =  13,5 
Pp
Pr
R
P
Prezzo di Produzione
Prezzo di mercato (unico)
Sovrapprofitto = Rendita
Plusvalore = Profitto totale
K+Pm
Pr
Pr-Pp
Pm+R
100+15 = 115 
 115 
115-115 = 
15+0 =  15 
90+13,5 = 103,5 
115 
115-103,5 = 11,5 
13,5+11,5 = 25 
s
Pi
Tasso del Plusvalore
Profitto spett. al capitalista
P/V
P-R
15/20 = 75% 
15-0 = 15 
25/18 = 139% 
25-11,5 = 13,5 
     L’acqua a costo zero, fornisce la necessaria forza motrice al Settore B, facendo risparmiare 8 di carbone per cui C scende da 80 a 72. Supposta uguale la Composizione organica nei settori A e B, la minor spesa per carbone in B corrisponde all’economia di salario del fuochista. In formula: 72c + 18v = 90; in cui 18 = 72/4.
     Nel settore A: 100 di Capitale anticipato + 15 di Profitto (al saggio medio del 15%) = 115, che è sia il Prezzo di produzione sia il Prezzo di mercato.
     Nel settore B: 90 di Capitale anticipato + 13,5 di Profitto (sempre al saggio medio del 15%) = 103,5, che è il Prezzo di produzione. Ma il Prezzo di mercato è 115, lo stesso del settore A.
     Se il settore B, con un Capitale anticipato di 90, vende a 115, ha un margine di 25 (115 - 90) di cui 13,5 è Profitto industriale e 11,5 è Rendita differenziale di tipo fondiario.
     13,5 di profitto, spettante al capitalista del settore B, uguale al 15% di 90.
     La differenza tra i Prezzi di produzione dei settori A e B, pari a 115 - 103,5 = 11,5, è Rendita differenziale ed è stata prodotta dal lavoro dei salariati del Settore B.
     Nelle fabbriche del Settore B, del Plusvalore di 25 se ne considerano 13,5 Plusvalore normale, con un Saggio del 75% (13,5 p / 18 v), e 11,5 Sopralavoro eccezionale, che diviene Sopraprofitto e Rendita, con un Saggio del 64% (11,5p/18v).

 
 

8 – Le persone in campo – Per Marx l’espressione di prezzo o valore della caduta d’acqua o della terra in generale è “irrazionale”. Solo le merci, i prodotti del lavoro umano, il capitale in cui si possono trasformare, hanno valore e prezzo. Quello che si pagherà per la caduta d’acqua non è che Rendita capitalizzata. Se il saggio dell’Interesse in senso volgare (non del Profitto in senso marxista) è il 5%, il proprietario chiederà per la perduta Rendita di 10 la somma 200, per la Rendita di 11,5 la somma di 215.
    Marx non confonde mai tra Capitale “patrimoniale” e Capitale “spesa”. Nel calcolo del Capitale totale, della parte sia costante sia variabile, Marx non fa mai conto, ai fini dei saggi del Plusvalore del Profitto e Tecnico, del valore di patrimonio della caduta d’acqua, della terra agraria, del fabbricato, dell’officina. Della motrice, a vapore o idraulica o altro, entrerà in conto solo la quota di logorio nella produzione di uno stock di merce prodotta.
    Per Marx Capitale investito, anticipato o impiegato nella produzione è sempre una parte del prodotto, della merce fabbricata venduta e del famosissimo fatturato dei ragionieri e dei docenti.
 
 
   


IX – Terra matrigna, mercato lenone
 

1 – Alma parens frugum – La cartiera azionata ad acqua produce a costo minore, ma vende allo stesso prezzo di quella a vapore. La differenza, premio sul prezzo di produzione, è Rendita (Prima forma della rendita differenziale).
    Da quando la specie umana coltiva la terra per alimentarsi, gli aspetti fondamentali del problema sono due: 1) l’occupazione della terra, che fa variare il rapporto tra l’incolta e la coltivata; 2) la fertilità della terra, variabile per le condizioni naturali e gli effetti del lavoro umano, ossia la sua attitudine a dare più frutto e a chiedere meno sforzo.
    Ci si chiede: quanta terra è ancora possibile mettere a coltura? e quale minima fertilità determina il dissodamento degli incolti, in relazione al commisurare gli sforzi di lavoro e i consumi alimentari? Ciò da quando col capitalismo tutta la terra disponibile è sfruttata e la specie ha troppa fame.
    Per noi gli uomini si offrono da mangiare col proprio lavoro. Genitrice di ogni frutto è la Terra, come genitore ne è il Lavoro.

2 – Fertilità naturale – Per Ricardo la Rendita (che è solo differenziale) è sempre la differenza fra i prodotti ottenuti con l’impiego di due quantità uguali di Capitale e di Lavoro.
    Marx precisa che questo è vero per il sovraprofitto in generale; ma, trattando di Rendita fondiaria, va aggiunta la terza condizione: sulla stessa quantità di terreno.
    Il caso dei Capitali uguali è il più semplice, ma è raro.
    Se si impiegano Capitali ineguali per prodotti ineguali, sia pure sulla stessa superficie di terra, si fa il confronto del proporzionale reddito dei vari Capitali. Se il rapporto tra reddito e Capitale (saggio del Profitto) cresce, c’è Sovraprofitto; e quindi Rendita differenziale.
    Per semplicità di esposizione, Marx si limita a considerare la fertilità “naturale”. Tra gli altri fattori della fertilità, ossia dell’utilità di esercizio, Marx si ferma un momento sugli effetti dell’ubicazione per dare uno dei soliti colpetti al sistema capitalistico, in cui è l’essenziale di tutte le nostre analisi. Il capitalismo diminuisce gli effetti dell’ubicazione e sfrutta anche il cucuzzolo delle montagne per fare soldi, creando nuovi mezzi di trasporto e mercati nuovi; ma poi ne aumenta gli effetti, perché separa l’agricoltura dalla manifattura, costituisce grandi centri, isola certe regioni.

3 – I quattro terreni – Con Marx limitiamo lo studio alla sola fertilità naturale di quattro terreni di uguale superficie, con la stessa lavorazione, con la stessa spesa di salari e materie o logorii; ma che danno diverse quantità di prodotto da un “terreno peggiore” a 3 terreni progressivamente “migliori”. Unica difficoltà: le unità di misura inglesi che andrebbero convertite nel sistema decimale. Il prezzo del grano è, costante, 2 scellini a chilogrammo.
    Sul terreno A, il pessimo, si ricavano 30 Kg. di grano che, venduto al prezzo medio, dà il ricavo lordo di 60 scellini.
    Il Capitale investito sui quattro terreni è sempre di 50 scellini, con un margine di 10. Il normale medio Profitto del capitale è del 20%; quindi i 10 scellini di guadagno sui 60 di ricavo vanno tutti al Profitto capitalistico. Non c’è Sovraprofitto: la Rendita per il proprietario fondiario è zero.
 
 
 Cap. IX, Par. 3-5
1ª Forma della Rendita,
su 4 terreni di diversa fertilità

Terreni di superficie uguale, sui quali si applica la stessa lavorazione e si investe lo stesso capitale, ma dai quali si ricavano quantità di prodotto disuguali e progressive.
TERRENO   K=
c+v+p

Grano
Pro-
dotto
c + v

Capitale
Anti-
cipato
costante
p = P+R

Plusva
lore
P

Profitto

20%
costante
R
Sovra
profitto

=
Rendita
diffe-
renziale
R/K

Rendita
/
Pro-
dotto
 A - Pessimo in
Scel-
lini
 60  50  10 10   0 0
 B - Mediocre 120  50  70 10  60 1/2
 C - Buono 180  50 130 10 120 2/3
 D - Ottimo 240  50 190 10 180 3/4
TOTALI 600 200 400 40 360  
 
 A - Pessimo
in 
Kg 
di
Gra- 
no
 30  25   5  5   0 0
 B - Mediocre  60  25  35  5  30 1/2
 C - Buono  90  25  65  5  60 2/3
 D - Ottimo 120  25  95  5  90 3/4
TOTALI 300 100 200 20 180  

 

4 – Rizzando la scala – Sul Terreno B con la stessa estensione e spesa si produce il doppio; per cui restano 60 scellini, prima Rendita differenziale che il fittavolo pagherà come canone d’affitto al proprietario.
    Sul Terreno C si produce il triplo e restano 120 scellini di Rendita.
    Sul Terreno D si produce il quadruplo e restano 180 scellini di Rendita.
    La Rendita non viene dal vender caro, non viene dal mercato e non viene da scarto di prezzi; ma da un Sovraprodotto che spetta a chi tiene la chiave dei cancelli dei terreni migliori, che sono così interdetti a Capitale e Lavoro. La Rendita si ha solo se vengono “portati dentro” i terreni migliori Capitale–Lavoro; ossia denaro che ha comprato lavoro morto e compra lavoro vivo.

5 – Dati dell’attualità – Risulta che la Rendita di un terreno sale da 0 a 3/4 del prodotto totale; restando ferme le remunerazioni dei lavoratori e dell’impresa.
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 Cap. IX, Par. 5
CATASTO ITALIANO
(anno di impianto, 1939)
Tariffe per le Classi di seminativo
Classi
Castatali
Reddito dominicale
(Rendita)
Reddito Agrario
(Profitto)
Rapporto
  LIRE INDICI LIRE INDICI  
1 550  100,0 180 100,0 3,1
2 400   72,7 170  94,4 2,4
3 300   54,5 160  88,9 1,9
4 190   34,5 130  72,2 1,5
5  95   17,3  80  44,4 1,2
     Il catasto tassa le varie qualità di Terreno ad ettaro.
     In Italia i Terreni agrari sono 28 milioni di ettari. Gli incolti produttivi, i pascoli e i prati permanenti sono 12. Ne restano 15,5 di cui: Seminativi 13,0; altri 2,5.
     Il reddito imponibile domenicale determina l’imposta dovuta dal proprietario fondiario. Rappresenta la rendita vera e propria.
     Il reddito imponibile agrario è alla base dell’imposta dovuta dal gestore del terreno. Esprime il profitto industriale.
     Per la Rendita ed il Profitto sono date le tariffe in assoluto ed in percentuale del 1939.
     Si rileva dai dati che: 1° - La Rendita è più alta del profitto; di poco, nella 5a Classe; del triplo nella 1a. 2° - Il Profitto varia poco (2,25 volte); la Rendita varia moltissimo (5,79 volte). 3° - Nelle migliori Classi il Profitto scarta poco (+12,5%); la Rendita molto (+83,3%).

    Se varia la produttività organica, varia anche il Capitale e il Lavoro da apportare: il che si risolve con la Seconda forma.
    In un comune italiano ove è presente il terreno peggiore, ed infatti vi è “latifondo” sotto bonifica e scorporo, si nota che in genere:
– 1° rilievo: la Rendita è alta assai più del Profitto; di poco nella 5ª qualità, del triplo nella 1ª. È proprio fesso lo Stato democristiano coi sottocoda comunisti che espropria dove l’imponibile è basso e si prende, pagando bene, le Rendite da 95, lasciando godere ai proprietari quelle da 550 e oltre.
– 2° rilievo: se il Profitto varia del doppio, la Rendita varia del sestuplo.
– 3° rilievo: nelle prime 3 classi il Profitto scarta poco (risponde molto alla I forma di Marx) e la Rendita molto.
    Da questi dati, tratti dalla pratica, ricaviamo la Tabella sulla scorta di quattro esempi di poderi della Valle Padana a coltura più allevamento zootecnico di 50-60 ettari; i cui conti non sono dati come bilancio patrimoniale, ma come esercizio annuo in cui il prodotto lordo di 100 dà, nel senso marxista, 33c e 28v (basso grado di composizione organica a 1,18, con l’industria al tempo di Marx già a 4 e oggi a 8); Capitale totale anticipato 61 (c + v); Profitto capitalistico 15; saggio del Profitto 25% (rapporto tra il Profitto di 15 e il Capitale speso); margine totale 39 (64%; di cui saggio del Profitto 25% e Sopraprofitto che diviene Rendita 39%).
 
 Cap. IX, Par. 5
AGRICOLTURA ITALIANA
Poderi della Valle Padana di 50-60 ha,
a Coltura+Allevamento zootecnico
ESERCIZIO ANNUO
BORGHESE
GRANDEZZE MARXISTE
% % %
Spese Varie 33 } Capit.
anticipato
61 { Capitale Costante 33
Mano d’opera 28 Capitale Variabile 28
Interesse 7 } Profitto 15 } Plusvalore 39
Utile d’impresa 8
Rendita 24 Rendita 24
Prodotto 100 Prodotto 100   100
Gradi di Produttività, Saggi e Rapporti
Composizione Tecnica c / v     =33/28 = 1,18
Saggio del Plusvalore p / v     =39/28 = 1,39
Saggio del Profitto p/(c + v) =39/61 = 0,64
Rapporto del Capit. Costante al Cap. anticipato  c/(c + v) =33/61 = 0,54
   “      “    “    Variabile    “       “ v/(c + v) =28/61 = 0,46
   “      “         Profitto     “       “ Pr/(c + v)=15/61 = 0,25
   “     della      Rendita      “       “ R/(c + v) =24/61 = 0,39

La Composizione Tecnica dell’industria era in media 4 al tempo di Marx e almeno 8 al 1954.

 

    La Tabella a pag. 34 riassume le classi di seminativi previste dal Catasto Italiano: ai tre casi B-C-D va aggiunto il caso A, non dato perché la tariffa dà rendita a tutti i terreni. Lo ricaviamo aggiungendo al capitale anticipato, costante, di L.32.000 il profitto del 25% che dà L.8.000 con un totale di L.40.000 pari ad una produzione di appena 5 Q.li di grano ad ettaro su un terreno con Rendita 0.

6 – Il gioco è fatto – Il prodotto dell’Italia agraria sia in danaro di 210.000 con un quantitativo di 26,25 q. di grano così ripartiti: 7,4 ai contadini; 4 al capitalista; 6,25 al barone fondiario e 8,6 di capitale costante.
 
 Cap. IX, Par. 6
QUADRO DI TUTTA L’ITALIA AGRARIA

Ter­reno c v c + v p P = c+v+p Pr = p–R R = p–pr
Capitale Costante Capitale variabile Capitale anticipato Profitto del Capitale Prodotto Profitto, al Capi­talista agrario Rendita, al Proprie­tario terriero
33% 28% 61% 39% 100% 15% 24%
1 2 3=1+2 4=6+7 5=3+4 6=4-7 7=4-6
q. £ q. £ q. £ q. £ q. £ q. £ q. £
A 2,15 17.250 1,85 14.750  4  32.000  1,00  8.000  5,00  40.000 1  8.000 - -
B 2,15 17.250 1,85 14.750  4  32.000  2,50 20.000  6,50  52.000 1  8.000 1,50 12.000
C 2,15 17.250 1,85 14.750  4  32.000  3,00 24.000  7,00  56.000 1  8.000 2,00 16.000
D 2,15 17.250 1,85 14.750  4  32.000  3,75 30.000  7,75  62.000 1  8.000 2,75 22.000
tot 8,60 69.000 7,40 59.000 16 128.000 10,25 82.000 26,25 210.000 4 32.000 6,25 50.000
   Il Quadro è riferito all’Italia ma, con scarti di lieve entità, vale per qualsiasi paese capitalistico.
   Nel Quadro parliamo di quintali: vanno bene lo stesso milioni di quintali; quelle che contano sono le percentuali. La classe dei salariati agricoli produce 26,25, ma ne riceve solo 7,4 (il 28%).
   Il resto (dedotti 8,6 di Capitale Costante) va alla classe dei capitalisti agrari per 4 (il 15%) e alla classe dei proprietari terrieri per 6,25 (il 24%). Per Marx è da spiantare il monopolio fondiario della terra ed il monopolio capitalistico del prodotto.
   Ai milioni o diecine di milioni o centinaia di milioni (vedi la Cina) di salariati agricoli ai quali va poco più di 1/4 del grano prodotto (o di qualsiasi alimento o materia prima) si oppone una percentuale bassissima di capitalisti agrari e di proprietari terrieri che si appropria del 39% del prodotto.
   Dati costanti: Capitale anticipato (32.000) e Profitto dell’affittuario (8.000); nonchè il Prezzo di vendita del grano di £ 8.000 al quintale.
   Il Capitale costante e il Capitale variabile, e quindi il Capitale anticipato, passando dal Terreno A al Terreno D si contraggono relativamente del 35,6%.
   Il profitto totale, passando dal Terreno A al Terreno D, aumenta di 3,75 volte, dal 20% al 48% del prodotto; la rendita sale da zero al 35% del prodotto.

    Per Ricardo lavoratori e imprenditori lottino per sopprimere i 6,25 del landlord, per cui la quota degli imprenditori sale a 10,25 (4 + 6,25) e quella dei braccianti resta a 7,4.
    Per un sindacal-socialista, soppressi i 6,25 del barone e i 4 del capitalista, saranno disponibili 17,65 (7,35 + 4 + 6,25).
    Per l’ufficio agrario del P.C.I. si espropriano le rendite del latifondo (terreno B, 1,5 su 26,25) che, pagate in moneta corrente, vanno ad interesse di capitali alla classe imprenditrice che sale da 4 a 5,5; mentre i borghesi fondiari scendono da 6,25 a 4,75. I proletari restano a 4.
    Per Marx va spiantato il monopolio fondiario della terra e il monopolio capitalistico del prodotto.
    Notiamo che l’affitto dei terreni B è di 1,5 q. di grano ad ha. (2 per C e 2,75 per D). Al 1954 i redditi d’imprenditore agrario crescono molto più delle Rendite dei proprietari fondiari. Inoltre le Rendite sono proporzionali alle superficie; i Profitti unitari no. Ma il prodotto unitario cresce con la dimensione dell’azienda; per cui il piccolo colono e mezzadro paga Rendite elevate, intasca poco Profitto e, se è lavoratore, il tempo di lavoro è elevato.
    Quanto al valore venale dei 3 terreni, al tasso del 5% valgono ad ha. 240.000, 320.000 e 440.000; ossia 20 volte la Rendita. Rispetto a questi valori patrimoniali, il Capitale è solo l’anticipo annuo dell’impresa agraria; ossia 32.000.
    Proprietari e impresari si lamentano del modesto lucro del 5-6% calcolato sul valore patrimoniale; mentre in realtà sul Capitale anticipato abbiamo Profitti al 24,6%, Sopraprofitti a Rendita del 39,3% e Plusvalore al 63,9%.

7 – La macchina si mette in moto – Al 1954 gli operai agricoli producono 26,25; ma consumano per vivere solo 7,4, ossia il 28%. Se fossero già “La Specie” invece di 8 ore basterebbe per vivere lavorare solo 2 ore (per la precisione 2,25 ore; ossia 3,55 volte in meno dell’oggi). Gli uomini oggi sono tanti che ci vogliono 10 misure (o milioni o miliardi di tonnellate) di grano perché mangino tutti; per cui si sono dovuti dissodare e coltivare i terreni A (i peggiori), il cui prezzo di produzione fissa i prezzi di vendita e di acquisto di tutti i terreni (dai peggiori ai migliori).
    Il capitalismo, più dissoda e incivilisce, più costruisce LA FAME. Se si abolisse la Rendita il prezzo del grano del terreno A (il peggiore) resterebbe 60. Ma in B scenderebbe a 30 perché produce il doppio; in C a 20 (produzione tripla); in D a 15 (produzione quadrupla). Senza Rendita il prezzo di produzione e di consumo scenderebbe con l’aumento di fertilità del terreno; prezzi che il capitalismo inchioda alla resa del terreno più fetente.
    In assenza di Rendita nessuno vieterebbe ad altri di coltivare, lavorare e raccogliere. Esistendo terra libera, aumenterebbe la produzione, non il prezzo; a condizione di trovare terra della stessa fertilità di quella già dissodata.
 

 Cap. IX, Par. 7
Come il Capitalismo costruisce la fame
Con l’abolizione della Rendita il prezzo di produzione e di consumo del grano scemerebbe con l’aumentata fertilità del terreno. Il sistema capitalistico lo inchioda sulla resa del Terreno più sterile; e tanto più dissoda e incivilisce.
in scellini
Terreni
di 1 ara
Resa di grano
misu­re
Pro­dotto ven­duto
Capi­tale anti­ci­pato
Plus­valo­re
Prez­zo di 1 mi­sura
Prezzo medio
di 1 misura
c+v+ p c + v p  A  A+B A+B
+C
A+B +C+D
A
Pessimo
1
60
50
10
60
60
     
B
Mediocre
2
60
50
10
30
 
40
   
C
Buono
3
60
50
10
20
   
30
 
D
Ottimo
4
60
50
10
15
     
24

8 – Storia del dissodamento – In Tabella leggiamo in serie discendente, ossia in senso storico, e in serie ascendente per l’andamento dei prezzi. All’inizio alla poca popolazione bastano le 4 misure del terreno D con 60 di prezzo di produzione (50 di spese + 10 di profitto) al prezzo di 15 a misura. Passando ai terreni progressivamente peggiori C, B ed A c’è sempre formazione di Rendite differenziali. La stessa cosa si verifica se si passa dal Terreno A ai Terreni progressivamente migliori B, C e D.
    Il capitalismo procede verso l’aumento del prezzo reale del grano, anche se si va verso l’aumento della superficie coltivata e il miglioramento produttivo per unità di superficie.
    Al capitalismo non conviene investire capitali per aumentare la fertilità del suolo perché è vero che il prodotto cresce, ma diminuisce il Profitto delle successive anticipazioni; la qual cosa fa orrore al Capitale.
 

 Cap. IX, Par. 8
Nella società capitalistica
il prezzo degli alimenti sale
Popo­la­zione Mi­sure di grano occor­renti TERRENO Spe­se Plus­va­lore Prezzo di Produ­zione Pre­mio Rendita
D
Otti­mo
C
Buo­no
B
Me­dio­cre
A
Pes­si­mo
1 2 3 = 1 + 2 mi­sure scel­lini
Scarsa  4 4       50  10  60:4=15      
Poco densa  7 4       50  30  80:4=20  33% 2/3  20
  3     50  10  60:3=20      
Più densa  9 4       50  70 120:4=30 100% 2  60
  3     50  40  90:3=30  50% 1  30
    2   50  10  60:2=30      
Molto densa 10 4       50 190 240:4=60 300% 3 180
  3     50 130 180:3=60 200% 2 120
    2   50  70 120:2=60 100% 1  60
      1 50  10  60:1=60      

9 – La legge della fame – Nell’agricoltura il valore di mercato del prodotto è sempre maggiore del prezzo di produzione. Nell’industria il prodotto sociale ha in teoria il prezzo di mercato uguale al prezzo di produzione, ossia al valore calcolato in tempo-lavoro. Nella Tabella, basata sugli scarti di fertilità, si vede che il prezzo di mercato delle derrate supera il prezzo di produzione del 31%.
    È fondamentale questa legge inesorabile: il capitalismo è uguale a caro-pane.
 
 Cap. IX, Par. 9
La Legge della fame deriva da quella del Valore
TERRENO Grano Pro­dotto Prezzo di Produzione in £. Prezzo di Vendita in £.
quin­tali ad ettaro a quintale totale a quintale totale
A Pessimo  5,00 8.000  40.000 8.000  40.000
B Mediocre  6,50 6.154  40.000 8.000  52.000
C Buono  7,00 5.714  40.000 8.000  56.000
D Ottimo  7,75 5.161  40.000 8.000  62.000
TOTALE 26,25 6.095 160.000 8.000 210.000

Il Prezzo di produzione medio del grano a quintale è 160.000: 26,25 = 6.095. Il Prezzo di vendita risulta più caro del 31% sul Prezzo di Produzione: 210.000 su 160.000; o 8.000 su 6.095.


10 – Il cancro mercantile – Il valore sociale di un prodotto è il lavoro che esso costa alla società, diviso per la massa ottenuta, calcolata in tempo medio di lavoro sociale; purché nessuna sua parte divenga forma–merce o forma–capitale; nel qual caso si tratta di un valore sociale falso.
    È proprio la legge del valore mercantile, del pareggio tra valori di scambio equivalenti per uguali valori di uso a imporre che ogni misura di grano si venda a 60 sui quattro terreni, poco importa se prodotta a 60, a 30, a 20 e a 15, e ad impedire quindi che ogni misura di grano si venda in media a 24. Da notare che Marx non si scaglia tanto contro i 10 di normale Plusvalore del Capitale, quanto contro i 36 in media dei Sopraprofitti–Rendite.
    Tutte le pretese libere e volontarie scelte dei milioni di atti di mercato su cui si vuole fondare l’economia borghese conducono solo alla regolamentazione di una società che anche come complesso è incosciente e impotente. «Se si abolisce il capitalismo e la società non è più che un’associazione cosciente e metodica, non si pagherebbe un prodotto agricolo due volte e mezza il tempo di lavoro che vi si trova contenuto: la classe dei proprietari fondiari non avrebbe più ragione d’essere; mentre, conservando il capitalismo e facendo versare ogni Rendita differenziale allo Stato, il prezzo dei prodotti agricoli non cambierebbe» (Marx).

11 – Non si costruisce socialismo: si demolisce mercantilismo – Il capitalismo realizza il valore sociale e non individuale delle merci, in modo falso se esso risulta da atti economici personali; come versare un salario in moneta per il tempo di lavoro erogato. Lo sforzo medio sociale si esprime solo coi dati reali della produzione fatta non per il mercato (ossia non incosciente ed involontaria); perché i valori determinati per il mercato e con la legge del mercato non superano l’incoscienza, l’anarchia e l’impotenza dell’organizzazione sociale. Si passerà alla “associazione” comunista solo quando il paragone mercantile non sarà più il metro di tutti gli atti economici.
    La teoria marxista sulla Rendita contiene la critica essenziale del capitalismo. Le più mostruose dilapidazioni, dovute al divario tra i prezzi di mercato e i valori nella produzione, non spariranno eliminando i beneficiari, ma sorgeranno fino a quando l’inizio degli atti produttivi e i calcoli di essi si baseranno sui fatti della sfera della circolazione delle merci, con l’applicazione della legge del valore.
   
 
 


X – Terra vergine, capitale satiro
 

1 – La prima forma – Aumentando la popolazione, se la terra non è limitata, ossia monopolizzata, si occupa altro terreno per ottenere più frutto; fenomeno che Marx esamina in ambito capitalistico, ossia nell’ipotesi che il lavoratore non dispone né individualmente né collettivamente del prodotto, ma ne riceve un tanto dall’”azienda agraria” erogando un certo tempo di lavoro.
    Con la 1ª forma la società capitalistica estende la coltivazione a nuovi terreni. Esaurita questa possibilità, si dovrà far produrre di più la terra già coltivata; e si passa così alla 2ª forma.
    Nella 1ª forma, con lo scambio mercantile secondo la legge degli equivalenti, con la produzione agraria capitalistica di imprenditori o fittavoli e di contadini solo salariati, con tutta la terra di proprietà privata, con i terreni di fertilità diversa si genera la rendita differenziale passando dal pessimo terreno A ai migliori B, C e D.

2 – La legge differenziale – Quale è la relazione tra la causa “differente Fertilità” che genera l’effetto della “differente Rendita”?
    Il Quadro I di Marx (qui a Pag. 30) mostra che i quattro Terreni A, B, C e D danno i Prodotti-Fertilità 1, 2, 3 e 4 e le Rendite 0, 60, 120 e 180.
    Col ragionamento proporzionale (sbagliato) se la Fertilità da B a C passa da 2 a 3, cioè è aumentata del 50%, anche la Rendita 60 di B aumenterebbe del 50%, dando per C la Rendita di 90 (60 + 30). Questo errore sminuisce la progressione reale della Rendita, che non cresce in proporzione alla Fertilità ma molto di più.
    La regola che lega i Prodotti-Fertilità alle Rendite è invece differenziale. Col ragionamento differenziale se la Fertilità 1 del Terreno A passa a 2 sul Terreno B e a 3 sul Terreno C, le Rendite passano da 0 a 60 e a 120, perché ad ogni scatto di Fertilità corrispondono 60 di Rendita; ossia la differenza tra due Rendite sta in ragione della differenza tra due Fertilità. Questa la legge di Marx: il differenziale della Rendita è uguale ad una costante moltiplicata per il differenziale della Fertilità.
    Su tale base a Marx riesce possibile passare alla 2ª forma in cui il Capitale e il prezzo di produzione regolatore variano, mentre erano costanti nella 1ª forma; e dare le leggi della forma economica capitalistica, agraria e no, contemporanea a lui e futura. Smaschera la soubrette concorrenza e dà l’esauriente teoria del tiranno monopolio; toglie parola ed impiego ad ogni buffonesco correttore, dalla nascita del capitalismo all’avvento del comunismo.
    Le cifre assolute (proporzionali) conducono i cercatori del vero nelle alte sfere della coscienza e dello spirito, sede sola ed immarcescibile degli assoluti valori; mentre noi crediamo solo ai differenziali e di essi solo facciamo scienza. Essi ci conducono a constatare le fottiture della realtà. Rifacendoci alla Tabella a pag. 34, se fosse proporzionale alla fertilità, la Rendita da C a D passerebbe a L. 17.700 (16.000 x 7,75: 7). Con i differenziali invece: la differenza di Fertilità tra D ed A è 2,75 (7,75 – 5), che, a L. 8.000 a q., dà per D la Rendita di L.22.000, superiore di ben L. 4.300 per anno e ad ettaro per il fondiario.

3 – Ma la “sfiziosa” politica? – Marx dice che «tutto quello che si può dire della piccola proprietà terriera si applica in fin dei conti alla proprietà privata, barriera insormontabile dell’agricoltura che si sviluppa sotto diverse forme. A forza di discutere queste mille forme voi dimenticate il male in sé stesso!» (il male della proprietà).
    Per Lenin «il grande difetto» (più precisamente: la grande boiata) «di tutta la stampa socialista a proposito della questione del programma agrario sta nel fatto che le considerazioni pratiche e politiche hanno il sopravvento su quelle teoriche ed economiche».
    Per correggere il grave difetto-boiata «è necessario analizzare il lato teorico del problema» (Lenin), fregandosene di «ogni considerazione politica» (Marx).

4 – La seconda forma – Si sottolinea il carattere storico del passaggio dalla forma 1ª alla forma 2ª della Rendita differenziale e la maggiore complicazione che scaturisce dalla 2ª. Se il Capitale raddoppia, il prodotto può essere uguale, minore o maggiore del doppio, a seconda della variazione di produttività. Il prezzo di produzione può essere costante, decrescente e crescente. Per ciascuno dei tre casi vi sono tre varianti dovute agli investimenti di capitali per il variare della produttività. Si suppone anche un terreno meno produttivo del pessimo A.
    La tesi di Marx è che con lo sviluppo del capitalismo e con l’investimento di più Capitale nella terra, la Rendita tende ad aumentare, sia nella massa totale sia nella media per unità di superficie, spesso con un rapporto maggiore di quello del Capitale (e del suo Profitto), raramente con un ritmo minore di esso.

5 – Fecondità pelosa – Si investono 50 scellini di Capitale (vedi Tabella a pag. 30) sui Terreni A, B, C e D, ossia 200 scellini, con un Profitto di 40 e un Sopraprofitto-Rendita estorto al lavoro di 360 scellini (che ha aumentato del 150% il prezzo del pane rispetto ai manufatti). Questo stesso Sovraprofitto sorgerebbe, per esempio, sul solo terreno D ove, oltre ai primi 50 scellini, se ne investissero successivamente 50, 50 e 50 e ricavandone 4+3+2+1 = 10 misure con produttività decrescente. Infine, al prezzo di 60 scellini, il prodotto tornerebbe di 600.
    La teoria borghese del Capitale considera l’investimento un “immobilizzo” nella terra-patrimonio; mentre per il marxismo il Capitale impiegato nella produzione agraria è la spesa annua per lavoro, materie prime e solo logorio degli impianti fissi. Il miglioramento, che non consiste solo in più intensa spesa di esercizio, ma in opere che restano sul fondo, deve essere addebitato al proprietario. Se è a carico del fittavolo, egli deve inserire l’importo più gli interessi nella massa dei sopraprofitti differenziali crescenti.
    Nel pieno sviluppo della forma 2ª, che attira sulla stessa terra sociale maggiori parti del capitale sociale, per esaltare il prodotto, entra in gioco la ripartizione tra piccoli, medi e grandi imprenditori. Anche nella manifattura il volume dell’impresa è elemento di variazione del saggio del profitto: quello medio di tutti i capitali risponde ad un certo “minimum di affari” con un “minimum di capitale”. «Tutto ciò che sorpassa questo minimo può dare un Profitto speciale: tutto ciò che gli è inferiore non arriva al saggio medio di profitto» (teorema di Marx che riflette tutto il quadro economico capitalistico). Per tali motivi Marx ribadisce che «il modo capitalistico di produzione accaparra lentamente l’agricoltura».
    Il proprietario minimo lavora sottoprofitto e sana la differenza con ore sgobbate in più. Ciò fa sì che «il vero capitalista agrario è in grado di appropriarsi parte del Sopraprofitto: ciò non sarebbe se il modo capitalistico di produzione fosse parimenti sviluppato nell’agricoltura e nella manifattura» (Marx). Questo non solo è impossibile al capitalismo, ma l’esasperazione della produzione industriale verso i suoi limiti e la concentrazione degli accumulati capitali scatena il Sopraprofitto in tutti i campi dell’economia, a dispetto dell’abbassamento del saggio medio di profitto.

6 – Le famose unità – Engels rielabora i 14 specchi (da XI a XXIV) di Marx che confermano la teoria originale. Adotta l’unità di volume i “boisseaux” e di superficie l’“arpant” e diminuisce gli scarti di produttività. Fissa 10 - 12 - 14 - 16 - 18 unità di prodotto al prezzo in partenza di 6 scellini. L’unità, corrispondente a 4,5 litri, cioè di 3,7 kg. di grano, vale 203,5 lire 1954, cioè lire 5.500 a q.
    La Tabella Base della 2ª forma, la XI di Marx, comprende ora cinque terreni: A - B - C - D - E. Il Capitale impiegato in ognuno è 50 scellini, il Profitto 10 (al 20%) con il prezzo di produzione di 60 scellini. Sul terreno A non resta Sopraprofitto o Rendita, sugli altri terreni il grano prodotto da 10 sale a 12 - 14 - 16 - 18 boisseaux e da 60 a 72 - 84 - 96 - 108 scellini. La Rendita da 0 a 12 - 24 - 36 - 48 scellini. Il Capitale totale è 250, il Profitto 50; il prezzo di produzione 300. Il prodotto è 70 boisseaux per 420 scellini (70 x 6). La Rendita è 120 scellini.
 

 Cap. X, Par. 6
2ª Forma della Rendita Differenziale
TABELLA BASE
 
T
D
K = C+V+P
K/D
C + V
P = Pi + R
Pi
R
Terreno
Prodotto in bossoli
Prodotto
Prezzo di
produ-
zione
Capitale
anticipato
Plusva-
lore
Profitto
Rendita
A
10
 60
6
 50
 10
10
 
B
12
 72
6
 50
 22
10
 12
C
14
 84
6
 50
 34
10
 24
D
16
 96
6
 50
 46
10
 36
E
18
108
6
 50
 58
10
 48
Totale
70
420
6
250
170
50
120
     Tabella base, con prezzo di produzione regolatore di 6 scellini (60: 10). 
     La spesa di produzione è 300 (250 + 50). 
     La Rendita media è 24 s. (120: 5)

    Ora il problema è questo: se il Capitale industriale si rovescia in maggiore misura nell’impresa agraria, comprimerà esso la Rendita? Riuscirà ad inghiottire il Sopraprofitto?
    Marx suppone raddoppiato il Capitale investito su tutti o alcuni terreni.
– 1° Caso – Il prezzo di vendita è costante, cioè non varia la produttività (prodotto/capitale investito) del terreno peggiore.
– – 1ª Variante: la produttività è costante anche sui terreni non peggiori. Tutto raddoppia; anche la Rendita. Il prezzo di produzione regolatore è sempre lo stesso. La rendita non diminuisce se il terreno A è escluso dal nuovo investimento.
– – 2ª Variante: la produttività decresce. Se cala in proporzione ai 2/3 il terreno B va da 12 a 20 (e non a 24) e la sua Rendita scende a 0 (la totale è sempre 120); e così via. Il terreno B darà Rendita solo se la produttività decrescere meno, poniamo ai 3/4). Con lo stesso Capitale la rendita sale a 150.
– – 3ª Variante: la produttività aumenta. Il terreno B rende i 5/4, cioè 27. Il Capitale sale da 250 a 450; per cui la Rendita cresce da 120 a 330.
    Se il prezzo del grano non cambia, l’apporto di Capitale sulla terra per aumentarne la produzione non intacca mai la Rendita anche se la produttività è decrescente; nei casi di costanza o crescita si esalta parecchio.
    Prima dell’invasione di Capitale sulla terra la Rendita media era 24. Nella 1ª variante è andata a 48; nella 2ª fra 24 e 30; nella 3ª a 66. Mai il proprietario fondiario rincula per l’arrivo dei capitalisti.
 

 Cap. X, Par. 6
2a Forma della Rendita Differenziale
1° caso: Prezzo di Produzione Costante
 
Varianti
T
D
K=C+V+P
K/D
C + V
P=Pi+R
Pi
R
Ter- reno
Pro-
dotto
(bossoli)
Prodotto
Prezzo
Produ-
zione
Capitale antici-
pato
Plus-
valore
Profitto
Rendita
1a - Raddoppia il Capitale su tutti i terreni. Il prezzo base è 6 s. La Rendita media è 48 s. (240/5); la totale è raddoppiata rispetto alla Tabella Base.
A
10+10
120
6
50+50
 20
 20
 
B
12+12
144
6
50+50
 44
 20
 24
C
14+14
168
6
50+50
 68
 20
 48
D
16+16
192
6
50+50
 92
 20
 72
E
18+18
216
6
50+50
116
 20
 96
tot
140
840
6
500
340
100
240
 
1a - Raddoppia il Capitale ma non sul terreno A. Il prezzo base resta la stesso se il terreno A viene escluso dal nuovo investimento. Questa Variante non è su "Il Capitale" curato da Engels.
A
10
 60
6
50
 10
10
 
B
10+12
144
6
50+50
 44
20
 24
C
14+14
168
6
50+50
 68
20
 48
D
16+16
192
6
50+50
 92
20
 72
E
18+18
216
6
50+50
116
20
 96
tot
130
780
6
450
330
90
240
 
2a - Produttività del capitale decrescente di 2/3. Esempio per B: 20 s. = 12+12x2/3. Anche la Rendita del Terreno B è zero. La Rendita media è 24 s.= (120/5); la totale invariata.
A
10
60
6
50
 10
10
 
B
12+8
120
6
50+50
 20
20
 
C
14+9,3
 139,8
6
50+50
39,8
20
 19,8
D
16+10,7
160,2
6
50+50
60,2
20
 40,2
E
18+12
188
6
50+50
 80
20
60
tot
110
660
6
450
210
90
120
 
2a - Produttività decrescente di 3/4. La produttività decresce meno della Variante precedente. Il terreno B torna a dare rendita. La Rendita media è 30 s. = (150/5); la totale aumenta del 25%.
A
10
 60
6
50
 10
10
 
B
12+9
126
6
50+50
 26
20
  6
C
14+10,5
147
6
50+50
 47
20
 27
D
16+12
168
6
50+50
 68
20
 48
E
18+13,5
189
6
50+50
 89
20
 69
tot
115
690
6
450
240
90
150
 
3a - Produttività crescente di 5/4. Esempio per il ter- reno B: 27 s. = 12 +12x5/4. Il prezzo base resta 6 s. La rendita media è 66 s. = (330/5); la totale è aumentata di 2,27 volte. Il Capitale dell’80%. 
A
10
 60
6
50
 10
10
 
B
12+15
162
6
50+50
 62
20
 42
C
14+17,5
189
6
50+50
 89
20
 69
D
16+20
216
6
50+50
116
20
 96
E
18+22,5
243
6
50+50
143
20
123
tot
145
870
6
50+50
420
90
330

7 – Pane a miglior mercato? – Nella manifattura la merce meno cara scaccia le altre. Nell’agricoltura i nuovi investimenti non fanno scemare né il prezzo di produzione regolatore, né la Rendita.
    Col capitalismo la generale produttività del lavoro aumenta, ma nel settore agricolo provoca la fame, perché i suoi vantaggi vanno a Rendita.
– Nel 2° caso della 2ª forma il prezzo di produzione si suppone decrescere, escludendo dalla coltura il Terreno A, pessimo, che lo tiene alto, e si raddoppia il Capitale di B - C - D - E.
 

 Cap. X, Par. 7
2ª Forma della Rendita Differenziale
2° caso: Prezzo di Produzione decrescente
 
Varianti
T
D
K=C+V+P
K/D
C + V
P=Pi+R
Pi
R
Ter- reno
Prodotto (bossoli)
Prodotto
Prezzo produ- zione
Capitale Antici- pato
Plus- valore
Profitto
Rendita
1a - Produttività costante.Il Terreno A non può essere più coltivato. Il Prezzo a bossolo è 5 s. (120/24). La Rendita media è 30 s. (120/4); la totale è invariata.
A
             
B
12+12
120
5
50+50
 20
20
 
C
14+14
140
5
50+50
 40
20
 20
D
16+16
160
5
50+50
 60
20
 40
E
18+18
180
5
50+50
 80
20
 60
tot.
120
600
5
400
200
80
120
 
2a - Produttività decrescente di 3/4. Il Terreno A resta incolto. Il Prezzo base è 5,7 s. (120/21). La Rendita media è 30 s. (120/4); la totale è invariata.
A
             
B
12+9
120
5,71
50+50
 20
20
 
C
14+10,5
140
5,71
50+50
 40
20
 20
D
16+12
160
5,71
50+50
 60
20
 40
E
18+13,5
180
5,71
50+50
 80
20
 60
tot.
105
600
5,71
400
200
80
120
 
3a - Produttività crescente al 150%. Sul Terreno A sale a 10+10x150%, e così via. Il Prezzo base è 4,8 s. (120/5). La Rendita media è 48 s. (240/5); la totale raddoppia.
A
10+15
120
4,80
50+50
 20
 20
 
B
12+18
144
4,80
50+50
 44
 20
 24
C
14+21
168
4,80
50+50
 68
 20
 48
D
16+24
192
4,80
50+50
 92
 20
 72
E
18+27
216
4,80
50+50
116
 20
 96
tot.
175
840
4,80
500
340
100
240

    La produttività può restare la stessa, scemare o salire.
– – 1ª Variante: la produttività è la stessa. Il prodotto sarà di 24 – 28 – 32 – 36 bossoli. Il Terreno B, divenuto pessimo, regola il prezzo: la spesa sarà 120 scellini; i bossoli 24. Il prezzo unitario scende da 6 a 5 (120: 24). I bossoli prodotti sono ora 120. Danno 600 scellini (120 x 5). La spesa è 480, somma di (4 x 100) + (4 x 20); la Rendita globale 120 scellini (600 – 480).
– – 2ª Variante: la produttività decresce ai 3/4 del primo. Il terreno B dà rendita 0, la spesa di 120 scellini deve dare 21 = 12 + 9 (i 3/4 di 12) bossoli al costo unitario di 5,7 (120:21), inferiore a 6. Il totale di 105 bossoli vale 600 scellini; la spesa è 480; la Rendita è 120.
– – 3ª Variante: la produttività aumenta di 1,5. Il prezzo è solo 4,8 ma la Rendita raddoppia a 240 scellini.

– 3° caso – Grandi capitali sono investiti in agricoltura; ma la popolazione è aumentata di più per cui il prezzo del grano è cresciuto da 6 a 8 scellini.
    Prima Modalità: il terreno A resta il peggiore. La produttività sia costante: la Rendita sale come prevedibile a 240 scellini.
    Se la produttività decresce dimezzandosi il prezzo del grano cresce da a 8 scellini e la Rendita totale a 240. Se la produttività cresce, il che implica una produttività decrescente del primo investimento, il prezzo aumenta da a 6,9 e la Rendita sale a 240.
    Gli stessi casi sono poi discussi in una Seconda Modalità, introducendo prima del terreno A un terreno a (piccolo), ancora meno fertile e che regola il prezzo: se la produttività è costante il prezzo base è 7,5 e la Rendita è 450; se la produttività cala il prezzo base è 8 e la Rendita 380; se la produttività cresce il prezzo aumenta a 7,5 e la Rendita a 581.
    Studiati i 13 casi possibili, si vede che la Rendita col raddoppio del Capitale non ha mai declinato. In 5 casi la Rendita è raddoppiata; in 4 è andata al di là del doppio; in 1 è salita meno del doppio; in 3, in cui il terreno A è eliminato, resta ferma a 120, ma essendo così i terreni 4 e non 5 la Rendita per unità di superficie sale da 24 a 30.
    Notasi che in tutti i casi è sempre rispettata (come nella 1ª forma) la legge generale della Rendita differenziale: la Differenza del Prodotto x il suo Prezzo unitario = la Differenza della Rendita.
 

 Cap. X, Par. 7
2ª Forma della Rendita Differenziale
3° caso: Prezzo di Produzione crescente
 
Varianti
T
D
K=
C+V+P
K/D
C + V
P=
Pi+R
Pi
R
Ter- reno
Prodotto (bossoli)
Pro-
dotto
Prezzo Produ- zione
Capi-
tale antici- pato
Plus- va-
lore
Pro-
fitto
Ren-
dita
1a Modalità: A Terreno peggiore
1a - Produttività costante. I Prodotti sono qui difformi da quelli di Engels. La Rendita media è 48 s. (240/5).
A
8+8
120
7,50
50+50
 20
 20
 -
B
9,6+9,6
144
7,50
50+50
 44
 20
 24
C
11,2+11,2
168
7,50
50+50
 68
 20
 48
D
12,8+12,8
192
7,50
50+50
 92
 20
 72
E
14,4+14,4
216
7,50
50+50
116
 20
 96
tot
112
840
7,50
500
340
100
240
 
1a Modalità
2a - Produttività decrescente alla metà.
La Rendita media è 48 s. (120/15); la totale è raddoppiata.
A
10+5
120
8
50+50
 20
 20
 -
B
12+6
144
8
50+50
 44
 20
 24
C
14+7
168
8
50+50
 68
 20
 48
D
16+8
192
8
50+50
 92
 20
 72
E
18+9
216
8
50+50
116
 20
 96
tot
105
840
8
500
340
100
240
 
1a Modalità
3a - Produttività crescente
La Rendita media è 48 s. (240/5); la totale raddoppiata.
A
5+12,5
120
6,86
50+50
 20
 20
 -
B
6+15
144
6,86
50+50
 44
 20
 24
C
7+17,5
168
6,86
50+50
 68
 20
 48
D
8+20
192
6,86
50+50
 92
 20
 72
E
9+22,5
216
6,86
50+50
116
 20
 96
tot
122,5
840
6,86
500
340
100
240
 
2a Modalità: si coltiva ’a’, terreno peggiore di A.
1a - Produttività costante. La Rendita media è 75 s. (450/6); la totale è aumentata di 3,75 volte.
a
16
 120
7,50
50+50
 20
 20
 -
A
10+10
 150
7,50
50+50
 50
 20
 30
B
12+12
 180
7,50
50+50
 80
 20
 60
C
14+14
 210
7,50
50+50
110
 20
 90
D
16+16
 240
7,50
50+50
140
 20
120
E
18+18
 270
7,50
50+50
170
 20
150
tot
156
1170
7,50
600
570
120
450
 
2a Modalità
2a - Produttività decrescente. 
La Rendita media è 63 s. (380/6); la totale è aumentata di 3,17 volte.
a
15
 120
8
100
 20
 20
 -
A
10+7,5
 140
8
50+50
 40
 20
 50
B
12+9
 168
8
50+50
 68
 20
 48
C
14+10,5
 186
8
50+50
 96
 20
 76
D
16+12
 224
8
50+50
124
 20
104
E
18+13,5
 252
8
50+50
152
 20
133
tot
137,5
1100
8
600
500
120
380
 
2a Modalità
3a - Produttività crescente.
La Rendita media è 116,67 s. (701,25/6); la totale aumenta di 4,84 volte.
a
16
 120
7,50
50+50
 20
 20
-
A
10+12,5
 168,75
7,50
50+50
 68,75
 20
 48,75
B
12+15
 202,5
7,50
50+50
102,5
 20
 82,5
C
14+17,5
 236,25
7,50
50+50
136,25
 20
116,25
D
16+20
 270
7,50
50+50
170
 20
150
E
18+22,5
 303,75
7,50
50+50
203,75
 20
183,75
tot
173,5
1301,25
7,50
600
701,25
120
581,25

8 – Punto di arrivo – Il dissodamento delle pampas, delle steppe, delle terre vergini degli sterminati continenti extraeuropei, come la potenza formidabile raggiunta dai mezzi di trasporto spiegano la virulenza della classe dei proprietari terrieri come, nello stesso tempo, lo spegnersi di questa vitalità. Ma così la grande proprietà fondiaria in Europa «e la piccola per sopramercato» vanno in rovina. Il prezzo del grano importato frena, se non riduce, quello europeo e scatena la lotta per i dazi degli agrari europei.
    Le formidabili rivoluzioni capitalistiche russa, cinese e indiana ristabiliscono la direttiva della fame. La composizione demografica delle classi agrarie non è importante; lo è la legge della differenzialità delle rendite e del crescere del prezzo generale nella società internazionale, che si avvia a essere tessuta in un solo mercantilismo. La Russia vuole esportare manufatti; per cui ha visto crollare le sue esportazioni di grano. La popolazione mondiale cresce spaventosamente e le derrate agricole si producono a prezzi sempre più duri.
    La fine della tragedia della rendita differenziale e della fame integrale non ha il suo sbocco nella nazionalizzazione delle terre o delle rendite. Il proprietario borghese della sterminata terra russa irrorata di capitale, il signore della rendita differenziale globale è lo Stato capitalistico russo. Ancora dieci anni di progresso tecnico, e cercherà dove comprare grano.
    Lo sbocco di tutto ciò è nella rivoluzione internazionale e nella distruzione di ogni meccanismo di compravendita individuale, aziendale o statale.
    Per non essere vano il colpo di ariete dovrà battere contro gli U.S.A.
 
 
 
 

XI – Mai la merce sfamerà l’uomo
 

1 – Tendenti al mercantilismo – La teoria della questione agraria e della rendita fondiaria mira a dar luce alle questioni basali, centrali, essenziali della teoria comunista, identica col programma sociale comunista. Ad essa si riduce tutta la resistenza contro le degenerazioni dal marxismo, che premono da tutti i lati.
    La dottrina della rendita conduce direttamente alla condanna del mercantilismo, della distribuzione secondo scambi di equivalenti, che sola lascia afferrare che la vera e sola istanza è la rivendicazione una ed unitaria della rivoluzione comunista e del suo partito di classe. Essa è indispensabile per condannare senza attenuanti i postulati dell’utopia di eliminare la miseria sociale con una purificazione dell’equazione di scambio, espellendo da questa lo “sfruttamento” con l’azzeramento del plusvalore; eliminando la frode dal rapporto lavoro-merce/lavoro-moneta; lasciando vivere le forme su cui gravita la condanna del lavoro: forma-merce, forma-moneta; quindi forma-salario.
    Abbattere capitalismo significa abbattere mercantilismo.
    La geniale ricerca marxista sulla rendita agraria rende chiari i fendenti ai fantasmi dell’equilibrio e della proporzionalità mercantile; ma rende incontrovertibile il caposaldo che la struttura essenziale irrevisionabile del marxismo esiste integra e conforme dal 1847 alla morte di Marx.

2 – Ossature maestre – Non si colpisce il sistema della proprietà sul Capitale (e della proprietà sulla terra) se non si colpisce il principio della proprietà sul prodotto.
    Quando mi abbiate provato che in una società la terra sia res nullius (cosa di nessuno) e il capitale industriale res nullius non mi avete affatto provato che è società socialista. Dovete prima rispondere come si attribuisce, si appropria, si distribuisce, si fa circolare il prodotto del lavoro e soprattutto contro chi si scambia la forza-lavoro.

3 – Giovanili certezze – La critica di Marx alla proudhoniana teoria della rendita fondiaria anticipa identicamente le costruzioni posteriori da noi ampiamente sviluppate.
    La teoria della rendita che consente di stabilire la formazione del prezzo di mercato del grano (delle sussistenze alimentari) permette la dimostrazione che col grandeggiare della produzione capitalistica non si arriva ad alimentare la specie umana, per alto che divenga il livello delle forze produttive. Ne deriva la previsione del crollo del capitalismo.

4 – La migliore fabbrica e il peggior terreno – C’è una netta antitesi, nel modo di formazione del prezzo delle merci, tra i manufatti industriali e le derrate agrarie.
    Il modo capitalistico di ottenere i manufatti ne riduce di continuo il costo, il prezzo, il valore, il tempo di produzione tramite la cooperazione in grandi complessi di lavoratori nella manifattura, la divisione tecnica del lavoro nell’azienda e la divisione professionale del lavoro nella società.
    Questo grandioso aumento della produttività del lavoro, a cui ha corrisposto la separazione del lavoratore libero dalle sue condizioni di lavoro e la sua trasformazione in proletario, ha avuto una conseguenza sociale positiva. Il tempo di lavoro dei manufatti si è ridotto molto e il tenore di vita dell’operaio storicamente è migliorato, quanto a bisogni soddisfacibili con merci manifatturate, grazie anche ad una certa riduzione delle medie ore di lavoro.
    Così ha trionfato la legge degli equivalenti; anche se grazie ad essa altri produttori liberi sono dovuti cadere nella schiavitù del salario.
    Nell’industria il prezzo che s’impone è quello più basso della fabbrica migliore.
    Ma il capitalismo non può presentarsi come alfiere del maggiorato benessere perché ciò non avviene – e tanto meno con ritmo di sviluppo teoricamente illimitato – nell’agricoltura per la produzione dell’alimento base, in cui il prezzo di mercato si regola su quello della peggiore azienda produttiva, su cui Ricardo fon-dò la dottrina della rendita differenziale. Ricardo si batté per un basso prezzo delle derrate nell’interesse dell’industria, in cui verrebbe a ridursi la spesa per i salari.

5 – C’est la faute au foncier – Per Ricardo la legge del peggior terreno (il grano sempre più caro) è dovuta alla rendita fondiaria e non al capitalismo; per cui è per la nazionalizzazione della terra. Ma non cambia nulla sostituire lo Stato al proprietario terriero; anche nel caso di un canone fisso per unità di superficie, perché il Sopraprofitto andrebbe ai capitalisti fittavoli e il prezzo del grano non calerebbe.
    Per Marx la Rendita è la manifestazione di classe del fenomeno, ma non ne è la causa. Nell’industria la richiesta dipende dal prezzo; nell’agricoltura dal numero delle bocche da sfamare. La chiave del problema (la causa) è nella natura del bisogno umano, nel carattere dei “valori d’uso” che sono o naturali o artificiali. Il capitalismo è l’epoca della soddisfazione dei bisogni artificiali e dell’insoddisfazione dei naturali. Per i primi non vi sono limiti alle quantità offerte: basta mettere in funzione nuove fabbriche. Per i generi alimentari di prima necessità, data la limitatezza della terra, tutti saranno ridotti a pagare lo stesso; ossia la massima quota.
    Sarà compito ulteriore vedere come il mondo capitalista corre in vari settori verso la saturazione dei campi di produzione cui attingere e verso le rendite di monopolio e la “fame di tutto”.

6 – La legge differenziale vige – Vige proprio la legge che il prezzo del grano è fissato dal terreno peggiore visto che con le moderne risorse tecniche avremmo anche il pane a buon mercato?
    Nel feudalesimo si attuava un certo compenso tra la produzione rurale di alimenti e quella urbana di merci. La popolazione urbana ridotta incideva poco in derrate; la rurale più numerosa si nutriva dei suoi prodotti e usava poche merci manufatte che per lo più produceva nell’ambito familiare.
    L’avvento delle nuove forme produttive allargò i bisogni e il ritmo della vita, ai quali corrispose il rincaro reale dei generi di consumo popolare.
    La storia economica dell’Italia unita all’inizio è una storia di lotte delle classi misere contro il crescere del costo della vita rispetto ad un recente passato. In seguito gli indici dei consumi, anche in regioni arretrate, sarebbero in genere saliti, malgrado crisi e guerre. È il caso di passare alla verifica contemporanea della legge del “terreno peggiore”.
    Giusto Ricardo la Rendita sorge da un Sopraprofitto in terreni condotti da un’impresa capitalistica con lavoratori salariati. Il premio del terreno più fertile è una differenza (Sopraprofitto) che si converte in canone di affitto più caro, in Rendita versata al proprietario fondiario.
    Per Marx ciò accade perché il grano dei due terreni è assorbito dal mercato al prezzo di produzione (che compensa salari, capitale costante, profitto normale) del grano del terreno peggiore. In un terreno migliore, allo stesso prezzo di produzione corrisponde un prodotto accresciuto: questa la Rendita differenziale. Su questo criterio sono basati tutti i nostri quadri.

7 – Un poco di scalette – Abbiamo posto l’ipotesi che in tutti i terreni il prezzo è dato dal terreno peggiore; come che la Rendita segue la legge differenziale, per cui gli “scatti” di Rendita sono proporzionali a quelli dei prodotti. Con la forma 1ª ciò è vero fra terreni diversi. Con la forma 2ª ciò avviene se sullo stesso terreno, per potenziarlo, si investe più lavoro e più capitale. Se nell’economia agraria effettiva tutto ciò è vero, vuol dire che l’ipotesi è giusta. Facciamo la verifica ricorrendo alle tariffe del Catasto agrario italiano 1939. A tal fine è sufficiente una certa collimazione tra il dato teorico e il pratico.
    Per una serie di terreni abbiamo i dati delle Rendite e dei Profitti. Ma a noi occorre la cifra di valore del prodotto. Il fittavolo incassa il prezzo di mercato e paga la Rendita al padrone. Detrae le spese dell’anno. Resta il Profitto d’impresa, che il fisco presume nel suo reddito agrario. In media questo Profitto è una quota del Capitale investito: il 20%. Se la Tabella mi dà 1.000 di reddito, il Capitale investito è 5.000, che al 20% hanno dato i 1.000 di reddito. Il prodotto venduto ha reso 4.000 di rendita + 5.000 di spese + 1.000 di profitto = 10.000. Il fittavolo ha ricavato, dopo avere pagato 4.000 di Rendita, 6.000 (ossia 6 volte il reddito).
    Mettendo a fianco in una scaletta le rendite catastali con i prodotti si rileva come ci sia corrispondenza nel salire e scendere scalini di entrambe; come tra uno scalino forte dell’una ne corrisponde uno dell’altra e viceversa.

8 – I numeri, questi furbacchioni – Il riscontro riguarda 5 classi di Agrumeto e 4 di Seminativo irriguo. Il Capitale è 5 volte il reddito (20% di saggio del plusvalore) e il prezzo di produzione, Capitale più Plusvalore, 6 volte. C’è concordanza di andamento tra gli scatti delle Rendite e dei Prodotti. Risulta verificata la legge della Rendita differenziale, mentre con il sistema proporzionale vengono fuori Rendite false, tutte più basse di quelle effettive.
    I due esempi su dati economici correnti dimostrano sia la persistenza del gettito delle Rendite agrarie in condizioni diverse, sia la sua esaltazione quando anche l’impresa dell’affitto è più produttiva (a riprova della legge differenziale dell’ascesa dei gettiti del proprietario come dell’industriale agricolo). Tutto ciò conferma la causa (mancando la quale la legge differenziale non sarebbe più possibile) del prezzo alto delle derrate agricole pagate nelle più sfavorevoli condizioni. Tale onere del consumo alimentare rispetto ai beni industriali grava soprattutto sui bilanci più poveri nei quali l’aliquota alimentare è più alta, mentre nei bilanci elevati è più alta l’aliquota di merci e prodotti non derivati dalla terra.
 

 Cap. XI, Par. 8
CATASTO ITALIANO
Confronto tra le Rendite differenziali di 5 Agrumeti e quelle proporzionali, false, che sono tutte più basse
 
Clas-
si
Rendite domi-
nicali
Pro-
fitto

"Red-
dito"

Capitale +
Profitto
Valore del
Prodotto
Scatti
Rendite
errate
propor-
zionali

(tutte più basse)
Scarto
%
 Lire
%
Pro-
dotti
Ren-
dite
1
2
3
4
5
6=2+5
7
8
9
10
1
1.950
100
249
1.440
3.390
       
2
2.400
250
 50
1.500
3.900
  510
  450
2.243 =1.950 x 3.900 / 3.390
107.0
3
3.300
300
300
1.800
5.100
1.200
  900
2.934 =1.950 x 5100 / 3.390
112.5
4
4.600
330
330
1.980
6.580
1.480
1.300
3.785 =1.950 x 6.580 / 3.390
121.5
5
5.800
350
350
2.100
7.900
1.320
1.200
4.544 =1.950 x 7.900 / 3.390
127.6
idem - di 4 Seminativi irrigui
1
240
100
160
  960
1.200
       
2
400
167
180
1.080
1.480
280
170
296 =240 x
1.480 / 3.390
135
3
675
281
220
1.320
1.995
515
275
399 =240 x 1.995 / 3.390
169
4
925
385
240
1.440
2.365
370
250
473 =240 x 2.365 / 3.390
196

9 – Riprendendo l’agenda – Abbiamo mostrato la piena applicabilità della teoria marxista della rendita alla moderna produzione agraria come corollario sia della 1ª sia della 2ª forma della Rendita differenziale.
    A questo punto Marx svolge altri confronti sull’effetto delle successive collocazioni di Capitale sul Terreno B, stante il Terreno A che produce meno e determina il prezzo di regolazione del mercato. Con Capitale uguale speso in A e in B, il maggiore prodotto di B è Rendita.
    È bene insistere sul concetto e sulla definizione dei vari prezzi per rispondere alla domanda: quanti nuovi apporti di capitale il Terreno B può attirare, anche se per ogni nuovo apporto lo scatto di prodotto in più è minore? Ma il prezzo individuale di produzione è sempre più basso di quello generale di mercato; e dunque vi è tuttora rendita.
    Il proprietario può consentire sul terreno molti investimenti di Capitale e, anche se fosse vera sempre la regola della decrescente produttività di investimenti successivi, la Rendita non sparisce mai.
    Se il fenomeno è di origine mercantile e vige la norma ferrea di ugual prezzo a merce uguale, la maggiore richiesta di alimenti fa salire il loro prezzo (mentre scendono per i manufatti industriali) se per nutrire la popolazione si deve aumentare il prodotto sui terreni in esercizio.
    La colpa di tutto ciò è dovuta al mercato, non alla proprietà.
 

 Cap. XI, Par. 9
Prezzi degli Alimenti e Rendite aumentano finchè vige il Mercato e il Capitalismo
 
Terreno
Resa Grano
Prezzo
di

Produ-
zione
Prezzo
di

costo
unitar.
Capi-
tale Antici- pato
Prezzo
di 

Produ-
zione
Prezzo di
Vendita
Rendite di
mercato
Valore
misure
a misura
a misura
A
2,50
2,50
3
3
B.1
1,50
1,25
2,50
3
3
B.2
3,5
1,71
1,43
6
3
 4,5
10,5
     A è il terreno peggiore; B.1 raddoppia la fertilità; B.2 raddoppia anche il Capitale. 
    Prezzo di produzione: A e B.1: Sterline 2,5 + 0,5 (20% di profitto di Capitale) = 3;.; B.2: 5 + 1 = 6. 
    Non vi sono Terreni peggiori di A; per cui il prezzo di produzione di A è il "prezzo regolatore" del mercato, il "prezzo generale". 
    Aumento di fertilità si ha per migliore qualità (le 2 misure del Terreno B.1 e della tabella pag. 30; una sterlina = 20 scellini) sia per più investimento di spese (il doppio; ossia a 6 sterline) in B.2. 
    Capitale Anticipato B.2: Sterline 3 X 2 = 6. 
    Il prezzo "individuale" di produzione in B.1 è 1,5 sterline a misura. Ma col capitale al doppio in B.2 (6 sterline) il prodotto non va al doppio (4 misure), ma a 3,5 misure. Se si vende a 10,5 sterline, il prezzo "individuale" di produzione è di 1,71 sterline (6/3, 5); più basso del prezzo "generale" di mercato (3 sterline). 
    Prezzo di Costo per B.1: Sterline 10,5 - 6,0 = 4,5. 
    La Rendita di B.1, prima del raddoppio di capitale agricolo (Investimenti), era di 3 sterline per la 2a misura raccolta.

 
 
 
 

XII – Attracchi il batiscafo storico!
 

1 – I pescatori di fallo – Per Marx, contro Ricardo, vi è anche una Rendita assoluta “di partenza” cui le differenziali vengono ad aggiungersi.
    Marx fa l’ipotesi del Terreno A peggiore di tutti in cui il prodotto dà un ricavo sul mercato che remunera solo Salario e Capitale col Profitto medio; in più esiste una Rendita assoluta su quel terreno peggiore.
    Noi non l’abbiamo affatto con chi voglia gettare tutte le opera omnia del mago di Treviri nel cestino della carta straccia. Ci danno invece maledetto fastidio tutti i rubacchiatori del possente insieme delle dottrine marxiste. Se si sa procedere alla organica ricostruzione della teoria, nata non da un cervello piccolo o grande, ma dalla forza materiale della storia, l’unità e l’armonia del tutto riusciranno evidenti e indiscutibili. Il tutto, ancora una volta, è da prendere o da lasciare.

2 – Assoluto e differenze – Marx spiega che non vi è nulla da cambiare nella legge della Rendita differenziale, se si ammette e si constata che vi è una Rendita anche nel terreno peggiore (cui vengono ad aggiungersi i successivi scatti) se si cambia terreno o si investe ulteriore Lavoro e Capitale.
    Non solo la pretesa contraddizione non sussiste, ma avviene così in tutte le ricerche scientifiche. Marx, nella teoria del Plusvalore assoluto e relativo, suppone che nel prodotto entri solo spesa Salari e zero Capitale costante; come ha facoltà di fare ogni scienziato. Le conclusioni non muteranno quando “permetterò” al Capitale costante di ricomparire come avviene in ogni caso reale.
    Il padrone che compera materie gregge e le contempla non vede crescere di un quattrino il suo Capitale; se per lavorarle assolda operai per 1.000 lire, ecco che se ne ritrova 2.000. In “alta” matematica si dice che il differenziale di una quantità costante è zero.

3 – Algebretta di Carlo – Ribadiamo che il Terreno pessimo A regola il prezzo di mercato e lo tiene in alto; con questo di peggio, che al prezzo che gli risulta da spese per Capitale costante, Salario e Profitto dell’affittaiuolo, compie l’ulteriore bravura di mettere una bella coda: la Rendita assoluta. Marx: «In questo caso, sebbene il prezzo generale del prodotto subisca una modifica essenziale, la legge della Rendita differenziale sussisterà lo stesso». E questo per la regolina che se una stessa cosa si aggiunge all’entrata e alle spese, il margine resta lo stesso.

4 – Dunque, più fame – Spieghiamo coi numeri, partendo dalla Tabella a pag. 34, la validità della Legge differenziale nel caso in cui l’aumento del prezzo di produzione del grano sul terreno peggiore va a costituire una Rendita assoluta.
    In tutti i settori della produzione capitalistica appaiono sopraprofitti. E ciò perché il prezzo di mercato di tutti i prodotti (per il marxismo il valore) contiene oltre alle spese un Profitto che corrisponde al rapporto di tutto il profitto sociale a tutto il capitale sociale. Nei casi singoli vi sono scarti; come singole aziende possono avere prezzi di produzione inferiori ai valori. Tra i vari settori della produzione manufatturiera si tende a un compenso per l’aumento, con le scoperte tecniche, della produttività mentre il saggio del profitto decresce. L’agricoltura resta arretrata perché nella composizione organica del suo capitale c’è molta spesa Salari e poco Capitale costante per cui si hanno in un certo senso “due saggi medi del profitto”: uno basso industriale, uno alto agrario, nello stesso terreno pessimo.
 

 Cap. XII, Par. 4
LA RENDITA ASSOLUTA
Validità pienamente confermata della legge differenziale nel caso in cui l’aumento del prezzo di produzione sul Terreno peggiore vada a costituire una Rendita assoluta.
Terreno di
1 ettaro
Prodotto
Capitale
anticipato
Profitto
Sovra-
profitto
Rendita
   q.li 
£. al q.le
Assoluta
Differenz.
1
2
3=4+5+6
4
5
6=7+8
7
8
A - Pessimo
40.000
32.000
8.000
     0
    0
     0
B - Mediocre
6,5 
52.000
32.000
8.000
12.000
    0
12.000
C - Buono
56.000
32.000
8.000
16.000
    0
16.000
D - Ottimo
7,75
62.000
32.000
8.000
22.000
    0
22.000
 
A.1
44.000
32.000
8.000
 4.000
4.000
     0
B.1
6,5 
57.200
32.000
8.000
17.200
4.000
13.200
C.1
61.600
32.000
8.000
21.600
4.000
17.600
D.1
7,25
68.200
32.000
8.000
28.200
4.000
24.200
 
a
2,5 
20.000
12.800
3.200
 4.000
4.000
     0
A.2
30.000
12.800
3.200
24.000
4.000
20.000
B.2
6,5 
52.000
12.800
3.200
36.000
4.000
32.000
C.2
7,5 
60.000
12.800
3.200
44.000
4.000
40.000
D.2
7,75
62.000
12.800
3.200
46.000
4.000
42.000
     La 1ª parte della Tabella (A-B-C-D) riporta i dati del Cap. IX, Par. 6. La 2a parte sviluppa l’influsso della Rendita Assoluta.
     Nei casi A1-B1-C1-D1 si aggiunge 4.000 di Rendita assoluta. 
     Perchè il Terreno A1 dia anche rendita assoluta l’unico mezzo è che cresca il prezzo del grano (in questo caso da 8.000 a 8.800). 
     Nei casi A2-B2-C2-D2 abbiamo applicato le Tariffe catastali per il 1954 di un comune ove è presente il peggior terreno seminativo, ossia di Classe 5: Reddito di 3.200 con Rendita di 4.000. Il prezzo del grano torna a 8.000. Il Prodotto è uguale a 5 volte il Profitto + la Rendita; ossia (5 x 3.200 = 16.000) + 4.000 = 20.000. 
     Il terreno A2, in origine Pessimo, è ora Mediocre perchè produce il doppio di grano rispetto ad "a" che, avendo aumentato il prezzo del suo grano ottiene una Rendita di 4.000 e fissa più in alto il prezzo regolatore. In conseguenza il sovraprofitto di A2 dà una Rendita assoluta di 4.000 e differenziale di 20.000.

5 – Punto cardinale – Ricardo sta a Marx come l’apologia del capitalismo sta alla dottrina della sua distruzione. Ci sono 4 teorie che spiegano la rendita (vedi Capitolo VII, Paragrafo 5).
    1ª – Teoria fisiocratica. I proprietari del suolo dispongono della naturale ricchezza della terra che si aggiunge all’effetto del lavoro umano; per cui fissano a piacere, come canone per i fittavoli, il prezzo dei prodotti agricoli, dato dal rimborso del lavoro erogato più il canone per la terra. Il Sopravaloro sorge solo sulla terra.
    È una dottrina non reazionaria e non filofeudale. Si contrappone a quella del valore-lavoro, da cui parte la dichiarazione di autonomia della classe proletaria; finora elemento passivo e “sterile” nell’industria.
    2ª – Teoria di Ricardo dei capitalisti industriali. Il Valore di scambio dei prodotti (anche agrari) deriva dal Lavoro umano. La Rendita agraria deriva da parte del guadagno degli imprenditori rurali estorto ai salariati, il cui lavoro è applicato in condizioni di buona produttività del terreno e del Capitale; il che non avviene nelle peggiori aziende rurali. Una veduta che prospetta per le derrate agricole la discesa dei prezzi reali come per i manufatti, migliorando la composizione tecnica dei capitali in modo che cresca il tenore di vita delle aumentate popolazioni e si conservi il profitto del capitale d’impresa per sempre, abolendo solo la Rendita fondiaria privata.
    3ª – La Rendita deriva dall’Interesse del Capitale-terra secondo avversari reazionari di Ricardo che sono per l’immanenza storica ed economica dal privilegio fondiario.
    4ª – La Rendita, sia differenziale sia assoluta, stabilisce per sempre il limite storico del capitalismo a sciogliere il rapporto tra produzione e consumo umano le cui necessità alimentari non saranno mai risolte dal processo dell’accumulazione del Capitale, per quanto proceda la tecnica, la composizione organica del capitale e la massa dei prodotti. Al moderno antagonismo di classi sociali corrisponde la formazione di Sopraprofitti, il nascere di Rendite assolute, l’anarchia e lo sperpero nella produzione sociale. L’equazione capitalismo uguale fame è irrevocabilmente stabilita.
    La dottrina della rendita di Marx fornisce l’arma teorica per descrivere l’ultraprevisto monopolismo e imperialismo moderno. La sfera della produzione degli alimenti è fondamentale nella dinamica di ogni società; la teoria marxista della Rendita è parte centrale della descrizione del modo di produzione capitalistico. Dal punto di vista rivoluzionario e antipossibilista ne è la parte decisiva.

6 – A lui l’ultima parola – Dice Marx: «La proprietà fondiaria (…) impedisce il livellamento al profitto medio fra i capitali investiti nella terra e si appropria una parte del Plusvalore che, invece di toccare alla classe dei capitalisti che l’ha estorta ai lavoratori, tocca ai proprietari fondiari, che la estorcono ai capitalisti. Nonostante il progresso dell’agricoltura faccia diminuire il Capitale variabile investito rispetto a quello costante, peggiora la sua posizione sull’industria dove quel rapporto è molto più elevato; perciò aumenta la Rendita per i proprietari terrieri e la fame per tutti i lavoratori». E così era, è e sarà nel fatto.
    La perequazione immancabile, in virtù delle leggi eterne della concorrenza, era la carta su cui Ricardo “bluffava”. Fu Marx che gliela strappò tra le mani. Arrivate tardi, teoricelli dell’epoca monopolistica.

7 – Cammino col gambero – Si è esposta l’intera teoria della Rendita fondiaria compiutamente ca-pi-ta-li-sti-ca tanto nell’agricoltura quanto nell’industria, trattata prima “staticamente” e poi “cinematicamente”. La Rendita nel senso proprio nasce solo dopo l’intervento del Capitale.
    Tutto il reddito sociale è ridotto anche nella campagna a tre tipi: Salario per gli operai, Profitto per i capitalisti, Rendita per i proprietari.
    Questa formula trinitaria della società, che una volta sviluppata ed adulta – e caso mai con lo Stato, e non la classe terriera, a ritirare le rendite – avrebbe girato a regime senza crisi né rivoluzioni, noi abbiamo mostrato che va mandata all’aria.
    Marx fonda sull’ipotesi dell’integrale industrialismo terriero la sicura previsione rivoluzionaria e comunista; e poi afferma il metodo storico e analizza le forme agrarie non capitaliste tuttora presenti della mezzadria e della proprietà parcellare contadina.

8 – L’ultimo strillo! – La discesa in campo di varie e spurie classi “popolari” non è un fatto nuovo e moderno, successivo alle lotte dei proletari puri dell’industria e della terra contro le imprese capitalistiche.
    A Lenin, se non a Marx, si vorrebbe appioppare la chiamata in prima fila dei semiproletari per assicurare la vittoria degli operai. Ne viene fuori solo la prova dell’enorme guazzabuglio tra impostazioni storiche ed economiche ed azione di partito; tra la difesa della dottrina di classe e l’intervento nelle fratture sismiche della storia.
    Nelle situazioni di doppia rivoluzione il partito operaio è per la rivoluzione borghese, nazionale, liberale, come punto di partenza dell’ulteriore rivoluzione socialista.
    Ma dove è presente un capitalismo caratterizzato, specificato, storicamente fuori da decenni da impacci feudali, basta con la rivoluzione popolare, che storicamente è ormai una sporca superfetazione e deve essere sostituita da una rivoluzione veramente di classe.

9 – Cose a posto – Va dispersa senza pietà la balla del Lenin che sostituisce contadini ad operai ed inaugura questa nuova tattica.
    Lenin è un seguace ortodosso di Marx nella questione agraria e ne condivide la dottrina sulla Rendita. Sa quanto Marx che nello studio delle classi agrarie estranee alle classiche tre non si scoprono forme nuove, ma si risale a quelle antiche.
    Se si smarrisce questa sicurezza, vano è parlare di rivoluzioni agrarie, di rivendicazioni contadine, del loro incrociarsi con le rivoluzioni borghesi.
    Diluire la sagoma precisa della lotta di classe operaia e del suo organo politico nei movimenti popolari, significa retrocedere a posizioni deteriori rispetto alle grandi polemiche storiche ed alle grandi scissioni. Furono motivi “popolari” che spinsero alla difesa della patria e all’abiura della dittatura proletaria. Da “veramente popolare” a “veramente patriottico” non restava da fare che un passo. Fu fatto e come!

10 – Sondare in profondità – È sicuro che guardandoci attorno, vuoi in Italia e Francia o in Germania e in America, non abbiamo uno spettacolo solo “trinitario”: non lo abbiamo nella campagna e nemmeno nelle città. Vi sono, e spesso statisticamente formidabili, altri ceti e strati sociali. Benché non eccessivamente, anche tali strati si muovono, si agitano, tendono alla difesa dei loro interessi e preconizzano più o meno bene nuovi assetti sociali.
    Il problema va studiato in via scientifica; e così per la tattica e per la politica del partito operaio di classe verso queste forze. Il partito comunista, dopo essersi costruito la teoria e la tattica per la campagna sulla base del rapporto tra il bracciante sfruttato, il fittavolo capitalista ed il borghese agrario, si occuperà bene del problema delle altre classi rurali; ma non imposterà questo problema con la presunzione di trovare forze pari lontanamente, peggio ancora, superiori alle sue, in estensione o intensità.
    Il capitalismo non ha spazzato via, come ha fatto per l’artigianato urbano, le altre classi rurali, che sono resti di una storia passata, perché il teorema fondamentale della dottrina della Rendita ha acquisito che per la produzione dell’alimento il capitalismo non può guardare affatto dall’alto le precedenti forme di società.
    Il socialismo soltanto darà un colpo al bestiale antagonismo campagna-città. Per definire le leggi che reggono la superstite economia e dinamica sociale della piccola proprietà, del piccolo affitto e colonia parziaria, bisogna guardare indietro per trovare pesi da smuovere e non forze che ci trarranno più oltre; e solo dopo fornire i caratteri distintivi delle forme rurali meno moderne.
    Lenin sapeva che, per sondare gli spostamenti di questo materiale sociale, è il batiscafo che occorre per l’esplorazione delle profondità abissali della storia, i cui esemplari si nascondono ancora tra le immani distanze dei continenti che il capitalismo dilagante ancora non è riuscito a soggiogare.
 
 
 
 

XIII – Nel dramma della terra parti di fianco
 

1 – La rendita, fatto di classe – La dottrina della rendita stabilisce che il godimento di una classe parassitaria, che consumi e non lavori, dipende da un privilegio sull’uomo, non sulla natura; cioè sul salariato agricolo che deve lasciare parte del frutto del suo lavoro al gruppo redditiero.
    L’origine del fenomeno deriva dalla dominazione di classe su classe, dalle condizioni e dai rapporti di produzione. Se il diritto di proprietà sulla terra è diritto di prelievo sul lavoro di uomini, sfruttamento ed oppressione non cessano sia se la terra diviene proprietà di ogni bracciante sia proprietà della nazione-Stato.
    «Due elementi sono da considerare: da un lato lo sfruttamento della terra ai fini della riproduzione e della estrazione e dall’altra lo spazio, elemento di ogni produzione e di ogni attività umana» (Marx). Il Comunismo è la rivincita dello spazio contro l’altezza. Lo sviluppo della forza lavorativa e della genialità di specie autorizza il Moloch della potenza fondiaria, ossia del potere di classe su classe, a prelevare tributo; senza che i proprietari terrieri abbiano mosso dito o azionato cellula nervosa.

2 – Rendono il giogo e la sferza – Si può verificare il caso, di poco interesse, di un monopolio “mercantile” che crea Rendita (un vino raro con un prezzo alto, con un sopraprofitto del vignaiolo e con una Rendita al proprietario fortunato).
    Nel caso del grano venduto al di sopra del suo prezzo di produzione, ma anche al di sopra del suo valore, è la Rendita a creare il prezzo di monopolio per la barriera che la proprietà privata oppone all’investimento di Capitale in un terreno non coltivato senza pagamento di Rendita.
    Per Marx la falsa teoria che la Rendita sia godimento su prodotti che non costano lavoro non pagato, è avvalorata dall’equivoco che il “compratore di terra” sembra abbia comprato con moneta (che per la teoria degli equivalenti è lavoro cristallizzato) i futuri prodotti o parte di essi.
    Lo slancio in avanti della produttività del lavoro umano, nella fase storica dell’accumulazione primitiva, si dovette sì alla fame di potere e ricchezza della borghesia giovane, ma anche al suo coraggioso rischio e iniziativa. Tuttavia nella nostra dottrina questo non era vero per sempre, per una durata indefinita. O il capitalismo, con la via sua propria di creare Sopralavoro sociale sul lavoro salariale in masse, precipita, o esso diviene una forma di produzione tanto parassita quanto lo schiavismo, il feudalismo e il “fondiarismo”.
    Come dal guadagno del manufatturiero sorge una “giuridica” ed “etica” spiegazione dell’Interesse del Capitale dormiente, che la filosofia medioevale staffilava come usura e delitto, così «agli occhi del proprietario fondiario la Rendita non è che il giusto Interesse del Capitale con cui ha acquistato il suolo posseduto e il suo diritto alla Rendita» (Marx).
    Essa non deriva da “tardo godimento” di accumulato lavoro, ma da sopraffazione di classe, da violenza fisica sancita dalla legge e dallo Stato.

3 – Salariato, servo, schiavo – Nel trattare della rendita dei terreni per costruzione, delle miniere e del suolo, Marx insiste ancora una volta sulla poderosa determinazione del programma rivoluzionario, che consiste nel sostituire alla privata organizzazione e gestione della produzione una organizzazione e gestione collettiva e sociale unitaria. È sbagliato contrapporre una futura proprietà sociale alla attuale proprietà privata. La proprietà è l’esistenza di proprietari e non proprietari, è la divisione in classi, è la dominazione di classe su classe. Perciò “la terra alla nazione” non è la formula agraria del comunismo. È la Specie che condurrà “quale buon padre di famiglia” la gestione del “Pianeta Terra” da lasciare migliorato ai suoi figli (Marx parafrasa qui una formula che si trova in tutte le legislazioni moderne, copiata dal diritto romano). La Specie, definita da una vita senza morte, coltiva, gestisce e trasmette a se stessa la natura organizzata, l’attrezzata scorza del pianeta, senza soluzioni di tempo, senza annotare trapassi a pidocchiosi uffici del registro.

4 – A ritroso nella storia – Sia dunque chiaro che il piccolo possessore di terra, il piccolo colono lavoratore, ceti mai protagonisti, non li troveremo sul nostro cammino se dalla società capitalistica classica e trinitaria procediamo verso la società comunista.
    La genesi della Rendita fondiaria moderna ha in Marx radici nel mondo feudale. In esso la produzione agraria è a carattere “naturale”, ossia non fondata sul rapporto di mercato, con l’immediato legame del lavoro con il consumo, chiusi nel giro di un limitato territorio cui il signore presiede per la necessità della sicurezza nella coltura. Inoltre manca la circolazione sul mercato e la trasformazione del prodotto in moneta.
    Prima ancora abbiamo il tipo di produzione delle signorie asiatiche in cui i contadini lavorano in comune e pagano al signore un tributo in prodotti o in oro. Il proprietario si identifica con lo Stato politico: Rendita di imposta ed imposta sono la stessa cosa. E così Marx dimostra che storicamente il mercantilismo non è l’unico possibile tessuto connettivo tra produzione e consumo.
    Il sistema medioevale assicura che si produca quanto è richiesto, con buona corrispondenza, dal consumo dei lavoratori e del signore con la sua corte. Cade solo in difetto grave nelle annate di cattivo raccolto e carestia o nel caso di invasioni nemiche.
    La classe dei lavoratori agricoli è data dai servi, tipo sociale oggi scomparso. Il servo coltiva un suo campo ed ha una modesta dotazione di attrezzi. È obbligato con la “rendita in lavoro” a lavorare in dati tempi la terra del signore che fa proprio il prodotto. È la servitù personale del contadino, che non può abbandonare la sua sede e il territorio del signore, la cui ricchezza sta nel numero di famiglie a lui soggette in servitù.
    Il secondo obbligo dei servi è la consegna di aliquote del prodotto della terra direttamente coltivata. Si passa così dalla forma primitiva di Rendita in lavoro, la corvèe, comandata, alla seconda forma di Rendita in natura, la decima, dovuta al signore, o allo Stato, o alla Chiesa.

5 – Dal servo al contadino autonomo – Nell’ambito feudale il contadino lavoratore comincia a conquistare un’indipendenza economica, ma non sociale.
    Egli, su un terreno sterile, deve produrre un poco più di quanto consuma; ossia una parte per vivere e il resto per gli obblighi feudali. Su un terreno più fertile può accantonare una riserva in derrate e poi in attrezzi, in terra, in abitazioni e in bestiame. Prima dell’abolizione rivoluzionaria e politica delle relazioni feudali, servi ricchi assoggettano altri servi minori.
    Ma l’uscita dall’economia naturale e il diffondersi del sistema mercantile sia nell’industria che nell’agricoltura si verifica man mano che la Rendita in natura cede il posto a quella in moneta.
    Inizia una grandiosa evoluzione che, nella forma più pura, conduce all’agricoltura capitalistica integrale con un mercato nazionale e poi internazionale. Si forma la classe dei fittavoli capitalistici e, di contro, quella dei contadini salariati senza terra e denaro. La terra diviene una merce commerciabile, e con capitali accumulati nelle città si formano nuovi proprietari fondiari, che o gestiscono le terre comprate o le affidano a fittavoli. Il rapporto tra città e campagna è rivoluzionato in misura maggiore del sostituirsi della grande manifattura al mestiere artigiano; per cui definiamo il capitalismo una rivoluzione agraria.
    Si inverte la dipendenza tra città e campagna, la produzione non è più assoggettata al consumo naturale, ma il consumo alla produzione artificiale. Comincia la discesa dei prezzi dei manufatti e la salita dei prezzi degli alimenti.
    In Italia meno che altrove la campagna era stata tiranna della città. Viene la rivoluzione liberale ad assoggettare politicamente signori e contadini ed anche ad affamare gli strati popolari urbani, ubriacati di giuridica sovranità.
    L’evoluzione ha prodotto sì affittaiuoli, salariati e proprietari borghesi; ma ha visto anche servi agiati e piccoli gestori di terra trasformarsi in masse di proprietari autonomi lavoratori e di piccoli coloni, tributari ora del borghese proprietario di terra.

6 – La colonia parziaria – Il colono coltiva da sé la terra non di sua proprietà e paga la Rendita al proprietario o in denaro (il piccolo affitto) o in derrate (il mezzadro, perché storicamente il raccolto era diviso a metà tra proprietario e lavoratore). Essendo variate col tempo le quote, meglio chiamarlo “colono parziario”.
    Passando dal colono del piccolo affitto al fittavolo capitalistico che assolda braccianti, abbiamo modernamente ricchi coloni parziari, e per antonomasia mezzadri.
    Tra mezzadro e proprietario c’è antitesi d’interessi sul quanto del canone di fitto in derrate (Rendita padronale), come ce n’è tra bracciante e mezzadro sull’altezza del salario. Col tempo il mezzadro si stacca dal contadino e si avvicina al fittavolo capitalistico con una lotta a tre che vede nell’Italia anteguerra questo schieramento politico: proprietari (agrari) clericali o liberali; mezzadri repubblicani (camere del lavoro “gialle”); braccianti socialisti (camere del lavoro “rosse”) e anche cattolici (leghe “bianche” nel Veneto).
    Esaminiamo il mezzadro che zappa la terra con un rapporto economico di produzione rurale non capitalistico puro. Quanto il proprietario ritira, spiega Marx, può costituire sia la Rendita fondiaria che una parte di Profitto di capitale. Quanto realizza il mezzadro può costituire sia il Salario, ma anche una parte di Profitto d’impresa (parte dei mezzi di lavoro sono suoi). Rendita, Profitto e Salario non sono nettamente isolabili come per il fittavolo capitalistico. Ma per il colono parziario che paga la Rendita in derrate è rilevante la «sottrazione alla circolazione di gran parte del valore prodotto» (Marx).
    La rivoluzione capitalistica è completa quando tutto il prodotto del lavoro in merce e poi in moneta entra in un sempre più vasto circolo unico in cui la produzione versa e il consumo attinge. Si supera il mercantilismo solo facendo leva sulla fusione, in questo immenso magma, delle antiche isole di produzione e consumo.
    Nella mezzadria il prodotto va a consumo fuori dal circolo generale della merci. Resta così stabilito che la colonia parziaria (mezzadria) è forma retrograda, soprattutto ai fini del passaggio al comunismo, rispetto all’azienda rurale con lavoro a salario.

7 – Le sottrazioni al circolo – Il formarsi e l’estendersi dei mercati è il fatto centrale del sorgere dell’economia moderna; ed anche del romanzo storico della borghesia, che rivoluzionariamente trasformò forme di vita e di attività ovunque.
    L’economia capitalistica diventa un fatto sociale, chiuso nei limiti della legge del valore di scambio, solo veicolo per stabilire l’equilibrio tra sforzi di lavoro e bisogni. Il centro della dottrina e del programma marxista dimostra che lo svolgersi del capitalismo rende ineluttabili nuove soluzioni nel senso dell’abbandono per sempre di compensazioni entro cerchi locali con il risultato, per il maggior rendimento del lavoro generale, della convenienza a disporre di tutti i prodotti per tutti i consumi senza compartimenti stagni e senza l’espediente dell’equivalenza monetaria, che fornisce solo l’illusione di un simile risultato condannando ogni isola di lavoro entro i limiti della sua materiale locale produttività.
    Il socialismo è l’organizzazione della produzione in un piano unitario dei bisogni sociali.
    Va sorpassato il punto che ogni fabbrica o terreno consumi per i suoi lavoratori quanto produce; e peggio che i bilanci di nazioni, province, città o villaggi chiudano in pari, in tali tipi di utopistici abbozzi di sindacalismi, comunalismi o aziendismi che nulla cambiano.
    Con il capitalismo industriale l’umanità, nel rendimento della sforzo di lavoro, ha fatto un balzo gigante – escludendo però dal godimento la classe lavoratrice – perché per i prodotti manufatti i mezzi più potenti e redditizi hanno sostituito quelli antiquati (a parte la fondata critica del processo di complicazione dei bisogni).
    Questo è accaduto dovunque, ma con una limitazione. Dove non vi è naturalmente una Rendita, fino a quando il corso ineluttabile del ciclo capitalistico non genera artificialmente il fenomeno rendita! Ecco perché non c’è stato un risultato lontanamente paragonabile a quello nella sfera dei manufatti nel campo agrario; ed ecco perché il ciclo capitalistico è già regressivo sul tutto il fronte, pur seguitando a giganteggiare la mole della produzione.
    Ove vi è rendita, ossia monopolio – dovuto a forza politica di classe organizzata nei pubblici poteri – il processo che la più utile forma produttiva scaccia la meno utile, si capovolge fino a quando l’involucro capitalistico non sarà infranto.
    Ivi vige la legge che tutto è regolato dal sistema peggiore, dal terreno più sterile, ivi la tecnologia dorme sogni di cinque, di dieci secoli, in contrasto con la febbre di cambiare attrezzatura in altri campi con brevissimi cicli di “ammortamento”.

8 – Flebile arcadia – Il ristagno del progresso agricolo cozza contro l’enorme crescere della popolazione mondiale, ignoto al mondo pre-capitalistico che dava più pane.
    Tutta la patologia del capitalismo, che ossessiona le grandi agglomerazioni, meno fieramente appesta le campagne, e vi suscita minori bisogni soprattutto nella sfera di quelli distorti e morbosi. Ed il lavoro all’aperto, se non merita le apologie letterarie di cui fu sempre circondato, se ha i suoi terribili estremi di miseria e di degenerazione umana – e soprattutto ove la piccola agricoltura, ipocritamente ammirata, ha il suo dominio – tuttavia non presenta certe punte disumane di soffocamento dell’uomo lavoratore e non lo costringe, di massima, a condizioni spietate di ambiente e di sforzo, se non muscolare, nervoso.
    L’agricoltura con la barriera della Rendita è rimasta primitiva; l’industria, che ne è priva, ha ammassato troppi lavoratori in troppi soffocanti spazi, portando però tutti alle condizioni del caso meno primitivo e più perfezionato.
    Il fenomeno Rendita imperversa nel campo delle abitazioni urbane in cui il monopolio dei suoli edificatori spinge a costi di costruzione e di uso che incidono in modo decuplicato sul tenore di vita proletario, per quanto nei limiti del capitalismo siano escogitabili contromisure.
    Ma è nell’industria estrattiva che la Rendita fondiaria impera con feroce attualità.

9 – Ribolla, la morte differenziale – Nella miniera di lignite toscana di Ribolla sono morti 42 lavoratori. Essa era male attrezzata, prossima ad esaurirsi e non meritava la spesa di un ammodernamento delle installazioni: doveva andare in disarmo con disoccupazione e fame per Ribolla di cui era l’unica risorsa economica. I procedimenti erano quelli di secoli fa. La soluzione di lasciarla aperta è degna dei principi che reggono il sistema capitalistico: è un fatto che i morti non mangiano.
    Rispetto ad altri paesi ricchi di minerali di qualità l’Italia è ridotta alla lignite e perfino alla torba e adopera miniere di fertilità deteriore, che regolano bene il prezzo internazionale e tengono su quello dell’antracite, che ci fa profumatamente pagare il pool del carbone, il rentier della coltivazione europea dei combustibili e dei minerali, nido caldo del sopraprofitto capitalistico sulle materie prime della morte militare e civile.
    I combustibili che si scavano nelle viscere della terra derivano dalla digestione geologica di vegetali, di savane e foreste. Sono più o meno ricchi di carbonio e di varia potenza calorifica. Il fabbisogno italiano è tra i 12 e 15 milioni di tonnellate annue, ma la produzione è solo di 2. Mussolini la volle portare dai 3 del 1939 a 4, pari a 1/3 del fabbisogno. Nel 1942 si raggiunsero i 5 milioni.
    L’antracite migliore arriva a 9.000 calorie/Kg.; la torba, che va prima essiccata, a 3.000.
    I prezzi internazionali variano con l’efficienza calorifica in ragione di 2.000 lire per ogni migliaia di calorie. Lo stesso vale dire che il minerale più spregevole, e quindi la meno fertile miniera, regola il mercato generale.

10 – Politica economica! – La spesa di estrazione del carbone Sulcis, scadentissimo, è di 11.700 lire nette a tonnellata e lo si esita con una perdita di 4.000 lire alla tonnellata: una Rendita alla rovescia. Alla spesa netta di capitale costante e di salari si aggiunge il Profitto delle società esercenti ed anche una Rendita “assoluta”, che sborsa Pantalone: il gioco costa allo Stato 4 miliardi annui. In queste assurde condizioni la produzione aumenta e l’azienda ha scorte di montagne di questo pessimo carbone.
    La differenza tra il prezzo individuale di produzione del Cardiff sulle 12.000 lire e il valore di mercato, per circa uno scarto da 6 a 12.000, costituisce rendita differenziale per quelle miniere. Esse pagheranno più alti salari, ma con i macchinari migliori le tonnellate/anno per ogni unità lavorativa sono molte di più.
    La bestialità potente, la demagogia economica più imbecille, non è denunziare la Rendita, il Sopraprofitto, il Profitto delle società capitalistiche, che si combattono solo sul terreno dell’organizzazione sociale e politica dell’intera Europa e non con manovre mercantili e legislative, ma reclamare che le miniere da disarmare restino aperte e chiedere l’assurdo di dotarle di costosi impianti di sicurezza, sapendo che stanno per esaurirsi. Questo chiedono per voti i partiti estremi; come i capitalisti, lieti che il saldo passivo sia a carico dello Stato, ossia dei lavoratori italiani.
    In questi movimenti balordi il mondo degli affaristi mangia soldi a palate.
    Se il logico sviluppo delle leggi economiche del capitalismo aziendale sbocca nella strage, non se ne trae l’occasione per svegliare nella classe proletaria il possesso della rivoluzionaria dottrina di classe, ma si cerca la “responsabilità”, la colpa di quel dato dirigente capitalistico, lo scandalo, ossigeno supremo di questa smidollata Italia postdonghiana, che nella sua sciagurata opera di amministrazione, comune a governi e opposizioni, ricalca le istruzioni dell’uomo di Dongo con risultati di gran lunga più coglioni.
    Se il capitale italiano, povera sottosezione del capitale mondiale, ma ricca di esperienza e di espedienti per storica eredità, ponesse a concorso il modo migliore per tenere la classe operaia lontano dal ritorno ad un potenziale rivoluzionario, il primo premio lo vincerebbe da lontano lo stalinismo italiano, coi capilavoro delle sue manovre e del suo linguaggio, in ogni successiva occasione più platealmente, cafonescamente ruffiano.
 
 
 
 

XIV – Miseranda schiavitù della schiappa
 

1 – Scomposizione in fattori – L’analisi di Marx dei rapporti sociali agricoli si fa per confronto col caso puro dell’economia capitalistica terriera con le tre figure: proprietario che riceve solo Rendita; fittavolo che riceve solo Profitto anticipando ogni capitale; giornaliero che riceve solo Salario. Le tre grandezze economiche pure, si sovrappongono nei casi della pratica in vario modo; ma noi consideriamo le grandezze come uniformi ed omogenee; le persone, e meglio, i ceti, come ibridati.
    Noi, invece di corteggiare il contadino proprietario lavoratore, e peggio levarlo a modello ideale dell’uomo libero ed autonomo, dovremo disarticolarlo senza esitazioni e mettere in luce gli organi del salariato, quelli dell’impresario e quelli del padrone. Due anime, ahimè, sono in lui; ed anzi tre: qui la tragedia.

2 – Nomade e colono – Il colono ha una fisiologia sociale più semplice del contadino proprietario; non è legato alla terra: è un libero. Detesta il mutare; anela al lungo fitto; la misura del “blocco” degli affitti, che ha impedito l’aumento dei canoni di fitto, non ha favorito il lavoro agricolo, ma il capitale agricolo; e se demagogicamente solletica il contadino mezzadro e colono lo fa solo per la sua bastarda struttura d’imprenditore, che nella sostanza è quella che lo frega.
    Il colono si distacca dal piccolo proprietario perché non è fisso alla sua terra, ma può spostarsi ovunque. Per entrambi c’è prevalenza del consumo entro l’azienda delle derrate prodotte con sottrazione al circolo mercantile. In più la proprietà parcellare ostacola, oltre la circolazione dei prodotti-merci, quella degli uomini lavoratori.
    Una classe dominante, e sopra tutto la capitalistica, tanto meglio detiene il potere e soffoca ogni rivoluzione, quanto meno è sensibile il movimento dei prodotti del lavoro e della gente del lavoro.
    Infine il mezzadro presenta tutti i difetti e i lati negativi della prima barbarie, incapace di ancorare il suo nutrimento ad un’organizzazione stabile e permanente: economicamente è negativo il consumo locale immediato entro l’azienda con i suoi poveri orizzonti, la scarsezza di rapporti anche mercantili con il circolo generale. Come lavoratore mangia ciò che fa con le sue mani; come imprenditore paga la Rendita con una quota del raccolto.
    Non è da meno il contadino proprietario che paga imposte o interessi di debiti in denaro ed è legato alla sua sede di lavoro che non muta per intere generazioni.

3 – La parcellare corona – Il lavoratore della terra che la rivoluzione borghese ha reso proprietario non ha padrone; anche se sui piccoli contadini il parroco esercita una dittatura sociale e politica vera e propria.
    La rivoluzione borghese ha distrutto gli obblighi feudali e reso libero il contadino servo ed ha creata la “privata sicurezza” della proprietà personale anche immobiliare.
    Il punto è quanto costa al privilegiato fondiario in quarantottesimo la sicurezza privata fin qui esistita, che sarà distrutta dal comunismo?
    Per il marxismo la terra non è un prodotto del lavoro ed in un ambiente mercantile una merce; ha un prezzo in senso improprio, ma non ha “valore” e non soggiace nei suoi trapassi alla legge del valore, seppure la legge della concorrenza fa gioco (equivoco) anche in questi trapassi. Nessuno può dire: stanzio tanto denaro-capitale e mi fabbrico tanta terra. La terra si trova e non si produce: può essere gratuita, può pagarsi con la vita.
    Il diritto alla sicura immobilità legale, per tutta la vita e di padre in figlio, si protende sulle generazioni e sembra avere qualcosa in comune coi “diritti dei non lavoratori” (signori, fondiari, industriali imprenditori) in quanto resta attaccata alla persona del capo famiglia, da cui andrà ereditata “solo a morte sua”.
    I rivoluzionari del Novecento, più pedestri e sbiaditi dei notai dell’Ottocento che redigevano atti di compravendita della terra, festeggiano in tricolore e rosso sporco la consegna in proprietà delle terre alle famigliole rurali; inneggiando a questa corbellatrice signoria degli stenti, a questa corona degli straccioni.
    Nella presente società l’artiglieria rivoluzionaria è puntata contro i tre bersagli della famiglia, dell’eredità e della proprietà, che sono da abbattere non solo quando sono in mano a pochi, ma soprattutto se distribuiti tra i molti.

4 – Dietro il paravento – Va sempre definita la realtà sociale che sta dietro la parata di sovranità fasulla del “libero” contadino cireneo della produzione, pesando i fattori economici e calcolando quanto il piccolo proprietario paga per la conquistata “sicurezza” dopo il convenzionale “affrancamento”.
    Engels illustra largamente come il contadino franco, ex membro di orda ed ex soldato imperiale, pagava poco per mantenere la sobria corte di Carlo; Carlo andò oltre le prospettive di un’agricoltura frazionata, sebbene con densità ridottissima di popolazioni, e sperimentò le grandi aziende di Stato o conventuali.
    Forme molto più torbide rimasero nell’oriente dell’Europa. Marx ne descrive una: «Una parte del suolo appartiene sigolarmente ad ogni contadino ed è da lui coltivata; un’altra parte viene coltivata in comune». Questo fa pensare al lato vizioso del colcos russo: economia mezza mercantile, mezza premercantile addirittura.
    Marx si libera con pochi cenni dei sistemi di produzione collettiva in cui rimane un margine al proprietario non distinto dall’imprenditore. Sono forme non trinitarie ma dualistiche con il bracciante della terra senza proprietà di attrezzi che riceve gli alimenti o il salario in natura e, di contro, tutto il sopralavoro indistinto tra profitto e rendita. Una forma è la produzione schiavista del mondo classico, in cui tutto appare come rendita, una più moderna quella delle “piantagioni” di America e di altri continenti ove con manodopera locale semischiava si producono riso o caffè per lontani mercati. Forma poi attuale è quella del proprietario che gestisce in economia, ossia senza fittavolo, a mezzo di lavoratori salariati direttamente.
    La trinità diventa dualità nella piccola colonia (colono e proprietario: binomio lavoro più capitale contro monomio proprietà) e nella gestione diretta (lavoratore e proprietario: monomio lavoro contro binomio capitale più proprietà). Resta la sintesi dei tre nell’uno: lavoro, capitale e proprietà.

5 – Agricoltura minima – Il marxismo dista oltremodo da ogni stima per il sistema parcellare.
    Se il modo di produzione capitalistico anche se dominante è relativamente poco sviluppato abbiamo di fatto condizioni tutte negative per lo sviluppo della lotta di classe moderna e per il socialismo. Il prezzo del grano però è inferiore a quello di un regime capitalistico in pieno sviluppo con grandi aziende terriere condotte da imprenditori industriali e operai salariati.
    Vendendosi poco prodotto sul mercato, è difficile parlare di prezzo generale corrente. Ma la Rendita differenziale esiste. La terra più fertile a pari sforzo produce più grano che vende al prezzo dei vicini che ricavano meno. Tenere presente che si determina prima la Rendita e da questa “portata a capitale” si deduce, al saggio d’interesse corrente, il prezzo della terra. Ma di regola nell’agricoltura parcellare a capitalismo agrario non diffuso non esiste una Rendita assoluta.
    Ciò avverrà quando la produzione industriale sarà generalizzata in un mercato generale con la stabilizzazione del medio saggio di profitto delle imprese. Allora sarà possibile fissare il valore dei prodotti e verificare che, per il monopolio fondiario e per l’assoluta necessità del consumo alimentare, il grano ha un prezzo superiore al suo valore fissato da un peggiore terreno (salario più capitale costante più profitto medio).
    Risulta che in economia tutta capitalistica il limite inferiore del prezzo dell’alimento base deve coprire: Salario, Capitale spese, Profitto medio e Rendita assoluta; mentre in economia precapitalistica il limite inferiore del prezzo scende molto più sotto: è puramente Spese più Salario.

6 – E noi votiamo per l’industria – Nell’agricoltura parcellare si produce con sciupio di forza-lavoro e con metodi inchiodati ad esigere molto lavoro per poco prodotto; anche se il consumatore sul mercato paga poco l’alimento.
    Nella società comunista tutti regaleranno alla società tutto il sopralavoro; ma, avendo raggiunto nei manufatti e negli alimenti la massima produttività del lavoro, la società «libererà tutti dal lavoro necessario».
    Il piccolo contadiname è da assimilare ad un popolo soggiogato; ridotto al livello degli Iloti della Grecia antica.
    Nella società capitalistica il prezzo dei manufatti scende perché il passaggio dalla piccola azienda alla grande consente nuovi apporti della tecnica e della scienza per cui si ha più massa prodotta con sempre meno tempo di lavoro.
    Con la rivoluzione proletaria si elimina l’immobilizzazione e il rinculo della produttività agricola; e così una sufficiente massa sociale di alimenti e di manufatti corrisponderà a poco tempo di lavoro medio generale dato alla società senza classi, senza redditi compartibili in tipi trinitari basali e in tipi misti derivati e affibbiati dalla legge alle persone-ditte.
    Il prezzo della terra ha una natura di non-capitale; e lo stesso vale per ogni acquisto di “diritti fruttiferi”. Il marxismo è tutto qui. Non serve creare o sopprimere piccoli o grandi proprietari nella personale titolarità.
    È luminosa la formula che «nemmeno la società è proprietaria della terra». Per i giuristi una proprietà che diventa perpetua e inalienabile non dà luogo ad un diritto sicut dominus, da padrone, ma solo a quel tale usufrutto. Ma, ancora una volta, ben sappiamo dov’è il Pentagono che bisogna far saltare per distruggere la doppia barriera contro il comunismo: è nel sistema mercantile e nella legge del prezzo di mercato. Troviamo uno di questi Pentagoni ovunque troviamo una Banca di Stato.

7 – Extensio oder Intensio – Il capitale speso per la terra non è capitale di investimento né capitale di esercizio; come non lo è «il capitale che si consacra in Borsa all’acquisto di azioni o di valori di Stato» (Marx).
    Ciò che assicura al titolare il godimento di una rendita non è capitale. È Capitale quanto speso per ottenere un prodotto e per godere di un Profitto.
    Capitale fisso per i borghesi è il valore di acquisto di tutto l’impianto produttivo (macchine, fabbricati, etc.). Capitale circolante è il valore delle materie prime da acquistare e dei salari da pagare. Per il marxismo il capitale si divide in variabile che va in salari e in costante che comprende tutte le altre anticipazioni occorrenti per un ciclo produttivo; mentre la spesa per le materie prime è capitale circolante perché serve in toto ad ottenere il dato prodotto. La spesa per una macchina entra nella parte fissa del Capitale costante solo per la quota di logorio, di ammortamento.
    Nel caso agrario le spese per salari, sementi, concimi, quote di logorio di macchine e altro sono Capitale anticipato, che entra nel valore del grano prodotto aumentato di Profitto normale e di Rendita. In questo conto il valore della terra non entra mai; al pari del valore di costruzione e di stima della fabbrica e delle installazioni meccaniche della FIAT.

8 – Schiavo, un passo avanti – Come per il padrone di schiavi, al misero gestore della disgraziata schiappa di terra occorre Lavoro e ne ha; anche nella sua famiglia. Gli occorre un poco di vero e proprio Capitale e lo ha talvolta, o anche per questo s’indebita al tempo del seme e del concime. Ma non basta. La schiappa paterna divisa a sei o sette famiglie di figli non può bastare a campare ed in genere si dovrà comprare un poco di altra terra. Altro debito, altra ipoteca, altra vendita di forza lavoro, non dissimile da quella di schiavo (il capitalismo dei prosperi USA riserba un simile trattamento anche al salariato, sotto forma di generi venduti a rateazione).
    Il prezzo in moneta della terra aggioga il capitalismo a forme rancide di precapitalismo, che in nessun paese industriale per quanto avanzato si sono potute cancellare. Ma il solo prezzo in moneta dei prodotti basta a stabilire che l’economia che lo comporta è inchiodata nei limiti del capitalismo.
    L’agricoltura del presente sistema sovietico è totalmente invischiata, non meno che in Occidente, nella famiglia, nel diritto ereditario e nella collegata benedizione del pope.
 
 
 
 

XV – Codificato così il marxismo agrario
 

1 – Ultima tappa – Se nel seguire la costruzione marxista della questione agraria non abbiamo fatto alcuna innovazione e apportata alcuna variante, teniamo tuttavia a ripetere che non abbiamo inteso svolgere alcuna “materia” scolastica, entro i limiti di un programma che la isoli dalle altre
    L’importanza data al settore agrario e alla sua teoria sta nel fatto che essa racchiude tutto il sistema. Per intendere la sua soluzione occorre pervenire alla chiarificazione di tutti i capisaldi generali e centrali, raggiungere la spiegazione di tutto il meccanismo dell’attuale società, dare le equazioni della sua dinamica; sicuramente estrapolate, come nel passato, così nel futuro.

2 – Il giro di Russia – Il problema dell’influenza delle classi rurali era stato del tutto definito prima dei due trapassi della rivoluzione borghese che rovescia il sistema della servitù feudale e della rivoluzione socialista condotta dai lavoratori salariati, dell’industria come della terra, in paesi in cui sono presenti strati rilevanti di altri ceti rurali, come i piccoli coloni e proprietari.
    La soluzione dei quesiti è già contenuta nei testi “classici”; così come Lenin la rivendicò e così come si presentò nella lotta sociale in Russia.

3 – Tra nemici e alleati – Col nascere della teoria che spiega le lotte tra gruppi umani secondo i materiali interessi e la posizione sociale nella produzione si pone col problema dell’inimicizia di classe quello delle alleanze di classe.
    Teoria della lotta di classe non vuol dire divisione della società in due classi. Vi sono sempre più classi. Noi affermiamo che si va verso la società senza classi; non che si deve passare prima per la società biclassista.
    La moderna società capitalistica tipo si compone di tre classi: proletari, capitalisti, proprietari fondiari con tre schieramenti di uno contro due e di un quarto in cui ognuno è contro gli altri due.
    Nelle epoche incandescenti della storia uno dei gruppi di classe prende la posizione di assalto contro tutti.
    Come la classe proletaria si riconosce nella storia e vede contro di sé il fabbricante capitalistico, si accorge dell’esistenza di varie altre classi che già si muovevano nella vecchia società medioevale. Sorge subito il quesito dell’alleanza con alcune di esse; e nella più varia maniera. Il marxismo ammette per dati campi storici di porre e imporre l’esigenza dell’alleanza armata e combattente in guerra civile e nazionale tra i salariati e i loro padroni borghesi; come prospetta i rapporti tra il proletariato e le altre diverse classi all’indomani della completa vittoria borghese sul regime feudale.
    È solo il proletariato che non ha nulla di proprio da assicurare. Solo la classe salariata è veramente rivoluzionaria perché non è agganciata alle famose forme di famiglia, di eredità e di patria.
    Gli altri strati, destinati a fratturarsi come formazioni geologiche di materiali cedevoli e incoerenti sotto il sollevamento della fiammeggiante roccia abissale o a stritolarsi tra le pieghe dei suoi corrugamenti, sono stati debitamente dal marxismo messi al loro posto, e non soltanto condannati a sparire.
    La classe operaia, forza di prima linea della rivoluzione sociale, ha nemici; come ha alleati. Avviene in dati tempi che lotta «contro i nemici dei suoi nemici». Avverrà altra volta che lascerà scendere al suo fianco nelle rivolte quei ceti minori che «si mettono dal punto di vista dell’avvenire», pur non affidando ad essi – sempre pronti a seguire il più forte – le posizioni centrali.

4 – Marx e la Francia – Mezzo secolo dopo la prima ascesa della borghesia al potere, molto più della metà della popolazione francese si compone della classe contadina; strato sociale diverso dai proletari salariati e dai capitalisti. I personaggi del dramma non sono due, ma tre classi. Da allora è passato un secolo e l’economia francese si suole descrivere come prevalentemente agraria e impegna il lavoro di oltre la metà della popolazione cui fornisce il prodotto alimentare; con in più una forte esportazione.
    Il segreto delle rivoluzioni antifeudali non ha nulla a che vedere con la “spartizione delle terre” né in Francia 1789 né in Russia 1917. I campi sono già suddivisi in piccole aziende autonome tecnicamente, ma su tutta una rete di essi grava la cappa comune del diritto dei signori feudali e delle istituzioni religiose. Sollevata la cappa, la terra è “libera”; ma non si sono avute, di norma, né conquista per invasione né tracciamento di nuovi confini tra i lotti. Esistevano due misere forme: la servitù e la coltura minima. La prima è stata dispersa, la seconda è purtroppo rimasta. Atto primo. “Non si era pagato prezzo alcuno”.
    «Le generazioni successive pagarono sotto forma di prezzo del terreno ciò che i loro antenati semi-servi avevano pagato sotto forma di rendita, di decime, di prestazioni personali, ecc.» (Marx). Più la popolazione cresce, più si divide la terra, più rincara il suo prezzo, più si eleva il debito (l’ipoteca) del contadino. Ma più si suddivide il terreno, più diminuisce la sua fertilità e più è contrastato l’aumento di produttività. «Nella stessa misura adunque in cui la popolazione e con essa la divisione del suolo cresce, rincara lo strumento di produzione, la terra, e ne decresce la fertilità, decade l’agricoltura e il contadino si indebita» (Marx). Oggi, a ciclo concluso, «il contadino francese sotto forma di interessi per ipoteche vincolanti la terra, sotto forma di interessi per anticipazioni non ipotecate ottenute dall’usuraio, cede al capitalista non solo la rendita fondiaria, non solo il profitto industriale, non solo in una parola tutto il guadagno netto, ma persino una parte del salario del lavoro, precipitando per tal modo al livello dell’affittaiuolo irlandese – e tutto ciò sotto pretesto di essere proprietario privato» (Marx).

5 – I contadini e la politica – Dice Marx: «Si vede che lo sfruttamento dei contadini differisce da quello del proletariato industriale unicamente nella forma. Lo sfruttatore è il medesimo, il Capitale. I singoli capitalisti sfruttano i singoli contadini con l’usura, la classe capitalistica sfrutta la classe dei contadini con l’imposta dello Stato».
    Il leninismo dice ai contadini che la dittatura degli operai è quella dei loro alleati; cosa già scritta dal marxismo nel 1850 al pari dell’altra che la repubblica costituzionale è la dittatura di tutti i loro sfruttatori; e Lenin ribadì anche questo.
    Nel 1950 dire al contadino che la salvezza della costituzione repubblicana è il suo ideale, che gli garantirà la proprietà privata della terra, che cosa è dunque? Marxismo, leninismo, socialismo democratico e piccolo borghese? Non è il caso di scegliere tra definizioni pulite: è una pisciata.

6 – Tra Bonaparte e la Comune – Dice ancora Marx: «I Bonaparte sono la dinastia dei contadini; che, intendiamoci, non rappresenta il contadino che vuole infrangere le proprie condizioni di esistenza, il suo boccone di terra, ma quello che le vuole consolidare sempre più».
    Questi stalinisti italici, che lottano per il consolidamento del contadino entro un recinto reticolato tracciato intorno a tre zolle, sono forse dunque a loro volta napoleonidi, o solo e come dianzi, vespasianidi?
    Nel terzo lavoro di Marx sulla storia di Francia – vero orario ferroviario dell’espresso della rivoluzione, annunziato in ritardo, ma che passerà tanto più strepitoso – si insiste sul rapporto tra proletariato e contadini.
    Marx ribadisce che «la Comune aveva perfettamente ragione gridando ai contadini: la nostra vittoria è la vostra speranza!». Marx prevede che tre mesi di relazioni tra Parigi comunarda e la campagna di Francia avrebbero provocato una sollevazione di contadini: gli Junker francesi lo sapevano e, sempre Marx, «di qui la loro fretta ansiosa di cingere Parigi di un blocco poliziesco», di soffocare nel sangue il primo governo del proletariato.

7 – Engels e la Germania – Engels ricorda che in Germania vi fu una grande lotta antifeudale con la rivolta dei contadini di Munzer nel 1525, che la storia corrente tratta come una guerra di religione, non avendone ravvisata la base sociale.
    I contadini furono battuti e ribadite le catene del servaggio feudale. Ma i nobili di campagna perdettero molta ricchezza ed autonomia a favore del piccolo principato: fu comunque un colpo allo sparpagliamento feudale. Dunque approfittarono i piccoli principi.
    Nel 1848, battuti operai, contadini e borghesi delle città, approfittarono i grandi principi. Ma dietro i piccoli principi nel 1525 c’erano i piccoli borghesi; dietro i grandi nel 1848 c’erano i grandi borghesi e dietro questi i proletari. In questo senso unitario anche la controrivoluzione è un passo storico innanzi. Fu bene Sedan e la formazione dell’impero che porta alla centralizzazione tedesca con ben 350 anni di ritardo su Munzer.
    Una grande questione storica si chiude così e si apre quella dell’internazionale rossa in Europa, della dittatura del proletariato senza nazione.
    Non avesse il contadino altra inferiorità, ha questa: il massimo livello storico che può attingere, anche insorgendo, è nazionale.
    Nella prefazione del 1874 Engels si occupa dell’affare delle alleanze. I borghesi erano ormai passati all’alleanza con tutte le forze reazionarie: nobiltà, monarchia, esercito, burocrazia.
    Nel 1870, Engels dice, abbiamo la nuova classe, il proletariato. Ma esso è ancora lontano dal formare la maggioranza. Deve dunque (quanto si è lavorato con questo dunque!) ricorrere ad alleanze; e «non può cercarle che tra i piccoli borghesi, nel sottoproletariato delle città, tra i contadini piccoli proprietari e i giornalieri agricoli».

8 – Alleati a concorso – Passiamo in rassegna queste forze sociali.
    Engels: «Dei piccoli borghesi non c’è da fidarsene, salvo il giorno della vittoria, ché allora il loro chiasso, alla birreria, è grande. Tuttavia vi sono fra essi ottimi elementi che si accostano spontaneamente agli operai». (Questo riguarda l’organizzazione del partito, assolutamente non legata alla forma laburista).
    Quanto al Lumpenproletariat, o malavita delle città, secondo Marx «chi si serve di questi miserabili tradisce la causa».
    «I piccoli contadini – giacché quelli medi appartengono alla borghesia – o sono contadini feudali, ancora gravati di obblighi verso il signore; o sono affittaiuoli; l’affitto è così alto che dipendono interamente dalle grazie del proprietario. Da chi possono sperar salute se non dalla classe operaia? Rimangono i contadini che amministrano il fondo proprio, spremuti dai borghesi e dai capitalisti usurai. Ma sono attaccatissimi a quella proprietà, che invero non appartiene ad essi ma allo strozzino. Si potrà convincerli che verranno liberati solo da un governo della classe operaia».
    Engels tratta infine dei salariati agrari rilevando la loro perfetta analogia sociale con gli operai urbani.
    Engels alla data 1874 doveva ancora deplorare che in questa classe si reclutavano gli elettori degli junker e dei borghesi, dei nazional-liberali e del centro cattolico. Forse in Italia si era più avanti: preti e liberali mietevano sì seguito nelle campagne; ma, dove prevaleva il bracciantato, già dalla fine dell’Ottocento era forte il movimento politico socialista.
    Al salariato agricolo non si chiede se è alleato; egli è un fratello nella milizia della rivoluzione, che cento volte ha tenuto la prima fila.

9 – Catastrofe tra le cozzanti tesi

1 – Natura e Lavoro – I beni d’uso di cui la società dispone vengono da Lavoro umano. Dispone di beni che non ha prodotto ogni classe che controlla i prodotti tramite: i produttori, il loro diritto di accedere alla terra, gli strumenti di lavoro.

2 – Ricchezza e sopralavoro – Ogni entrata (sotto forma di Profitto, di Rendita e di Interesse) di classi non produttive deriva da Sopralavoro (o Sovraprodotto) delle classi produttive alle quali, per la loro conservazione e riproduzione, le istituzioni politiche (ossia la forza del potere dell’ordine vigente) attribuiscono la parte minore del prodotto.

3 – Partizione del prodotto – Il prodotto (il valore formato nella produzione derivato tutto dal Lavoro) contiene quattro elementi: Capitale costante, Capitale variabile, Profitto e Rendita. Su di esso si fanno tre prelievi: il Salario, il Profitto per gli imprenditori capitalistici e la Rendita per i proprietari fondiari.

4 – Patrimonio e capitale – Il Profitto d’impresa tende a livellarsi ad un saggio medio, finché non interviene la Rendita. In questo caso il prodotto si vende al prezzo di produzione.
    Per il marxismo il saggio del plusvalore è il rapporto del Profitto al Capitale variabile; il saggio del profitto è il rapporto del Profitto al costo di produzione, Capitale costante più Capitale variabile.
    Per l’economia comune il saggio dell’utile o del dividendo è il rapporto del profitto all’atto patrimoniale. In merito va precisato che terra, capitale monetario e valore di stima dei mezzi di lavoro (nel caso che restano integri rispetto al prodotto netto) sono solo titoli sociali a fare prelievi sul Profitto (ossia sul Sopralavoro; e sul Sopraprofitto se esiste) e non entrano nel calcolo di ripartizione del prodotto totale smerciato (il “fatturato” dei borghesi).

5 – Rendita differenziale – L’Interesse è una parte del Profitto; il resto è benefizio d’impresa. La Rendita sorge se c’è un extraprofitto rispetto al saggio medio sociale del profitto.
    Un’azienda agraria dà extraprofitto rispetto ad un’altra se, a parità delle altre condizioni, la più elevata fertilità consente un raccolto maggiore. La differenza netta va al proprietario come Rendita differenziale.

6 – Legge del terreno peggiore – Il prezzo dei prodotti industriali tende al loro valore di scambio, uguale al prezzo di produzione, comprendente il Profitto al saggio medio.
    Il prezzo dei prodotti agricoli è uguale al prezzo di produzione singolo del terreno meno fertile, che compensa Spese e Profitto medio. Nei terreni più fertili a pari spesa si ha un prodotto maggiore con un prezzo di produzione singolo minore; per cui si forma un Sopraprofitto che diviene Rendita.

7 – Rendita assoluta – C’è una Rendita assoluta altresì nel terreno meno fertile e anche ivi il prezzo di mercato è superiore al valore, ossia al prezzo di produzione nelle peggiori condizioni; e ciò da quando la terra è tutta occupata e gestita in imprese capitalistiche.
    Il modo storico capitalistico di produzione diffondendosi fa scemare il prezzo dei manufatti, salire quello degli alimenti.

8 – Industria e agricoltura – Il capitalismo non può compensare: i prezzi industriali ed agrari; la soddisfazione dei bisogni giusta una utilità sociale; la distribuzione della ricchezza, del capitale e dell’entrata. Tende perciò a divergere sempre più dall’equilibrio. E ciò perché la ripartizione del prodotto tra le entrate delle classi è dovuto ad un prezzo corrente di mercato uguale per merci prodotte in condizioni e in rapporto di sforzi e risultati diversi. Ciò è dovuto alla legge del valore (o equivalenza negli scambi) e alla distribuzione mercantile.
    Il capitale industriale procede con una composizione organica sempre migliore (alto grado tecnologico) che determina la generale discesa storica del saggio del profitto anche a pari saggio del plusvalore.
    Questo processo nell’agricoltura è bloccato sia dal monopolio privato della terra sia soprattutto dalla livellazione mercantile di tutto il prodotto da scambiare e dalla relazione sfavorevole popolazione-terra.
    Il passaggio della Rendita fondiaria allo Stato non eliminerebbe per nulla le causa di questo fatto essenziale.

9 – Comunismo è antimercantilismo – Le misure che non escono dal quadro mercantile e quindi capitalistico lascerebbero inalterato l’enorme lavoro sociale globale con lo scarso consumo sociale globale; e così lo scompenso tra apporti di lavoro e godimenti di consumo.
    Questi i caratteri del programma comunista della rivoluzione del proletariato per superare il dispotismo aziendale e l’anarchia della produzione:
    A – Abolizione della amministrazione della produzione per esercizi di aziende.
    B – Abolizione della distribuzione col mezzo dello scambio mercantile e monetario, sia per i prodotti-merci sia per la forza umana di lavoro.
    C – Piano sociale unitario, misurato da quantità fisiche, dell’assegnazione delle forze di lavoro, delle materie prime, degli strumenti ai vari settori produttivi e della assegnazione dei prodotti nei settori di consumo.
    Socialismo è l’abolizione di ogni valore mercantile e di ogni lavoro costretto e pagato. Il sopralavoro di ciascun singolo è donato alla società (non ad altri né a se stessi).

10 – Parcellazione e miseria – Gli strati della popolazione agraria lavoratrice diversi dai salariati, di cui mai la società capitalista sarà epurata, sono sopravvivenze di passate forme sociali. Essi formano una classe, quasi una casta di oppressi, arretrata rispetto al mondo moderno, incapace – per quanto le loro rivolte per fame possano disturbare il potere borghese – di impersonare nuove forme sociali rivoluzionarie.
    La rivoluzione è compito della classe dei proletari salariati dell’industria e della terra; e storica funzione di essa sola è la dittatura rivoluzionaria.

11 – Monopolio e concorrenza – La teoria marxista del valore nega la teoria borghese della concorrenza svelando il carattere di monopolio di classe dell’economia capitalistica.
    I fenomeni recenti, che hanno confermato la dottrina marxista e tutte le sue previsioni, sono pienamente inquadrati nei rigorosi teoremi sulla Rendita (applicati a tutte le forze naturali: agricole ed industriali) e rappresentano le basi attuali di sovraprofitti e monopoli e di parassitismi redditieri, che aggraveranno ulteriormente la scompensazione della forma sociale capitalistica.

12 – La nemica scienza – La sola pretesa scienza possibile per i moderni economisti e docenti è basata sulla registrazione dei prezzi concreti di cui essi seguono le vicende che possono essere estremamente complesse.
    Ribatte il marxismo: Les professeurs à la Lanterne!